Riassunto When the same book speaks two different languages PDF

Title Riassunto When the same book speaks two different languages
Author Claudia Cicale
Course Lingue per la cooperazione e la comunicazione internazionale
Institution Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
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Summary

Riassunto del saggio When the same book speaks two different languages...


Description

Quando due stessi libri parlano due linguaggi diversi. Identità e relazioni sociali attraverso le culture nella traduzione italiana del “il lettore insolito”

Il lettore comune,secondo il dottor Johnson, è diverso dalla critica e dalla scolarità. Egli è meno educato e la natura non gli ha dato tanto. Egli legge per il suo piacere piuttosto di apprendere la conoscenza o correggere le opinioni degli altri. Virginia Woolf Sulla scia di lavori precedenti sullo stesso argomento, questo saggio esplora il modo in cui Monica Pavani, traduttrice e poeta di Ferrana, ha trattato la traduzione dello stile in “la sovrana lettrice di Alan Bennett. Esso fornisce un ampio scenario informativo information as well as further evidence and e argomenti più forti come supporto all’analisi della traduzione e sul criticismo precedentemente reso disponibile. Inoltre, l'analisi è presentata nella sua completezza ed in relazione all'architettura generale della fonte ed il testo di arrivo.

Il saggio comincia con un’introduzione mirata ad identificare la cornice teoretica in cui l’analisi è posta: l’approccio è centralizzato sul traduttore ed tende ad esplorare le specifiche tematiche sia dell’intervento femminista e della sociolinguistica letteraria. Pavani ha rivelato in diverse occasioni che la sua abitudine a riflettere sui processi mentali riguarda sia lo scritto che la traduzione, il che fa di lei un interessante argomento per chi vorrebbero scavare nelle interconnesse questioni della traduzione come forma di scrittura creativa e come voce del traduttore. Inoltre, non come molti traduttore del femminismo e del postmodernismo, quando riflettono sul suo lavoro Pavani sembra inoltre guardare alla traduzione come forma di scrittura che si estende e sviluppa il testo. Questo è l’aspetto emergente da uno dei lavori di Pavani sulla traduzione che parla anche del bisogno di un intervento in materia femminista. Comunque, sebbene l’audacia di alcune scelte collegate ai tre personaggi principali nella storia di Bennett (la regina; Norman Seakins, ,Queenie...) il cane dello scrittore e giornalista inglese J.R.Ackerley), Pavani non sembra portare agli estremi l’aspetto riscrittivo della traduzione nellasua traduzione. Lei non va troppo oltre il tentativo di creazione linguistica: l’uso di entrambe le forme “uno” , “noi” e “io” della regina nel testo di partenza è ridotto ad un’alternativa tra il semplice plurale e la prima persona singolare nel testo di arrivo, il che rimuove dalla storia l’effetto comico del “royalese”, tra le altre cose; non sembra nemmeno avere un programma politico nascosto. D’altro canto , lei non sembra rifiutare il ricorso alla standardizzazione: una procedura di normalizzazione sembra essere in statodi svolgimento nel lavoro di Bennett, probabilmente in un tentativo di farne un prototesto che potrebbe sembrare altrimenti troppo collegate con referenze omosessuali – più appetibili per il lettore italiano. Tutto questo va ( paradossalmente) a braccetto con altre asserzioni di Pavani che sembrano invece tradire, invece, una “passiva” , recettiva disposizione alla traduzione. Il traduttore probabilmente sta usando solo qui , come fa la maggior parte dei

traduttori esperti, una mescolanza di procedure e strategie. Il risultato è un testo che sembra mentire in una sfera di “creatività” moderata in termini di intervento femminista ma in tentativo più audace in termini sociolinguistici. Cornice teoretica Le tradizionali concezioni dei ruoli del genere hanno caratterizzato la discussione sulla traduzione fino agli annii ’70, considerandolo come una pratica essenzialmente passiva e riproduttiva. Il decostruzionismo e il post-strutturalismo, invece, particolarmente attraverso l’emancipazione del lettore di Barthes e l’idea di Derrida sulla differenza, hanno provocato l’erosione dell’autorità e teorizzato un relativismo testuale che vedel’autore scomparire con la sua materia, accordando cosìal traduttore più libertà di azione all’interno del testo, e addirittura il potere della creazione che segue il progetto of questioning master-narratives e sfida le verità sullo status-quo. Nei suoi sforzi per esplorare e contribuire alla questione della pratica traduttiva e sulla percezione del traduttore di questa pratica, questo saggio si pone tra quegli approcci teoreici contemporanei che si riferiscono di solito alla centralizzazione del traduttore dovuto al suo essere focalizzato sulla soggettiva responsabilità del traduttore al testo di partenza e che sono basate sull’assunto che la traduzione è una forma di scrittura creativa. Esso lo fa indirizzandosi alla questione dello stile attraverso i linguaggi che, posti contro uno sfondo di sociolinguistica letteraria, qui significa specificatamente :analizzare la variazione all’interno di un uso del linguaggio specifico del personaggio, esaminare la questione della scelta del linguaggio in termini di appartenenza alla comunità Inoltre, questo documento tocca anche la questione dell’intervento femminista, o meglio cerca di poarafrasare leparole di von Flotow, convinto che la traduzione di un verso come “ce soir j’entre dans l’histoire sans relever ma jupe” in “ questa sera entrerò nella storia senza aprire le gambe” (invece di “stasera entrerò nella storia senza alzare la gonna”) non solo non è accettabile , ma addirittura desiderabile. [commentando la sua traduzione di Lise Gauvin di Lettres d’une autre , per esempio: la mia pratica traduttiva è un’attività politica che ha come scopo realizzare un linguaggio per le donne. Così lamia firma su una traduzione significa: questa traduzione ha usato ogni possibile strategia produttiva per rendere visibile la donna nel linguaggio. rendere la donna visibile nel linguaggio significa far si che le donne siano visibili ed ascoltate nel mondo reale. Ossia ciò che è alla base del femminismo]

Per far si che le donne siano visibili ed ascoltare nella sua traduzione, Lobtiniere-Harwood vìola la tradizionale pratica di invisibilità del traduttore e si appropria del testo di partenza e lo “dirotta” per le servirsene nelle sue intenzioni politiche. Dalla scrittura in sè stessa, la traduzione qui si estende ulteriormente in una scrittura finalizzata a piegare il testo di partenza per perseguire fini politici specifici. Comunque, questo documento sostiene che l’intervento femminista a volte può essere una forma di “dirottamento” , comparato alle diverse forme più sottili di riappropriazione e ricollocazione che la critica di traduzione può individuare usando gli strumenti della sociolinguistica letteraria. IL TRADUTTORE Monica Pavani è una traduttrice e poeta di Ferrara,nata nel 1968, ha per la maggior parte tradotto voci di donne ma anche autori uomini ,in particolare novelle, piccole storie e poesie dall’inglese e il francese, ha pubblicato libri di poemi, tra cui Fugaincanti, dedicato a Camille Clauder, descritto come “un inno alla potenza del genio femminile” e scrive regolarmente recensioni e saggi per Tratti e Leggere donna, oltre ad essere l’autrice di critiche letterarie. Pavani ha rivelato in diverse occasioni, un’abitudine di riflettere sui processi mentali che sono alla base della scrittura e della traduzione, che invitano a guardare ai processi di scrittura e traduzione usati e alle scelte fatte nei suoi lavori come deliberate e ben pensate , piuttosto che soltanto al risultato di una buona competenza linguistica . pavani confessa di essere una fanatica di musica e del ritmo di un testo ( non potrebbe vivere senza) quando traduco dall’inglese devo assolutamente disfare il discorso, rifarlo cinquanta volte prima che suoni vagamente in italiano, … per me un libro deve scorrere o comunque deve avere un ritmo molto riconoscibile. Arrivo a rasentare livelli di maniacalità, nel senso che, finché non c’è il ritmo giusto, per me quel testo non esiste” . inoltre , non diversamente da molti traduttori femministi e postmoderni , Pavani sembra guardare alla traduzione come una forma di ecriture e sviluppa il testo di partenza: [m]i capita spessissimo che, ricercando una parola diversa perché la prima che mi è venuta in mente non mi ‘suona’, ecco che si innestano degli incroci strani di parole che sgorgano tutte insieme e cominciano a funzionare, producendo significati leggermente diversi e magari più interessanti. Sono i momenti in cui si amplia l’orizzonte della pagina e dell’universo – qualunque esso sia – che la pagina tenta disperatamente di riprodurre, e si cominciano a vedere più paesaggi. tuttavia,questa confessione di infedeltà potrebbe risultare da una

necessità di “venire pulito” e ricominciare daccapo piuttosto che uno da sciogliere , dal momento che questo è controbilanciato dall’uso di due metafore che la traduttrice spesso utilizza per riferirsi all ‘ atto della traduzione, che si inserisce in un quadro di rispetto per il testo di partenza: ascoltare e lasciare che la voce, le parole, le immagini e i paesaggi dell’autore vi entrino e vi penetrino. I traduttori , dice, sentono la necessità di uscire dala propria testa , oppure nelle sueparole, “accantonare la propria pelle” , che non significa entrare in quelladi qualcun altro, ma piuttosto di lasciare , come scritto sopra, che entrino la voce,leparole, leimmagini e i paesaggi dell autore. Questa èuna metafora davvero femminile, , che Pavani descrive come una condizione di totale assoluta focalizzazione sulla voce dell’altro, una condizione che la traduzione condivide con la scrittura poetica. Uscire fuori da sè stessi e lasciare che l’altri entri non significa appropriarsi dell’autore che stai traducendo, nè equivale a negare sè stessi. I seguenti due paragrafi cercheranno di mostrare come questo processo di ecriture apertamente confessata funziona in termini pratici, controbilanciata da una passiva predisposizione alla traduzione,nel contesto de La sovrana lettrice. In particolare il focus sarà sull’audacia di alcune scelte legate ai tre personaggi principali della storia così come alla normalizzazione della scrittura di Bennett in alcuni punti e sulla perdita della sua intertestualità, nel tentativo di offire un resoconto generale dell’architettura complessiva del testo di arrivo.

LA LETTRICE SOVRANA I cani abbaiano a un furgone, “grande come quello dei traslochi”, parcheggiato di fronte alle cucine del palazzo. È la biblioteca circolante del distretto di Westminster; Sua Maestà non l’ha mai vista lì davanti e, dato il baccano provocato dai cani, sale gli scalini per andare a scusarsi. Conosce così il signor Hutchings, il bibliotecario, e un giovanotto bruttino dai capelli rossi, di nome Norman, che lavora nelle cucine del palazzo reale e divora libri. Vincendo la propria iniziale diffidenza, la regina chiede in prestito un libro, più per gentilezza che per reale interesse, ma da quel momento in poi tutto cambia. La sovrana, conquistata pagina dopo pagina dalla parola scritta e dalle narrazioni – le più diverse – che sceglie ogni settimana, chiede che il ragazzo “mingherlino e pel di carota” salga ai piani alti e lasci le cucine per diventare il suo personale assistente di lettura. Quel che è più divertente è che l’irruzione dei libri nell’universo regale ha effetti di generale stravolgimento degli equilibri di palazzo. Spassosi i dialoghi tra la regina e il suo segretario privato, Sir Kevin Scatchard, “un diligentissimo neozelandese dal quale ci si aspettavano grandi cose”, uomo un po’limitato che vive con autentico terrore l’idea che la sovrana trascuri gli impegni di corte, le convenzioni e il protocollo per mettersi a fantasticare rapita dai libri.

Sceglie un romanzo, un volume a caso di Ivy Compton Burnett , con l’intento di restituirlo la settimana dopo, trova il libro piuttosto difficile da leggere , ma al suo ritorno la settimana seguente si sente in dovere di prendere un altro libro, la ricerca dell ‘amore di Nancy Mitford , che si rivela estremamente interessante. Si manifesta in lei un inspiegabile impulso a leggere , per recuperare il tempo perduto) La regina segue i consigli di Norman, che scopre una lettrice ben più accanita di lui, e più legge , più la regina si allontana dai suoi doveri pubblici. Insiste nell’introdurre la lettura anche in occasioni inappropriate , come il saluto natalizio. Il suo comportamento è così strano che il suo staff inizia a pensare che soffra di Alzeihmer, e il primo ministro e il suo segretario decidono di mettere fine a questa cosa. Norman viene mandato all’università e una pila di libri che aveva diciso di portare con sè,sparisce misteriosamente. Un anzione confidente di famiglia la persuade ad allontante questa sua nuova abitudine e le scrive, ma la scrittura la assorbirà ancor più della lettura. Alla fine la regina scopre che Kevin, il suo segretario privato , cospirava contro di lei per farla smettere di leggere e lei lo nomina Altissimo Commissario per la Nuova Zelanda per liberarsi di lui. Per i suoi 80 anni i ministri si riuniscono per farle gli auguri. La regina dice a tutti di voler scrivere un libro e chiede a chi ha letto Marcel Proust di alzare le mani,ma solo pochi lo fanno. Come nel capolavoro di Proust , dice che la sua anima ha bisogno di essere redenta attraverso l’analisi e la riflessione. I ministri sono allarmati da ciò. Quando la regina rimprovera il primo ministro, che dice che qualcuno nella sua posizione non ha mai pubblicato un libro,lei gli fornisce alcuni esempi di antenati che lo hanno fatto, citando il Duca di Windsor. Il primo ministro obietta questa cosa, perchè egli aveva abdicato. A quel punto la regina sembra annunciare qualcosa di importante, e così il libro finisce. La sovrana lettrice è più lungo di un breve racconto , ma può essere inserito nel genere del romanzo. La prosa intelligente di Bennett e il suo umorismo , derivante dalla linea sottile che crea tra realtà e assurdità, lo rende un gioiellino. Il racconto veloce e spiritoso, funziona come un Bildungsroman, e promuove la riflessione sia sul potere umanizzante della letteratura, sia sulla potenziale natura sovversiva della lettura.

La sovrana lettrice uscì nel 2007, distinguendosi subito dalla versione inglese per il titolo e l immagine sulla copertina. Mentre la sovrana lettrice rivela la sua relazione interdiscorsiva con “La comune lettrice” nello stesso titolo, e il fatto che la solita lettrice è sua maestà la regina di Inghilterra è soltanto accennato dall’immagine della corona al di sopra del titolo, La sovrana lettrice sembra coprire il primo e sovrastare il secondo. Nel libro di Woolf il lettore potrebbe essere qualcuno di noi, è la Woolf stessa, che legge la letteratura inglese sfidando i condizionamenti di cui i critici letterari sono spesso schiavi. Nel libro di Bennett il lettore non è altro che la regina. Comunque,comeillettore di Woolf, lei va un libro all’altro seguendo il suo istinto e gusto personale, senza nessun ordine o considerazione per ciò che dovrebbe essere letto. Come già accennato prima, la scelta de La sovrana lettrice come titolo italiano è abbastanza audace rispetto a come ci si sarebbe aspettati che la sceltadi Pavani sarebbe ricaduta su Il lettore non comune o ,soltanto per soddisfare il suo bisogno dichiarato di musicalità. Il lettore inconsueto. La sovrana lettrice lascia cadere la relazione interdiscorsiva con Woolf nel titolo, che come sappiamo influenza fortemente l’approccio dellettore a qualsiasi testo ed attribuisce un genere sessuale al”lettore insolito” mentre l’immagine identifica chiaramente quest’ultimacon Elisabetta II. A prima vista ,questo sembra trasmettere un altro possibile elemento sulla questione della frase “lettore comune”. Infatti si potrebbe dire che “insolito” ha un ruolo nella parola “comune” – la regina non è comune come i suoi sudditi, comunque leggendo il libro uno si rende conto che la regina non è una persona comune non in quanto è una monarca, ma piuttosto perchè ,o meglio diventa, una lettrice, diversamente dalla maggior parte delle persone da cui è circondata o con il quale viene in contatto. Una volta rotto il collegamento con Woolf ,il titolo avrebbe potuto essere cambiato ne La sovrana lettura, che avrebbe potuto riflettere il contenuto del libro, ossia la lettura, piuttosto che la regina , mentre allo stesso tempo anche mantenendo lo stesso significato del “lettore comune” come testo di riferimento che un gruppo di lavoro si aspetta di leggere per costruire un background comune. Mantenere il legame sia con la persona che legge che con l’atto di leggere non sarebbe stato possibile in italiano,ameno che il traduttore non avrebbe optato per un grado di creatività linguistica, producendo qualcosa come La sovrana leto/ura, che manterrebbe insieme il nomen agentis e il nomen acrionis, mentre allo stesso tempo mettre in primo piano la figura della donna. L’alternanza vocale è un altro modo di marcare il genere dei sostantivi, il termine lettora suona bene. Ancora di più se pensiamo che che i nomi che finiscono in –tore preceduti da una consonante diversa da –t hanno una forma femminile in –tora (esempio pastora, tintora, impostora) .

Comunque il suffisso –ice non ha una connotazione negativa in Italiano e il termine lector non avendo il femminile in latino, che è di per sè un esempio di come il linguaggio è profondamente sessista, molti probabilmente disapproveranno sul termine lettora. Inoltre,mettendo in primo piano le strategie di compensazione usate per trasmettere i diversi livelli di un testo, un processo legittimo, può essere visto come un fastidioso esibizionismo e sovradichiarazione che respinge i potenziali lettori piuttosto che attirarli quando viene utilizzato nel titolo stesso. Come già menzionato prima,non è immediatamente chiaro perchè Pavani lasci cadere il rapporto interdiscorsivo con la Woolf nel titolo. Comunque, se uno si focalizza anche sulle diverse immagini usate sulle due copertine, la scelta inizia ad avere senso. Nel 2006, (che è anche l’anno in cui La sovrana lettrice fu pubblicato per la prima volta sul London Review of books prima di essere pubblicato l’anno seguente) uscì un film sulla monarchia inglese all’indomani della morte di Diana . il film fu acclamato sia dalpubblico che dalla critica, in particolar modo per la performance degli attori, Mirren , che vince l’oscar per miglior attrice per la sua performance, ha elogiato pubblicamente la regina nel suo discorso ed è stata invitata a cena a Buckingham Palace nel maggio 2007. Come è chiaro, il film di Frears ha avuto un grande successo mediatico in tutto il mondo e Adelphi non poteva perdere l’occasione. La decisione di sciogliere il legame con la Woolf per crearne uno nuovo con il film di Frears, chiaramente confermato dalla copertina dell’edizione italiana, era forse una scelta puramente commerciale: la relazione con La lettrice solita non sarebbe stata immediatamente evidente per il lettore italiano, mentre il film era sicuramente nelle memorie della gente. Pavani confessa inoltre di aver tratto ispirazione dal film per risolvere alcune questioni linguistiche causate dalla traduzione: anche lei potrebbe aver creato un legame, anche se tenue ma discutibile, tra il testo di partenza e il target di lettori. Per quanto riguarda il contenuto del libro,la cosa che si nota per primo è la mancanza di materiale metatestuale- note a piè di pagina, prefazione ed altri segni di interventi visibili immediatamente sulla parte tradotta ad esempio la mancanza di tutte quelle strategie che le traduttrici femministe di solito applicano Dato che Pavani è una traduttrice abituata a riflettere sul suo lavoro, questa scelta può essere deliberata , ma è dovuta probabilmente alla propria politica dell’editore, come succede di solito in questi casi. Comunque alcune scelte linguistiche audaci sono ancora in piedi, ed è esattamente su queste che i prossimi paragrafi si focalizzeranno, dal momento che essi sono collegati alle vicende dei tre personaggi principali della storia, la regina....

Lar egi na Una delle questioni più delicate nella traduzione di The Uncommon Reader è abbastanza ovviamente il linguaggio della regina. Sipuò sicuramente essere ancorad'accordo con Wales secondo il quale “ è in grammatica, in particolare nell'uso del pronome, che il royalese è illustrato in modo più eclatante “ a parte la pronuncia, dove royalese potrebbe essere descritto come un gruppo di caratte...


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