Riassunto libro manuale di diritto commerciale campobasso PDF

Title Riassunto libro manuale di diritto commerciale campobasso
Author Benedetto Costanza
Course Economia e management
Institution Università degli Studi di Parma
Pages 94
File Size 1.6 MB
File Type PDF
Total Downloads 31
Total Views 133

Summary

StuDocu is not sponsored or endorsed by any college or universityRiassunto - Libro ''Manuale di diritto commerciale'' -CampobassoDiritto commerciale (Università Politecnica delle Marche)RIASSUNTO DEL <<CAMPOBASSO - “DIRITTO COMMERCIALE”>>,CON INTEGRAZIONI DA APPUNTICAPITO...


Description

Riassunto - Libro ''Manuale di diritto commerciale'' Campobasso Diritto commerciale (Università Politecnica delle Marche)

StuDocu is not sponsored or endorsed by any college or university

RIASSUNTO DEL , CON INTEGRAZIONI DA APPUNTI CAPITOPO 1: P’IMPRENDITORE NOZIONE DI IMPRENDITORE. L’art.2082 del Codice Civile afferma che “è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.” Si noti che la norma (ma nessuna norma all’interno del Codice Civile lo fa) non definisce che cosa sia l’impresa, tuttavia fissa i requisiti minimi e sufficienti affinché un dato soggetto sia esposto alla disciplina dell’imprenditore. Requisiti essenziali dell’imprenditore: - Attività produttiva: Secondo la definizione, l’imprenditore svolge attività produttiva, considerando tale anche l’attività di scambio diretta a incrementare l’utilità dei beni spostandoli nel tempo o nello spazio, ed è irrilevante la natura dei beni o servizi prodotti o scambiati ed il tipo di bisogno che essi sono destinati a soddisfare. Non è impresa, invece, l’attività di mero godimento, ma non vi è incompatibilità tra attività di godimento e impresa in quanto la stessa attività può costituire nel contempo godimento di beni preesistenti e produzione di nuovi beni o servizi. Così, costituisce impresa il proprietario di un immobile che lo adibisce a pensione, ma sono considerabili attività produttive anche quelle svolte dalle società di investimento, da quelle finanziarie, o dalle holdings pure. - Organizzazione: Non è concepibile attività d’impresa senza l’impiego coordinato da parte dell’imprenditore di fattori produttivi (capitale e lavoro) propri e/o altrui, per un fine produttivo. Non ha comunque importanza il tipo di apparato strumentale di cui l’imprenditore si avvale e che può variamente atteggiarsi a seconda del tipo di attività e delle scelte organizzative dell’imprenditore. N.B. Problema dei prestatori autonomi d’opera manuale (elettricisti, idraulici,..) o di servizi fortemente personalizzati (mediatori, agenti di commercio,…): nonostante opinioni contrastanti, si ritiene che un minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale è pur sempre necessaria per aversi impresa sia pure piccola. In mancanza si avrà semplice lavoro autonomo non imprenditoriale. - Economicità: Per aversi impresa è quindi essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico, secondo modalità che quanto meno consentono la copertura dei costi con i ricavi ed assicurino l’autosufficienza economica. - Professionalità: Ci si riferisce al requisito oggettivo dell’attività, che va accertato in base ad indici esteriori ed oggettivi, e non al soggetto. Professionalità significa esercizio abituale e non occasionale (che non vuol dire stagionale, come nel caso degli alberghi) di una data attività produttiva. Impresa si può comunque avere anche quando si opera per il compimento di un “unico affare”, sempre che ciò implichi il compimento di operazioni molteplici e complesse e l’utilizzo di un apparato produttivo idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei singoli atti economici. ARGOMENTI CONTROVERSI: 1. Attività d’impresa e scopo di lucro. Ci si è chiesti se lo scopo di lucro costituisca requisito essenziale dell’attività d’impresa. Si ritiene che la risposta debba essere comunque negativa sia considerando il lucro soggettivo (movente psicologico dell’imprenditore), sia considerando il lucro oggettivo (attività svolta secondo modalità oggettive astrattamente lucrative), poiché irrilevante è la circostanza che un profitto venga realmente conseguito o devoluto a fini altruistici. Ad esempio le cooperative, che hanno scopo mutuativo, devono comunque essere considerate imprese. L’economicità, ossia il finanziamento attraverso la propria attività, è sufficiente affinché ci sia impresa. 2. Problema dell’impresa per conto proprio. Nonostante opinioni contrarie, si ritiene che un soggetto che soddisfa i requisiti essenziali, produce beni utilizzandoli per sé, senza metterli sul mercato, è comunque considerabile imprenditore. Ad esempio, sono tipiche imprese per conto proprio: a) la coltivazione del fondo finalizzata al soddisfacimento dei bisogni dell’agricoltore e della sua famiglia, b) la costruzione di appartamenti non destinati alla rivendita (costruzioni in economia). Esse dimostrano che non vi è incompatibilità tra impresa per conto proprio ed economicità, dato che l’attività produttiva può considerarsi svolta con metodo economico anche quando i costi sono coperti da un risparmio di spesa o da un incremento del patrimonio del produttore. 3. Problema dell’impresa illecita. Nei casi meno gravi in cui l’illiceità dell’impresa è determinata da violazione di norme imperative che ne subordinano l’esercizio a concessione o autorizzazione amministrativa, come nel caso di commercio senza licenza o banca di fatto (cosiddetta impresa illegale), si applicano tutte le disposizioni riguardanti l’imprenditore, salvo eventuali sanzioni. Nei casi più gravi in cui illecito è l’oggetto stesso dell’attività, come nel caso di contrabbando o fabbricazione di droga, e anche di impresa mafiosa, l’imprenditore soggiace alle norme “negative” riguardante l’imprenditore (principalmente ai fini di tutelare i terzi), ma non può godere delle norme “positive”. 4. Impresa e professioni intellettuali. I liberi professionisti non sono mai in quanto tali imprenditori, e ciò si desume dal 1° comma dell’art. 2238, secondo il quale le disposizioni in tema d’impresa si applicano alle professioni 0

intellettuali solo se “l’esercizio della professione costituisce elemento di una attività organizzata in forma d’impresa”. I liberi professionisti diventano imprenditori solo se ed in quanto la professione intellettuale è esplicata nell’ambito di altra attività di per sé qualificabile come impresa. Essi godono comunque di una disciplina legislativa che li privilegia, e per questo si parla di “professioni protette o riservate”, anche se in pratica è difficile stabilire quando un’attività sia considerabile professione intellettuale e ricada perciò nell’art. 2238: decisivo è il carattere eminentemente intellettuale dei servizi prestati (criterio sostanziale). Oggi vengono considerati imprenditori commerciali, e non liberi professionisti, i farmacisti e gli agenti di cambio. CAPITOPO 2: PE CATEGORIE DI IMPRENDITORI A tutti gli imprenditori si applicano le norme relative ad azienda, segni distintivi (ditta, insegna,marchio) e concorrenza. PRIMA DISTINZIONE. In base all’oggetto dell’attività, è possibile distinguere: - imprenditore commerciale: si applicano le norme relative al registro dell’impresa (con effetto di pubblicità legale), sulla redazione delle scritture contabili, sulla rappresentanza e sull’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali. - imprenditore agricolo: si applica la disciplina relativa all’imprenditore in generale, con esonero per la redazione delle scritture contabili, per l’assoggettamento alle procedure concorsuali e con iscrizione nel registro con solo effetto di pubblicità notizia. Esso gode dunque di un trattamento di favore. Imprenditore agricolo. Art. 2135: “E’ imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse”. Le attività agricole possono perciò essere distinte in: a) attività agricole essenziali e b) attività agricole per connessione. A) Attività agricole essenziali. La coltivazione del fondo, la silvicoltura e l’allevamento del bestiame vengono dunque classificate attività essenziali affinché un soggetto venga considerato imprenditore agricolo. In realtà negli anni che hanno seguito il 1942 (anno di redazione del Codice Civile), il progresso tecnologico ha consentito di ottenere coltivazioni artificiali o fuori terra, allevamenti in batteria e simili, che poco sembrano compatibili con la qualificazione agricola dell’art. 2135. Inoltre l’imprenditore agricolo soggiace al doppio rischio, ovvero quello normale dell’imprenditore di non coprire i costi con i ricavi e lo specifico rischio ambientale, che tuttavia scompare nelle produzioni artificiali. Si ritiene perciò giusto continuare a qualificare la produzione di specie vegetali e animali come attività agricola essenziale fin quando costituisce forma di sfruttamento del fattore terra, sia pure con l’ausilio delle moderne tecnologie. Diventa invece attività commerciale quando tale collegamento viene meno del tutto. B) Attività agricole per connessione. Tali attività sono attività commerciali che, quando esercitate in connessione con le attività essenziali, vengono considerate per legge attività agricole, ovvero a) quelle “dirette alla trasformazione o all’alienazione di prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura” (attività connesse tipiche); b) tutte le altre attività esercitate in connessione con le attività essenziali ( attività connesse atipiche). Affinché tali attività vengano considerate connesse, devono sussistere contemporaneamente i requisiti di connessione soggettiva (sia per le attività tipiche, sia per quelle atipiche significa attività inserita all’interno della produzione agricola, e ad esempio non è imprenditore agricolo il viticoltore che produce formaggi), e di connessione oggettiva (che significa accessorietà e funzionalità” per le attività atipiche come l’agriturismo e “normalità” – criterio piuttosto elastico – per le attività tipiche). Imprenditore commerciale. L’art. 2195 afferma che è imprenditore commerciale chi esercita una o più delle seguenti categorie di attività: 1. Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi; 2. Attività intermediaria nella circolazione dei beni; 3. Attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4. Attività bancaria e assicurativa; 5. Altre attività ausiliarie alle precedenti. In realtà, le attività elencate ai punti 3, 4, 5 sono solo specificazione delle prime due categorie e dunque gli elementi che contraddistinguono l’impresa commerciale rispetto all’impresa agricola sono solo il carattere industriale dell’attività di produzione di beni o servizi e nel carattere intermediario dell’attività di scambio. Ad ogni modo, le categorie elencate non sono una divisione netta, poiché piuttosto generiche, pertanto si preferisce definire l’imprenditore commerciale per differenza rispetto all’imprenditore agricolo. Per quanto riguarda l’impresa civile, parte della dottrina riteneva che essa debba affiancarsi all’impresa agricola e a quella commerciale, per il fatto che la legge parla soltanto di “attività industriali”, lasciando aperti altri spazi impliciti. Tale teoria è stata comunque per lo più abbandonata per mancanza di coerenza con le norme legislative. SECONDA DISTINZIONE. In base alla dimensione dell’impresa, si differenziano: 1

piccolo imprenditore: è sottoposto allo statuto generale dell’imprenditore ma, anche se esercita attività commerciale, è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili e dall’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali, mentre l’iscrizione nel registro delle imprese ha solo funzione di pubblicità notizia. Egli gode quindi di legislazione di favore, considerando anche altre norme speciali. - imprenditore non piccolo (non definito dalla legge) Piccolo imprenditore. Art. 2083: “Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”. Quindi la prevalenza del lavoro proprio e familiare sia rispetto al lavoro altrui, sia rispetto al capitale investito, costituisce il carattere distintivo di tutti i piccolo imprenditori. Non esistono invece plausibili ragioni per differenziare, ai fini del codice civile, le single figure di piccoli imprenditori. Una legge fallimentare aveva introdotto ulteriori requisiti per il piccolo imprenditore, ma è stata implicitamente abrogata e pertanto non va considerata. Parte di tale legge rimane comunque in vigore e assume importanza: “In nessun caso sono considerati imprenditori le società commerciali”. Esse dunque sono comunque esposte al fallimento. Impresa artigiana. La legge quadro per l’artigianato n. 443 del 1985 definisce l’impresa artigiana, sulla base: a) dell’oggetto dell’impresa, che può essere costituito da qualsiasi attività di produzione dei beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi; b) del ruolo dell’artigiano nell’impresa, richiedendosi che esso svolga “in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo”, ma non (attenzione!) che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori produttivi; c) del numero di dipendenti. Tale legge comunque non basta a sottrarre l’artigiano allo statuto dell’imprenditore commerciale non piccolo. Oggi, come e più di ieri, l’imprenditore artigiano non è che un piccolo industriale e quindi, giuridicamente, rientra nella categoria degli imprenditori commerciali e, al pari di ogni imprenditore commerciale, l’imprenditore artigiano sarà esonerato dal fallimento solo se in concreto ricorre la prevalenza del lavoro familiare. L’impresa artigiana in forma societaria sarà invece sempre esposta al fallimento in applicazione di principi della legge fallimentare. Impresa familiare. L’impresa familiare, che non va confusa con la piccola impresa e che ha avuto largo successo soprattutto per ragioni tributarie, è regolata da ampia disciplina, poiché il legislatore ha voluto predisporre una tutela minima e inderogabile al lavoro familiare nell’impresa. Ai membri della famiglia nucleare che lavorino in modo continuato nella famiglia o nell’impresa, sono attribuiti determinati diritti patrimoniali e amministrativi. Tra i diritti patrimoniali, sono riconosciuti: a) diritto al mantenimento, secondo le condizioni patrimoniali della famiglia, anche se non dovuto ad altro titolo; b) diritto di partecipazione agli utili dell’impresa in proporzione alla quantità del lavoro prestato; c) diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore dell’azienda; d) diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda stessa. Tra i diritti amministrativi, è poi previsto ad esempio che le decisioni in merito alla gestione straordinaria dell’impresa e talune altre decisioni di particolare rilievo “sono adottate a maggioranza dai familiari che partecipano all’impresa stessa”, e che il diritto di partecipazione è trasferibile solo a favore degli altri membri della famiglia nucleare e con il consenso unanime dei familiari già partecipanti. Riguardo alla gestione ordinaria, nessun potere spetta invece ai membri, poiché essi rientrano nella competenza esclusiva dell’imprenditore, il quale tuttavia è responsabile in proprio degli atti verso terzi. TERZA DISTINZIONE. In base alla natura del soggetto, si differenziano: - impresa individuale - impresa societaria - impresa pubblica Impresa societaria. Le società si dividono in 6 categorie: - Società semplice  può esercitare solo attività agricola - S.n.c. - S.a.s.  possono esercitare sia attività agricola, sia commerciale. Si parla di società - S.p.A. commerciali, per le quali si applicano le norme sull’imprenditore commerciale, - S.r.l. qualunque sia l’attività svolta. L’eccezione è la disciplina del fallimento, - Sa.p.a. che non si applica alle società commerciali che svolgono attività agricola. Impresa pubblica. Lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali possono anch’esse svolgere attività d’impresa, e lo possono fare: a) direttamente, avvalendosi di proprie strutture organizzative (in questo caso l’attività d’impresa è attività accessoria); b) attraverso la creazione di enti pubblici economici (ENEL, Ferrovie dello Stato,…), che negli ultimi anni sono stati in gran parte trasformati in società per azioni a partecipazione statale; c) attraverso la costituzione di società, generalmente per azioni (società a partecipazione pubblica). Si ritiene che le imprese accessorie di cui al punto a), nonostante diverse opinioni, non siano soggette alle norme riguardanti l’imprenditore commerciali, mentre le imprese che costituiscono attività principale soggiacciono a tutte le -

2

norme riguardanti l’imprenditore commerciale, con l’esclusione del fallimento. Gli enti pubblici economici infatti non possono fallire e sono esonerati da procedure concorsuali minori. Attività commerciale delle associazioni e delle fondazioni. Tutti gli enti privati con fini ideali e altruistici possono svolgere attività commerciale, che può anche costituire attività esclusiva o principale, qualificabile come attività d’impresa. Tali enti acquistano sicuramente la qualità di imprenditori commerciali con pienezza di effetti anche se l’attività commerciale ha carattere accessorio o secondario. Anche tali enti saranno quindi esposti al fallimento. CAPITOPO 3: P’ACQUISTO DEPPA QUAPITA’ DI IMPRENDITORE L’acquisto della qualità di imprenditore è presupposto per l’applicazione ad un dato soggetto del complesso di norme che l’ordinamento ricollega a tale qualifica. Si diventa imprenditori, come dice l’art. 2082, con l’esercizio di attività d’impresa. Tuttavia per affermare che un dato soggetto è diventato imprenditore, è necessario che l’attività d’impresa sia a lui giuridicamente riferibile, ovvero sia a lui imputabile, così come è necessario stabilire, visto che la legge è muta al riguardo, quando inizi e finisca l’impresa.  A. L’IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ D’IMPRESA. Esercizio diretto dell’attività d’impresa. Quando gli atti di impresa sono compiuti direttamente dall’interessato o da altri in suo nome, non sorgono particolari problemi. La qualità di imprenditore è acquistata, con pienezza di effetti, dal soggetto e solo dal soggetto il cui nome è stato speso nel compimento dei singoli atti di impresa. Solo questi è obbligato nei confronti del terzo contraente, ed anche quando gli atti di impresa sono compiuti tramite il rappresentante, imprenditore diventa il rappresentato e non il rappresentante. Tutto ciò è possibile in base al criterio di spendita del nome : quando il mandatario agisce in nome del mandante (mandato con rappresentanza), tutti gli effetti negoziali si producono direttamente nella sfera giuridica di quest’ultimo, mentre il mandatario che agisce in proprio nome (mandato senza rappresentanza) “acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. I terzi non hanno alcun rapporto con il mandante”. Esercizio indiretto dell’attività d’impresa. Spesso l’impresa viene esercitata tramite interposta persona. Cioè vi è distinzione tra chi compie in proprio nome i singoli atti d’impresa ( imprenditore palese o prestanome), e chi somministra al primo i mezzi finanziari, dirige di fatto l’impresa e fa propri i guadagni, pur non palesandosi come imprenditore di fronte ai terzi ( imprenditore occulto, vero dominus dell’impresa). I problemi gravi sorgono quando gli affari vanno male e il rischi d’impresa viene trasferito sui creditori più deboli che non i erano premuniti contro casi simili. Parte della dottrina ritiene che si debba superare il principio della spendita del nome per quanto riguarda i debiti d’impresa, e che dunque il rischio si trasferisca direttamente all’imprenditore occulto, altri ritengono che siano responsabili cumulativamente sia il prestanome sia l’imprenditore occulto, con esclusione però del fallimento per quest’ultimo. Un passo avanti è compiuto invece dalla teoria dell’imprenditore occulto, che sostiene che il dominus di un’impresa formalmente altrui non solo risponderà insieme a questi, ma fallirà sempre e comunque qualora fallisca il prestanome. Tutto ciò in base all’art. 147, 2° comma, legge fall. Tuttavia l’affermazione in base alla quale risponderebbe e fallirebbe anche il reale interessato non può essere condivisa, così come non può essere condiviso il più radicale assunto in base al quale la sovranità di fatto sull’impresa rappresenta il solo criterio giuridico di imputazione dell’attività d’impresa, sicché solo il dominus acquisterebbe la qualità di imprenditore. Dall’art. 147, 2° comma, si può desumere il principio che chi è socio di un...


Similar Free PDFs