Schopenhauer - riassunto PDF

Title Schopenhauer - riassunto
Course Storia della Filosofia
Institution Università di Bologna
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riassunto...


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Critica del sistema hegeliano La filosofia di Hegel: si presenta come l’ultimo grado di sviluppo della realtà. Reazione antihegeliana: Schopenhauer e Kierkegaard. Schopenhauer presenta una riflessione in totale opposizione alla filosofia idealistica hegeliana. Hegel: ottimismo panlogistico, cioè la realtà come manifestazione necessaria della Ragione. Schopenhauer: pessimismo irrazionalistico perché, L’essenza del mondo non è costituita dall’Idea, ma dalla volontà di vivere, senza ragione e senza scopo. La storia non è progresso continuo , ma ripetizione immutabile, incessante di un immutabile dramma di dolore. La vita • Nasce a Danzica nel 1788, padre banchiere madre scrittrice. Viaggia in Francia e in Inghilterra. • Frequenta l’Università a Gottinga. • Assiste alle lezioni di Fichte a Berlino e si laurea a Jena. • Diventa docente presso l’Università di Berlino. Soggiorna in Italia. • L’epidemia di colera lo costringe a lasciare Berlino per stabilirsi a Francoforte. • Nel 1818 pubblica la sua opera principale “Il mondo come volontà e rappresentazione” . Del 1836 ”La volontà nella natura” e del 1841 ”I due problemi fondamentali dell’etica”. • L’ultima opera “Parerga e paralipomena” è del 1851 (cose accessorie, omesse, tralasciate”. E’ un insieme di trattazioni e saggi, aforismi. Fu un’opera di successo. • La sua filosofia non ebbe un successo immediato, i suoi contemporanei non apprezzarono l’indirizzo cupo e apertamente anti-idealistico. Le radici culturali La filosofia di Schopenhauer → punto di incontro tra esperienze filosofiche diverse: Platone, Kant, l’Illuminismo, Romanticismo, Idealismo e spiritualità indiana. Platone → lo attrae la teoria delle idee, forme eterne sottratte alla caducità dolorosa del nostro mondo. Kant → impostazione soggettivistica della gnoseologia. Illuminismo → tendenza demistificatrice delle credenze tramandate. Romanticismo →irrazionalismo, importanza attribuita all’arte e alla musica e soprattutto al tema dell’infinito, principio di cui tutte le varie realtà sono manifestazioni passeggere, il tema del dolore, ma non c’è una visione ottimistica, di riscatto del negativo con il positivo. Schopenhauer è orientato verso una visione pessimistica della realtà. Schopenhauer vs. Idealismo Pensiero idealistico: ”bestia nera” per il filosofo. Una filosofia che non è al servizio della verità ma di interessi quali il potere e il successo, che giustifica credenze utili alla Chiesa e allo Stato. Hegel viene descritto come “sicario della verità”, “ciarlatano pesante e stucchevole”. Schopenhauer afferma la libertà della filosofia. Sapienza dell’antico Oriente: rapporto di Schopenhauer e la tradizione filosofico-religiosa dell’India, argomento ancora dibattuto. Schopenhauer fu il primo filosofo occidentale a tentare il recupero di alcuni argomenti del pensiero orientale utilizzando immagini e espressioni suggestive. Il velo di Maya  Punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è la distinzione kantiana tra fenomeno, la cosa come appare, e noumeno la cosa in sé.

Per Kant: il fenomeno era l’unica realtà accessibile alla mente umana, il noumeno era un concetto-limite, un promemoria critico, rammenta all’uomo i limiti della conoscenza. Per Schopenhauer: il fenomeno è parvenza, illusione e sogno, ovvero ciò che nell’antica sapienza indiana era detto velo di Maya. Il noumeno è la realtà che si nasconde dietro l’ingannevole trama del fenomeno e che il filosofo ha il compito di scoprire. Il concetto di fenomeno in Schopenhauer ha un significato estraneo allo spirito di Kant e più vicino alla filosofia indiana e buddista (riflesso del sole sulla sabbia che il pellegrino scambia per acqua). Per Schopenhauer: il fenomeno non è l’oggetto della rappresentazione ma rappresentazione soggettiva, che esiste cioè solo dentro la coscienza (“il mondo è la mia rappresentazione”). La categoria della causalità La rappresentazione ha 2 aspetti essenziali e inseparabili: soggetto rappresentante e oggetto rappresentato. Soggetto e oggetto sono però 2 facce della stessa medaglia, nessuno dei 2 può sussistere senza l’altro. La nostra mente è corredata, si avvale di forme a priori, la scoperta delle quali si deve a Kant. A differenza di Kant Schopenhauer ammette solo 3 forme a priori (non le 12 categorie kantiane): spazio, tempo e causalità. La causalità è l’unica categoria sia perché le altre sono tutte riconducibili a essa, sia perché la realtà dell’oggetto si esaurisce completamente nella sua azione causale su altri oggetti. Dire “materia” è come dire “azione causale” (Wirklichkeit, realtà, discende dal verbo wirken, agire). La causalità è il principio del divenire tra oggetti, del conoscere, che regola il rapporto tra premesse e conseguenze, dell’essere, che regola i rapporti spazio-temporali e dell’agire che regola le connessioni tra un’azione e i suoi motivi. La vita come sogno Le forme a priori sono vetri sfaccettati attraverso i quali la visione della cose si deforma. La rappresentazione è un inganno: la vita è sogno, un tessuto di apparenze, un incantesimo simile agli stati onirici. Al di là del sogno esiste la realtà vera, riguardo alla quale l’uomo non può fare a meno di interrogarsi. L’uomo è un “animale metafisico” che a differenze di altri animali si interroga sul senso della propria esistenza e sull’essenza ultima della vita. Lacerare il velo di Maya: la volontà Se fossimo soltanto conoscenza e rappresentazione non riusciremmo a uscire dal mondo fenomenico, cioè dalla rappresentazione esteriore, astratta, di noi e delle cose. Noi percepiamo noi stessi come rappresentazione ma anche ci viviamo dal di dentro, come corpo, godendo e soffrendo. Quest’esperienza di base consente all’uomo di squarciare il velo del fenomeno e di afferrare la cosa in sé. Ripiegandoci su noi stessi ci rendiamo conto che la cosa in sé del nostro essere è la brama o la volontà di vivere (Wille zum Leben), un impulso prepotente, irresistibile che ci spinge a esistere e ad agire. La volontà Più che intelletto e conoscenza noi siamo vita e volontà di vivere. Il nostro stesso corpo è la manifestazione esteriore di questa volontà: l’apparato digerente non è che la manifestazione esteriore della volontà di nutrirsi, l’apparato sessuale non è che l’aspetto oggettivato della volontà di accoppiarsi e riprodursi. • Il mondo fenomenico non è altro che manifestazione della volontà, modo, attraverso il quale, la volontà si manifesta o si rende visibile a se stessa.

La volontà, radice noumenica dell’universo Il rapporto tra volontà e intelletto, tra volontà e corpo e tra volontà e fenomeno è lo stesso che intercorre tra il padrone e il servo, il sole e la luna, il cavallo e il cavaliere, tra cuore e cervello. La volontà di vivere non è solo la radice noumenica dell’uomo, ma l’essenza segreta di tutte le cose, la cosa in sé dell’universo finalmente svelata. La volontà di vivere pervade ogni essere della natura secondo gradi di consapevolezza diversi: da quelli della materia organica, in cui si manifesta in modo inconscio, fino a quelli dell’uomo, in cui risulta pienamente consapevole. Caratteri e manifestazioni della volontà di vivere Essendo al di là del fenomeno, la volontà di vivere presenta caratteri contrapposti a quelli del mondo della rappresentazione, in quanto si sottrae alle forme proprie di quest’ultimo, ovvero allo spazio, tempo, causalità. - Prima di tutto la volontà primordiale è inconscia. La volontà non è volontà cosciente ma indica un concetto generale: energia o impulso (la volontà è anche della materia inorganica e/o vegetale). - In secondo luogo la volontà è unica, esiste al di fuori dello spazio e del tempo perciò si sottrae al principio di individuazione. In terzo luogo la volontà è eterna e indistruttibile, perché oltre la forma del tempo, inoltre è senza inizio né fine. Essendo al di là della categoria di causa, la volontà si configura come forza libera e cieca, come energia incausata, senza un perché e senza uno scopo. Nella volontà non si può ricercare la causa. “Voglio perché voglio”, in me c’ è una volontà irresistibile a volere. La volontà non ha alcuna meta oltre se stessa. La vita vuole la vita, la volontà vuole la volontà. Miliardi di esseri, dunque, vivono per vivere e continuare a vivere. Questa è una terribile verità che gli uomini hanno cercato di mascherare postulando un Dio al quale finalizzare la loro vita, in cui trovare un senso per le loro azioni. Dio non può esistere, l’unico assoluto è la volontà stessa, i cui caratteri di fondo (eterna, unica, incausata) sono, e non a caso, i caratteri che da sempre i filosofi hanno conferito a Dio. L’unica e infinita volontà di vivere si manifesta nel mondo fenomenico attraverso 2 fasi: 1. la volontà si oggettiva in un sistema di forme immutabili, a-spaziali, a-temporali, che egli chiama idee, ovvero archetipi del mondo. 2. la volontà si oggettiva nei vari individui del mondo naturale. Tra gli individui e le idee esiste un rapporto di copia-modello, per cui i singoli esseri risultano semplici riproduzioni del prototipo originario ovvero l’idea. Il mondo delle realtà naturali si struttura a sua volta in una serie di gradi disposti in ordine ascendente: al gradino più basso dell’oggettivazione della volontà si trovano le forze generali della natura, nei gradi superiori troviamo le piante e gli animali. Questa sorta di piramide culmina con l’uomo, nel quale la volontà diviene pienamente consapevole. Il pessimismo: dolore, piacere, noia Se l’essere è la manifestazione di una volontà infinita allora la vita è dolore per essenza. Infatti volere significa desiderare e desiderare significa trovarsi in uno stato di perenne tensione per la mancanza di qualcosa che si vorrebbe avere. Per definizione il desiderio è assenza, vuoto, indigenza, ossia dolore. Poiché nell’uomo la volontà è più cosciente, quindi più “affamata”, quindi l’uomo risulta il più bisognoso e mancante tra gli esseri, destinato a non trovare mai un appagamento.

Ciò che gli uomini chiamano godimento (fisico) o gioia (psichica) non è altro che cessazione del dolore, lo scaricarsi di una tensione preesistente. Perché? Perché ci sia piacere bisogna per forza che ci sia uno stato precedente di tensione o di dolore (il godimento del bere presuppone il dolore della sete). Tutto questo non vale per il dolore: il dolore non è preceduto dal piacere, mentre ogni piacere è preceduto da uno stato di tensione. “Non v’è rosa senza spine ma ci sono parecchie spine senza rose”. Pertanto mentre il dolore, identificandosi con il desiderio, che è la struttura stessa della vita, un dato primario e permanente, il piacere è solo una funzione derivata dal dolore, vive unicamente a spese di esso Il piacere riesce a vincere il dolore solo a patto di annullare se stesso, poiché non appena viene meno lo stato di tensione del desiderio, cessa la possibilità di godimento. Accanto al dolore, che è durevole, e al piacere, che è momentaneo, Schopenhauer pone come terza situazione di base dell’esistenza umana, la noia, la quale subentra quando viene meno il desiderio. La vita umana è come un pendolo che oscilla tra incessantemente tra dolore e noia, passando attraverso l’intervallo, fugace e illusorio, del piacere e della gioia. P.32 Il pessimismo: la sofferenza universale La volontà di vivere è tensione perennemente insoddisfatta che si ripresenta continuamente e si manifesta sotto forma di Sehnsucht (desiderio inappagato) cosmica, il dolore non riguarda solo l’uomo ma tutte le creature. Tutto soffre: dal fiore che appassisce per mancanza di acqua, all’animale ferito, dal bimbo che nasce al vecchio che muore. Nell’uomo la sofferenza si acuisce perché avendo maggiore consapevolezza è destinato a sentire in modo più accentuato la spinta della volontà e a patire l’insoddisfazione dei propri desideri. Per questo motivo il genio, avendo maggiore sensibilità è destinato a una maggiore sofferenza. Schopenhauer afferma così una delle forme più radicali di pessimismo cosmico o metafisico: il male non è solo nel mondo ma nel principio stesso da cui esso dipende. Espressione del dolore universale è anche la lotta crudele di tutte le cose. Le celebrate meraviglie del creato è in realtà un’arena di esseri tormentati e angosciati che vivono solo a patto di divorarsi l’uno con l’altro. Ogni animale carnivoro è il sepolcro vivente di mille altri. Il fatto che alla natura interessi solo il servizio della specie trova sua manifestazione emblematica nell’amore. Il pessimismo: l’illusione dell’amore L’amore è uno dei più forti stimoli dell’esistenza ed è in realtà “genio della specie” che mira alla perpetuazione della vita. Il fine dell’amore, è voluto dalla natura, ed è solo l’accoppiamento . Manifestazione di tale essenza biologica dell’amore sono, il caso limite della mantide femmina, che divora il maschio dopo l’accoppiamento. La donna, dopo aver adempiuto alla procreazione e all’allevamento dei figli perde bellezze e attrattive. L’amore è dunque puro strumento per perpetuare la specie, quindi non può esistere amore senza sessualità. “se la passione del Petrarca fosse stata appagata, il suo canto sarebbe ammutolito”. L’unico amore di cui si può tessere l’elogio è quello disinteressato della pietà, non quello dell’eros. Le critiche alle varie forme di ottimismo Uno degli aspetti più interessanti della filosofia di Schopenhauer è la critica mossa alle varie menzogne, o ideologie che tentano di nascondere i dati negativi del vivere, la cruda realtà del mondo. Egli fa della tecnica del smascheramento uno degli aspetti del suo filosofare, quindi può venir considerato uno dei “maestri del sospetto” (Paul Ricour) con Marx, Nietzsche e Freud.

Smaschera i luoghi comuni della razionalità dell’essere e della felicità dell’esistenza umana, mette a nudo la falsità di ogni forma di ottimismo (metafisico, sociale, storico). 1. Ottimismo cosmico: circolava nelle filosofie e nelle religioni occidentali dell’epoca. Il mondo è un organismo perfetto, governato da Dio o da una Ragione immanente (Hegel). Questa visione può essere consolatrice ma è falsa, la vita è esplosione di forze irrazionali, il mondo non è il regno della logica ma il teatro dell’illogicità e della sopraffazione. Tutto ciò è verificabile nella società e nella natura dove prevale la legge del più forte ovvero la legge della jungla. Schopenhauer contesta le religioni che definisce “metafisiche per il popolo” e abbozza le linee di un ateismo filosofico che sarà ripreso da Nietzsche. 2. Ottimismo sociale: altra menzogna è la tesi della socievolezza e la bontà dell’uomo. Al di là degli orpelli retorici e delle dichiarazioni ufficiali, i rapporti umani sono costituiti dal conflitto e dal tentativo di sopraffazione reciproca. Tale regola ha assunto nel tempo mille forme da quelle più primitive a quelle più raffinate. Gli uomini vivono insieme unicamente per bisogno (Hobbes). Lo Stato non nasce per l’umana esigenza di eticità (Hegel) ma solo per difesa 3. Ottimismo storico: altro aspetto che contrappone Schopenhauer all’idealismo romantico e alla cultura dell’Ottocento è la polemica contro ogni forma di storicismo. Schopenhauer ridimensiona la portata conoscitiva della storia affermando che essa non è vera e propria scienza. La storia si limita a studiare gli uomini cadendo nell’illusione che gli uomini mutino. Se invece andiamo oltre le apparenze non possiamo fare a meno di scoprire che “non vi è nulla di nuovo sotto il sole” e che al di là del tempo e della storia il destino dell’uomo presenta tratti immutabili. La storia è solo il fatale ripetersi del medesimo dramma, è necessario, pertanto, spogliare la storia dalla pretesa di rivelarci il “progresso”, il cambiamento e che l’umanità si trova nel medesimo e perpetuo stato di dolore e spera di metterlo a tacere inseguendo un mutamento e un progresso illusori. L’autentico compito della storia sarà quello di offrire all’uomo la coscienza di sé e del proprio destino. Le vie della liberazione dal dolore La vita è sostanzialmente dolore, al di là di qualsiasi apparenza ingannevole. L'antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: 'Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto.' » L’esistenza, in virtù del dolore che la costituisce, risulta una osa tale che si impara poco per volta a non volerla. Tuttavia Schopenhauer condanna il suicidio per 2 motivi: 1. Il suicidio non è un atto di negazione della volontà ma di affermazione della volontà, il suicida vuole la vita ed è solo malcontento delle condizioni che gli sono date, per cui anziché negare la volontà, nega la vita. 2. Il suicidio sopprime soltanto una manifestazione fenomenica della volontà di vivere e lascia intatta la cosa in sé, la quale pur morendo in un individuo, rinasce in mille altri. La vera risposta al dolore del mondo non consiste nel suicidio ma nella eliminazione della stessa volontà di vivere. Schopenhauer richiama l’attenzione a individui eccezionali (geni dell’arte, santi, eremiti, mistici...) che in tutti i tempi hanno intrapreso il cammino della liberazione di se stessi dalla volontà di vivere e dalla tirannia dei bisogni e dell’egoismo.

Quando la voluntas perviene alla “coscienza di sé” tende a farsi noluntas, cioè negazione progressiva di se medesima. La presa di coscienza del dolore e il disinganno di fronte alle illusioni dell’esistere che prende avvio il cammino di liberazione dell’individuo. L’iter salvifico è composto da tre momenti essenziali: arte, morale, ascesi. L’ Arte Mentre la conoscenza scientifica, imbrigliata nelle forme di spazio e tempo, è asservita ai bisogni della volontà, l’arte è conoscenza libera e disinteressata, che si rivolge alle idee, alle forme pure, ai modelli eterni delle cose. Questo amore, questo dolore, questa afflizione, nell’arte diventano l’amore, il dolore, l’afflizione, vengono cioè considerati nella loro essenza immutabile. Analogamente il soggetto che contempla le idee , cioè gli aspetti universali della realtà, non è più sottoposto alla volontà ma è puro occhio del mondo, puro soggetto del conoscere. Per il carattere contemplativo e per la capacità di muoversi nel mondo delle idee, l’arte sottrae l’individuo alla catena infinita dei bisogni e dei desideri quotidiani offrendogli un appagamento. L’arte è catartica (liberatoria) per essenza: attraverso l’arte l’uomo più che vivere contempla la vita elevandosi al di sopra della volontà, del tempo, del dolore. Nelle arti la Volontà si oggettiva e si disvela. Le arti si possono ordinare gerarchicamente dall’architettura, il livello più basso (la volontà che si manifesta nella materia inorganica) fino alla scultura, alla pittura e alla poesia, che hanno per oggetto le idee del mondo. Tra le arti spicca la tragedia, autorappresentazione del dramma della vita. La musica occupa un posto a sé perchè non riproduce mimeticamente le idee ma rivela la volontà in sé. La musica è l’arte più profonda e universale, va al di là dei limiti della ragione. Ogni arte è liberatrice poichè il piacere che essa procura è la cessazione del bisogno, svincolarsi della conoscenza dalla volontà, contemplazione disinteressata. La liberazione dalla volontà attraverso l’arte è però un gioco effimero, un incantesimo di breve durata. L’arte è conforto alla vita ma l’autentica redenzione richiede altri sentieri. L’etica della pietà la morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo. L’etica costituisce il tentativo di superare l’egoismo e di vincere la lotta degli individui che costituisce l’ingiustizia cioè una delle maggiori fonti di dolore per l’uomo. L’etica non sgorga dall’imperativo categorico dettato dalla ragione ma dal sentimento di pietà, di compassione attraverso cui avvertiamo come nostre le sofferenze degli altri, identificandoci con il loro tormento. Non è la conoscenza a produrre moralità ma la moralità a produrre conoscenza (Parsifal “attraverso la compassione conosciamo”) Tramite la pie...


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