Riassunto Introduzione alla Psicoanalisi Freud PDF

Title Riassunto Introduzione alla Psicoanalisi Freud
Course Psicologia
Institution Università Vita-Salute San Raffaele
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Riassunto Introduzione alla Psicoanalisi Freud capitolo per capitolo...


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INTRODUZIONE ALLA PSICOANALISI-FREUD: Il libro consiste in una serie di lezioni tenute da Freud nei due semestri invernali tra il 1915-1916 e 1916-17, rivolte ad un pubblico sia di medici che di “profani”. Le lezioni duravano quasi due ore. La disposizione della materia fece sì che alcuni temi importanti come ad esempio quello dell’inconscio non vennero trattati in modo esaustivo in un unico punto ma vennero ripresi e abbandonati varie volte.

Lezione I- Introduzione La psicoanalisi è un procedimento per il trattamento medico delle malattie nervose. A differenza del trattamento medico, nel trattamento analitico si procede solo con uno scambio di parole tra l’analizzato e il medico. Il paziente parla, il medico ascolta. È importante non sottovalutare l’uso delle parole nella psicoterapia in quanto suscitano affetti e sono il mezzo comune con cui gli uomini si influenzano tra loro. Nel trattamento psicoanalitico il colloquio non ammette alcun ascoltatore, non si presta a dimostrazioni. Ma se non esiste alcuna convalida oggettiva della psicoanalisi e alcuna possibilità di dimostrarne l’attendibilità, come si apprende la psicoanalisi? Si impara innanzitutto su se stessi, mediante lo studio della propria personalità. Si sperimentano gli effetti dell’analisi sul proprio Io cogliendo simultaneamente l’opportunità di imparare dal proprio analista le più sottili regole tecniche del procedimento. Ovviamente, questo metodo, è accessibile solo una persona alla volta, mai a un intero corso. I sintomi dei pazienti in psicoanalisi compongono quadri morbosi sconosciuti per quanto riguarda la loro origine, il loro meccanismo e i loro reciproci legami, ad essi non corrisponde alcuna dimostrabile alterazione dell’organo anatomico della psiche, oppure vi corrispondo alterazioni dalle quali non si può trarre alcun chiarimento. Questi disturbi psichici sono accessibili a un influsso terapeutico solo quando vengono riconosciuti dal pz come effetti collaterali di una qualsiasi altra affezione organica. La psicoanalisi deve operare esclusivamente con concetti ausiliari di natura meramente psicologica. Solitamente noi siamo abituati a identificare lo psichico con il cosciente, la coscienza è addirittura ritenuta da noi ciò che definisce lo psichico, la psicologia come dottrina dei contenuti di coscienza. Quando in realtà i processi psichici sono di per sé inconsci e di tutta la vita psichica solo alcune parti e alcune azioni singole sono consce. Questo viene definita come una delle scoperte fondamentali della psicoanalisi. La psicoanalisi inoltre afferma che alcuni moti pulsionali che non possono che essere chiamati sessuali, abbiano una grandissima parte nella determinazione delle malattie nervose e mentali. Questi impulsi sessuali forniscono un contributo alle più alte creazioni culturali, artistiche e sociali dello spirito umano. Cioè, queste forze pulsionali non trovando soddisfazione in quanto ritenute socialmente inaccettabili se liberate, sublimano verso forme più alte, si rivolgono verso mete socialmente superiori, non più sessuali. Come appunto l’arte ecc. PRIMA PARTE-GLI ATTI MANCATI

Lezione II- Gli atti mancati Gli atti mancati sono fenomeni che non hanno nulla a che vedere con le malattie, in quanto possono essere osservati in ogni persona sana. Alcuni esempi sono: -i lapsus verbali, quando si vuole dire una cosa e al suo posto se ne dice un’altra; -i lapsus di lettura, quando si legge qualcosa di diverso da quello che vi è scritto;

-i lapsus di ascolto, quando si ode in modo errato qualcosa che viene detto; Un’altra serie di fenomeni hanno per base una dimenticanza temporanea, ad esempio quando non si sa trovare un nome o ci si dimentica di attuare un proposito. Nel caso in cui colloco un oggetto in un luogo qualunque e non riesco più a trovarlo, la condizione di temporaneità viene meno. A causa di questo fattore di temporaneità spesso gli atti mancati suscitano scarsa attenzione. Solitamente una persona che di solito parla correttamente può incorrere in lapsus verbali: 1) nel caso in cui è indisposta e affaticata; 2) quando eccitata; 3) quando è assorbita eccessivamente da altre cose. Le condizioni di manifestazione degli atti mancati non sono tutte della stessa natura. Ad esempio un malessere o modificazioni nell’afflusso di sangue al SNC possono provocare lo stesso effetto perché influenzano in maniera analoga l’attenzione. Si tratterebbe quindi di effetti di un disturbo dell’attenzione provocato o da cause organiche o da cause psichiche. In realtà si è scoperto che queste azioni mancate e queste dimenticanze si presentano anche in soggetti che non sono stanchi, affaticati o eccitati, ma si trovano in uno stato normale. È difficile spiegare in base alla teoria psicofisiologica o dell’attenzione il fatto che qualcuno in un discorso importante o in una comunicazione orale dica con un lapsus verbale il contrario di ciò che intendeva dire. La teoria del ritiro dell’attenzione non basta a spiegare le particolarità degli atti mancati, ma non per questo tale teoria è necessariamente errata. Gli atti mancati possono anche moltiplicarsi, concatenarsi e sostituirsi tra loro. Ad esempio: la prima volta ci dimentichiamo di un appuntamento e la volta successiva risulta che erroneamente ne abbiamo preso nota a un’ora diversa. Quando ad esempio accade di commettere un lapsus verbale, si potrebbe commettere in infiniti modi. Ma c’è qualcosa che in determinate circostanze, tra tutti i modi possibili, induce a commettere il lapsus proprio in un certo modo o è frutto del caso? Meringer e Mayer nel 1895, tentano di affrontare questo aspetto del problema del lapsus verbale. Suddividono le deformazioni subite dal discorso a causa dei lapsus in scambi, presonanze, risonanze, commistioni (contaminazioni) e rimpiazzamenti (sostituzioni). -esempio di scambio: dire «la Milo di Venere» invece che «la Venere di Milo»; -esempio di risonanza: «vi invito a ruttare al nostro capo» invece che «brindare»; M. e Mayer pensano che i suoni e le sillabe di una parola abbiano una diversa valenza e che gli elementi ad alta valenza possono avere un’influenza perturbatrice su quella dell’elemento a valenza inferiore. I casi più frequenti di lapsus verbale sono quelli in cui al posto di una parola se ne pronuncia un’altra molto simile. La forma più comune di lapsus verbale è tuttavia quella in cui si dice l’esatto contrario di ciò che si intendeva dire. Alle relazioni tra i suoni e alla somiglianza tra le parole dobbiamo quindi aggiungere anche l’influenza delle associazioni verbali. La spiegazione dei lapsus non sembra essere possibile se prima non abbiamo preso in considerazione ciò che era stato detto nella frase precedente. Finora non abbiamo considerato che cosa vuol dire che un lapsus «ha un senso»? L’effetto del lapsus in quanto tale ha il diritto di essere considerato un atto psichico pienamente valido e quindi espressione di un contenuto e di un significato. La psicoanalisi si occupa proprio di scoprire anche questo. Il senso di un atto mancato è stato scoperto anche da pensatori lontani dalla medicina, come i poeti e i suoi lettori. Otto Rank ne propone un esempio nel Mercante di Venezia di Shakespeare:

Lezione III-Gli atti mancati (continuazione): Troveremo intere categorie di casi nei quali l’intenzione, il senso del lapsus, è assolutamente palese. 1)«Dichiaro chiusa la seduta», quando voleva in realtà aprirla. 2) in alcuni casi non viene detto l’esatto contrario, ma si presenta ugualmente un senso opposto. «È per me una noia descrivere i meriti del mio predecessore». Noia non è il contrario di gioia, ma è un’aperta confessione in netto contrasto con la situazione nella quale l’oratore dovrebbe parlare. 3) in altri casi il lapsus verbale aggiunge un secondo senso a quello intenzionale. La frase suona come un’abbreviazione, una condensazione di più frasi. «Egli può mangiare e bere quel che voglio». Quando si verifica un lapsus verbale bisogna tenere conto dell’influenza delle disposizioni fisiologiche come disturbi circolatori, affaticamento, eccitazione, distrazione o la teoria della perturbazione dell’attenzione. Queste però non vanno considerate come condizioni necessarie per il prodursi dell’atto mancato. Il lapsus è altrettanto possibile che si verifichi in normali condizioni di salute. Questi fattori somatici hanno quindi solo il valore di facilitare e favorire il meccanismo psichico del lapsus verbale. Anche la relazione tra suoni e parole è tra i fattori che favoriscono il lapsus verbale, ma non possono darne una spiegazione vera e propria. Gli atti mancati non sono eventi casuali, bensì atti psichici seri, aventi un loro proprio senso, che sorgono per l’azione congiunta, o meglio per l’azione contrapposta, di due diverse intenzioni. Da dove si traggono i punti di appoggio per l’interpretazione degli atti mancati nel caso in cui la dichiarazione dell’analizzato non chiarisca essa stessa il senso dell’atto mancato? Innanzitutto dall’analogia con fenomeni che si pongono al di fuori degli atti mancati poi dalla situazione psichica in cui l’atto mancato si verifica e dalla nostra conoscenza del soggetto che incorre nell’azione mancata. Ex: se qualcuno dimentica un nome proprio familiare, oppure se nonostante ogni sforzo, riesce a mantenerlo a mente solo con difficoltà, viene spontaneo supporre che egli abbia qualcosa contro il portatore di tale nome.

Lezione IV-Gli atti mancati (conclusione): Oltre agli atti mancati, ci sono dei fenomeni simili detti azioni casuali sintomatiche. In queste azioni casuali rientrano tutte quelle operazioni che noi eseguiamo come per gioco, apparentemente senza scopo, sul nostro abbigliamento, su parti del nostro corpo o su oggetti che abbiamo a portata di mano. Anch’essi sono piccoli indizi di processi psichici più importanti. Come si comportano le intenzioni perturbatrici rispetto a quelle perturbate.

Nel lapsus verbale l’intenzione perturbatrice può essere correlata con quella perturbata oppure non avere niente a che fare con l’intenzione perturbata quanto al contenuto. Quasi in tutti i casi di lapsus verbale in cui viene detto l’opposto, l’intenzione perturbatrice esprime il contrario di quella perturbata e l’atto mancato è la rappresentazione del conflitto tra due aspirazioni inconciliabili. Nel caso in cui l’intenzione perturbatrice non ha nulla a che fare con il contenuto dell’intenzione perturbata, da dove viene dunque e da che cosa dipende il fatto che si riveli come elemento di disturbo proprio quel punto? L’elemento di disturbo proviene da una sequenza di pensieri che aveva occupato poco prima la mente della persona in questione e che ora produce un effetto differito. Anche qui non manca una connessione associativa tra ciò che perturba e ciò che è perturbato, ma essa non è data dal contenuto. Possiamo distinguerne tre gruppi: 1)I casi in cui la tendenza perturbatrice è nota a colui che parla e inoltre è stata da lui avvertita prima del lapsus. Cioè il parlante non solo ammette di aver formulato il giudizio ma anche di aver avuto l’intenzione di dare a questo giudizio espressione verbale. 2)I casi in cui la tendenza perturbatrice viene riconosciuta come propria da colui che parla ma non sa nulla rispetto il fatto che essa era attivata da lui poco prima del lapsus. 3)I casi in cui l’interpretazione della tendenza perturbatrice viene respinta da colui che parla o addirittura gli è completamente estranea. (ex del ruttare sopra citato) Nei primi due gruppi la tendenza perturbatrice viene ammessa dall’autore del lapsus; nel primo va aggiunto anche che essa sia annunciata immediatamente prima del lapsus. In MECCANISMO entrambi i casi essa però è stata “ricacciata indietro”. Colui che parla non la traduce a parole, LAPSUS e allora incorre il lapsus verbale. La tendenza respinta si traduce in parole contro la sua VERBALE volontà, o modificando l’espressione dell’intenzione cui egli consente o combinandosi con essa o prendendone addirittura il posto. Questi tre gruppi si differenziano per la diversa portata della spinta che ricaccia indietro l’intenzione. La repressione dell’intenzione che si presenta di dire qualcosa è la condizione indispensabile perché si verifichi un lapsus verbale. Freud afferma di non volere semplicemente descrivere e classificare i fenomeni, ma concepirli come indizi di un gioco di forze che si svolge nella psiche, come l’espressione di tendenze orientate verso un fine, che operano insieme l’una con l’altra. Cioè una concezione dinamica dei fenomeni psichici. Passando ai lapsus di scrittura…esso collima a tal punto con il lapsus verbale che non abbiamo da aspettarci alcuna novità. Alcuni esempi sono le contrazioni (abbreviazioni), le anticipazioni di parole successive, i quali ancora una volta rinviano a una generale svogliatezza di scrivere e a impazienza di finire. In generale quando si trova un lapsus in una lettura, è segno che c’era qualcosa che non andava nello scrivente. Spesso il lapsus di scrittura non viene neanche o poco notato da colui che lo commette quanto il lapsus verbale. Nel lapsus di lettura la situazione psichica è nettamente differente da quella del lapsus verbale e di scrittura. Ciò che si legge, a differenza di ciò che si scrive, non è una produzione della propria vita psichica, per questo in alcuni casi il lapsus di lettura consiste in una completa sostituzione. Si sostituisce la parola da leggere con un’altra, senza che debba esistere necessariamente un rapporto di contenuto tra il testo e il risultato del lapsus, che di norma si basa su una somiglianza di parole. Esempio: leggere «reparto gabinetti» invece che «reparto giovinetti» Atti mancati causati da dimenticanza. La dimenticanza di propositi è davvero inequivoca; la sua interpretazione, non viene contestata. La tendenza che perturba il proposito è ogni volta una controintenzione, un «non volere», di cui ci resta solo da sapere perché non si manifesti diversamente e in modo non dissimulato. Talvolta si riescono anche ad intuire i motivi che costringono questa controvolontà a nascondersi. Se tra il proposito e la sua esecuzione è subentrata un’importante alterazione della situazione psichica, allora la dimenticanza del proposito esorbita dall’ambito degli atti mancati. Cioè la dimenticanza del proposito può essere chiamata atto mancato solo quando non possiamo credere che il proposito sia stato interrotto in questo modo. La dimenticanza, ossia la non esecuzione di un proposito, indica la presenza di una controvolontà che

può essere diretta o mediata. Esempio: se uno dimentica di vedersi a un appuntamento con una persona. La tendenza perturbatrice non è detto che riguardi la persona da incontrare ma può essere rivolta contro il luogo in cui l’incontro deve avvenire, luogo che verrebbe evitato a causa di un ricordo penoso ad esso collegato. La dimenticanza di nomi propri e di nomi stranieri può ugualmente essere ricondotta a una controintenzione, rivolta direttamente o indirettamente contro quel nome. Uno dei motivi della tendenza rivolta contro il ricordo di un nome c’è l’avversione alla memoria a ricordare qualcosa che sia legato a sensazioni di dispiacere e la cui riproduzione rinnoverebbe questo dispiacere. Le dimenticanze di impressioni ed esperienze è la tendenza ad allontanare dalla memoria ciò che è sgradevole con una evidenza ed esclusività ancora maggiore della dimenticanza di nomi. Solitamente le impressioni sgradevoli vengono facilmente dimenticate. Ma altrettanto solitamente proprio ciò che è penoso e difficile da dimenticare ritorna spesso alla memoria a tormentare la persona. Questo perché la vita psichica è un campo d’azione e di battaglia, è fatta di contraddizioni e di coppie di opposti. La dimostrazione che esiste una determinata tendenza non è sufficiente per escludere l’esistenza di una tendenza contrastante. Il perdere e lo smarrire. Il nostro perdere è spesso un volontario sacrificare. Il perdere può mettersi al servizio di un atteggiamento di sfida o di autopunizione, in breve, possono essere infinite le motivazioni della tendenza a perdere una cosa per allontanarla da sé. La sbadattagine viene impiegata allo scopo di appagare desideri che ci si deve interdire. L’intenzione si maschera in questo caso da combinazione fortuita. Esempio: uno dei pazienti di Freud era stato proibito di chiamare la sua ragazza. Volendo chiamare Freud, «erroneamente» e «sovrappensiero» si ritrovò a comporre il numero sbagliato e si trovò improvvisamente al telefono con la sua ragazza. SECONDA PARTE-IL SOGNO

Lezione V-Difficoltà e primi approcci Il sogno divenne oggetto di indagine psicoanalitica a partire da degli studi effettuati su pazienti nevrotici. Durante questo trattamento si osservò che i malati oltre ai loro sintomi producevano anche i sogni, nacque così il sospetto che questi sogni avessero un senso. Il sogno venne quindi individuato come sintomo nevrotico che ha il vantaggio di presentarsi anche in tutte le persone sane. Riguardo tale studio, sono state fatte molte critiche poiché esso contrasta quelli che sono i requisiti di una ricerca esatta e veritiera: raccontare un sogno non da necessariamente la garanzia di averlo fatto in modo esatto, aggiungendo, per esempio, qualcosa di inventato o omettendo cose che si vogliono celare. Tutti gli antichi popoli hanno attribuito ai sogni una grande importanza e li hanno ritenuti riutilizzabili da un punto di vista pratico: vi hanno cercato, ad esempio, presagi! Come ad esempio nel caso di Alessandro Magno che quando intraprese la sua campagna di conquiste, al suo seguito si trovavano i più famosi interpreti di sogni. Per i medici il sogno non è un atto psichico ma l'espressione di stimoli somatici nella vita mentale. A volte inutile, altre addirittura morboso. Secondo la scienza esatta contenuto del sogno hanno molta influenza, determinati stimoli somatici attivi durante il sonno. Che cos'è dunque il sogno? Dove trovarlo? E' la reazione ad uno stimolo che disturba il sonno. Primo tratto comune a tutti i sogni è il fatto che nel sognare dormiamo. Il sogno costituisce, così, la vita della psiche durante il sonno: è lo stato intermedio tra sonno e veglia. Che cos’è dunque il sonno? Il sonno è uno stato nel quale l'individuo si ritrae per estraniarsi completamente dal mondo esterno, tenendo lontano i suoi stimoli, come se ci ritirassimo nello stato prenatale, ossia nell'esistenza endouterina. La tendenza biologica del sonno sembra quindi essere il ristoro. Il fatto che nel sonno no ci sia nessuna attività psichica, ma il sogno presumibilmente ne è, allora bisogna pensare che i vari residui di attività psichica che si possono notare nel sonno non

siano che residui del sogno. I sogni sono dunque i residui dell'attività psichica della veglia che disturbano il sonno. Il secondo tratto comune di tutti i sogni riguarda il fatto che i processi psichici nel sonno hanno un carattere del tutto diverso da quelli della veglia: nel sogno si hanno ogni sorta di fatti, soprattutto immagini visive. E qui è la difficoltà di raccontare il sogno: tradurre le immagini in parole. Di solito i sogni vengono dimenticati al risveglio oppure resistono per una giornata, ma sempre con maggiori lacune. I sogni di risveglio sono quelli che offrono le migliori possibilità di rilevare l'influenza di stimoli esterni perturbanti il sonno. Non da tutti i sogni si viene però risvegliati, dunque sarà difficile capire lo stimolo perturbatore che forse ha agito durante la notte. Freud ipotizza che tutto sia dovuto all’influenza di stimoli provenienti dall’esterno ma si possono avere anche stimoli provenienti dagli organi interni, cosiddetti corporei. Come ad esempio un eccessivo riempimento della vescica o eccitamento degli organi genitali. Importante è il fatto che un sogno però non riproduce semplicemente lo stimolo, ma lo rielabora, vi allude, lo inserisce in un contesto, lo sostituisce con qualcos'altro. Un caso particolare di sogni, che deriva da quello che è l'uso linguistico delle parole, è il sogno ad occhi aperti: sono fantasie, fenomeni molto generali, osservabili anche in persone sane che sono facilmente accessibili allo studio sulla propria persona. Questi non hanno niente di comune riguardo ai tratti comuni ai sogni: non si hanno quando si dorme, non vi è in essi nessuna esperienza o allucinazione bensì la rappresentazione di qualcosa. Sono scene e ...


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