Riassunto eagle da freud alla psicoanalisi contemporanea critica e integrazione PDF

Title Riassunto eagle da freud alla psicoanalisi contemporanea critica e integrazione
Author cristina cata
Course psicologia generale
Institution Universidad Justo Sierra A.C.
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Riassunto Eagle - Da Freud alla psicoanalisi contemporanea. Critica e integrazione Psicologia dinamica (Sapienza - Università di Roma)

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Da Freud alla psicoanalisi contemporanea di Morris N. Eagle CAPITOLO 1 – I FONDAMENTI DELLA TEORIA FREUDIANA IL PRINCIPIO DI COSTANZA La teoria delle pulsioni, al pari altri concetti e formulazione freudiani fondamentali, si fonda su di una serie di ipotesi di base che concernono la natura dell’”apparato psichico”. Queste ipotesi, assimilabili nel principio di costanza, vengono enunciate per la prima volta nel 1893. In base al principio di costanza una delle funzioni primarie del sistema nervoso o dell’apparato psichico è liberare l’organismo da un’eccessiva stimolazione. Il fallimento di questa operazione ha conseguenze patologiche. L’ammontare di affetto L’influenza dell’assunto meta psicologico di base nel principio di costanza sul pensiero freudiano emerge in diversi contesti. Freud suggerisce che ogni esperienza è accompagnata da un “ammontare effettivo” scaricato mediante l’esperienza cosciente. L’ammontare di affetto che accompagna un’esperienza viene quindi smorzato grazie a idee associative che collegano l’esperienza ad altri contenuti mentali: ogni esperienza ha una componente affettiva o, si potrebbe dire, provoca un eccitamento, che di solito viene scaricato con i normali mezzi a disposizione dell’apparato psichico. Il compito della scarica e della connessione associativa ad altri contenuti mentali risulta più difficile: quanto più l’esperienza è affettivamente intensa, tanto più è difficile che avvenga il normale e necessario processo di scarica dell’affetto e di associazione ideativa. Quando nessuno dei due compiti viene eseguito efficacemente, l’affetto resta in uno stato di incapsulamento e il ricordo dell’esperienza è isolato dalla connessione associativa con altri contenuti psichici. Il fallimenti di questi compiti contribuisce ai sintomi isterici: 1) Primo caso, conversione dell’affetto incapsulato in sintomi somatici mediante un processo che Freud riconobbe di non comprendere; 2) Secondo caso, isolamento patogeno dei contenuti psichici dal resto della personalità. La formulazione freudiana può essere intesa come una teoria dell’isteria a due fattori col risultato che questi contenuti psichici restano isolati dalla personalità dell’individuo. GLI EFFETTI PATOGENI DELL’ISOLAMENTO DEI CONTENUTI PSICHICI Ciò che percorre in modo continuativo la storia della psicoanalisi è l’idea di base secondo cui i contenuti psichici isolati e non integrati nella personalità o nell’auto-organizzazione individuale rappresentano elementi patogeni, che producono varie forme di sintomi patologici. Quando Freud affronta per la prima volta il fenomeno dell’isteria, è chiaro che i contenuti mentali isolati dal nucleo centrale della personalità o dall’Io agiscono da fattori patogenetici dei sintomi isterici. Charcot parla di “un gruppo coerente di idee associate che si installa nella mente alla maniera di un parassita, restando isolato dal resto”. In accordo con Charcot e Janet, Freud considera l’isolamento associativo delle idee l’elemento cruciale dell’isteria. Suggerisce qui che la paralisi isterica del braccio (caso di Anna O.) sia da attribuire al fatto che le rappresentazioni del braccio sono tagliate fuori dalla connessione associativa di idee che include le rappresentazioni psichiche del resto del corpo. In completo accordo con Janet, Freud accetta il principio che il solo isolamento associativo, comunque sia provocato, rappresenti una spiegazione adeguata della paralisi isterica. Il ricordo del trauma agisce come un “corpo estraneo” o un “parassita”; fa riferimento a concetti come “scissione della coscienza”, “stati ipnoidi” (influenza di Breuer) e “formazione di un secondo gruppo psichico”; e dichiara esplicitame nte di concordare con la visione di Janet dell’isteria. Freud enuncia i due nuovi concetti di “ammontare di affetto” e di “affetto incapsulato”, elemento che, a suo modo di vedere, è fondamentale nello sviluppo dei sintomi isterici somatici. Nelle parole di Freud la psicoterapia consente “al suo affetto incapsulato di sfociare nel discorso, e la conduce alla correzione traendola nella coscienza normale”. Entrambi i risultati sono ottenuti convogliando nell’esperienza cosciente il ricordo e l’affetto che l’accompagna. Alcuni ricordi emergono solo sotto ipnosi.

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LA RIMOZIONE E L’ISOLAMENTO DEI CONTENUTI PSICHICI Freud adotta l’idea di base secondo cui i contenuti psichici “esclusi dalla coscienza individuale” hanno un potenziale effetto patogeno e vi appone la propria firma integrandola con concetti quali ammontare di affetto e affetto incapsulato. Il marchio psicoanalitico del concetto di rimozione definisce il “pilastro su cui poggia l’edificio della psicoanalisi”. L’ipotesi che non possono far propria è l’idea che “la scissione della personalità sia basata su una originaria debolezza mentale. In Neuropscosi da difesa Freud afferma che “la scissione del contenuto di coscienza è conseguenza di un atto di volontà del malato; è indotta da uno sforzo di volontà, la cui motivazione è comunque individuabile”. Freud sottolinea come la condizione indispensabile per l’acquisizione dell’isteria sembra essere il fatto che si determini un rapporto di compatibilità fra l’Io e una rappresentazione che a esso si presenti, e prosegue parlando del “vantaggio” insito nei sintomi di conversione, costituito dal fatto che “la rappresentazione incompatibile risulta rimossa dalla coscienza dell’Io”. Il risultato del conflitto è che la rappresentazione erotica viene rimossa dalla coscienza dell’Io. Freud scrive che l’isteria si genera mediante la rimozione di una rappresentazione insopportabile per effetto della difesa. In riferimento all’isteria ipnoide, Freud riporta la visione di Breuer secondo cui “non vi è stato bisogno di alcuna forza psichica per escluderla dall’Io, e non può svilupparsi alcuna resistenza se la si introduce nell’Io”. A dispetto della sua apparente accettazione della categoria dell’isteria ipnoide scriverà che ogni caso di isteria ipnoide in cura, si trasformava in isteria da difesa. A questo punto della sua teorizzazione, Freud considera la rimozione come un processo volontario e conscio. Il riferimento freudiano a un “parassita” è parallelo alla descrizione di Janet dei morbi che sono inaccessibili “al soggetto, operano sub consciamente e danno origine a tutti i disturbi dell’isteria”, e il riferimento di Freud a un “secondo gruppo psichico” suggerisce il tipo di processo dissociativo messo in luce da Janet. Con l’introduzione del concetto di rimozione, l’enfasi si sposta sul tipo di contenuti mentali che vengono isolati dalla “coscienza individuale”. Per Janet e Freud, prima dell’introduzione della rimozione, i contenuti psichici non integrati nella personalità sono ricordi di traumi esterni. Una volta introdotti i concetti di rimozione e di isteria da difesa, l’attenzione si sposta su di “un’incompatibilità fra l’Io e una rappresentazione che a esso si presenti”, e la rappresentazione incompatibile si rivela essere inevitabilmente connessa a fantasie e desideri erotici. L’interessa si sposta da un evento esterno a un desiderio interno, dal trauma esterno a un conflitto interiore. Ma perché l’isolamento di contenuti psichici dalla coscienza individuale dovrebbe avere una tale potenzialità patogena? Benché il fallimento nell’integrare i contenuti psichici sia la manifestazione di una debolezza costituzionale o di una “insufficienza psichica”, esso contribuisce di per sé ad aggravare la debolezza e la patologia. RIMOZIONE, AFFETTO INCAPSULATO E PRINCIPIO DI COSTANZA Freud afferma che l’ammontare di affetto non scaricato che accompagna il trauma resta in uno stato di incapsulamento e si converte in sintomi isterici e somatici attraverso un processo che egli stesso ammette di non comprendere. Perché l’affetto deve essere “scaricato”? E perché le conseguenze della mancata scarica sono tanto gravose? La risposta a questa domanda è data dal “principio di costanza” freudiano: quando non si verifica una reazione adeguata, come nel caso della rimozione del ricordo del trauma, l’eccitamento non si riduce e si esprime in una qualche modalità patologica. Si può notare una connessione diretta tra la prima formulazione del principio di costanza del 1893 e la centralità attribuita in seguito ai desideri e ai moti istintuali: ciò che rimane immutata è infatti l’idea secondo cui un aumento della “somma di eccitamento”, indipendentemente dalla sua fonte, e la necessità di ridurre in qualche modo questo eccitamento svolgono un ruolo fondamentale nella formazione dei sintomi nevrotici. La rimozione possiede un potenziale patogeno nella misura in cui impedisce un’adeguata scarica e riduzione della somma di eccitamento. La rimozione impedisce la correzione associativa L’ostacolo che la rimozione frappone a un’adeguata scarica dell’affetto e dell’eccitamento è solo un aspetto del suo potenziale patogeno. Un’altra ragione è il fatto di impedire ai contenuti psichici di entrare nel “grande complesso dell’associazione”, venire elaborati e sottostare al normale processo di “usura”. Dato che la rimozione impedisce questo processo di usura e correzione, un’idea rimossa conserva tutta la sua “freschezza e accento affettivo” col risultato che “ai traumi psichici non risolti tramite reazione debba venir a mancare anche il superamento mediante elaborazione associativa”. Freud attribuisce uguale rilevanza tanto alla normale funzione di correzione e usura di un contenuto 2 Scaricato da cristina cata ([email protected])

psichico associativamente connessi ad altri contenuti, quanto alle conseguenza patogene derivanti dal fallimento di un’idea di entrare in “connessione associativa ampliata” con altre idee. Freud identifica due componenti adattive del processo di usura e correzione associativa: 1) La propietà di ridurre la forza affettiva di un’idea; 2) Ciò che si potrebbe chiamare la funzione di correzione cognitiva. Freud ha chiaramente in mente quest’ultima quando dice che il ricordo di un trauma “si affianca ad altre esperienze che eventualmente lo contraddicono”. Si potrebbe quindi affermare che, mentre l’abreazione di un affetto è rivolta direttamente al fattore quantitativo, vale a dire riduce la somma di eccitamento dall’ammontare di affetto attraverso la scarica diretta dell’affetto stesso, il processo di correzione e usura si concentra sugli aspetti cognitivi e semantici dei contenuti psichici e modifica la “carica affettiva” di un’esperienza attraverso mezzi cognitivi. Il punto è che mentre la nozione di abreazione è stata presto abbandonata, il concetto di correzione associativa contiene i semi di successive formulazione riguardanti il valore terapeutico dell’insight e della presa di coscienza dell’inconscio; in tal senso esso ha avuto sulla psicoanalisi un’influenza più rilevante e duratura. La rimozione divide e indebolisce la personalità La rimozione contribuisce alla patologia anche in altri modi. Essa indebolisce la personalità perché, con la scissione della coscienza e la formazione di altri gruppi psichici, fa nascere al suo interno una serie di contenuti, tra cui scopi e motivazioni, che nel migliore dei casi sono irrilevanti, nel peggiore contrari e avversi agli scopi consci di base. In quest’ultimo caso, la struttura di personalità è indebolita da divisioni e fratture interne. Si può intendere questo aspetto della rimozione come la controparte qualitativa dell’idea quantitativa secondo cui il fallimento della gratificazione pulsionale dovuto alla rimozione provoca un accumulo di eccitamento: la motivazione e il contenuto psichico associati al moto pulsionale continuano a essere attivi nella psiche ma restano non integrati nella personalità dell’individuo. Pertanto nella psiche rimane attiva una serie di idee e intenzioni isolate dal resto della personalità, spesso a essa ostili, e inaccessibili alla percezione conscia dell’individuo. Ne risulta una struttura divisa e indebolita. Il collegamento tra rimozione e conflitto porta a uno spostamento di enfasi dai ricordi rifiutati a desideri, intenzioni e scopi attivi al momento presente. Cioè, la rimozione indebolisce la personalità non perché blocca l’accesso ai ricordi, ma perché fa sì che l’individuo persegua contemporaneamente scopi contraddittori o, per lo meno, che nella sua esperienza conscia e nelle intenzioni consapevolmente riconosciute non siano adeguatamente rappresentati alcuni scopi e potenti motivazioni. Lo spostamento dall’esterno all’interno è documentato anche dalla sostituzione operata da Freud di una seduzione reale come causa eziologica dell’isteria con una fantasia di seduzione radicata in desideri conflittuali. La rimozione aumenta la forza della fantasia Freud scrive “la rappresentanza pulsionale si sviluppa con minori inceppi e più copiosamente quando è sottratta all’influenza cosciente mediante la rimozione. Essa prolifera nell’oscurità, e trova forme espressive estreme” che sono estranee e terrorizzanti per l’individuo per gli danno “un’immagine di una eccezionale e pericolosa potenza della pulsione. Questa potenza illusoria della pulsione è il risultato di una sfrenata espansione nel campo della fantasia e del prodursi di un ingorgo che dipende dalla frustrazione di un soddisfacimento”. Nella maggior parte degli scritti, afferma invece chiaramente che la forza della pulsione non è illusoria, ma molto reale, perché veicola il pericolo di un eccitamento eccessivo. La rimozione esaurisce l’Io I desideri rimossi continuano a premere per scaricarsi ed esprimersi nella coscienza e nell’azione. Per impedire che pensieri e sentimenti carichi di angoscia giungano alla coscienza, la rimozione deve quindi esercitare un’azione permanente, ciò comporta un “costante dispendio di energia”. Il risultato è un certo grado di esaurimento e costrizione dell’Io. Esaurimento perché l’energia viene spesa per mantenere la rimozione invece di venire impiegata in altre attività e obiettivi, e costrizione perché una gamma di contenuti e sentimenti associati ai desideri rimossi non può essere consapevolmente pensata ed esperita senza rischiare di scatenare l’angoscia.

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IL RITORNO DEL RIMOSSO La rimozione viene a essere considerata come portatrice di significati adattivi e dunque necessaria per l’adattamento alla vita sociale. Quando opera in modo adeguato, la rimozione impedisce infatti a determinati impulsi e desideri di avere accesso alla motricità; se questi impulsi e desideri venissero messi in atto, potrebbero nuocere al benessere dell’individuo. In secondo luogo, la rimozione esclude dalla coscienza idee e sentimenti che scatenerebbero una grande angoscia se venissero consciamente esperiti. Nella misura in cui l’angoscia è caratterizzata da un eccitamento eccessivo, una difesa che riesce a prevenirla o minimizzarla impedisce, in senso forte, l’accumularsi si un eccitamento eccessivo. In quest’ottica, sono il fallimento della rimozione e il conseguente ritorno del rimosso a essere implicati nell’insorgere della nevrosi: la rimozione ha sul funzionamento psichico tanto conseguenze adattive quanto non adattive. RICAPITOLAZIONE Ogni esperienza è accompagnata da un ammontare di affetto e che il fallimento della scarica di questo ammontare di affetto ha conseguenze patogene. In quanto l’isolamento associativo comporta tra l’altro la conseguenza di impedire la scarica dell’affetto (eccitamento), in base al principio di costanza, esso contribuisce allo sviluppo della patologia. Il principale mezzo attraverso cui si perviene all’isolamento associativo e al fallimento della scarica dell’affetto è la rimozione, vale a dire, la messa al bando intenzionale dalla coscienza di contenuti psichici inaccettabili. LA TEORIA DELLE PULSIONI Idee e concetti chiave come principio di costanza, ammontare di affetto, affetto incapsulato, rimozione e ruolo patogeno dell’isolamento dei contenuti psichici sono stati concepiti da Freud molto prima della formulazione della teoria pulsionale e non poggiano sulla logica di questa teoria. Tuttavia queste idee di inseriscono perfettamente nella teoria pulsionale una volta formulata. Resta immutata l’idea di fondo secondo cui il fallimento nel ridurre l’ammontare di eccitamento con mezzi normali svolge un ruolo essenziale nella formazione dei sintomi patologici. Il principio di costanza può essere infatti riformulato nei termini della teoria pulsionale: se le pulsioni rappresentano la fonte più significativa di eccitamento prodotto dall’interno e se la funzione della psiche è scaricare l’eccitamento, ne deriva che una delle funzioni primarie della psiche è cercare la scarica o la gratificazione pulsionale. Date le ipotesi di Freud riguardo al natura delle pulsioni, affermare che una funzione primaria della mente è perseguire la scarica pulsionale significa essenzialmente descrivere l’operare del principio di costanza. In breve, la concezione freudiana delle pulsioni e del loro ruolo nel funzionamento mentale è modellata sull’assunto del principio di costanza. L’elemento che li accomuna tutti è la tendenza primaria della mente a perseguire la scarica dell’eccitamento. Il radicamento di desideri e impulsi nella nostra natura psicobiologia aggiunge forza all’affermazione che questi desideri restano attivi sotto una qualche forma e continuano a premere per la scarica. Dato che il rimosso resta attivo, la rimozione richiede un “continuo dispendio di energia”. È il radicamento dei desideri nella nostra natura psicobiologia che da consistenza alle formulazioni sulle conseguenze patogene della rimozione e dell’isolamento dei contenuti psichici. Continuando a premere per la scarica, i desideri agiscono in modo diverso rispetto ai ricordi di eventi esterni. Benché i ricordi di eventi traumatici possano penetrare nella coscienza, il processo attraverso cui ciò avviene è diverso da quello che caratterizza l’influenza esercitata sulla coscienza dai desideri radicati nella nostra natura biologica. Quindi il problema non è tanto che il ricordo in sé resti attivo, ma che l’affetto a esso legato non sia stato scaricato. A differenza del ricordo di un trauma reale, i desideri istintuali sono generati dall’interno, hanno una meta e hanno bisogno di un oggetto per la gratificazione e la scarica. L’approccio terapeutico di Janet suggerisce l’idea di sostituire tramite la suggestione ipnotica il ricordo di un evento positivo al ricordo bandito dell’evento traumatico. Se può essere relativamente facile soppiantare un ricordo A con un ricordo B, è probabilmente più difficile soppiantare un desiderio A con un desiderio B. questo perché se i nostri desideri riflettono la nostra natura psicobiologia, il desiderio A continuerà a persistere malgrado il tentativo di sostituirlo con il desiderio B.

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PROCESSI PSICHICI INCONSCI Sostenere che i desideri restano attivi malgrado la rimozione e l’isolamento associativo vuol dire niente meno che supporre l’esistenza di processi psichici inconsci dinamici. Dire che i desideri restano attivi malgrado la rimozione implica che un gruppo di contenuti mentali associativamente e simbolicamente connessi a questi desideri verrà prima o poi attivato e si esprimerà in qualche modo nella nostra esperienza e nel nostro comportamento. La maggior parte della nostra vita psichica si svolge al di fuori della coscienza. La tesi di Freud sull’esistenza di stati mentali inconsci metteva in discussione la visione cartesiana dominante che equiparava il mentale al conscio. L’esistenza e l’ubiquità di stati mentali inconsci è ampiamente accettata dalla scienza cognitiva contemporanea e le affermazioni freudiane relative per lo meno all’inconscio descrittivo sono state assimilate dalla psicologia cognitiva contemporanea e non rappresentano più un elemento specificatamente psicoanalitico. Ciò che resta specificatamente psicoanalitico è la concettualizzazione freudiana del cosiddetto inconscio dinamico, un inconscio formato da desideri che premono per la scarica e per l’accesso alla rappresentazione...


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