Riassunto di \"Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola\" di Walter J. Ong PDF

Title Riassunto di \"Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola\" di Walter J. Ong
Author Chiara Visconti
Course Sociologia dei processi culturali e comunicativi
Institution Politecnico di Milano
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Riassunto integrale di "Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola" di Walter J. Ong, presente nella bibliografia facoltativa in preparazione all'esame di Sociologia dei processi culturali e comunicativi (Politecnico di Milano)...


Description

Oralità e scrittura di Walter J. Ong Capitolo primo L’oralità del linguaggio verbale La linguistica moderna si è fino a poco tempo fa occupata solo incidentalmente delle differenze tra oralità primaria (quella delle culture che non conoscono la scrittura) e ila scrittura stessa; la tradizione orale non è mai stata esplicitamente messa in relazione alle composizioni scritte. L’inizio dell’interesse più acceso nei confronti della differenza tra strutture mentali ed espressione verbale dell’oralità e della scrittura scaturì nel campo degli studi letterari, in particolare con Milman Parry sui testi di Iliade ed Odissea. Il pensiero e la comunicazione sono indissolubilmente legati al suono, la lingua appare come un fenomeno orale. Tutte le culture hanno un linguaggio, possiedono una lingua parlata e udita, appartenente al modo del suono. L’oralità fondamentale del linguaggio è un carattere stabile. La scrittura amplia le potenzialità del linguaggio e ristruttura il pensiero trasformando dialetti (di natura orale) in grafoletti (linguaggi transdialettali formatisi su base scritta). In tutte le forme di scrittura rimane comunque l’espressione orale, esse devono necessariamente ricollegarsi al mondo del suono. La scrittura non può fare a meno dell’oralità. La scrittura è un sistema secondario di modellizzazione in quanto è dipendente da un sistema primario precedente, cioè la lingua parlata. Gli studi linguistici si sono sempre concentrati maggiormente sui testi scritti rispetto ai testi orali perché lo studio di per sé è legato alla scrittura; chi appartiene alle culture orali primarie è infatti impossibilitato a studiare, il loro sapere viene acquisito tramite l’apprendistato e l’ascolto. Il discorso orale mantenne il suo fascino anche dopo l’invenzione della scrittura; importante a questo proposito fu la creazione e lo sviluppo dell’arte della retorica nell’antica Grecia. Retorica = arte del discorso, si riferiva al discorso orale ma, come scienza razionale, era un prodotto della scrittura. La scrittura inizialmente accrebbe l’importanza dell’oralità perché permise di organizzare i principi dell’oratoria in un’arte scientifica trascrivendo le performance orali, inoltre produsse composizioni scritte vere e proprie, da leggere su supporto cartaceo. A partire dal XVI secolo si rafforza la consapevolezza dell’esistenza di rapporti tra scrittura e discorso, anche se le forme artistiche orali che si svilupparono prima dell’invenzione della scrittura non erano connesse con essa. Se per la scrittura esiste il termine letteratura (= cose scritte) per comprendere tutti gli artefatti scritti per la produzione orale non esiste un termine analogo. Oralità primaria = oralità che appartiene ad un cultura del tutto ignara di scrittura e stampa, è primaria per contrasto con l’oralità secondaria o di ritorno. Oggi non esiste più una cultura primaria in senso stretto. È difficile immaginare una cultura totalmente orale in quanto siamo enormemente condizionati dalla scrittura anche nella concezione dell’oralità, con la scrittura le parole appaiono simili alle cose, sono residui. Sono stati introdotti termini come letteratura orale, che mostra la difficoltà di concepire il patrimonio di materiale orale se non come una variante della letteratura scritta. La scrittura ha carattere predatorio, in quanto imprigiona le parole in uno spazio visivo, è quindi impossibile pensare di adottare il termine letteratura includendo la tradizione orale senza ridurla ad una variante della scrittura. Inoltre non è possibile descrivere un fenomeno primario come quello orale partendo da un fenomeno secondario successivo, cioè quello della scrittura, senza distorcere le sue caratteristiche. Anche il termine pre-letterato può comportare problemi simili di definizione. Anche lo stesso termine testo riferito a forme di espressione orale nella concezione odierna viene sempre pensato in analogia con la scrittura. Per risolvere queste problematiche si potrebbe adottare il termine epos, in riferimento ad ogni tipo di arte puramente orale, la sua etimologia corrisponde al termine voce, ha quindi radici orali. È difficile pensare alle parole come entità estranee alla scrittura e questo potrebbe rappresentare una minaccia psicologica in quanto significherebbe una perdita di senso del controllo. !1

L’oralità ha bisogno di produrre ed è destinata a produrre la scrittura; la scrittura a sua volta è necessaria allo sviluppo di una cultura in grado di spiegare la letteratura, le arti e il linguaggio stesso e inoltre è capace di ricostruire la coscienza umana originaria che ancora era ignara della scrittura stessa.

Capitolo secondo La scoperta delle culture orali primarie La questione omerica, nata a partire dal XIX secolo all’interno della migliore critica omerica, permette di osservare i contrasti tra oralità e scrittura. Durante il corso dei secoli molte critiche vennero fatte a questi due poemi: - Hédelin: poemi malamente strutturati, spregevoli dal punto di vista etico e teologico, inesistenza di Omero - Bentley: Omero sarebbe esistito ma i suo canti sono stati raccolti 500 anni più tardi e uniti insieme - Vico: inesistenza di Omero, Iliade e Odissea sono prodotto di un intero popolo Secondo Wood invece il ruolo giocato dalla memoria orale era molto diverso da quello esercitato in una cultura letterata, ipotizzando che la natura del verso omerico fosse popolare invece che colta. Infine si sviluppò la corrente degli analisti secondo i quali Iliade e Odissea sarebbero state raccolte di poesie o frammenti di testi scritti precedenti; e successivamente quella degli unitaristi che affermavano la coerenza e la strutturazione articolata dei testi dovevano essere opera di un solo uomo. La scoperta di Milman Parry Secondo Parry virtualmente ogni carattere distintivo della poesia omerica è dovuto all’influenza su di essi dei metodi di composizione orale che possono essere ricostruiti mediante uno studio attento del verso, dimenticando le convinzioni sull’espressione verbale causato da generazioni di cultura scritta. La tesi fondante del suo pensiero è quella per cui nei poemi omerici la scelta delle parole e delle forme espressive dipenda dalla struttura dell’esametro composto oralmente, il poeta omerico infatti possedeva un repertorio di termini diversificati per indicare un unico concetto in modo da permettergli di averne uno a disposizione per ogni esigenza metrica, non operavano su base mnemonica. Parry si accorse che la maggior parte delle parole presenti nei due poemi provenivano da formule ed espressioni standard largamente prevedibili raggruppate attorno a temi ugualmente standardizzati. Il linguaggio dei poemi omerici risulta essere un creazione dei poemi epici che si servivano di espressioni fisse rimaneggiate a fine metrici. In una cultura orale come quella dei contemporanei di Omero la conoscenza una volta acquisita doveva essere costantemente ripetuta o si sarebbe persa: modelli, cliché e formula fisse erano indispensabili per il sapere, l’intero mondo poetico si poggiava su un pensiero formulaico. Con Platone avviene un grande cambiamento: l’interiorizzazione della scrittura da parte dei Greci; le formule e i cliché risultavano quindi inutili in quanto la scrittura era in grado di liberare la mente e formulare pensieri più astratti e originali. La civiltà greca segnò il momento della storia umana in cui una cultura alfabetica scritta interiorizzata si scontrò con l’oralità. Il concetto di formula di Parry deriva dallo studio dell’esametro greco e viene inteso come gruppo di parole usate regolarmente nelle stesse condizioni metriche per esprimere una data idea essenziale. Il pensiero e l’espressione orale di tipo formulaico sono profondamente ancorati nella coscienza e nell’inconscio e non svaniscono appena ci si approccia alla scrittura. In una cultura orale infatti lo stile formulaico contraddistingue ogni forma di pensiero e di espressione. La prima poesia scritta è stata necessariamente un’imitazione di quella orale, non avendo, la mente umana, risorse adatte alla scrittura. Il messaggio centrale di Parry ha definitivamente rivoluzionato gli studi omerici, in particolare il lavoro di Havelock che ha mostrato come gli inizi della filosofia greca fossero collegati alla ristrutturazione del pensiero operata dalla scrittura e attribuisce l’ascesa del pensiero analitico greco all’introduzione delle vocali nell’alfabeto, ottenendo un nuovo livello di codificazione del mondo del suono. In antropologia si è studiato, a partire dalle teorizzazioni di Parry, come molti dei contrasti fra il mondo occidentale e punti di vista differenti possono essere riconducibili a quelli fra una scrittura fortemente interiorizzata e stati di coscienza con residui orali. !2

Capitolo terzo Psicodinamica dell’oralità Potere e azione della parola-suono Senza la scrittura le parole non possiedono presenza visiva, sono soltanto suoni che possono essere richiamati; sono occorrenze, eventi. Il suono ha un rapporto particolare con il tempo in quanto esiste solo nel momento in cui sta morendo. I popoli contraddistinti da una cultura orale pensano comunemente ai nomi come aventi potere sulle cose, credono che le parole esercitino un potere magico se invocate attraverso la parola; i nomi danno effettivamente agli esseri umani un potere su ciò che essi denominano. La memoria e le formule La restrizione della parola a suono in una cultura orale determina i processi intellettivi, oltre alle modalità di espressione, si conosce ciò che si ricorda. Ma se una cultura orale non possiede testi come si può raccogliere materiale e organizzarlo per poter ricordare? La soluzione è quella di pensare a pensieri memorabili. In una cultura orale primaria, per risolvere il problema di recuperare un pensiero articolato, è necessario pensare in moduli mnemonici e ritmici creati per un veloce recupero orale. Questi sistemi mnemonici determinano anche la sintassi mentre il ritmo aiuta la memoria anche dal un punto di vista fisiologico. Le formule (le cosiddette frasi fatte) aiutano a dare ritmo al discorso e agiscono come aiuti mnemonici. Non pensare in termini formulati è, per un individuo appartenente ad una cultura orale, una perdita di tempo, poiché il pensiero non potrebbe più essere ricordato; a loro volta le formule determinano il tipo di pensiero formulato e il modo in cui l’esperienza è organizzata. Caratteristiche del pensiero e dell’espressione orale Differenziazione tra pensiero orale e pensiero scritto 1. Paratattico invece che ipotattico Le strutture dell’oralità tengono in considerazione la pragmatica, cioè la convenienza dell’oratore e tendono ad accostare unità linguistiche di livello equivalente; quelle del discorso scritto invece sono modellate su esigenze sintattiche e sviluppano una grammatica più elaborata e fissa di quella orale in quanto il significato dipende maggiormente dalla struttura linguistica che dal contesto. 2. Aggregativo piuttosto che analitico Il pensiero orale tende a comporsi di gruppi di elementi come epiteti, termini e frasi parallele o opposte e non invece che di unità discrete; le espressioni tradizionali nelle culture orali non possono essere disgregate perché il loro processo di unione è stato lungo e l’unico luogo per immagazzinarli è la mente umana. 3. Dalla ridondanza o copia Mentre la scrittura stabilisce nel testo un punto di contatto anche al di fuori della mente, nel discorso orale non è presente nulla al di fuori della mente al quale ci si può riagganciare; perciò il pensiero deve avanzare più lentamente mantenendo al centro dell’attenzione argomenti già trattati. si utilizza quindi la ridondanza per mantenere in linea con la narrazione oratore e ascoltatore. Un discorso lineare e non ridondante risulta essere artificiale, strutturato attraverso la scrittura, in grado di frenare la mente e riorganizzare il procedere naturale del pensiero. Condizioni che favoriscono la ridondanza nell’espressione orale sono la narrazione davanti ad un pubblico numeroso e l’esigenza dell’oratore di continuare a parlare mentre pensa a cosa dire successivamente. 4. Conservatore o tradizionalista Le società che si basano su una una cultura ad oralità primaria devono investire energia nel ripetere ciò che è stato imparato nel corso dei secoli in modo che non svanisca; questo porta alla creazione di una mentalità tradizionalista e conservatrice che frena la sperimentazione intellettuale. La scrittura invece, assumendo funzioni conservatrici, permette di liberare il pensiero dal lavoro mnemonico. !3

L’originalità delle culture orali risiede nella creazione di una particolare interazione con il pubblico, che deve essere portato a reagire. 5. Vicino all’esperienza umana Le culture orali hanno l’esigenza di concettualizzare ed esprimere la conoscenza in riferimento alla vita dell’uomo, in mancanza di categorie analitiche in grado di codificarla; la cultura orale non conosce liste astratte e non è in grado di superare ciò che è umano, conoscono agganciandosi all’attività umana. 6. Dal tono agonistico Mantenendo la conoscenza immersa nella vita umana, l’oralità pone la conoscenza in un clima di lotta, da una tendenza agonistica nella verbalizzazione e negli stili di vita. Quando ogni comunicazione verbale deve essere effettuata direttamente con la voce i rapporti interpersonali comportano un alto grado di coinvolgimento (attrazione o antagonismo); questo ha avuto un’importanza centrale nello sviluppo della cultura occidentale che ha dato vita all’arte della retorica e della dialettica. 7. Enfatico e partecipato piuttosto che oggettivo e distaccato Mentre la scrittura separa chi conosce da chi viene conosciuto nella cultura orale la conoscenza avviene grazie all’identificazione stretta con il conosciuto; la reazione dell’individuo non viene espressa come individuale o soggettiva ma come facente parte di una reazione comune. 8. Omeostatico In contrasto con le civiltà alfabetizzate quelle a cultura orale possono essere definite omeostatiche, cioè che vivono in un equilibrio che elimina memorie senza più rilievo per il presente. Le culture orali non possiedono dizionari e hanno poche differenze semantiche, il significato delle parole è controllato dalla cosiddetta ratifica semantica diretta, cioè situazioni della vita reale in cui la parola viene usata di tanto in tanto; le parole acquisiscono il loro significato solo dal proprio habitat effettivo, fatto di gesti, inflessione della voce, espressione del viso e intero ambiente umano. Con il passare del tempo s l’oggetto a cui si riferisce una parola arcaica non fa più parte dell’esperienza vissuta nel presente il suo significato si altera o svanisce; l’integrità del passato viene subordinata a quella del presente in quanto la mentalità orale fa sì che le parti scomode del passato vengano dimenticate a causa delle esigenze del presente. Situazionale piuttosto che astratto Le culture orali tendono a usare i concetti in ambiti di riferimento situazionali e operativi, molto astratti, nel senso che sono molto vicini al mondo umano. Sul pensiero operativo è importante la ricerca di A. R. Luria sugli illetterati e su persone a bassa alfabetizzazione nelle aree più remote di Uzbekistan e Unione Sovietica; identificando le persone in base ad una gamma che va dall’analfabetismo assoluto a diversi livelli di alfabetizzazione. Ha rilevato che una moderata conoscenza della scrittura è sufficiente a creare grandissime differenze nei processi mentali. Le scoperte più rilevanti della ricerca furono: - Gli illetterati identificavano le figure geometriche attribuendogli nomi di oggetti e di cose reali da loro conosciute e non di identità astratte. Gli studenti davano invece nomi di categorie insegnate a scuola e non derivate dall’esperienza vissuta. - Quando ai soggetti interrogati venivano mostrati una serie di oggetti tre dei quali appartenenti ad una categoria ed uno estraneo ad essa, questi pensavano a raggrupparli non in termini di categorie astratte ma di situazioni pratiche e concrete. - Nei confronti di un ragionamento di tipo sillogistico e deduttivo gli illetterati non operavano mediante processi formali di deduzione, cioè non adattavano il loro pensiero a schemi puramente logici. Si è notato inoltre come il sillogismo non è conosciuto da coloro i quali non hanno ricevuto un’educazione accademica, essi tendono ad andare al di là della frase stessa. - Per un illetterato risulta inconcepibile anche definire gli oggetti più concreti in quanto per loro risulta inutile definire qualcosa che può essere vissuto in una situazione reale. Egli tenderà a descrivere gli oggetti tramite l’esperienza personale e situazionale. !4

- Gli illetterati interrogati avevano difficoltà a produrre un’autoanalisi articolata perché essa richiede di isolare l’io intorno al quale ruota l’intero mondo delle esperienze vissute e di spostare il centro di ogni situazione per riuscire a descrivere ed esaminare l’io. Nelle società orali la valutazione di sé si trasforma in una valutazione del gruppo e viene sempre riferita alle situazioni esterne; anche il giudizio di un individuo avviene sempre dall’esterno, non dall’interno. Una cultura orale non è in grado di pensare in termini di figure geometriche, categorie astratte, logica formale, definizioni, descrizioni inclusive o autoanalisi perché queste derivano tutte dal pensiero condizionato dalla scrittura. L’opera di Luria mostra inoltre che un contatto occasionale con un’organizzazione della conoscenza basata sulla scrittura non ha effetti evidenti sugli analfabeti, la scrittura deve infatti essere personalmente interiorizzata per poter influire sui processi mentali. Chi ha interiorizzato la scrittura parla e organizza la propria espressione orale in ragionamenti e forme verbali che non conoscerebbe se non sapesse scrivere. Il pensiero a base orale è in grado di capire le relazioni di causalità ma non di organizzare elaborate concatenazioni causali nel modo analitico delle sequenze lineari. La memorizzazione orale Il modo in cui la memoria verbale funziona nelle forme d’arte orale è diverso da quello relativo ai testi scritti, anche il loro scopo risulta essere profondamente differente. Con l’opera di Parry venne dimostrato che la composizione dell’antica epica greca era controllata da precise formule metriche che potevano essere spostate senza interferire con lo sviluppo del racconto. Una successiva indagine condotta da Lord dimostrò che imparare a leggere e a scrivere risulta essere d’ostacolo al cantore in quanto interferisce con i processi che governano la composizione orale; la memoria dei poeti orali è agile ma si è scoperto che le canzoni non venivano mai ripetute due volte allo stesso modo: le formule e i temi erano ricorrenti ma venivano cuciti insieme in modo differente. Questi apprendevano le canzoni ascoltandole recitare da altri bardi; l’originalità di ognuno non consisteva nell’introdurre nuovi materiali ma nell’adattare quali tradizionali in maniera efficace rispetto alla situazione che si presentava. Una delle scoperte più significative è stato capire che anche se i cantori sono consapevoli che mai due di loro canteranno nello stesso modo la stessa canzone, tuttavia ciascuno sosterrà di essere in grado di ripetere alla lettera la propria versione. In realtà si è ampiamente dimostrato che la ripetizione letterale dei poemi in una cultura orale avviene con un successo minimo rispetto agli standard degli alfabetizzati. Circa la questione della memorizzazione orale è importante l’introduzione del concetto di rito: il linguaggio rituale assomiglia alla scrittura perché ha una stabilità che il linguaggio colloquiale non possiede; lo stesso rituale ricorre tante volte mantenendo una struttura costante nel tempo. Nelle culture orali la maggior parte delle composizioni tende al rituale, inoltre l’espressione rituale non è basata su una conoscenza parola per parola. Ogni tipo di memorizzazione orale è soggetto a variazioni che dipendono da pressioni sociali dirette, i narratori infatti narrano ciò che il pubblico richiede o è disposto a tollerare; inoltre l’interazione diretta con il pubblico influisce sulla stabilità verbale: le aspettative del pubblico possono contribuire a fissare temi o formule. La memoria orale si differenzia da quella che si esercita su un testo scritto anche per il fatto che nella prima è di fondamentale importanza la componente somatica, spesso la composizion...


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