Riassunto Introduzione alla semiotica dello spazio PDF

Title Riassunto Introduzione alla semiotica dello spazio
Author Val_ halla
Course Semiotica dei consumi e della pubblicita'
Institution Sapienza - Università di Roma
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Riassunto approfondito di cinque capitoli (su sei) del libro...


Description

Introduzione alla semiotica dello spazio Alice Giannitrapani

Introduzione George Perec, nel suo libro Specie di spazi, sintetizza la spazialità come sistema e processo di significazione. Egli evidenzia come i luoghi non siano sempre uguali a loro stessi. Oggi gli spazi si sono moltiplicati, diversificati. Ce ne sono di ogni misura e di ogni specie, per ogni uso e funzione. Anche se nell’esperienza quotidiana conserviamo la sensazione di avere punti di riferimento fermi e immutabili, eventi più o meno traumatici, complessi o immaginari ci fanno capire come i luoghi si evolvano, cambino sulla base di ciò che succede al loro interno conservando memoria delle trasformazioni che li attraversano. Il loro senso dipende dal legame che intrattengono con chi li vive, li abita, li investe di un qualche valore; dipende dal legame che si viene a instaurare tra spazio e individuo, tra spazio e società. A conferire identità ad un luogo partecipa il confine; spesso arbitrario, ma non privo di significato. il confine definisce un dentro e un fuori, un interno e un esterno che derivano, a loro volta, dal punto di vista a partire dal quale quel territorio è inquadrato, vissuto o raccontato. Non solo, ma a dotare di significato uno spazio è anche il modo di rappresentarlo (i colori e le linee riflettono e determinano). Lo spazio è un elemento costitutivo della nostra esperienza, tanto che la vita di ciascun individuo, o la storia di una società, può essere narrata in termini di spostamenti e variazioni di posizione. Proprio per questa sua centralità lo spazio è oggetto di riflessioni di numerose discipline come la semiotica che focalizza l’attenzione sulla spazialità, intesa come principio astratto di organizzazione delle più diverse manifestazioni antropologiche, come meccanismo discorsivo che rende evidente quell’inevitabile processo di traduzione di testi in altri testi che è la cultura.

I.I Soggettività e oggettività Il mondo esiste di per sé, ma si dà solo a partire da un soggetto che lo coglie. La percezione dell’esterno non è mai immediata, ma sempre già orientata dal soggetto, dai suoi programmi di azione, e mediata dal corpo. Il filosofo Merleau-Ponty distingue uno spazio antropologico, frutto di un vissuto, di un’esperienza soggettiva, da uno spazio geometrico, assoluto, euclideo. Quest’ultimo non coincide con la “realtà”, ma è frutto di un’astrazione ed è pensabile a partire da un soggetto che “abbandoni il suo posto, il suo punto di vista sul mondo e si pensi in una sorta di ubiquità” Tale distinzione si è ripresa. Si è parlato di uno spazio centrico, discontinuo, finito, eterogeneo, che pone il soggetto e le sue percezioni come perno organizzatore dell’estensione, e di uno spazio acentrico, continuo, infinito, omogeneo, che coincide con quello fisico-matematico e non contempla alcuna forma di presa individuale. O ancora, si può discerne uno spazio globale, che si presenta come assoluto ed è retto da un sistema di riferimento “oggettivo” (quello della geometria euclidea o dei punti cardinali) da uno locale, qualitativo, retto da un sistema di riferimento relativo che implica una soggettività, sia essa individuale o collettiva.

L’oggettività e la soggettività dello spazio vanno intese come effetti di senso del discorso, risultato dei diversi modi in cui lo spazio stesso viene posto in essere. Per comprendere tale distinzione basti pensare alla pianta architettonica di un appartamento su cui figura la metratura delle stanze: in tal caso abbiamo un esempio di spazialità oggettivante in quanto il disegno è realizzato al fine di riprodurre e mostrare la realtà. Diversamente un progetto dove figura la firma o lo stile di un architetto è un esempio di spazialità soggettivante. Similmente, si può distinguere la vista oggettivante da quella soggettivante. Nel primo caso lo sguardo è guidato da uno sapere anteriore in grado di determinare la sensazione che l’oggetto esista di per sé (come quando dinanzi ad un panorama su una città si cerca di ritrovare le vie o i palazzi che si conoscono); nel secondo caso si pone i primo piano la percezione contingente, favorendo le intuizioni (come quando dinanzi ad un paesaggio ci si abbandona alle sensazioni lasciando lo sguardo libero di divagare). Lo spazio è legato alla soggettività ed è popolato da oggetti e individui che lo formano e deformano in base alle loro esigenze. I luoghi incarnano specifici modi di concepire relazioni sociali, quando non si preoccupano di naturalizzare forme di gerarchizzazione. Ne sono un esempio gli ospedali, le carceri, i collegi studiati da Foucault: a un certo punto della storia queste architetture iniziano a organizzarsi per piccole cellule, segmenti che consentono di identificare facilmente gli individui, di categorizzarli ed esercitare il controllo e il potere disciplinare.

I.2 Linguisticità Il punto di vista che adotteremo considera lo spazio non come un mero contenitore di soggetti, oggetti, avvenimenti, ma come una struttura significante in grado di parlare di una molteplicità di aspetti della vita sociale. La spazialità è un linguaggio e come tale, suggerisce determinati significati a partire da allestimenti significanti quali le dimensioni o la profondità, così come la lingua naturale esprime concetti attraverso articolazioni sonore. Non a caso a tal proposito Levi Strauss evidenziò come dall’analisi delle mappe dei villaggi bororo si potesse risalire alla struttura sociale della popolazione che vi abitava. Se chiudo una porta di fronte a una presona frappongo tra me e l’altro soggetto una barriera che è al contempo fisica e sociale: sul piano dell’espressione avrò una variazione dell’organizzazione del luogo (porta aperta prima, porta chiusa dopo), sul piano del contenuto una cerca disposizione relazionale (apertura vs chiusura). In molti casi, cioè, si dà una vera e propria omologia tra strutture sociali e strutture spaziali. Si comprende allora come sia impossibile considerare isolatamente da un lato come si presenza un luogo e dall’altro ciò che in esso accade, proprio perché si tratta di due facce della stessa medaglia. Il piano dell’espressione e quello del contenuto si trovano in una relazione di presupposizione reciproca Occorre però comprendere in che modo lo spazio riesce a parlare di qualcosa di altro da se stesso, comprendendone la portata sociale e cogliendone il rilievo in relazione alla soggettività e all’intersoggettività. Greimas diceva che “tutto si svolge come se l’oggetto della semiotica topologica fosse duplice, come se il suo oggetto fosse definibile contemporaneamente come iscrizione della società nello spazio e come lettura di questa società attraverso lo spazio”.

I.2.I

Società La semiotica dello spazio si sovrappone in parte a quella del mondo naturale, da intendere come tutto ciò che ci circonda. Così come le lingue sono dette naturali pur essendo sistemi di segni culturalmente definiti, similmente il mondo di cui parliamo è una forma di linguaggio, composto da una serie di tratti espressivi e qualità sensibili che richiamano determinati contenuti. Motivo per cui, supponiamo che la relazione linguamondo non debba essere interpretata come passaggio da un codice (linguistico) a un referente esterno,ma come forma di traduzione tra sistemi di segni. Il semplice essere nel mondo implica già una qualche relazione con esso, così come d’altro canto, il mondo in cui pensiamo e ci rappresentiamo gli spazi è, secondo Thom, un elemento distintivo fondamentale delle società: l’uomo attraverso un processo di astrazione ha congiunto le mappe e definito una “rappresentazione globale dello spazio della geometria”. Lo spazio identifica. Uno dei primi tratti che consentono di comprendere la realtà sociale di un individuo è infatti il luogo di appartenenza: gli italiani sono quelli che risiedono in Italia, mentre i nomadi sono coloro che non hanno una dimora fissa. In più lo spazio comunica: ci indica come percorrere le strade, come comportarci in un determinato ambiente, o come relazionarci con altri soggetti. Ciononostante, come evidenziato da Eco, la maggior parte delle volte fruiamo dello spazio con disattenzione, senza notare i significati espressi dai luoghi. Per esempio, in banca vi è una linea di demarcazione che disciplina il turno, indica sostanzialmente la soglia che divide la zona privata, in cui il cliente parla con l’impiegato, dalla zona di attesa. In questo modo parla di una società che tutela il valore della privacy, e quindi significa. Inoltre, le categorie spaziali sono così radicate nella nostra vita che è possibile usarle per spiegare le dinamiche culturali. Lotman e Uspenskij sostengono che ogni società si istituisce sulla base di un’opposizione tra un interno (proprio) e un esterno (altrui) ed è a sua volta ripartita in zone, organizzata in centri e periferie. Le relazioni interculturali, nella concezione lotmaniana, si rendono possibili proprio a partire da queste frontiere che da un lato delimitano le rispettive identità, mentre dall’altro, in quanto porose, sono una continua fonte di contatto e cambiamento. Non solo la cultura è descrivibile secondo modelli spaziali, ma il modo di articolare e concepire i luoghi è un elemento fondante delle culture. Lo spazio geografico assume diverse forme in relazione al sistema in cui è inserito. Per esempio, nel Medioevo russo la verticalità aveva un significato etico poiché il paradiso non era inteso come un posto immaginario ed astratto, ma come luogo concreto dello spazio geografico.

I.2.2

Individualità Come abbiamo accennato, lo spazio è anche il mezzo attraverso cui si costruisce l’identità individuale: per esempio, la prima informazione data quando ci si presenta ad uno sconosciuto è proprio il luogo di provenienza. La spazialità dunque, serve a dire chi siamo, cosa amiamo o anche come interpretiamo il nostro rapporto con gli altri. Anche il modo in cui arrediamo la nostra casa parla di noi. Gli studi di prossemica hanno inoltre dimostrato anche che le distanze tra gli individui rappresentano un modo per definire il tipo di relazione che intercorre tra di loro o gerarchia sociale. Anche queste distanze variano in relazione sia alla cultura di riferimento: per esempio arabi, piuttosto che giapponesi tendono ad aumentare prossimità e contatto fisico,

differentemente dagli americani che invece tendono a distanziarsi; sia al contesto comunicativo: infatti la distanza tra due individui aumenta quando questi hanno un rapporto formale mentre diminuisce in caso di rapporto amicale. Gli spazi diventano oggetto di rivendicazioni sociali da parte dei soggetti, e ciò avviene non solo quando il possesso è istituzionalmente definito, ma anche nel caso di proprietà temporanee (marco un posto al cinema con la mia giacca). Condividere un luogo implica una serie di procedure di aggiustamento. Supponiamo di trovarci un ascensore affollato, l’ingresso di un’altra persona determinerà un riassetto di posizioni e sguardi finalizzati alla difesa dello spazio personale. Se vivere uno spazio è già di per sé un fatto legato alla soggettività, poco convince la celebre distinzione di Augé tra luoghi (identitari, relazionali e storici), dai non luoghi, che invece rappresentano il regno dell’anonimato, dove ciascun soggetto perde le sue caratteristiche individuali per divenire un fruitore aprioristicamente definito. Tali luoghi sono, per esempio, gli aeroporti, gli autogrill o i grandi centri commerciali. In realtà però, nessuno spazio e di per sé etichettabile in quanto soggetto a continue ridefinizioni non prevedibili a priori.

I.3 Testualità. La semiotica viene definita come la scienza della significazione, ossia come disciplina che studia tutti quei fenomeni che producono senso. Tale compito è possibile mettendo a fuoco un particolare oggetto di studio, ovvero il testo, la cui definizione va in questo contesto precisata. Vi è innanzitutto uno spazio del testo, ovvero una superficie di iscrizione in cui si concretizza e si manifesta un certo testo (la pagina di un libro, schermata di un sito web). Tale supporto non è mai neutro, ma contribuisce alla definizione della pratica di fruizione dell’opera (per ammirare un quadro molto grande dovrà pormi a una distanza adeguata), di alcune sue caratteristiche, dal suo genere. In secondo luogo, vi è uno spazio nel testo, cioè la rappresentazione di ambientazioni, territori, paesaggi all’interno di diversi tipi di racconto. Dall’analisi delle varie forme di descrizione dei luoghi possono emergere significati impliciti, organizzazioni narrative, valori profondi delle opere in questione. Infine vi è lo spazio come testo, nel senso che i luoghi, con le loro articolazioni e forme di vissuto che vi si esplicano, sono interpretabili e analizzabili come forma testuale. La semiotica ha progressivamente ampliato la nozione di testo, applicandola non solo a oggetti riconosciuti come tali dal senso comune, ma anche a una pluralità di manifestazioni che, a ben pensarci, presentano analoghe caratteristiche formali. Occorre quindi a questo punto chiedersi quali siano queste caratteristiche formali. Il legame tra spazio e testualità può essere specificato, seguendo una categorizzazione proposta da Marrone, in tre diverse direzioni. Marrone a tal proposito asserisce che in ogni testo, inteso come dispositivo all’interno del quale operano uno o più linguaggi, è riconoscibile un’organizzazione biplanare, ovvero una correlazione tra un piano dell’espressione e un piano del contenuto. In secondo luogo il testo è sempre frutto di una forma di negoziazione. Il suo senso, la sua esistenza possono essere più o meno misconosciuti: se non ci fermiamo ad uno stop, neghiamo di fatto un limite, un confine tra due spazi diversi, appiattendone così le differenze e negandone il valore testuale. Ciò si lega alla caratteristica della biplanarità e alla stessa definizione di segno, che già Saussure designava come un legame arbitrario tra un significante (espressione) e un significato

(contenuto). L’arbitrarietà si spiega col fatto che non c’è alcuna ragione naturale e assoluta per cui, per esempio, gli spogliatoi di una palestra debbano essere distinti in maschili e femminili. Benveniste parla invece di necessarietà del segno secondo cui determinate relazioni poste tra un piano dell’espressione e un piano del contenuto non sono modificabili a piacimento, ma vanno rispettate perché riproducono determinati ordini e valori sociali. Nonostante nei testi vi siano dei margini di negoziabilità sui significati, questo non implica una libera interpretazione di qualsiasi occorrenza testuale. Infine, il testo è dotato di una forma di chiusura: ha dei confini che consento di distinguerlo da che è altro da sé. Anche in questo caso però si tratta di confini non ontologicamente dati, bensì definiti in termini negoziali. Vi è, in sostanza, una continua tensione dialettica tra una forma di chiusura e una speculare apertura del testo, determinata sia dall’osservatore (poiché un semiologo avrà una concezione di confini diversa rispetto a quella di un urbanista), sia dal modo in cui i luoghi sono vissuti, sia dall’intrinseco dialogo che ciascun testo intrattiene con altri (intertestualità). Il Guggenheim dialoga con gli altri Guggenheim, la città parla con i sobborghi vicino. E questo meccanismo espande inevitabilmente i confini di ciò che guardiamo. Ogni testo è caratterizzato da una certa tenuta, e possiede pertanto una coerenza che ce lo fa riconoscere come un’unità, ove per unità si intende una articolazione processuale e stratificata. Ogni testo è dinamico, in quanto forma di racconto, poiché possiede una matrice narrativa, ovvero un’articolazione logica basata su trasformazioni e su un’organizzazione valoriale profonda che è compito dell’analisi andare a rintracciare. La narratività, non è da intendere come narrazione, ma come ipotesi interpretativa che regge i più svariati fenomeni sociali. La narratività è una caratteristica di tutti i testi, inclusi quelli che non sono racconti comunemente intesi. Si parla poi di struttura stratificata in quanto, indipendentemente dal piano della manifestazione, e quindi a prescindere da come si presenta un dato spazio, vanno ricostruiti i meccanismi profondi che lo reggono e le dinamiche che lo attraversano. Si tratta di scendere verso livelli sempre più impliciti e meno evidenti. Livelli che consentono di mettere in luce le più autentiche dinamiche attraverso cui il senso si costruisce e si rende esplicito. Infine, di ogni testo non va considerato solo il messaggio trasmesso, ma anche tutto quel còté comunicativo che rende conto di un certo modo di concepire la relazione tra il suo produttore e il suo ricettore. Un museo in cui il percorso è stabilito e chiaramente indicato ci fa pensare a un ideatore/gestore di quello spazio che intende determinare in termini prescrittivi l’andamento del visitatore, un altro in cui si danno diverse possibilità di attraversare gli ambienti rimanda invece a un produttore che vuole concedere al fruitore la libertà di muoversi. La semiotica va a indagare il modo in cui le figure degli autori e dei lettori siano nei testi in un certo senso già presenti. È questo il livello dell’enunciazione.

2. Segmentare 2.1 Delimitazioni. Dal momento che abbiamo identificato lo spazio come un testo, e dal momento che il testo è sempre caratterizzato da una forma di chiusura, occorre chiedersi cosa delimita invece lo spazio? Soglie, bordi, frontiere, limiti sono tutti elementi che servono ad attribuire specificità ad un luogo, distinguendolo da ciò che gli sta intorno. Il senso si produce nella differenza, la quale emerge come forma di discontinuità, di separazione rispetto a ciò che è altro. Infatti, una zona indifferenziata non ha in sé una propria identità, è necessario segmentarla per creare uno spazio. Per esempio: la città medievale marcava il proprio territorio attraverso un sistema di mura e fossati; le proprietà private sono generalmente delimitate da mura tralicci e griglie ecc. Il confine in sostanza si occupa di tracciare uno spazio omogeneo e pressoché continuo al proprio interno, opponendolo ad uno spazio eterogeneo, differente e discontinuo rispetto al primo. A tal proposito Lotman e Uspenskij segnalano come la continuità sia il tratto distintivo di un luogo , mentre la frammentazione porta alla formazione di spazi diversi. E’ il caso di quei grandi appartamenti che una volta ristrutturati vengono suddivisi formando due unità abitative. Occorre comunque tenere presente che il processo di frammentazione, se portato all’estremo, degenera in una non spazialità. Quindi, se continuiamo a suddividere le unità abitative, otterremo prima delle singole stanze, poi luoghi sempre più ristretti e inabitabili. Ma se è vero che il confine definisce unità spaziali, è anche vero che esso può essere segnalato in maniera più o meno forte.

2.I.I Soglie e limiti Secondo la nostra esperienza vissuta, comunque, il passaggio da un luogo a un altro avviene in maniera graduale, e ciò porta a pensare ai confini in termini modulari. Prendiamo in esempio un campo di pallavolo, il quale è definito da alcune linee che costituiscono dei limiti . Tali linee hanno lo scopo di indicare l’area interna al gioco dal fuori campo esterno. Lo spazio interno è a sua volta sotto articolato: vi è infatti una linea centrale, rappresentata dalla rete che si occupa di dividere le due metà rivali e identificando lo spazio di una squadra e quello dell’altra. Tale linea centrale rappresenta una soglia che, rispetto al limite, indica una distinzione più debole. Mentre i limiti hanno una funzione demarcativa (distingue dentro dal fuori), la soglia ha una funzione segmentativa (introducono scansioni, nel nostro caso segnalano due spazi simmetrici all’interno del campo). Soglie e limiti non sono però concetti fissi e aprioristicamente dati, ma termini che si definiscono a partire da una relazione reciproca. Nel campo, l’area libera che ingloba il campo (marcata di un colore diverso)avvengono alcune azioni non estranee alla partita (ci sono gli arbitri). In questo senso il limite forte è dato dai pannelli pubblicitari che dividono il campo ampliato dagli spalti. Nel nostro quotidiano vi sono numerosi elementi che marcano sistemi di soglie e limiti. Pensiamo per esempio a un muro e a una porta: men...


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