Schemi - Riassunto Storia del melodramma PDF

Title Schemi - Riassunto Storia del melodramma
Course Storia del melodramma
Institution Università degli Studi di Milano
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Riassunti dell'insegnamento di storia del melodramma che ho usato per la preparazione dell'esame.
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ARIA E RECITATIVO RECITATIVO → Nel recitativo, la musica è strettamente legata alle parole, il canto è cioè quasi una recitazione ed ha il compito di far capire al pubblico lo svolgersi delle varie vicende nella storia narrata (l’azione scenica progredisce). Si distinguono due tipi di recitativo : il recitativo secco ed il recitativo accompagnato. Recitativo secco : è accompagnato solo da un basso continuo. Recitativo accompagnato : vi sono inserite frasi melodiche ed è accompagnato da orchestra. ARIA → Segue il recitativo, è un brano completamente cantato in cui la musica prevale sulle parole. Nell’aria l’azione scenica si ferma ed il canto melodico ha la funzione di esprimere i sentimenti dei personaggi. Essa è inoltre momento di espressione della bravura del cantante. > Nelle prime opere del Seicento l’opera era caratterizzata dal recitar cantando (una specie di recitativo) e l’aria era solo una brevissima interruzione. > Successivamente, l’aria diventa espressione di bravura ed inizia ad occupare maggiore rilievo nell’opera, si afferma così l’aria bipartita A – A’ (dove A’ è una variazione di A arricchita da virtuosismi vocali). > In seguito, la forma dell’aria si definì nell’aria con da capo, in uno schema tripartito A – B – A’ (aria composta da due strofe di versi, la prima della quale ripetuta alla fine dell’aria con delle variazioni, generalmente improvvisazioni del cantante che in questo modo poteva dimostrare la sua bravura). Tipologie di aria ° Aria di sortita / cavatina : aria intonata quando il cantante entra in scena (e quindi esce dalle quinte) °Aria di bravura : volta a valorizzare le doti del cantante °Aria di portamento : aria in tempo lento, nella quale è molto importante come il cantante porta la voce (e quindi come sostiene il suono). °Aria del sonno : aria con la quale un personaggio ne addormenta un altro. °Aria di baule : cavallo di battaglia dei cantanti, i quali la eseguivano anche all’interno di altre opere.

Opera nel Settecento All’inizio del ‘700 si stabilisce la tendenza ad iniziare l’opera con un brano strumentale, detto ouverture. In quell’epoca è attivo un grande poeta, Pietro Metastasio, il quale effettua una vera e propria riforma musicale, stabilendo dei canoni per la scrittura del libretto ponendo fine alla messa in scena di opere volte al solo scopo di dimostrare l’abilità del cantante principale. Egli riscrive numerosi libretti. I musicisti della grande scuola napoletana, all’inizio del ‘700 inoltre, iniziano a dar vita all’abitudine di inserire tra un atto e l’altro dei brevi intermezzi comici, che otterranno talmente tanto successo da dare vita ad un nuovo genere d’opera, l’opera buffa. Un esempio di opera buffa è la “Serva padrona” di Pergolesi.

Wolfgang Amadeus Mozart E’ un grande compositore settecentesco, scrive un gran numero di melodrammi, ed alcuni di essi, come i tre capolavori scritti su libretti di Lorenzo Da Ponte (“Le nozze di Figaro” , “Così fan tutte” e “Don Giovanni”), rappresentano un momento fondamentale nella storia dell’opera lirica.

Opera nell’Ottocento In Italia, la figura principale nella storia del melodramma del primo Ottocento, fu Gioachino Rossini. A Roma, nel 1816 andò in scena uno dei suoi più grandi capolavori, “il barbiere di Siviglia” (che era già stato musicato nel 1782 da Giovanni Paisiello). Fino al 1823 egli produsse delle opere sia serie che comiche. Successivamente, Rossini iniziò a sperimentare l’opera buffa, incamminandosi verso una forma di teatro in cui vi ci fosse ‘comicità assoluta’. Arrivò anche a mischiare elementi dell’opera seria e di quella comica, creando così l’opera semiseria (es. “Italiana in Algeri”). Nell’ 800, nel mondo del melodramma, è attivo anche Gaetano Donizetti. Egli ebbe il suo successo a Milano, con la messa in scena dell’opera “Anna Bolena”, al quale seguì pochi anni dopo “Elisir d’amore”, nel quale gli elementi della commedia si fondono, attraverso la musica ed il canto, con un senso di nostalgia tipicamente romantica e la psicologia dei personaggi viene presentata in maniera più attenta. Nel 1832 andò in scena una delle opere più famose e più riuscite di Donizetti, la “Lucia di Lammermoor”. quest’opera è molto vicina alle tendenze romantiche dell’epoca, essendo caratterizzata da forti contrasti ideali e drammatici. Il melodramma romantico, ha la sua figura principale in Giuseppe Verdi, il compositore che ha saputo portare ai massimi livelli questa forma d’arte dandole la più alta dignità non solo musicale ma anche teatrale, avendo sempre cura, specialmente nelle opere della maturità, della coerenza psicologica dei personaggi e dell’unità musicale e drammatica. Verdi ha attraversato interamente l’Ottocento e quindi la sua vita è legata a tutti gli avvenimenti che hanno caratterizzato questo secolo: il Risorgimento italiano e l’unità d’Italia, i progressi nella tecnica, le invenzioni, i sviluppi della medicina e il miglioramento delle condizioni generali di vita. Di umile condizione sociale, Verdi, grazie anche al mecenatismo di un compaesano, Antonio Barezzi, poté studiare e trasferirsi a Milano, dove, nel 1839 venne rappresentata con un discreto successo la sua prima opera alla Scala: Oberto Conte di San Bonifacio, che seguiva gli esempi del melodramma di Donizetti. Dopo un periodo di difficoltà dovute anche ai lutti familiari, l’opera della svolta sarà il Nabucco, un’opera di argomento biblico, nella quale già si scorgono gli elementi fondamentali che caratterizzeranno il teatro musicale di Verdi: sviluppo rapido e incisivo dell’azione, coerenza drammatica, caratterizzazione precisa dei personaggi e soprattutto un ideale di “romanticismo storico” che pervade tutta l’opera e che incarna il desiderio di libertà del Risorgimento italiano. Le caratteristiche musicali e drammaturgiche innovative e le tematiche rendono subito Verdi famosissimo e dalla prima rappresentazione del Nabucco, nel 1842, il compositore scrisse a ritmo frenetico nuove opere di grande successo, fra le quali I Lombardi alla Prima Crociata, I due Foscari,

Giovanna d’Arco, Attila e soprattutto Ernani e Macbeth, forse le due più riuscite di questo periodo, la prima tratta dal dramma omonimo di Victor Hugo e la seconda dalla tragedia di Shakespeare. Tra il 1851 e il 1853 Verdi compose tre fra le sue più famose e importanti opere: Il Rigoletto, Il trovatore e La traviata. La prima delle tre, il Rigoletto, è un’opera innovativa sia dal punto di vista musicale che da quello drammaturgico: la trama è un’aspra critica alla corruzione della nobiltà a danno del popolo, la musica e l’azione sembrano in quest’opera un tutt’uno inscindibile, dove tutto si svolge in maniera inesorabile con una forza e un vigore assolutamente nuovi per il melodramma. Anche Rigoletto si inserisce nel filone del romanticismo storico e politico; la classe dominante opprime gli individui, i quali, se tentano la ribellione, sono destinati a soccombere, come se la storia umana fosse mossa da un’oscura forza ostile all’uomo. Il protagonista è anche qui un personaggio dalle tante sfaccettature: un buffone di corte che riscatta la propria condizione con la sua tagliente ironia, un tenero padre, un desolato eroe romantico che vede la sconfitta dei suoi ideali di fronte alla realtà. Nella terza di queste tre opere, La Traviata, tratta da ‘La signora delle camelie’ di Alexandre Dumas, Verdi mette in scena lo scontro fra ideale d’amore e convenzioni sociali. Verdi si concentra con un profondo lirismo e un uso attento dell’orchestra sull’evoluzione interiore della protagonista; le caratteristiche di Violetta Valery, il personaggio principale. Proprio quest’opera aprirà la strada alla futura storia del melodramma italiano del tardo Ottocento e del primo Novecento, tutto incentrato sulla psicologia dei personaggi. Tra la fine dell’800 e l’inizio del’900 Il compositore più importante di questo periodo è sicuramente Giacomo Puccini, che riuscì a realizzare nelle sue opere una sintesi perfetta fra la tradizione melodrammatica italiana, le strade aperte dall’ultimo Verdi, il Verismo e l’estetica del Decadentismo; inoltre il suo linguaggio musicale conobbe un’evoluzione stilistica che lo portò a far proprie le innovazioni armoniche e orchestrali dell’Europa di inizio Novecento, integrate in un vocabolario musicale di grande efficacia: con Puccini infatti il melodramma italiano assume una dimensione internazionale ed europea, assimilando e sintetizzando con abilità e rapidità linguaggi e culture musicali diverse. Dalle opere di Wagner il compositore italiano trasse importanti spunti per quanto riguarda le tecniche musicali narrative, basate sui motivi conduttori e l’elaborazione sinfonica delle vaste proporzioni dell’opera lirica; parallelamente alla musica francese a lui contemporanea, in particolare quella di Debussy, Puccini sviluppò il gusto per la finezza estetizzante dell’orchestrazione e l’uso di combinazioni armoniche modali che Wagner stesso aveva indicato nella sua ultima opera. Ma soprattutto Puccini segue e amplia l’esempio di Verdi e in particolare dell’ultima opera verdiana, ilLFalstaff, con il suo senso di continuità scenica, interesse, varietà, rapidità, sintesi e profondità psicologica. Sin dalle sue prime prove, Puccini avvia un melodramma in cui si approfondisce l’introspezione psicologica dei personaggi, in particolare di quelli femminili, che, seguendo l’esempio della protagonista de ‘La Traviata’ di Giuseppe Verdi, subiscono un processo di intima evoluzione lungo

tutto l’arco dell’opera; questo esige dai cantanti la più grande varietà espressiva, mentre l’orchestra sostiene l’unità di tutto il discorso narrativo. La figura femminile diviene così l’elemento portante delle opere pucciniane, che hanno sempre una protagonista di rilievo: Manon, nella Manon Lescaut, Mimì e Musetta ne La Bohéme, Tosca, nell’opera omonima, Cio Cio San, nella Madama Butterfly, fino ad arrivare all’ultima eroina di Puccini, Turandot, nell’omonima opera rimasta incompiuta non solo per la morte del compositore a causa di un cancro alla gola, ma anche per le continue insoddisfazioni nei confronti del libretto relative alla coerente evoluzione psicologica della protagonista.

METRICA ITALIANA Versi settenari → Dopo l’endecasillabo, il settenario è il verso più usato. Dei due accenti, uno si può trovare a caso sulle prime 4 sillabe, mentre l’ultimo si trova sulla penultima sillaba. Versi ottonari → L’ottonario ha normalmente gli accenti sulla terza e settima sillaba, ma a volte anche sulla prima e sulla quinta. In questo caso è molto ritmato avendo gli accenti ogni due sillabe. Versi endecasillabi → Gli accenti principali (fermo restando che uno è sempre sulla penultima sillaba, in questo caso la decima, e che se un verso ha l'ultimo accento sulla decima è un endecasillabo) possono avere tre schemi:sesta sillaba e decima oppure quarta, ottava e decima oppure quarta, settima e decima.

OPERE

L’ORFEO – Monteverdi Monteverdi è il più grande compositore della prima metà del Seicento. Egli diventa molto presto uno dei protagonisti di questo graduale passaggio, dalla polifonia alla monodia. → questo, era anche il passaggio a una centralità del soggetto molto più accentuata. La polifonia metteva in risalto la capacità intellettuale del compositore (musica come numero, natura matematica della musica, musica come armonia delle sfere), il passaggio verso la monodia invece ha il significato di musica come espressione ben organizzata (discorso ben fatto, diventano infatti gradualmente importanti le arti della parola, la retorica). Questo passaggio, comporta lo spostamento dalla musica come arte intellettuale, alla musica come arte individuale, personale. Delle sue diciannove composizioni teatrali ce ne sono arrivate complete sei di cui tre sono opere. La prima di queste, fu “Orfeo” scritto su libretto di A. Striggio. Ai tempi in cui mise a punto l’Orfeo, l’arte di mettere insieme canto e recitazione, era ancora agli albori (nei drammi lirici infatti, la musica compariva solo in parte e si limitava ad accompagnare le parole, rimanendo sullo sfondo).

Durante il Rinascimento, si era però sviluppata l’arte dell’intermezzo, ovvero uno stacco fra un atto e l’altro, che prevedeva una performance completamente musicata, che non per forza avrebbe dovuto centrare con l’opera in se. Dopo la prima rappresentazione in occasione del Carnevale del 1607 di fronte a un pubblico ristretto, che suscitò un entusiasmo tale da spingere il duca a chiederne quasi immediatamente una replica nei giorni successivi, l'opera venne allestita negli anni seguenti anche in altre città italiane. Monteverdi ne pubblicò lo spartito a Venezia nel 1609, con il finale modificato, cui seguì una ristampa nel 1615. Dopo la morte del compositore nel 1643, però, l'opera venne presto dimenticata. Fu riscoperta alla fine del diciannovesimo secolo, in pieno revival del barocco, e da allora è rientrata stabilmente nel repertorio dei grandi teatri lirici (anche se solo nel tardo ventesimo secolo si è cominciato a prestare la necessaria attenzione filologica al testo e all'uso di strumenti d'epoca, molti dei quali sono naturalmente diversi da quelli che fanno parte della tradizionale orchestra classica). L’Orfeo, è un lavoro di straordinaria simmetria. I fatti teatrali essenziali si svolgono tutti dal secondo al quarto atto, mentre il primo atto funge da preludio ed il quinto da epilogo. I 5 atti ricordano la struttura della tragedia antica. Al termine di ognuno di essi, Monteverdi colloca un coro. L’aria di Orfeo ‘possente spirito’ del terzo atto, funge da epicentro drammatico e musicale dell’intera opera. La struttura è quella di una favola pastorale che utilizza il declamato monodico. Monteverdi operò la fusione dello stile madrigalistico ( componimento popolare che prevede l’inizio di un quadretto pastorale, con 3 o 4 voci con uno schema metrico fisso) del tardo Cinquecento, con la ricchezza scenica e orchestrale dei vecchi intermedi ed una nuova concezione del canto monodico. La lista imponente degli strumenti utilizzati per l’opera, che si trova sul frontespizio del libretto, dà un’idea della portata e dell’importanza della musica strumentale di Orfeo. Di fatto, l’opera può comunque essere allestita con un numero inferiore di strumenti, per permettere l’allestimento anche in corti con ridotta possibilità. Anche i cori rispetto alle prime opere di Monteverdi, diventano importanti e più numerosi. Alcuni cori accompagnano le danze, altri sono in stile madrigalistico. Molto spazio, viene inoltre lasciato (come era consuetudine all’epoca) ad aggiunte ed abbellimenti di musicisti e cantanti. Dal punto di vista musicale, voci e strumenti si intrecciano fra loro in maniera armonica e "concertante", creando un equilibrio perfetto che non aveva assolutamente precedenti. Monteverdi fonde insieme vecchie e nuove "forme" (arie, recitativi e canzoni a strofe si alternano a ritornelli strumentali, cori e danze) e le utilizza in funzione dell'azione teatrale con una ricchezza di stili che si rispecchia nei continui cambi di tono da un atto all'altro. Senza limitarsi ad "accompagnare" semplicemente il testo con la musica, ne sfrutta l'effetto drammatico per trasmettere emozioni e passioni. Ricorre ampiamente anche alla polifonia (l'intersezione di più voci melodiche): pur rifacendosi allo stile dei madrigali fiorentini, di fatto la sua opera segna il passaggio decisivo dal Rinascimento al Barocco. Le parti vocali da solista sono numerose, ma con l'eccezione del cantante che veste i panni di Orfeo – l'unico sempre presente in ogni atto – gli altri interpreti di solito si alternano in più ruoli (per esempio, la Musica del prologo può essere anche Euridice nel resto dell'opera, la Messaggera è la Speranza, la Ninfa è anche Proserpina, i pastori sono anche gli spiriti). I principali ruoli femminili erano originariamente interpretati da castrati.

Notevole lo spazio dedicato ai cori, numerosissimi nel corso dell'opera e spesso caratterizzati da una funzione drammaturgica che va oltre il semplice commento (si pensi agli inni festosi delle ninfe e dei pastori nei primi due atti). Orfeo è la figura che riesce ad incantare ogni essere vivente. Nella sua figura si realizza l’idea di un canto che colpisca, la musica smette di diventare un fatto puramente intellettuale, ma inizia a diventare un atto espressivo e soggettivo. Prologo Monteverdi utilizza il prologo come una sorta di manifesto programmatico di ciò che sta succedendo! Il personaggio che occupa il prologo (e lo canta) è un personaggio allegorico : la musica stessa. Questo personaggio mette in movimento gli affetti di chi la ascolta, è in grado di incendiare le menti più fredde e sa far tranquilli i cuori. Esprime qui Monteverdi, il nuovo interesse della centralità della musica, in grado di muovere le emozioni, piuttosto che di farsi ammirare per la costruzione tecnica. Già il prologo, è di fatto una monodia (strofica in questo caso), perché sono interventi della musica, alternati a ritornelli musicali. L’opera si apre con una ‘toccata’ , una fanfara di trombe (anche se lo strumento veramente prescritto inizialmente, era il cornetto , uno strumento più nobile). La toccata è una forma tipica musicale, le toccate servivano a dare l’intonazione ai cantanti o ad attirare l’attenzione del pubblico (generalmente si usano prima delle messe). narra di Orfeo, a cui capita una disgrazia. Si sta per sposare ma la sua donna, appena prima del matrimonio verrà morsa da un serpente e muore. Orfeo non si arrende, decide di intraprendere un viaggio che nessun essere umano aveva mai tentato. Va a prenderla da Ade. Orfeo si inoltra nell’Ade, la trova, e può portarla indietro a patto di una cosa : nel tragitto del ritorno non potrà mai voltarsi a guardarla. Lungo il tragitto però lui verrà assalito dai dubbi, non sa se lei lo sta seguendo, perciò si volta e la perde per sempre. > Il primo atto narra l’amore tra i due. > Il secondo la morte di Euridice. > Il terzo ed il quarto, sono ambientati nell’ade. > Il quinto è la risalita di Orfeo da solo. E nel momento in cui lui si propone di non innamorarsi mai più di una donna, verrà assaltato dalle baccanti, che interpretano questo suo proposito come un atto estremamente misogino, e lo uccidono. La rilevanza dell’Orfeo di Monteverdi sta nell’essere riuscito a dare a ciascuno di questi momenti un colore specifico, anche con la scelta di parti strumentali molto mirate.

I atto Già dall’inizio, il primo atto si presenta con vari motivi diversi. Ci sono il pastore e la pastorella che intonano un canto che richiama la natura pastorale. Accanto alla voce nel primo atto ci sono due cori : uno più serio, nobile e l’altro invece più allegro. L’altra cosa molto rilevante, è il fatto che Monteverdi tende ad utilizzare questi stili differenti alternandoli in continuazione, e facendo ritornare spesso gli stessi episodi musicali a distanza di poco tempo. La dichiarazione d’amore che al centro del primo atto Orfeo fa a Euridice.

La differenza tra l’Orfeo di Monteverdi e le due Euridici precedenti, sono tutte improntate al recitar cantando. È un’intera rappresentazione fondata su un’unica modalità di canto, che si pone come una recitazione intonata, ed ha carattere enfatico. Successivamente c’è proseguimento del momento festoso prima delle nozze, e poi di colpo l’apparizione della messaggera che porta la triste notizia della morte di Euridice. Il coro partecipa alle emozioni dei personaggi principali. II atto Improvvisamente sulla festa cala il buio della notte, e compare il messaggero il cui canto molto frammentato è declamatorio. Ci sono singole parole che vengono declamate (‘recitar cantando’) in un canto molto irregolare e frammentario. III e IV atto Il III narra la discesa agli inferi di Orfeo. Il IV racconta la risalita, con l’errore di Orfeo. È notevole il cambiamento tra il cambio di colore strumentale fra i primi atti ed il IV. Cambiano proprio i timbri musicali. Il primo atto ha flauti, liuto ed archi. Il terzo ha strumenti a fiato più cupi con uso prevalente di tromboni. Da qui il trombone diventerà caratteristico, d’ora in poi preannuncia la morte, diventerà una sorta di segnale, evoca situazioni di morte (es. preludio alla ‘Lucia di Lammermoor’). Il terzo atto contiene una nuova figura : Caronte, personaggio che rappres...


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