Riassunto libro augusto e il potere delle immagini - p zanker PDF

Title Riassunto libro augusto e il potere delle immagini - p zanker
Course Archeologia e storia dell'arte romana
Institution Università degli Studi di Milano
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PAUL ZANKER AUGUSTO E IL POTERE DELLE IMMAGINI INTRODUZIONE Augusto regnò dal 63 a. C al 14 d C. . Quando morì il senato si riunì e un senatore propose di chiamare l’epoca del defunto imperatore “SAECULUM AUGUSTUM”. La sensazione era quella di aver attraversato una svolta epocale, poiché il regno di Augusto coincise con un momento di pace e sicurezza, dopo la fase della guerra civile. La cultura romana fu segnata dal rapido processo di ellenizzazione iniziata nel 2° sec. a. C. con la conquista dell’oriente greco che ebbe grandi ripercussioni. Da ciò dipese la rapida importazione di modelli greci e delle immagini greche. Augusto raggiunse il potere assoluto nel 31 a.C. e diede vita a un programma culturale di ampio respiro: Ai fasti celebrativi dei grandi generali oppose il culto del sovrano eletto dagli dei; Allo scandalo del lusso privato oppose un programma di grandiose opere pubbliche (PUBBLICA MAGNIFICENTIA); All’indifferenza religiosa e all’immoralità oppose una campagna di rinnovamento religiosa e morale (PIETAS e MORES); Un programma del genere richiede un nuovo LINGUAGGIO FIGURATIVO. Obiettivo del testo non è l’interpretazione dei singoli momenti, ma l’analisi dei rapporti fra le immagini e il loro effetto sugli osservatori, ossia i Romani del tempo. 1) IMMAGINI CONTRADDITTORIE: LA REPUBBLICA AL TRAMONTO STATUA ONORARIA E NUDO 1° sec. a.C. le strutture repubblicane sono sempre più in crisi. Tra il 180 e il 150 a.C. fu eretta a Roma: - la STATUA ONORARIA di un GENERALE ROMANO: scultura in bronzo, in onore di un grande generale. E’ un tipico esempio di arte ellenistica: l’atteggiamento e il corpo nudo richiamano le immagini degli dei. Nel mondo ellenistico una statua di questo tipo serviva a celebrare virtù e qualità sovrumane. La statua nuda doveva apparire inconcepibile ai romani, almeno all’inizio del processo di ellenizzazione. I romani non ancora ellenizzati vedevano nella statua un oggetto immorale. Intorno al 150 a. C. la nudità era ancora per molti romani un segno di impudicizia e di “immoralità greca”. La statua celebrativa tipica della RES PUBBLICA era, fin dall’antico, la STATUA TOGATA: gli attributi e i contrassegni della toga qualificavano il soggetto nelle sue funzioni politiche o sacerdotali, ossia come console, pretore etc. Anche il generale vittorioso riceveva una statua togata e, in caso di trionfo, non veniva rappresentato in armi, ma con la toga trionfale. Il senato non permetteva l’erezione di statue equestri, come invece era consuetudine per i sovrani e generali ellenistici. Silla fu il 1°a cui il senato abbia fatto erigere nel Foro una statua equestre. Troviamo quindi un linguaggio figurativo contraddittorio. Se una statua ellenistica con cavallo e armatura poteva conciliarsi con la tradizione, una statua nuda appariva assolutamente urtante. CONTRADDIZIONI NELLA FORMA E NEL MESSAGGIO Il mondo figurativo della tarda repubblica era molto più vario e suggestivo dell’arte di epoca imperiale, regolata da una rigida disciplina di stato. Linguaggio assai contraddittorio di cui sono es. le nuove statue celebrative. I sovrani ellenistici esercitavano un potere illuminato e gli artisti lo esprimevano raffigurandoli come dei o eroi. A Roma gli attributi delle statue celebrative non corrispondevano al linguaggio reale. Non solo generali trionfatori, ma anche personaggi di 2° piano furono presto contagiati dal nuovo linguaggio. All’epoca di Cesare si potevano ammirare statue dei notabili romani, nudi o in armatura con i muscoli tesi e in atteggiamenti pieni di pathos. L’uso inflazionato di queste nuove immagini fece sì che persero il loro significato originario, riducendosi a vaghi simboli di successo. In un situazione di questo genere, anche gli esiti formali non erano privi di contraddizioni. Si veda:

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STATUA in BRONZO conservata ala museo delle Terme: il taglio dei capelli, la barba e il volto corrispondono all’iconografia tradizionale dei sovrani ellenistici. Nei RITRATTI in un primo tempo era stato ripreso lo stile patetico dei ritratti dei sovrani ellenistici, ma poiché questo stile non si adattava alle tradizioni della nobiltà romana, si impose un RITRATTO di tipo REALISTICO. Mai nell’antichità si ebbe una rappresentazione così accurata del carattere individuale, come nella Roma del 1° sec. a.C. si vedano RITRATTO di CESARE (100-44 a.C.): distacco ironico; RITRATTO di POMPEO (106-48 a. C.): volto probo; copia di un ritratto eseguito nel 55 a.C. I capelli sollevati sulla fronte sono un richiamo ad Alessandro Magno; RITRATTO di CRASSO: energica durezza. E si pensi per contrasto ai ritratti ufficiali, dall’espressione impersonale e standardizzata di età augustea. Ci si faceva raffigurare con la massima naturalezza: magri, grassi, giovani, vecchi, senza tralasciare gli aspetti individuali più caratteristici. In questi ritratti l’espressione è rigida e severa, ma non vi è alcuna valorizzazione in senso estetico, né richiamo a modelli esemplari, come più tardi in età imperiale. Anche nei ritratti però a volte troviamo una contraddizione fra la volontà di fissare le peculiarità di un volto e quella di conferirgli poi un certo pathos eroico con la ripresa di moduli ellenistici ad es: il ritratto di Pompeo è realistico, ma il ciuffo di capelli sulla fronte è un richiamo ad Alessandro Magno: lui si considerava il nuovo Alessandro. Probabilmente Pompeo si era proprio fatto pettinare così, come si vedeva nelle raffigurazioni del Macedone. RITRATTO di VECCHIO SDENTATO (ignoto), conservato a Cagliari: il particolare della bocca serrata forma un contrasto con la capigliatura ambiziosa.

PROPAGANDA FAMIGLIARE E CRISI DELLA CLASSE DIRIGENTE Seguendo l’iconografia numismatica dalla fine del 2° sec. in poi si vede come emergono sempre di più gli interessi personali dei funzionari della zecca. Mentre prima le monete portavano effigi costanti con cui, non solo il senato, ma l’intera cittadinanza poteva identificarsi (Dioniso, i Dioscuri, Giove Vittorioso etc.), ora i giovani nobili sfruttano il loro incarico annuale presso la zecca per celebrare le glorie di famiglia o i propri meriti personali. Troviamo qualcosa di simile anche in uno dei maggiori monumenti ufficiali dell’età tardo repubblicana: L’ARA di DOMIZIO ENOBARBO (100 a.C. ca.). grande rilievo votivo in cui un censore della fine del 2° sec. fa ritrarre il sacrificio rituale celebrato al termine della sua magistratura. La scena sarebbe molto realistica se non fosse per la presenza del dio Marte, in contrasto con la religiosità romana tradizionale e conforme al linguaggio iconografico dei bassorilievi votivi greci. Lato anteriore: a sinistra una scena connessa all’attività di censor; al centro il solenne sacrificio in onore di Marte; a destra il corteo delle vittime sacrificali. Negli altri 3 scomparti del basamento il mondo del mito greco: carro nuziale di Poseidone e Anfitrite circondato da un corteo di ninfe e tritoni. Qualità artistica superiore alla scena del census: la raffigurazione proveniva da una bottega greca e fu riutilizzata dal censore per il suo monumento votivo. Viene interpretata perlopiù come un’allusione a una vittoria navale del censore, ma è più probabile che la scena nuziale intendesse celebrare l’origine della sua famiglia dal dio del mare. Per le famiglie ellenizzate le genealogie mitologiche erano più di un gioco di società: davano un contributo importante all’immagine pubblica dei romani grecoromani, che sentivano di appartenere al mondo greco in tutto e per tutto. Era ormai raro il caso che l’effigie di una moneta offrisse un sostegno alla res pubblica vacillante. Ad es . Quinto Pomponio Musa nel 66 a. C. fece coniare una serie di 10 denari con l’effigie di Apollo sul recto e quella dell’Ercole Musagete e delle 9 muse sul verso per richiamare l’attenzione sul suo nome. Tutto ciò all’opposto delle monete augustee, dove ogni effigie intende propagandare lo stato e la sua guida. Un chiaro sintomo della crisi sociale in atto verso la fine della repubblica è il bisogno di affermazione personale che a volte sfocia in forme di esibizionismo eccessive. Febbrile dimostrazione di ricchezza e successo. Ne sono un es. le dispendiose costruzioni funerarie che negli ultimi decenni della repubblica e ancora in età augustea si allinearono sempre più numerose lungo le grandi vie d’accesso alla città.

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TOMBE di FAMIGLIA di LIBERTI ROMANI, (100-80 a.C.): i liberti, orgogliosi della libertà acquisita, si facevano raffigurare con la toga e assieme ai loro parenti sulle tombe di famiglia fatte costruire sul margine delle strade. TOMBA del LIBERTO M. VIRGILIO EURISACE (40-30 a.C.); soluzione originale per una tomba: costruzione formata da alti cilindri verticali, la cui forma ricorda quella dei granai usati dal fornaio. Il fregio vanta il suo sistema razionale di pianificazione. A questo livello sociale la rivalità e l’esibizionismo aveva ancora un significato: non per le grandi famiglie dell’aristocrazia senatoria. Non a caso una delle tombe più importanti ca. 30 a. C. è stata costruita per una matrona, figlia di un console di antica famiglia aristocratica e nuora do Gaio Crasso: Cecilia Metella. TOMBA di CECILIA METELLA: la tomba fu costruita su un leggero rialzo del terreno in uno dei punti più suggestivi della via Appia. Si compone di 3 parti: uno zoccolo quadrato, una torre cilindrica e un tumulus oggi scomparso (doveva ricordare i tumuli di età arcaica). Lo zoccolo e il cilindro servivano come sostegno trionfale del tumulo. Come decorazione fu scelto un trofeo di armi celtiche per ricordare i trionfi militari riportati dal marito come questore di Cesare nelle Gallie. Si vede l’esibizionismo della vecchia classe dirigente, ormai dispendioso e gratuito: si commemorava un membro qualsiasi della famiglia, privo di meriti personali, che poteva richiamare alla memoria quelli dei parenti. Forma e messaggio, anche in questo caso, si contraddicono in modo quasi grottesco: poco prima il senato aveva fatto costruire un monumento funebre per il console Irzio, caduto in battaglia per la repubblica, che al confronto appare quasi insignificante. Le forme architettoniche dei monumenti funebri sono di per sé eloquenti: oltre alla forme consuete dell’edicola, dell’altare, del tempio, si ritornò ai tumuli arcaici e perfino alle piramidi, si imitarono monumenti commemorativi e facciate di palazzi. Questo per il bisogno ossessivo di primeggiare. MONUMENTO SEPOLCRALE dei GIULII in Provenza (ca. 40 a.C.): si trovano sovrapposti 3 elementi diversi: su uno zoccolo a forma di altare si innalza un arco trionfale e su questo un tempietto circolare con le statue dei defunti. L’accumulo degli elementi formali finisce per rendere poco chiara la funzione specifica del monumento. Eclettismo formale di derivazione ellenistica: questa situazione interesserà ancora i primi ed. monumentali dell’età augustea, per poi cedere il passo a un nuovo ordine. L’IMMAGINE URBANA DI ROMA COME SPECCHIO DELLA SITUAZIONE POLITICA E SOCIALE Prima della svolta augustea l’immagine urbana di Roma doveva fornire uno specchio sconcertante della situazione politica e sociale. Enorme valore simbolico degli edifici, pubblici e privati e delle strade e piazze. All’epoca delle guerre civili e sociali, sullo sfondo di continui disordini, l’aspetto urbano di Roma doveva apparire poco rassicurante. A partire dalla dittatura di Silla (82-79 a. C.) il lusso delle abitazioni private incominciò a dilagare in modo sfrenato e il contrasto ricchezza/povertà segnò più profondamente l’immagine urbana. La rapida crescita della popolazione aveva scatenato ovunque la fame di case e la speculazione immobiliare. L’abitudine di costruire ed. troppo stretti e alti su fondamenta esigue e con materiali scadenti, provocava crolli e incendi quasi quotidiani e faceva di alcuni quartieri focolai di instabilità sociale. Accanto alle viuzze tortuose i grandi palazzi sorgevano come piccole città murate. La situazione edilizia della città non corrispondeva affatto al suo rango di capitale. L’immagine urbana di Roma non poteva competere in alcun modo con le città greche dell’Oriente. Nel 2° sec a. C. il senato aveva tenuto a freno l’espandersi del lusso privato, mentre si provvedeva alla costruzione di magazzini per cereali, condotte idriche, ponti, basiliche etc per far fronte alla rapida crescita urbana. Fino al 133-121 a.C. i lavori di restauro nei templi e negli ed. pubblici furono interrotti e si rinunciò a elaborare un coerente piano urbanistico. Il senato si opponeva per motivi politici e morali alla costruzione di grandi edifici per il tempo libero, come i teatri e le terme: si volevano evitare quelle assemblee e manifestazioni popolari a sfondo politico che erano usuali nei teatri greci. Il senato permise solo la costruzione di effimeri teatri in legno in occasione delle grandi feste religiose. L’attività edilizia dei “grandi”, perciò, si limitò alla sfera privata, sviluppandosi soprattutto nella forma dei monumenti votivi, consacrati a una divinità protettrice. Si trattava spesso di costruzioni imponenti. Anche un intero teatro poteva così corrispondere a una destinazione religiosa. Si veda il Teatro di Pompeo (consacr. 57 a.C): quando Pompeo costruì il 1° grande teatro, giustificò la cavea come base d’appoggio per il piccolo tempio dedicato a Venere Vittrice. Se il senato riuscì ad impedire che i cittadini privati costruissero ed. dedicati al tempo libero, non era però in grado di affrontare imprese edilizie in cui 3

tutti potessero identificarsi. E non avrebbe saputo elaborare un vero piano urbanistico. Il nuovo tempio di Giove Capitolino avrebbe dovuto rappresentare la maiestas del popolo romano agli occhi dei forestieri, ma non raggiungeva un livello estetico degno di una città cosmopolita. Per motivi religiosi non era stato possibile modificare il podio e la pianta, ma le colonne ellenistiche di marmo che provenivano dall’Olympieion di Atene, non sia adattavano alla pianta preesistente, con il risultato che il frontone dorato del tempio gravava pesantemente sulle colonne troppo alte. Poiché si voleva essere allo stesso tempo conservatori e cosmopoliti sorgevano soluzioni di compromesso esteticamente contraddittorie. CAMPO MARZIO con portici e santuari votivi privati: i generali edificavano templi ellenistici di marmo alle loro divinità protettrici e ne adornavano i portici con sculture greche, bottino di guerra. Al centro del recinto sacro poteva trovarsi perfino la statua monumentale del vincitor, mentre le statue delle divinità finivano in 2° piano nelle nicchie dei porticati. I capi facevano costruire edifici lussuosi per le loro divinità personali. Le costruzioni private dei grandi raggiunsero una nuova dimensione con: TEATRO di POMPEO: testimonia un culto della personalità che non ha precedenti in Roma. Si vedevano ovunque statue e immagini che rimandavano alle vittorie dell’imitatore di Alessandro. Era anche un dono fatto alla popolazione: grande presa demagogica. NUOVO FORO di CESARE: Cesare cercò di schiacciare Pompeo pubblicizzando le proprie imprese e la propria origine divina. Infatti il tempio che dominava il foro era consacrato a Venere Genetrix, capostipite della sua famiglia. Il tempio e il foro erano da lui usati per le sue comparse in pubblico. Cesare fu il 1° dei “grandi” a proclamare apertamente la propria umanità divina. Il nuovo foro di Cesare era nel cuore della città, proprio accanto al vecchio foro, mentre il teatro di Pompeo sorgeva come i portici fuori del pomerium del Campo Marzio. La loro grandezza corrisponde alle ambizioni dei 2 personaggi nel pieno tramonto della repubblica. I 2 grandi ed. di rappresentanza costruiti da Ottaviano prima della battaglia di Azio: TEMPIO di APOLLO sul Palatino MAUSOLEO Sono esempi di culto della personalità. Lo scopo era pubblicizzare l’immagine di un capo carismatico (no riguardo per le tradizioni della repubblica). LA VILLA E LA NASCITA DELLA SFERA PRIVATA Nelle antiche città della Campania e del Lazio il processo di ellenizzazione si era svolto in forma molto meno problematica. Ad es. POMPEI: già dal 2° sec. a.C. possedeva un teatro in pietra, un pubblico stabilimento termale e forse un ginnasio. Il Tempio della Fortuna a Palestrina e il Tempio di Ercole a Tivoli superavano per la grande imponenza delle loro strutture architettoniche perfino i grandi edifici dell’Oriente. Nel clima più libero della Campania già a metà del 2° sec. gli aristocratici filoelleni si costruirono le prime lussuose case di campagna, mentre il senato era ostile alla cultura greca. Le VILLE sono il prodotto di una nuova cultura, all’inizio rappresentano una sorta di “valvola di sfogo”sociale. Nella villa anche l’aristocratico più fedele alla tradizione poteva abbandonarsi agli svaghi lussuosi della cultura greca., approfittando della lontananza da Roma. Le ville divennero il centro del nuovo lusso ellenistico. I freni morali della vita cittadina alimentavano il bisogno di una vita più libera ed estroversa, circondata dai piaceri e dagli agi della campagna. L’espansione di questo mondo privato fu favorito dal declino dell’autorità senatoria e raggiunse il suo culmine all’epoca di Pompeo e Cesare. L’idea della villeggiatura come tranquilla occasione di svago in mezzo ai libri e agli amici degenerò: la villa finì per diventare un simbolo di prestigio e ricchezza, mentre a Roma cadevano le ultime barriere contro il lusso delle abitazioni private. Munite di portici, sale, biblioteche, pinacoteche, e ambienti battezzati nostalgicamente con nomi di istituzioni culturali (gymnasium, lyceum), le ville diventarono un vero campionario della cultura greca. Le opere di scultura, distribuite nei vari ambienti della casa, servivano a evocare le diverse sfere del mondo greco: nella biblioteca c’erano statue o busti dei grandi poeti e filosofi etc. Nei giardini si incontravano figure dionisiache o gruppi erotici, mentre nei porticati le statue degli atleti. La villa –museo di Malibù in California fatta costruire da Paul Getty, riproduce fedelmente la villa dei Papiri di Ercolano. Nelle ville totale assenza di tematiche romane: né raffigurazioni dei miti “politici” romani, né ritratti di eroi o di personaggi storici: ci sono accanto ai ritratti dei poeti greci, dei filosofi e degli oratori, le raffigurazioni dei sovrani ellenistici. I modelli ammirati dalla classe senatoria non erano consoli,né generali, ma Alessandro e i 4

sovrani de regni ellenistici. Solo con Augusto le immagini del mondo politico romano entreranno nella sfera privata e solo in epoca imperiale troviamo nelle case private ritratti dei sovrani. Decorazioni pittoriche parietali nello “STILE ARCHITETTONICO” o “2° stile pompeiano” (100-80/20 a.C.): le troviamo in ville grandi e piccole e in case urbane di Roma e Pompei. Gli es. più antichi sono databili al 2° sec. a.C. e rappresentano pareti intarsiate con diverse qualità di marmi preziosi, con profili di colonne sovrapposte e scorci di colonnati. La pittura doveva sostituire illusionisticamente l’ambientazione sognata, oppure accrescere il lusso effettivo, offrendo immagini di grande ricchezza. Pareti decorate con scorci illusionistici, sfarzose grandiose prospettive architettoniche. Es. pompeiani: Casa dei GRIFI (100 a. C.): le pitture parietali imitano intarsi delle pietre più pregiate; Villa dei MISTERI (40 a.C.): anche locali molto piccoli vengono decorati con suggestive architetture di fantasia. Nessun soggetto ha a che fare con la vita a Roma, ma pinacoteche decorate di erme e parchi raffinati, grandi quadri di principi ellenistici e vedute di paesaggio con scene mitiche: un mondo di sogno, fatto di lusso e cultura greca. La “fuga” nella cultura greca poteva prevedere addirittura il travestimento: il romano colto indossava il mantello e sandali greci e si metteva una corona sul capo. Si sentiva allora letterato e artista. A volte si facevano addirittura immortalare in questa veste: STATUA del COMMEDIORAFO GRECO POSIDIPPO (III a.C.) adattata nel volto e nella capigliatura al ritratto un romano del I sec a.C. STATUA di giovane ROMANO IN COSTUME GRECO (30-20 a. C.). 2) IMMAGINI ANTAGONISTE. LA LOTTA PER IL POTERE ASSOLUTO Dopo la morte di Cesare nel 44 a.C. si aprirono 13 anni di lotta per la successione. Il linguaggio delle immagini e delle forme architettoniche svolge in questa fase un ruolo importante. Le contraddizioni del linguaggio visivo rimangono le st...


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