riassunto vivere nel passato completo PDF

Title riassunto vivere nel passato completo
Author Margherita Dagnello
Course Scienze della formazione primaria
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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riassunto del libro vivere nel passato completo - preparazione per l'esame...


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Riassunto: Vivere nel passato Metodologia della ricerca Università degli Studi di Bari Aldo Moro 41 pag.

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VIVERE NEL PASSATO CAPITOLO 1. LA FAMIGLIA ITALIANA IN ETA’ MODERNA

1.LA RIFLESSIONE STORIOGRAFICA SULLA FAMIGLIA La rivoluzione storiografica ha cambiato l’impostazione tradizionale degli studi storici e ne ha ampliato i campi di indagine. A una storia evenemenziale si è contrapposta una storia ‘nuova’, una storia sociale più attenta alle masse operanti nella quotidianità e connessa alle altre scienze sociali. Tra i diversi fattori di ricerca della storia sociale ha riscontrato un crescente interesse lo studio della famiglia del passato. La storiografia della famiglia, come settore autonomo di studi storici, è nata a 900 inoltrato sulla base di una verifica empirica di una precedente tradizionale sociologica. Sul versante demografico, un impulso decisivo allo sviluppo degli studi sulla famiglia è stato dato dalle ricerche condotte dal Cambridge Group nel 1964, fondato da Peter Laslett e Tony Wrigley. Uno dei punti di forza del Cambridge Group è stato quello di allacciare una fitta rete di rapporti con storici locali e ricercatori stranieri, soprattutto francesi. In quegli stessi anni, la demografia storica stava compiendo importanti progressi metodologici, grazie al metodo della ricostruzione nominativa delle famiglie, ideato da Michael Fleury e Louis Henry verso la metà degli anni 50 del XX secolo. L’applicazione di questo metodo ha consentito alla nascente branca disciplinare di sfruttare la notevole quantità di informazioni demografiche presente nei registri parrocchiali di battesimo, matrimonio e sepoltura al fine di ottenere misure specifiche della fecondità nel passato e di misurare la mortalità infantile. In Inghilterra, il metodo di Henry è stato utilizzato per la prima volta da Wrigley, impegnato nello studio della popolazione di Colyton, un villaggio del Devon. L’esame dei registri parrocchiali ha rilevato dal 500 all’800, età medie al primo matrimonio piuttosto elevante che si collocavano tra i 25 e i 30 anni e che erano in contrapposizione all’immagine delle spose bambine che si sposavano a 14 anni. Una delle più importanti conquiste raggiunte da Laslett e dal Cambridge Group è stata l’elaborazione di uno schema classificatorio delle tipologie familiari che potesse essere utilizzato anche da storici e demografici storici di altri paesi e che permettesse comparazioni da un punto di vista territoriale e cronologico. La classificazione laslettiana si basa sul concetto di ‘unità coniugale familiare’ o ‘famiglia nucleare’, costituita da una coppia sposata con o senza figli oppure da un vedovo o una vedova con figli. Oltre alla ‘famiglia semplice o nucleare’, lo schema individua altri quattro tipi di strutture familiari: - aggregato domestico esteso è una famiglia nucleare alla quale si sono aggiunti altri membri del gruppo parentale: 1. Ascendente, se i membri supplementari appartengono a una generazione più anziana di quella del capofamiglia; 2. Discendente, se si tratta di nipoti appartenenti a una generazione più giovane rispetto a quella del capofamiglia; 3. Collaterale, se al nucleo principale si aggrega un parente appartenente alla stessa generazione del capofamiglia (fratello, sorella, cugino)

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- aggregato domestico multiplo comprende più unità coniugali familiari di parenti conviventi sotto lo stesso tetto: 1. Ascendente, quando all’unità coniugale familiare si unisce un’unità satellite o secondaria della generazione precedente a quella del capofamiglia (es. i genitori vanno a vivere dal figlio sposato); 2. Discendente, quando il figlio sposato va a vivere, con sua moglie ed eventuali figli, a casa dei genitori; 3. Collaterale, se le unità coniugali familiari sono disposte in senso orizzontale, come fratelli e sorelle sposati che vivono insieme ed è presente un genitore vedovo; 4. Frérèches, quando fratelli e sorelle coniugati senza componenti di generazioni precedenti vivono insieme; 5. Altri, quando confluiscono aggregati domestici che accolgono più nuclei familiari appartenenti a diversi livelli generazionali rispetto a quello del capofamiglia -aggregati senza struttura, quelli privi di unità coniugale: 1.conviventi con legami di parentela (es. fratelli, sorelle); 2.conviventi con altri legami; 3.conviventi senza legami apparenti - solitari: 1.vedovi/e; 2.celibi/nubili o di stato civile indeterminato - aggregati domestici indeterminati, in cui il rapporto di parentela con il capofamiglia non è chiaramente indicato sul documento o è impossibile da determinare a causa dello stato di conservazione della fonte che risulta illeggibile. Applicando tale metodo, Laslett e i suoi collaboratori hanno condotto numerose ricerche sulla struttura della famiglia nell’Inghilterra preindustriale. Dal XVI al XVIII secolo, il gruppo domestico inglese era di dimensioni ridotte (4,75 componenti) e la struttura più diffusa era quella nucleare. Infatti l’aggregato domestico nucleare raggiungeva l’80%, mentre le famiglie complesse, estese e multiple insieme raramente superavano il 10%. I risultati delle ricerche pubblicati nel 1972, hanno aperto la strada a una produzione bibliografica sulla storia della famiglia e hanno dato luogo a un dibattito scientifico. Da un punto di vista metodologico, un attacco al modello di Laslett è stato lanciato da Lutz Berkner, che ne criticava l’approccio statico. Secondo lo studioso, un censimento della popolazione distribuito per famiglie fotografa i gruppi domestici in diverse fasi del loro sviluppo. La famiglia non va intesa come una realtà statica, ma come un processo in continua evoluzione. Berkner suggeriva di analizzare la distribuzione dei gruppi domestici in base all’età del capofamiglia, sostenendo che le tipologie familiari avrebbero registrato frequenze diverse nelle differenti classi d’età e che la struttura dominante nelle singole fasce d’età poteva essere considerata come caratteristica di una certa fase del ciclo di sviluppo. Per Berkner, la bassa incidenza di aggregati complessi era dovuta a elevati tassi di mortalità uniti a un’alta età al matrimonio. Veniva posto l’accento su una variabile importante in ogni sistema di formazione dell’aggregato domestico : l’età del matrimonio.

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Il demografo John Hajnal aveva ipotizzato l’esistenza di due modelli matrimoniali: - nell’Europa occidentale: l’età di accesso alle nozze era elevata per entrambi i sessi (26/27 per gli uomini e 23/24 per le donne) e da una quota alta di persone che non si sposavano (10-15%) -> dopo le nozze andavano a vivere per conto loro e quindi formavano una nuova famiglia nucleare; - nell’Europa orientale: il matrimonio era precoce e universale sia per gli uomini che per le donne -> dopo il matrimonio, la nuova famiglia continuava a vivere a casa dei genitori del marito, determinando un aggregato domestico multiplo. Ovviamente vi erano anche delle eccezioni, come ad esempio in Irlanda, nella zona meridionale della Penisola iberica, in Sicilia e in Puglia, dove il matrimonio era piuttosto precoce e l’età di accesso alle nozze era influenzata dalla classe sociale d’appartenenza. 1.1 GLI STUD I SULLA ST ORIA DELLA FAMIGLIA IN IT ALIA

Il patrimonio documentario funzionale allo studio storico delle strutture familiari è ricco, ma nonostante ciò lo studio dei modelli familiari in Italia ha tardato a prendere piede rispetto alle altre realtà europee. In Italia un significativo fiorire della storiografia della famiglia si è registrato a partire dagli anni 70 del 900, grazie alle attività di ricerca e di dibattito promosse dalla Società Italiana di Demografia Storica (SIDeS), istituita nel 1977. Il primo lavoro sulle strutture familiari dell’Italia del passato è stato rappresentano dalla ricerca condotta da David Herlihy e Christiane Klapisch-Zuber nel 1978, sulla base dei dati presenti nel catasto fiorentino del 1427. La ricerca ha evidenziato proporzioni di aggregati complessi molto alte, specie per le popolazioni rurali e non trascurabile era il peso dei solitari (14%). A questo studio ha fatto seguito una nutrita serie di ricerche, condotti da Marzio Barbagli, Gerard Delille e Giovanna De Molin. Lo studio delle strutture familiari nei vari periodi storici e nelle diverse realtà territoriali dell’Italia ha accresciuto le conoscenze sui sistemi di formazione e sulle caratteristiche della famiglia nell’Italia moderna, consentendo di individuare l’influenza esercitata da variabili, quali l’organizzazione economico-produttiva, i sistemi di trasmissione della proprietà, i codici sociali e culturali, epidemie, guerre, crisi alimentari. 2. LA FAMIGLIA ITALIANA IN ETA’ MO DERNA

La famiglia italiana del XVII e XVIII secolo era strutturalmente semplice, composta dai genitori e un modesto numero di figli. La prevalenza del modello nucleare era più netta fra la popolazione urbana. La città registrava percentuali più alte di solitari e di aggregati senza struttura, mentre minor incidenza di famiglie estese e multiple. I centri urbani favorivano la solitudine ed era il luogo in cui si registrava una maggiore presenza di famiglie senza struttura, formate da persone legate da rapporti di parentela o semplici conoscenti che si ritrovavano a condividere la stessa casa. Quindi la famiglia urbana del passato appariva priva di profonde radici, più fragile e meno coesa di quella rurale. Mentre i diversi modelli di formazione della famiglia rurale erano in stretto rapporto con i diversi sistemi di conduzione della terra e con le tipologie insediative che connotavano il paesaggio agrario italiano. La famiglia rurale presentava una netta connotazione nucleare e percentuali contenute di aggregati complessi laddove era diffuso il bracciantato agricolo. 3

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In Puglia, la prevalenza del modello nucleare era particolarmente marcata, infatti nel corso del 600 e 700 la percentuale non scendeva sotto il 65%, raggiungendo quote che superavano l’80%. La famiglia pugliese si estendeva accogliendo altri membri del gruppo parentale e in alcuni comuni gli aggregati domestici estesi superavano il 10%, anche i solitari erano numerosi con un quota che oscillava intorno al 10%. La preferenza del modello nucleare era dovuto a fattori di ordine economico-produttivo, oltre che sociale. Gran parte della popolazione rurale pugliese viveva agglomerata ed era costituita in buona parte da braccianti poveri. Quindi la ridotta estensione dei fondi coltivati costringeva il contadino a prestare la propria opera come lavoratore a giornata e talvolta la povertà e i bisogni legati alla sussistenza lo costringevano ad allontanarsi da casa, anche per lunghi periodi. Di conseguenza il rapporto che legava il contadino alla terra e ai mezzi di produzione era discontinuo. Il regime colturale prevalente, l’ampiezza dei fondi, la tipologia insediativa contribuivano a far sì che i braccianti meridionali tendessero a vivere in famiglie semplici e numericamente esigue. Le alte percentuali di famiglie nucleari si contavano anche nell’Italia centro-settentrionale, dove al diffuso sistema mezzadrile corrispondeva la tendenza a dar vita a nuclei più complessi e numericamente più ampi. Laddove la famiglia rurale era un’azienda-famiglia che traeva la forza lavoro dal suo interno, coinvolgendo tutti i membri del nucleo; la coresidenza di più nuclei sotto lo stesso tetto e insediamento sparso si configuravano come elementi strutturali dell’organizzazione del lavoro e dei mezzi di produzione. Nelle grandi famiglie mezzadrili del centro-settentrione la logica dell’abitare era piegata ai bisogni immediati del produrre, mentre il fine primario perseguito dal mezzadro rimaneva la conservazione di un equilibrio soddisfacente fra braccia e bocche, fra produttori e consumatori. In città era la distribuzione della ricchezza a determinare variazioni strutturali negli aggregati: a un più alto status economico e sociale corrispondeva la tendenza a vivere in nuclei più complessi e numerosi. Il catasto onciario di Foggia del 1741 registrava famiglie semplici superiori all’80% fra contadini, artigiani e commercianti; tale quota scendeva sotto al 60% fra nobili e possidenti, per i quali si delineavano anche più alte percentuali di solitari e famiglie estese. La famiglia italiana del XVII e XVIII secolo era ridotta: sia al Nord che al Sud il numero dei componenti si attestava sui 4-5 membri di famiglia e raramente superava i 5 componenti. Riguardo la dimensione, una prima distinzione va operata tra famiglia urbana e quella rurale: in città le famiglie erano meno ampie di quelle rurali. Per esempio in Piemonte, nel centro urbano la dimensione media dei nuclei si attestava sui 3.8 componenti per famiglia e in campagna era di 4.9 membri. Ugualmente rilevanti ai fini della dimensione dei nuclei familiari erano il mestiere del capofamiglia, il grado di agiatezza, la posizione occupata nella gerarchia sociale. Una migliore qualità della vita si traduceva in più alte possibilità di sopravvivenza per i figli dei nobili e dei possidenti, rispetto a quelle riservate ai figli delle classi subalterne in cui si registravano elevati tassi di mortalità infantile. Le famiglie dei ricchi accoglievano al loro interno una folta schiera di servitori e quindi ampliando la dimensione dell’aggregato domestico, tutto questo per ragioni legate al prestigio e al bisogno di ostentazioni. 3. LA FAMIGLIA E LA SERVITU’

Gli studi svolti sulla storia della famiglia hanno evidenziato che in età moderna la presenza di servi costituiva un carattere distintivo importante nei sistemi di formazione degli aggregati domestici. Nell’Italia 4

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centro-settentrionale questo avveniva soprattutto nelle città. -> Nel 1545 a Parma le famiglie con un servo erano il 30.7% in città e il 10% nel contado. Dall’analisi delle caratteristiche della servitù è emerso che il prestare servizio all’interno di una famiglia era limitato a un periodo particolare della vita che si chiudeva con il matrimonio. Nel 1765 a Parma numerose erano le donne che uscivano di casa e andavano a fare le serve in città per un periodo limitato: nella classe d’età 16-20 anni le serve rappresentavano il 18% e tra i 21-25 anni il 21%. Nell’Italia centro-settentrionale nelle aree rurali le caratteristiche della servitù cambiavano volto, in quanto la servitù era composta principalmente da maschi in giovane età e l’elenco delle mansioni affidate loro mostra la presenza di un servo addetto alla cura del bestiame. Diversamente nel Mezzogiorno era poco diffuso l’uso di accogliere in casa personale di servizio , tra al XVII e XIX secolo le persone che disponevano il personale di servizio era il 2.4%. In Puglia il fenomeno non subì variazioni significati nel corso dei secoli. Nel Mezzogiorno d’Italia non vi era la consuetudine di andare a servizio per un periodo limitato: quello del servitore e della serva era considerato un mestiere come un altro e come tale impegnava per tutta la vita. I maschi lavoravano da giovanissimi, ma restavano nella famiglia di nascita. Lo stare a servizio in famiglia era una prerogativa quasi solo femminile e la figura più diffusa era quella della domestica tuttofare, una donna quasi sempre nubile ma non necessariamente giovane, nel caso in cui non fosse sposata spesso dimorava presso la stessa famiglia per tutta la vita. La scelta di andare a servizio era dettata dal bisogno, le serve provenivano da ceti sociali più bassi oppure erano orfane o abbandonate. Sia al Nord che al Sud, il personale di servizio si concentrava soprattutto tra le élites e costituivano uno ‘status symbol’: il loro numero era il segno più chiaro dell’alta posizione sociale dei loro padroni. Il numero dei dipendenti poteva raggiungere proporzioni davvero considerevoli e i servitori erano addetti alle più svariate mansioni. Le mansioni femminili erano meno varie e legati quasi esclusivamente a lavori domestici. La possibilità di avere in casa una balia dipendeva dal reddito della famiglia in quanto il loro salario era superiore a quello del personale domestico meno qualificato. 4. LE RELAZIONI, GLI AFFETTI, I CONFLIT TI

Lo studio della famiglia nel passato rimanda a questioni che si discostano da un’ottica centrata sulla struttura dell’aggregato domestico e prendono in considerazione aspetti quali il mondo relazionale nel quale la famiglia è inserita e i rapporti di autorità e affetto esistenti all’interno del gruppo familiare coresidente. Questi temi hanno aperto alla ricerca storica originali prospettive d’indagine. Privilegiando un approccio di tipo qualitativo, gli studiosi hanno soffermato la loro attenzione sulla famiglia vista dall’interno e sul ruolo dei singoli componenti e sui loro reciproci legami. Per quanto attiene al mondo relazionale della famiglia, i principali documenti di analisi sono rappresentati dalle carte notarili. Tra queste, i capitoli matrimoniali e i testamenti hanno rilevato una fitta trama di relazioni familiari, alleanze, conflitti, strategie e comportamenti variegati nelle diverse realtà geografiche e nei diversi strati sociali della popolazione del passato.

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All’interno delle relazioni familiari, uno strumento di rafforzamento della rete parentale vera e propria era costituito dalla parentela spirituale (padrini di battesimo, compari di nozze). Volgendo l’attenzione alla sfera dei sentimenti, gli storici hanno affrontato il problema della dissoluzione degli ordinamenti e dell’organizzazione della famiglia tradizionale ed è il passaggio alla famiglia intima moderna, tra 700 e 800. La famiglia tradizionale era caratterizzata da un’estrema permeabilità ai condizionamenti esterni e ai controlli comunitari.il matrimonio era considerato un contratto di natura prevalentemente economica, produttivo e riproduttivo. Gradualmente questo modello di famiglia ha lasciato il posto alla famiglia coniugale intima, liberale più che patriarcale nella distribuzione del potere è saldamente legata più dall’affetto tra i coniugi e tra i genitori e figli che dall’interesse economico. Tra gli autori che si collegano in maniera più esplicita sul versante della storia di sentimenti si ricordano Lawrence Stone e Edward Shorter. Secondo Stone, la famiglia nucleare domestica si è affermata in Inghilterra a partire dalla seconda metà del seicento nello strato alto della società è proprio all’interno di quest’ultimo si è data una maggiore considerazione al rapporto di coppia e alla cura nei confronti dell’infanzia, in concomitanza con lo sviluppo dell’economia di mercato e la conseguente mobilità sociale. Edward Shorter ha messo in relazione all’emergere di una vera e propria ondata di sentimento con l’avvio della rivoluzione industriale, portatore di una rivoluzione sessuale e romantica grazie anche a una cura non più repressiva, frutto del distacco dalla famiglia d’origine dovuto al fenomeno dell’urbanizzazione. le più recenti ricerche storiche sulla famiglia hanno studiato e valorizzato la trama delle relazioni intergenerazionali e intragenerazionali che costituiscono intimamente il gruppo parentale. La famiglia rappresenta la matrice di ogni legame sociale e l’appartenenza stessa alla società di riferimento; è il luogo in cui ciascun individuo può definirsi in relazione al sesso, alla posizione nella sequenza generazionale, alla fase del ciclo della vita. le relazioni tra le generazioni hanno influenzato le modalità di organizzazione non solo dei sentimenti, ma anche delle risorse economiche di una famiglia, dell’assistenza, delle rappresentazioni simboliche e politiche delle proprie idee. È emerso un quadro che punta l’attenzione sulla solidarietà tra generazioni, sull’importanza della famiglia orizzontale, sui legami tra le giovani coppie le famiglie d’orig...


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