Introduzione alla semiotica dei nuovi media cosenza 1 PDF

Title Introduzione alla semiotica dei nuovi media cosenza 1
Course Argomentazione, informazione e semiotica multimediale (m)
Institution Università degli Studi di Verona
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“Introduzione alla semiotica dei nuovi media (Cosenza)”

1. Semiotica dei nuovi media: teorie, metodi, oggetti. L’espressione “semiotica dei nuovi media” indica una disciplina relativamente giovane. In Italia i primi insegnamenti universitari risalgono alla fine del 2001, e solo a partire dal 2003 uscirono le prime pubblicazioni sistematiche sull’argomento. Prima di allora l’espressione non era mai stata usata né in Italia né in contesti internazionali. L’espressione nuovi media viene utilizzata in ambito sociologico a partire dalla fine degli anni ’90 (Van Dijk 1999), per indicare strumenti digitali e reti informatiche utilizzate come strumenti di comunicazione di massa. La semiotica dei nuovi media sarà destinata sempre a rincorrere il nuovo e a proporsi come nuova. La semiotica nella sua accezione più generica indica una riflessione il più possibile sistematica sui segni, le leggi che li regolano e i loro usi, e può essere generica o specifica. Una semiotica generale è una riflessione di carattere filosofico finalizzata a rendere ragione a fenomeni di significazione e comunicazione apparentemente disparati. Non è propriamente una filosofia del linguaggio perché: - non aprioristica, ma empirica, poiché si nutre dell’esperienza di semiotiche specifiche; - generalizza i propri concetti definendo le lingue naturali e i linguaggi formalizzati (come la filosofia del linguaggio) e in più le forme espressive non verbali. Una semiotica specifica si occupa di fornire la grammatica di un particolare sistema di segni (semiotica del testo), come: il linguaggio, la pittura, la musica, il cinema, il teatro, ecc. La semiotica dei nuovi media è dunque una semiotica specifica che studia i nuovi media trattandoli come testi. È compito di ogni semiotica specifica scegliere di volta in volta gli strumenti teorici e concettuali che più le si addicono. Ecco perché è meglio parlare di campo disciplinare, più che di disciplina. 1.2. Una branchia della semiotica che ha tentato di tenere le fila di tutto il processo è la semiotica strutturalista (Magli, Traini, Pozzato), che permette di comprendere in via preliminare cosa vuol dire fare analisi semiotica di un testo, e considerare ogni nuovo medium come un testo. Nella seconda metà del ‘900 la linguistica e la semiotica hanno spostato progressivamente l’attenzione sulla nozione di testo, tant’è che si è finito per parlare di “svolta testuale” e poi di linguistica testuale/semiotica del testo. È stata una svolta perché l’attenzione si è spostata verso unità di analisi superiori, non solo alle singole parole. Per testo s’intende una porzione di realtà: - dotata di significato per qualcuno; - di cui si possano definire chiaramente i limiti; - che si possa scomporre in unità discrete, secondo più livelli generici di analisi; - che si possa scomporre secondo criteri oggettivabili. Il metodo analitico della semiotica, come quella della filosofia del linguaggio, non è quantitativo ma qualitativo, non è normativo, ma descrittivo. La filosofia del linguaggio è aprioristico perché parte dall’analisi dello studio ordinario di alcune espressioni, poi, supponendo che si tratti di un’interpretazione comune alle persone che parlano una certa lingua, si muove all’interno di quella supposizione. Mentre la semiotica considera il testo come un banco di prova empirico, che può confermare o confutare dall’esterno le ipotesi che formula su quei testi. L’individuazione di diversi livelli gerarchici viene poi dalla progressiva discesa in profondità del testo. L’analisi semiotica è dunque un’operazione di smontaggio. La semiotica cerca le regole e i significati profondi che regolano un testo, e li confronta con quelli reperibili in altri testi e nella cultura in cui il testo è immerso. Lo strutturalismo sottolinea come la semiotica vada intesa come un insieme di relazioni. La semiotica strutturalista si è concentrata sullo studio delle relazioni di contrarietà e contraddizione, anche organizzandole in forma di quadrato, come fece per primo Greimas. Le contrarietà indagate sono quelle che stanno all’interno di un testo, ma vi è un continuo confronto con ciò che sta fuori dal testo (intertestualità + enciclopedia-Eco/semiosfera-Lotman), ossia il patrimonio di conoscenze e credenze condivise dalla società. Bolter e Grusin teorizzano il concetto di ri-mediazione, ossia un processo che considera ogni nuovo media come un nuovo mondo che si appoggia alle regole che governano i media che 1

l’hanno preceduto, trasformandole e ricombinandole in modo più o meno originale. Si tratta quindi i un processo di analisi fondato sulla stratificazione. 1.3. Quando si parla di media o di mezzi di comunicazione si tende sempre a confondere i piani di analisi e significato, e questa complessità è stata ulteriormente accentuata da Internet: a volte ci si riferisce ai calcolatori, altre volte ai protocolli, altre volte ancora ai più disparati ambienti di comunicazione on-line. Volli afferma che i media si situano all’incrocio fra i canali materiali e le grandi convenzioni culturali. Il loro statuto è strutturalmente ambiguo, tanto più ambiguo quanto più vasta e generica è la loro definizione. La reale distinzione è tra i media intesi come tecnologie e i media intesi come forme di comunicazione, poiché a nessuno dei media contemporanei corrisponde una sola forma di comunicazione (non serve pensare a internet, basta pensare ai diversi formati televisivi o radio, o ai diversi generi letterali). Internet comunque introduce tecnologie che permettono ognuna una varietà di usi e pratiche sociali e comunicative che andrebbero tutte indagate separatamente. Il lavoro di scandaglio analitico è oggi quanto mai complesso, poiché le ambiguità e le confusioni si sono ampiamente moltiplicate. Allo stesso modo, pensare che a ciascuna tecnologia corrisponda una sola forma di comunicazione è una sorta di determinismo tecnologico nascosto. È vero però che il mezzo determina il messaggio nel senso che le caratteristiche fisico-strutturali di una tecnologia condizionano, favoriscono, indirizzano il modo in cui la usiamo. Quindi il messaggio non è solo il mezzo, quanto piuttosto anche il mezzo. Va tenuto poi in considerazione che sui nostri usi della tecnologia influiscono anche: - fattori economici; - fattori culturali; - fattori macro e micro-sociali; - fattori personali; - fattori contestuali. Un aspetto interessante è contraddistinto da tutti quegli espedienti presi da ambienti comunicativi digitali e traslati nella scrittura fisica. In sostanza, è sbagliato interpretare la tecnologia sia con determinismo tecnologico che con antideterminismo radicale, perché implica negare che gli aspetti materiali delle tecnologie incidano sul modo in cui le usiamo. Secondo Bolter è quasi impossibile comprendere dove finiscono le tecnologie e dove inizia la cultura. Infatti l’autore utilizza il termine tecnologia includendo sia le componenti strutturali/materiali che quelle culturali/sociali, ricollegandolo al concetto platonico di techne: tutte le arti che richiedevano all’artigiano di sviluppare un’abilità, una disposizione mentale tecnica a usare strumenti e materiali. La prospettiva mutuata da Bolter è molto proficua per due motivi: rende evidente il nesso fra gli aspetti materiali e quelli sociali; mette al centro la scrittura. Come se il digitale avesse dato alla parola scritta una centralità mai avuta prima. L’analisi semiotica dei nuovi media è qualcosa di più complesso perché non ha i confini ben definiti. In primis perché la digitalizzazione che rende possibili, a livello tecnologico, il fenomeno della multimedialità e quello della convergenza dei media. In secondo luogo perché l’accezione “nuovo” cambia costantemente il suo significato, all’evolversi delle tecnologie. In generale diventa ”nuovo” tutto ciò a cui non siamo ancora abituati, è quindi qualcosa legato al tempo e a variabili soggettive (che tendenzialmente alla semiotica non interessano). Gordon Moore (co-fondatore di Intel), nel 1965 osservò che la tecnologia ogni 12 mesi avrebbe permesso di raddoppiare il numero di transistor per pollice quadrato, poi salì a 18 ed infine a 24. Oggi sostiene che la sua legge potrebbe smettere di funzionare entro il 2020. Questo per dire che i ritmi dell’informatica sono molto avanzati e complessi, motivo per il quale quando parliamo di tecnologie informatiche dobbiamo tenere in considerazione una costante condizione di novità. In questo contesto in cui tutto cambia costantemente, si sceglie di che cosa parlare e su cosa riflettere anche in base alle mode. Anche la riflessione semiotica finisce quindi per esserne in balia. Il concetto di multimedialità: spesso utilizzato dal marketing per conferire una qualche forma di innovazione. La Cosenza propone di analizzare il termine facendo riferimento al concetto di “testo sincretico” di Greimas e Courtés, secondo i quali è sintetico un testo in cui la stessa istanza di enunciazione mette in gioco una pluralità di linguaggi di manifestazione, ossia sistemi semiotica 2

eterogenei (nel senso che possono coinvolgere sia sostanze dell’espressione diverse che mezzi di comunicazione. Ciò significa che la multimedialità coinvolge linguaggi eterogenei in una strategia di comunicazione unitaria, cioè presenta amiche sintattiche, semantiche e pragmatiche di coesione e coerenza che rimandano alla stessa istanza di enunciazione. Eco sostiene che fanno riferimento allo stesso autore empirico o ad un insieme di autori empirici che abbiano seguito le stesse regole di produzione testuale. Hjelmslev distingueva il piano dell’espressione da quello del contenuto, e ogni piano lo divideva a sua volta in forma e sostanza. In cui per forma del contenuto s’intende la forma che ogni lingua o sistema semiotico ritaglia e seleziona per generare la sostanza del contenuto, e per sostanza del contenuto qualunque pensiero, oggetto, stato di cose che possa essere espresso da qualche lingua o da qualche sistema semiotico. Per forma dell’espressione s’intendono invece i sistemi di suoni (fonemi), mentre il sistema fonatorio è l’insieme di suoni che l’apparato fonatorio umano è in grado di produrre e l’orecchio umano di percepire. Per la Cosenza usare la parola multimedialità è riduttivo, in quanto sarebbe più opportuno usare la parola multisensorialità o multisostanzialità (Hjelmslev). Va definito un multimediale un testo che: - comprende una pluralità di media intesi come forme di comunicazione; - utilizza una strategia di comunicazione unitaria; - crea una combinazione che non siamo abituati a cogliere assieme, che cioè ci pare nuova; - che prevede l’utilizzo di più di un canale sensoriale. (non è multimediale un sito che presenta accanto al video di una trasmissione, la serie di tweet che l’hanno accompagnato, viceversa lo è un talk show che include attività di live tweeting inserendole a pieno titolo nella scaletta del programma). Sono multimediali in senso pieno molti siti di testate giornalistiche che includono i linguaggi: del quotidiano, di certi periodici, del telegiornale, della radio, della chat, dei blog, del forum. Così come è multimediale in senso pieno un social network. N.b. > la multimedialità include la multisensorialità.

2. Interfaccia, Interazione, Interattività. Le interfacce nascono per necessità di estendere un concetto che non include solo gli artefatti informatici. Infatti si dividono in hardware (dispositivi di interconnessione) e software (linguaggi e codici). Per interfaccia s’intende quindi l’insieme delle componenti hardware e software di un sistema elettronico. Più nello specifico è opportuno parlare di interfaccia utente (user interface o Ui). L’interfaccia può essere di due tipi: - a righe di comando (Command Line Interface o CLI), rivolta ad un esperto informatico poiché l’utente può impartire comandi digitando sulla tastiera alfanumerica sequenze di caratteri; - grafica (Graphical User Interface o GUI), cioè che mostra i comandi sotto forma di menu grafici o bottoni o altri oggetti grafici. API > interfacce per programmi applicativi, forniti da programmatori di sistemi operativi. Si tratta di una serie di protocolli, routine e strumenti che servono a sviluppare programmi coerenti con quel sistema operativo. La prima interfaccia grafica fu progettata negli anni Settanta e commercializzata nel 1981 dal Centro di Ricerca della Xerox di Palo Alto, che introdusse il sistema delle icone su desktop. Steve Jobs era a Palo Alto da un paio di anni e rimase colpito dai risultati di Xerox, tanto che ne riprese il funzionamento per il pc che stava progettando. Il suo primo prodotto fu un insuccesso (Lisa, 1983), ma nel 1984 quando introdusse Macintosh fu un successo. Nel 1985 arrivò anche Microsoft con Windows 1.0. Nel 1984 Apple introdusse delle Guidelines per la realizzazione delle interfacce che divennero una pietra miliare per la progettazione della UI, perché poneva le basi per alcuni principi ancora attuali. Human Interface Principles, è il più importante da un punto di vista semiotico perché è indipendente dai dettagli tecnici e parla più che altro della filosofia e della psicologia che guidano la progettazione. Filosofia e psicologia che ritroviamo ancora oggi nelle Guidelines di OSX, nonostante molte parti tecniche e molti esempi siano cambiati. Nel 1984-1995 i principi dell’interfaccia umana erano 11: 3

1) metafore 2) manipolazione diretta 3) vedi-e-punta 4) coerenza 5) WYSIWYG 6) controllo da parte dell’utente 7) feedback-e-dialogo 8) clemenza 9) percezione di stabilità 10) integrità estetica 11) mancanza di modalità + due che si sono aggiunti: - conoscenza del proprio destinatario - accessibilità Nell’attuale documento sono 12: 1) metafore 2) modello mentale 3) azioni esplicite e implicite 4) manipolazione diretta 5) vedi-e-punta 6) controllo da parte dell’utente 7) feedback e comunicazione 8) coerenza 9) WYSIWYG 10) clemenza 11) percezione di stabilità 12) integrità estetica. Metafore > è necessario utilizzare metafore provenienti dal mondo circostante, quello in cui vive fisicamente l’utente, al fine di rendere più comprensibili alcuni elementi della propria applicazione. Le metafore sono i mattoni fondamentali di cui un modello mentale è composto. Esse servono per sfruttare la conoscenza che le persone hanno del mondo a proprio vantaggio. Le Guidelines non hanno mai dato un def del concetto di metafore, come se fosse un concetto intuitivo; fanno solo riferimento al modello mentale (Lakoff), sottolineando un link con le scienze cognitive. La metafora, nella linguistica e non solo, presuppone comunque un certo grado di somiglianza tra il significato del termine metaforizzante e quello del termine metaforizzato. Implica quindi la sovrapposizione di interi campi semantici. Nelle interfacce le metafore sono più che altro di natura visiva. Abbiamo quindi un’icona (una configurazione di segni stilizzati) che rappresenta un certo insieme di pratiche ordinarie e finisce per sostituire una descrizione verbale delle azioni. La prima metafora che Apple introdusse è quella della scrivania. La seconda è quella delle finestre (ripresa poi da Microsoft, sulla quale l’azienda ha poi creato il suo intero sistema operativo, incentrato sulla suddivisione in finestre). La terza è quella del menù. Le Guidelines evidenziano come le metafore servano solo a suggerire agli utenti certe azioni. Agli esordi la metafora del menù estendeva quella della scrivania, ma si presentava in maniera intuitiva perché attingeva da un campo semantico universalmente riconosciuto. Questa stessa metafora si è poi estesa e specializzata, finendo per non essere neanche più considerata come tale, si è standardizzata. Oggi abbiamo: menù principale, menù a tendina, menù a scelta rapida o contestuale, … Anche la metafora della finestra si è standardizzata. Anche se non dobbiamo mai dimenticare che: - i paesi che non hanno ancora accesso a Internet sono numerosi; - esiste il fenomeno della ri-mediazione, a causa dell’incessante sviluppo informatico e del fenomeno della convergenza dei media. La Cosenza afferma che le metafore possono generare una collaborazione proficua tra semiologi e informatici. 4

L’ultima metafora degna di nota è quella della pulsantiera. Poiché lo schiacciamento che avviene sul computer è duplice: - letterale (perché muoviamo le dita sul mouse o sulla touchpad); - metaforico (perché nello schermo è rappresentato da pulsanti digitali visivi). Applicando ai pulsanti digitali i modi di esistenza semiotica (Zinna) possiamo distinguere gli stati dai pulsanti in: - stato potenziale > più chiaro e sporge, è disabilitato; - stato virtuale > ha le scritte scure su sfondo più chiaro, è attivo se vogliamo o dobbiamo schiacciarlo; - stato attuale > ha i colori invertiti, significa che possiamo schiacciarlo e stiamo per farlo perché sappiamo cosa comporta; - stato realizzato > viene schiacciato e il comando si avvia. Manipolazione diretta > secondo le Guidelines la UI deve dare all’utente l’idea di agire direttamente sugli oggetti rappresentati. Ovviamente la manipolazione non è davvero diretta, ma è solo percepita. All’utente interessa che la macchina risponda agli input, ma non gli interessa come questo avvenga. Per dare la parvenza di controllo sull’azione sono necessari alcuni accorgimenti: - gli oggetti devono rimanere sempre visibili; - i risultati dell’azione devono apparire immediatamente. Esistono alcuni parametri per far sì che ci sia percezione di immediatezza: - 1/10 di secondo tempo tra il clic e l’esecuzione; - 1 secondo tempo massimo di azione per evitare che interrompa il flusso di pensiero dell’utente, fino ad 1 secondo giustifichiamo il ritardo, se superiore il sistema operativo deve spiegare il motivo; - 10 secondi il limite massimo di attesa; - tutte le azioni sugli oggetti devono essere fatte e controllate dall’utente. Alla manipolazione fisica e letterale corrisponde quindi una manipolazione di tipo semiotico (Greimas). Vedi-e-punta > il funzionamento alla base della manipolazione diretta. Identifica che l’utente prima seleziona sullo schermo l’oggetto e poi decide che cosa deve fare, in questi modi: doppio clic, un solo clic, prima seleziona la voce poi clicca, trascina. Clemenza > un’interfaccia è clemente se prevede che le azioni degli utenti siano facilmente reversibili (non lo è pulsante elimina di Drive quindi !!!). Tuttavia deve trovare un equilibrio tra guidare gli utenti e lasciar loro la libertà di commettere anche errori (motivo della finestra “sei sicuro di voler eliminare”, 1 volta e non insistente). Modalità > la questione delle modalità è particolare perché le Guidelines non le vietano, ma si raccomandano che siano poche e chiare. La modalità è un particolare stato del software che blocca l’utente lasciando liberi solo alcuni comandi. N.B > dobbiamo porci nei confronti della macchina come se fossimo un suo destinante. Il ruolo di destinanti è rafforzato dal fatto che i comandi sono imperativi. Feedback > le Guidelines sostengono che la macchina debba sempre restituire una retroazione all’utente (un Feedback): sullo stato in cui il sistema si trova, sull’azione che l’utente ha avviato, sullo stato in cui il sistema si trova immediatamente dopo e in conseguenza di questa. Ad esempio deve emettere un suono o un segnale quando riceve un input. Il sistema di risposte deve essere studiato in modo tale che faccia sembrare all’utente che la macchina dialoghi con lei/lui. Il feedback è necessario per fare in modo che le persone abbiano la percezione di interagire con un artefatto informatico. Coerenza > le Guidelines sostengono che un’interfaccia debba essere coerente tanto nella grafica quanto nel funzionamento. Ciò si attua tramite la ripetizione di elementi identici, o con la presenza di somiglianze visive (rime plastiche). La coerenza aiuta a comprendere il linguaggio grafico 5

dell’interfaccia, offrendo punti di riferimento stabili. Va tenuto in considerazione che il sistema visivo di un’interfaccia è un sistema simbolico. Per Hjelmslev sono simbolici (monoplanari o conformi) tutti i sistemi di significazione in cui il piano dell’espressione è organizzato parallelamente al piano del contenuto. L’integrità estetica si ottiene anche con la semplicità, che nel linguaggio delle UI significa prevedere un numero ridotto di simboli. Modello mentale > per esso le Guidelines intendono che il layout grafico dovrebbe riflettere il modello mentale che l’utente utilizza per svolgere le s...


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