Introduzione alla Psicologia dello Sviluppo (Berti e Bombi) PDF

Title Introduzione alla Psicologia dello Sviluppo (Berti e Bombi)
Course Psicologia dello sviluppo
Institution Università degli Studi di Genova
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Riassunto completo del libro "Introduzione alla psicologia dello sviluppo" di Berti e Bombi.
Ed. Il Mulino 2001...


Description

INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO Come cambia una certa caratteristica abilità, funzione, al procedere dell’età? Bisogna delineare delle sequenze di sviluppo che descrivono come avviene in un bambino o bambina medi o tipici, lo sviluppo di certe abilità, funzioni, attività, come ad esempio la locomozione, la capacità di afferrare o manipolare oggetti, il linguaggio, le emozioni, la memoria ecc. Esistono delle sequenze di sviluppo tipiche. Quali aspetti dello sviluppo (se ci sono) presentano sequenze universali e quali attraverso una varietà di percorsi diversi? Che cosa è alla base sua delle uniformità che delle differenze? Che differenze ci possono essere tra individui o categorie di individui? Le possibili differenze tra categorie di individui, le più studiate sono quelle relative al sesso. Molto spesso gli esseri umani hanno affermato l’esistenza tra individui, razze, gruppi sociali, sessi, per giustificare privilegi o esclusioni, senza accertare se queste differenze esistevano davvero (questo ovviamente non vuol dire che l differenze eventualmente accertate giustifichino forme di discriminazione) Da cosa dipendono le varie differenze? Questo gruppo di domande, riguarda la spiegazione delle differenze (età, individui, sessi ecc.) identificate nel rispondere alle altre domande. Queste spiegazioni a suggerire gli interventi volti a favorire il cambiamento, promuovendo le differenze ritenute desiderabili e prevenendo o attenuando quelle indesiderabili. SVILUPPO: come il cambiamento che avviene al procedere dell’età. Dato che tutti i cambiamenti avvengono nel tempo, questa definizione non consente di distinguere lo sviluppo da altri tipi di cambiamento. Questa definizione inoltre, solo in parte è in sintonia col significato che comunemente si attribuisce alla parola “sviluppo”. I cambiamenti che hanno luogo con l’età costituiscono dei progressi se ci si limita a considerare il periodo che va dalla nascita all’adolescenza. Ma non appena la psicologia dello sviluppo ha cominciato a studiare anche i periodi successivi della vita, ha cominciato ad occuparsi anche di cambiamenti che, vengono chiamati perdita, deterioramento, diminuzione, piuttosto che sviluppo. Per Heinz Werner che ha effettuato molti anni fa una lunga analisi di tale concetto, il termine “sviluppo” va riservato a quei cambiamenti in cui assiste, come nello sviluppo di un embrione, ad una crescente differenziazione delle parti accompagnata da una crescente subordinazione e integrazione gerarchica. In campo psicologico, ciò che avviene ad esempio quando emozioni e attività motorie vengono controllate in misura crescente dalle funzioni superiori della mente. Donald Ford & Richard Lerner, hanno suggerito di distinguere tra cambiamenti incrementali (a cui di solito ci si riferisce con le espressioni: crescita, apprendimento, sviluppo, maturazione) da quelli decrementi (a cui si riferisce con parole come: deterioramento, regressione, declino, perdita). Un cambiamento incrementale aumenta le dimensioni, la diversità o la complessità dell’organizzazione di una persona. Un cambiamento decrementale invece le riduce. Secondo Ford e Lerner a caratterizzare lo sviluppo sono la permanenza dei cambiamenti e il loro carattere sistematico e progressivo. Il carattere progressivo consente di distinguere i cambiamenti incrementali da quelli decrementali. Diversi altri termini vengono utilizzare per definire “cambiamenti incrementali”: - crescita: aumento permanente nella massa del corpo; - maturazione: si riferisce a modificazioni provocate soprattutto dal dispiegamento del patrimonio genetico; - apprendimento: conoscenze e capacità vengono acquisite o perfezionate attraverso l’esperienza, lo studio, l’addestramento;

- socializzazione: quando l’acquisizione avviene soprattutto frazione all’educazione o all’imitazione e riguarda atteggiamenti, valori conoscenze e comportamenti caratteristici di una certa cultura;

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Qual’è la natura umana? La cultura occidentale offre due soluzioni.. 1. Il ruolo dell’esperienza e dell’ambiente: empirismo. 2. Dotazione innata: innatismo/ nativismo Lo studio spassionato della natura umana è ostacolato dall’intreccio indebito con valori e posizioni ideologiche. L’idea che l’uomo venga plasmato dalla società, sono perciò da molti considerati come le uniche concezioni in sintonia con ideali di libertà, giustizia e pace. Affermare che la mente umana alla nascita è già dotata di un ricco complesso di abilità e tendenze, non comporta alcuna tesi preconcetta sull’origine delle differenze tra individui e gruppi, e può anzi aiutare a mettere meglio in luce il ruolo dell’esperienza e dell’ambiente. Sostenere che la varietà delle culture umane affonda su basi comuni, vuol dire anche credere che le differenze sono mutuamente comprensibili, e non sono mai tali da giustificare reciproci massacri. La controversia tra empirismo e innatismo va liberata dai connotati ideologici e dalle posizioni preconcette e riportata in sede scientifica. Solo la ricerca può rispondere agli innumerevoli quesiti in cui essa si articola. Secondo lo storico francese Ariès, nella società europea del Medioevo non esisteva né un sentimento della fanciullezza, inteso come coscienza della particolari caratteristiche dei bambini, né una distinzione tra i modi di vita di bambini e adulti. Gli infanti, dato l’elevato tasso di mortalità infantile, potevano sparire da un momento all’altro. Dopo lo svezzamento, come adulti in miniatura, erano inseriti direttamente nella società con compiti affini a quelli degli uomini e delle donne del loro ambiente. La maggior parte degli adulti, era piuttosto giovane e si dedicava a propria volta ad ogni attività oggi confinante soprattutto tra bambini e adolescenti. La concezione della fanciullezza, proposta verso il ‘400, ispirò gli organizzatori delle istituzioni scolastiche, nate per la formazione del clero. Le bambine continuarono a condividere le attività delle altre donne della casa e a venire precocemente avviate al matrimonio. I figli di contadini e operai continuarono a lavorare come genitori. Solo con il diffondersi della scuola di massa e di leggi per tutelare i bambini, la fanciullezza, come fase distinta della vita, è diventata una condizione generale non più intrecciata a ceto e sesso. A partire dal ‘400, il bambino viene visto come una creatura dotata di impulsi sessuali, con natura corrotta in conseguenza del peccato originale. Evitare la promiscuità tra bambini e adulti, e imporre un maggior riserbo nei modi e nel linguaggio. Nel ‘600, la fanciullezza viene concepita come l’età dell’innocenza, una innocenza che pur nobilitando il bambino è intrisa di debolezza. Con il diffondersi del servizio militare obbligatorio, verso la fine del ‘700, e ancor più nell’800, un nuovo periodo della vita viene a inserirsi tra quello della scuola e quello del lavoro. Fu questo, secondo Aries, in modo in cui entrò in scena l’adolescenza.

John Locke, il fondatore dell’empirismo, sostiene che la mente alla nascita è una tabula rasa, cioè un foglio bianco su cui sarà l’esperienza a lasciare i suoi segni. Il filosofo ginevrino Rousseau, propose una visione più ottimistica della natura umana. La natura umana, così come si manifesta nel bambino è fondamentalmente buona e ha dentro di sé la tendenza a svilupparsi in modo armonioso, secondo una propria tabella di marcia. Il passaggio attraverso le fasi dell’età è determinato da un piano di crescita interno, che le influenze ambientali dovrebbero assecondare. Questi temi vengono largamente ripresi da Piaget. È solo tra la seconda metà dell’800 e gli inizi del ‘900 che varie discipline psicologiche si sono differenziate dalla filosofia o da altre discipline come fisiologia e biologia. La nascita della psicologia come disciplina scientifica a sé, viene fatta risalire a Wundt, che fondò a Lipsia il primo laboratorio psicologico e la prima rivista di psicologia sperimentale. I problemi che in poco più di un secolo sono divenuti il terreno di indagine della psicologia moderna, erano in precedenza investigati nell’ambito di altre discipline, tra cui spicca la filosofia.

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Il problema della percezione, della conoscenza, così come quello della natura della volontà o delle emozioni, sono temi classici del pensiero filosofico ed è stato proprio all’interno della filosofia che il termine “psicologia” è stato coniato, per indicare lo studio dell’anima umana e, successivamente, lo studio dei fenomeni mentali. Nell’800 la psicologia si è distaccata dalla filosofia. La psicologia si è costituita come una scienza empirica, che verifica le proprie ipotesi e teorie confrontandole con dati raccolti attraverso osservazioni, interviste, esperimenti. La fisiologia come seconda radice storia della psicologia; si occupa del funzionamento dei vari sistemi di organi del corpo; alcuni argomenti, come il funzionamento del sistema nervoso centrale e degli organi di senso, la localizzazione di funzioni psichiche in particolare aree del cervello, sono di evidente interesse per cui studia i fenomeni psichici. Fu Wundt, ad affermare che lo studio di fenomeni quali la sensazione, la percezione, l’attenzione, i tempi di reazione, la connessioni tra idee, i sentimenti costituisce un campo di ricerca a sé stante, la psicologia appunto, da lui definita come “studio sperimentale dell’esperienza cosciente”. La psicologia sperimentale doveva adottare, secondo Wundt, una impostazione metodologica e teoria analoga a quella della chimica, cioè scomporre la coscienza nei suoi elementi costituitivi, e trovare poi le leggi con cui tali elementi si combinano (elementarismo). Il metodo utilizzato per individuare questi “elementi costitutivi” consisteva nel provocare un fenomeno da studiare (cioè un certo stato mentale) sottoponendo ai soggetti diversi stimoli, o dando loro da risolvere un problema, e nel chiedere loro di descrivere nel modo più accurato e analitico le loro reazioni mentali (metodo introspettivo). Questa sperimentazione si svolgeva unicamente su soggetti adulti, perchè Wundt non considerava rilevante lo studio di età anteriori a quella adulta. Nacque poi il funzionalismo che non fu una vera e propria scuola, come lo fu quella di Wundt a Lipsia. Secondo i funzionalisti, che si richiamavano alla teoria di Darwin, la psicologia doveva venir concepita come una scienza biologica, e la coscienza essere vista come un ausilio all’adattamento dell’organismo vivente al suo ambiente. Lo studio del bambino era considerato importante perchè permetteva di esaminare come procede l’adattamento all’ambiente nel corso della vita. Lo studio del bambino è spesso solo il mezzo per mettere alla prova la verità delle nostre analisi. Se decidiamo che un certo prodotto complesso è dovuto all’unione di elementi mentali più semplici, dobbiamo rivolgerci all’appropriato periodo della vita del bambino per vedere il realizzarsi di questa unione. Lo strutturalismo dominava la psicologia europea, la prospettiva funzionalità, influenzò profondamente soprattutto la psicologia statunitense. L’interesse per il bambino, che ha reso possibile la nascita della psicologia dello sviluppo, è stato stimolato da due eventi, tra loro molto diversi, che hanno avuto luogo nella seconda metà dell’800: la formulazione della teoria dell’evoluzione di Darwin e il dibattito da essa suscitato è il diffondersi della scolarizzazione di massa, reso necessario dalle esigenze degli stati nazionali della nascente società industriale. Il termine evoluzione era stati esplicitamente definito per la prima volta dal filosofo Herbert Spencer, come un “cambiamento da una omogeneità incoerente , indefinita, ad una eterogeneità coerente definita come un cambiamento progressivo in direzione di una crescente complessità. Darwin era un naturalista inglese con una vasta preparazione nelle diverse branche delle scienze naturali. Ne’ “L’origine della specie”, Darwin si rese conto che le specie animali non sono distinte rigidamente l’una dall’altra, ma vi sono caratteri intermedi, e viceversa popolazioni faunistiche viventi in ambienti separati manifestano differenze rilevanti entro una stessa specie; questo lo indusse a ricercare un’origine comune per le diverse specie. La teoria di Darwin può essere riassunta in 3 proposizioni fondamentali: 1. tra gli individuo che compongono la popolazione animale c’è sempre una feroce lotta per la sopravvivenza; infatti la fertilità delle varie specie è tale che vengono generati più individui di quanti possono sostenersi con le risorse dell’ambiente, le quali sono sempre in quantità limitata; 2. la sopravvivenza di alcuni individui piuttosto che altri non è casuale. C’è una variabilità enorme entro ogni specie. Solo gli individui che possiedono le caratteristiche più favorevoli rispetto alla struttura e alle risorse di quel particolare ambiente riescono a sopravvivere e a riprodursi; si attua così un processo di selezione naturale; 3 di 28 

3. la variabilità individuale può essere ereditata. Attraverso l’eredità dei caratteri favorevoli alla sopravvivenza in qual particolare ambiente si determina, nel tempo, un graduale cambiamento della popolazione, che dà infine origine a una nuova specie. La teoria dell’evoluzione sostiene che tutte le specie animali, derivano da antenati comuni, dai quali si sono differenziate attraverso una lunghissima sequenza di passi, grazie all’accumularsi di piccolissime differenze. L’evoluzione del corpo va di pari passo con quella della mente. Istinti, emozioni, capacità intellettuali possono essere considerati come “organi mentali” evoluzionisti secondo le stesse leggi di quelli fisici. Darwin non conosceva quale fosse l’origine delle variazioni, individuata più tardi nelle mutazioni genetiche, e a volte non si è espresso su questo punto. Con il termine “espressione”, Darwin, intendeva il complesso di movimenti che accompagnano e manifestano vari stati d’animo. Prima di Darwin, il creazionismo sosteneva che non avesse senso interrogarsi sull’origine delle espressioni, ma solo sulle loro funzioni, e quella comunemente attribuita era l’espressione dei sentimenti. La prospettiva creazionista, discende dunque da una decisione divina. Per individuare origini e cause delle espressioni, Darwin ha confrontato quelle manifestate da animali e da persone di età e condizione diversa, servendosi di una serie di metodi diversi: dall’osservazione diretta di bambini e animali, all’esame di foto, a questionari distribuiti a missionari, funzionari e altre persone in contatto con le popolazioni indigene di diversi continenti. In questo modo egli ha anche fornito le basi metodologiche delle ricerche successive. Da questa indagine Darwin ha concluso che le espressioni si sono formate durante l’evoluzione grazie al loro valore adattivo, e sono diventate caratteristiche delle varie specie animali al pari degli organi e della costruzione anatomica. I principali aspetti di tali funzioni adottive sono dunque:

- consentire un’azione efficace nei confronti dell’ambiente - costruire uno strumento di comunicazione La funzione comunicativa delle emozioni è particolarmente evidente dei primi mesi di vita, prima della comparsa del linguaggio, i bambini comunicano i loro bisogni attraverso il pianto e altri segni di disagio. Per quanto riguarda lo studio del bambino, le due tesi che hanno avuto il maggior impatto sono quella dell’importanza delle variazioni individuali e il riconoscimento di una continuità biologica tra le specie. Vi sono differenze psicologiche rilevanti tra gli individui, il tentativo di misurare queste differenze fu avviato da Galton che diede origine alla psicometria, filone di studi rivolto alla rilevazione misurazione e interpretazione di caratteristiche psicologiche. Anche Binet e Simon godettero di un largo successo per la loro misurazione dell’intelligenza dei bambini. Lo studio dell’infante consentiva di identificare i comportamenti innati e di mettere in luce i processi di acquisizione che generano nuovi comportamenti. Haeckel, sviluppò la legge biogenetica/teoria della ricapitolazione che sostiene che l’ontogenesi (ovvero lo sviluppo dell’individuo) ricapitola brevemente la filogenesi (cioè l’evoluzione della specie). Secondo Stanley Hall, una serie di istinti, emozioni, capacità intellettuali, fanno la loro comparsa nel bambino secondo un ordine che rispecchia la loro storia evoluzionistica. L’idea che diversi istinti compaiano nel bambino secondo un ordine che riproduce quello della scala evoluzionistica, è stata ripresa anche da Freud. La teoria della ricapitolazione ha dato origine all’idea che esista un’unica a universale sequenza di sviluppo, costituita da una successione di cambiamenti qualitativi. Le differenze individuali consistono soltanto in ritardi, arretramenti, o nel fermarsi in un punto intermedio del percorso. Questa concezione dello sviluppo è stata proposta da Freud, da Piaget e da numerosi altri. Grazie alla teoria della ricapitolazione, l’idea romantica di un bambino radicalmente diverso dall’adulto ha dunque trovato una nuova giustificazione.

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Nel ‘700 il filosofo tedesco Dietrich Tiedmann aveva scritto delle Osservazioni sullo sviluppo delle capacità mentali dei bambini. Questa pubblicazione fornì il prototipo per il metodo biografico o dei diari utilizzato poi largamente nel primo triennio del ventesimo secolo per la descrizione del comportamento infantile. Lo studio del bambino veniva così a caratterizzarsi per un metodo molto diverso da quello della psicologia sperimentale. Anziché provocare dei fenomeni per poterli investigare gli studiosi dei bambini cercavano, come i naturalisti, di osservare il comportamento spontaneo. Preyer, aveva condotto osservazioni accurate, non intrusive, di comportamenti spontanei o provocati da uno stimolo offerto da lui stesso, guidate da ipotesi o interrogativi precisi e annotate immediatamente per iscritto in modo da non dimenticare nulla. Preyer si interrogò sui rapporti tra pensiero e linguaggio, sostenendo che nozioni, pensiero, intelligenza, esistono prima dell’acquisizione del linguaggio e sono anzi una condizione per il apprendimento. Un impulso allo studio scientifico dei bambini venne anche dal diffondersi della scolarizzazione di massa con i problemi da essa sollevati, tra cui l’accertare quale fosse il contenuto della mente dei bambini al loro primo ingresso a scuola. Granville Stanley Hall, che era presidente della Clark University e fondatore del primo Istituto per lo studio del bambino. Mediante interviste condotte prima a piccoli gruppi di bambini e poi individualmente, egli cercò di descrivere non solo cosa sapevano i bambini di prima elementare, ma anche di fare confronti tra veri gruppi diversi per età o ambiente di provenienza (ad esempio città e campagna). Il contributo di Hall, dato alla nascente psicologia dello sviluppo è stato soprattutto di tipo organizzativo. A lui si deve la fondazione del movimento per lo studio del bambino, che si diffuse in tutti gli Stati Uniti promuovendo la fondazione di istituti per lo studio del bambino. Questi istituti, indipendenti da quelli di psicologia, furono sedi di ricerca interdisciplinari volte a favorire il benessere dei bambini. Durante gli anni ’20 e ’30 questi istituti riuscirono a ottenere consistenti finanziamenti pubblici e privati, che consentirono un forte potenziamento della ricerca sullo sviluppo. Nonostante i limiti delle sue ricerche, cercando di delineare le caratteristiche dei bambini in età diverse, Hall aveva gettato le basi per l’approccio normativo. Questo approccio si è interessato alle caratteristiche tipiche o medie dei bambini nelle diverse età, e non alle differenze individuali tra bambini della stessa età, che furono (e sono) invece l’oggetto di studio dell’approccio psicometria. Arnold Gesell, aveva un forte interesse per la diagnosi dei disturbi dello sviluppo. Fu il primo ad usare la ripresa filmata sia a scopo scientifico che didattico. Egli riteneva che il suo principale motore dello sviluppo fosse la maturazione, cioè il dispiegarsi di un programma genetico innato. Le descrizioni accurate delle caratteristiche delle diverse età, offerte dai suoi studi, sono state il punto di partenza per la costruzione di test per la prima infanzia. Un’altra versione della teoria della ricapitolazione è quella di Baldwin. Sec...


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