6) Struttura Quaternaria E Folding Delle Proteine PDF

Title 6) Struttura Quaternaria E Folding Delle Proteine
Course Biochimica strutturale con elementi di enzimologia
Institution Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro
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Lezione 6...


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STRUTTURA QUATERNARIA E FOLDING DELLE PROTEINE Alcune proteine contengono due o più catene polipeptidiche distinte, o subunità, che possono essere identiche o diverse . Le diverse subunità possono avere funzioni diverse ma tra loro correlate. Una proteina costituita da più subunità viene anche chiamata multimero o oligomero se costituito da poche subunità. Se almeno due subunità sono identiche, la proteina viene definita oligomerica e le unità identiche sono chiamate protomeri. La disposizione di queste subunità in complessi tridimensionali prende il nome di struttura quaternaria. La prima proteina oligomerica di cui è stata determinata la struttura quaternaria è l’emoglobina; Tetramero formato da quattro subunità due subunità α identiche e due subunità β identiche. E’ formata quindi da un dimero di protomeri αβ. Perché si generi una struttura quaternaria devono esistere su ciascuna subunità delle interfacce di contatto con un certo grado di complementarità strutturale chimico/fisica. La complementarietà di tipo chimico è data da interazioni non covalenti(ponti ad idrogeno, interazioni elettrostatiche e idrofobiche) e da interazioni covalenti(ponti di solfuro). Il grado di polimerizzazione dipende dal numero di interfacce di contatto utili e dalla loro posizione sulla superficie di ogni singolo monomero. La proteina continua a polimerizzare fin quando i punti di contatto sono saturi. PROTEINE FIBROSE α-cheratina, il collageno e la fibroina della seta sono un esempio della relazione tra struttura della proteina e funzione biologica. Le caratteristiche più importanti delle proteine fibrose sono: • Struttura terziaria relativamente semplice • Catene polipeptidiche disposti in fasci o foglietti • Sono costituite in gran parte da un unico tipo di struttura secondaria • Insolubilità in acqua, generata dagli AA presenti in queste proteine le più importanti proteine fibrose sono: ►α-cheratina: questo tipo di proteina fibrosa è presente solo nei mammiferi (lana, capeli, unghie, zoccoli...)e fanno parte inoltre della famiglia di proteine definite filamenti intermedi. Le strutture secondarie di questa proteina formano delle α-elica destrorse, che si avvolgono l’una su l’altra per formare un super avvolgimento chiamato coiled coil (sinistrorso). Le superfici in un cui le α-eliche si toccano sono formate da AA idrofobici ed i loro gruppi R si inseriscono uno accanto all’altro permettendo l’avvicinamento massimo possibile delle catene, ecco perché le catene di α-cheratina sono ricche in Ala, Val, Leu, Ile, Met e Phe.

►Collageno: è presente nel tessuto connettivo come il tendine, la cartilagine, la matrice organica delle ossa e nella cornea dell’occhio(presente in tutti gli organismi pluricellulari). L’elica del collageno ha una struttura secondaria unica, è sinistrorsa ed ha 3 residui AA per giro. Come l’ α-cheratina il collegeno forma strutture coiled coil formate da tre catene polipeptidiche separate, dette catene α(sinistrorse), super avvolte l’una sull’altra con andamento destrorso. Questo tipo di proteina ha composizioni variabili in torno a 35% GLY,11% Ala, 21% di Pro e 4-Hyp. Questa composizione è dettata per lo più dai vincoli strutturali presenti nell’elica. Le sequenze AA sono spesso Gly-X-Y(X=Pro e Y=4-Hyp). Le catene α all’interno di una molecola di di collageno e le molecole di collageno all’interno di una fibra sono unite fra di loro da legami covalenti crociati, che coinvolgono in questo caso residui di Lys, HyLys o His, presenti in alcune posizioni X e Y del collageno, questi legami creano residui come la deidroidrossilsinonorleucina. Esistono inoltre molte varianti strutturali del collageno ed ognuna presenta qualche variazione sia nella localizzazione a livello tessutale, ma anche in alcune caratteristiche chimiche

►Fibroina della seta: proteina della seta prodotta anche da ragni ed insetti, ricca di Ala e Gly che permettono di avvicinare molto le catene fra di loro e di formare un foglietto β meno elastico , ed associato ad altri foglietti β tramite ponti di solfuro. La sua struttura è stabilizzata da interazioni deboli e legami ad idrogeno PONTI DI SOLFURO Il ponte disolfuro (ponte di zolfo) è un gruppo funzionale, costituito da due atomi di zolfo legati (S-S-), che riveste una notevole importanza nella stabilizzazione della struttura terziaria di molte proteine. La formazione dei ponti disolfuro avviene per ossidazione dei gruppi tiolici dell'amminoacido cisteina. Il ponte disolfuro gioca un ruolo importante nel determinare sia la struttura sia la stabilità dei capelli e la consistenza delle unghie, costituiti entrambi per gran parte da catene proteiche di cheratina. Queste catene vengono tenute insieme proprio dalla formazione di ponti disolfuro. In alcune persone la formazione di questi ponti fa sì che le catene proteiche si ripieghino parzialmente su sé stesse, dando così origine al fenomeno dei capelli ricci. Invece il fenomeno della "stiratura" del capello si ottiene per trattamento dei capelli con composti riducenti, bisolfiti, che inizialmente aprono i ponti disolfuro della cheratina; il successivo trattamento con un debole ossidante, porta i ponti disolfuro della cheratina a rigenerarsi dopo che la "stiratura" meccanica ha avuto luogo.

DENATURAZIONE E RIPIEGAMENTO DELLE PROTEINE Tutte le proteine vengono sintetizzate dai ribosomi come sequenza lineari AA, che dopo un serie di ripiegamenti raggiungono la loro conformazione nativa, cioè un unica conformazione (fra migliaia possibili)stabile in condizioni ben definite che ne assicura anche la sua funzione. La perdita della conformazione nativa e quindi la perdita di funzione è detta denaturazione, che non implica per forza lo srotolamento completo della proteina. La perdita della struttura nativa è di tipo cooperativo, cioè che la perdita della struttura in una determinata regione favorisce la perdita della struttura delle altre. Gli agenti denaturanti sono diversi fra cui: • Alcool, acetone(legami idrogeno) • pH estremi(ponti ionici) • Solventi organici(interazioni idrofobiche) • Detergenti(interazioni idrofobiche e polari) • Agenti caotropici(urea,sali di guanidina) Uno dei più importanti sperimenti riguardante questo argomento è quello condotto da Anfinsen. In questo caso si osservo che la proteina purificata in forma nativa della ribonucleasi si denaturava completamente con una soluzione 8M di urea che spezza le interazioni idrofobiche e 2M di un agente riducente che spezza i 4 ponti disolfuro e genera 8 residui di cisteina. Se questi 2 vengono tolti contemporaneamente allora la proteina si riavvolgerà e ritornerà alla sua forma nativa. Se invece venivano tolti in più step: nel primo l’agente riducente e nel secondo l’urea allora la proteina non raggiungeva mai la sua forma nativa, da questo si è dedotto che le interazioni idrofobiche sono necessarie per la corretta formazione dei ponti disolfuro. Questo esperimento inoltre dimostrò che le proteine contengono tutte le informazioni necessarie per avvolgerà la propria catena in modo da raggiungere lo stato nativo(ma non in tutte). L’esperimento di Anfinsen dimostra inoltre, che il folding è un processo termodinamicamente esoergonico e spontaneo. Come in tutte le reazioni chimiche, però deve essere superata una barriera energetica. In termini matematici la proteina può essere assimilata ad una pallina che esplora gli infiniti percorsi di pari o simile livello energetico, prima di riuscire a cadere nel buco energetico più stabile. Il processo in cui una proteina si ripiega a formare la sua struttura nativa viene anche chiamato folding, che sfrutta tutte le info già contenute nella proteina per arrivare in maniere celere alla forma nativa. Il folding è un processo complicato che ancora ora presenta qualche incertezza esistono però alcuni modelli plausibili in uno di questi si stabilisce che il folding ha carattere gerarchico, cioè prima si formano le strutture secondarie (si formano le α-elica e i β-foglietto) dopo di che si passa a strutture più ad ampio raggio come le supersecondarie, e così via fino alla struttura nativa(le interazioni idrofobiche svolgono un ruolo guida durante tutto il processo) FOLDING IN VIVO E CHAPERON MOLECOLARI Non tutte le proteine si avvolgono spontaneamente dolo la loro sintesi, proprio per questo l’avvolgimento di molte proteine richiede un la presenze di chaperoni molecolari, cioè proteine che assistono il folding. Sono state individuate 2 classi di chaperoni molecolari: ►Heat shock proteins o HSP: le più importanti proteine di questa classe sono gli Hsp70 e gli Hsp40, queste proteine hanno diverse funzioni fra cui: • Proteggono sia le proteine reduci da shock termico che le proteine neo sintetizzate • Garantiscono lo stiramento delle proteine che hanno il bisogno di piegarsi in seguito • Facilitano la formazione di strutture quaternarie • Avviamento delle proteine ad altri chaperon specializzati • Avviamento delle proteine misfolded verso la degradazione

Il sistema Hps70/40 agisce attraverso varie fasi: 1. L’Hsp40 riconosce regioni idrofobiche della proteina nascente 2. Il complesso HSP40/HSP70 rallenta il processo di folding mantenendo la catena il più possibile distesa e proteggendola da agenti estranei. 3. L’attvità del complesso HSP40/70 richiede il consumo di ATP ►Chaperonina o Hps60: complessi proteici sofisticati necessarie per il ripiegamento di alcune cellule che non si organizzano spontaneamente. Le fasi di questo processo sono: 1. Le proteine non avvolte si legano in sacche del complesso GroEL che vengono momentaneamente chiuse dal coperchio GroES. 2. GroEL va incontro ad un cambiamento della sua conformazione grazie all’idrolisi dell’ATP e al associamento e dopo dissociamento del GroES, questi processi fanno si che si promuova il folding della proteina La chaperonina o Hsp60 fornisce un ambiente confinato all’interno del quale il folding della proteina può essere assistito attraverso l’idrolisi di ATP e il cambiamento della conformazione del complesso proteico.

Infine, il percorso di ripiegamento di alcune proteine necessita di un ulteriore aiuto da parte di due enzimi: • Proteina disolfuroisomerasi PDI: è un enzima che catalizza l’interscambio o il rimescolamento dei ponti disolfuro ed elimina quelli sbagliati • Propil cis-trans isomerasi PPI: che catalizza l’interconversione cis-trans dei legami peptidici contenenti residui di prolina(fase lenta del folding delle prot che contengono pro)

MECCANISMI DI CONTROLLO Normalmente una proteina che abbia raggiunto la sua conformazione nativa non ha tendenza ad interagire con altre proteine a meno che non sia previsto dalla sua funzione. Le proteine tendono a interagire le une con le altre attraverso le regioni idrofobiche. La presenza di regioni idrofobiche indesiderate può essere identificata dagli chaperon molecolari, che riconoscono queste superfici “appiccicose”. Molte di ques1 meccanismi di controllo hanno luogo nel RE,nel quale transitano almeno 1/3 delle proteine sintetizzate. DIFETTI NEL RIAVVOLGIMENTO DELLE PROTEINE Molte malattia come il diabete di tipo 2 o l’alzheimer hanno in comune un meccanismo di avvolgimento sbagliato. A volte una proteina solubile viene secreta ed va incontro ad un folding sbagliato che fa si che si converta in una fibra extracellulare insolubile chiamata amiloide dai cui possono derivare svariate malattie che prendono il nome di amilodosi. Le fibre dell’amiloide presentano un elevata presenza di foglietti β che avvolte si associano a formare 2 strati prima che avvenga il corretto ripiegamento della proteina, da studi è stato anche evidenziato una maggiore tendenza a formare amiloidi da parte di residui contenenti gruppi aromatici. Un esempio di amiloide è l’APP. La APP (Amyloid Precursor Protein) è una proteina transmembrana costituita da 770 amminoacidi; è nota per essere il precursore della beta amiloide, proteina che sembra essere coinvolta nell'eziopatogenesi della malattia di alzheimer (AD) . Sebbene il ruolo della APP e delle sue isoforme debba essere ancora chiarito, essa sembra prender parte a numerosi processi fisiologici. PRIONI ll termine Prione è stato coniato nel 1982 da Stanley Prusiner, per denominare una particella infettiva con caratteristiche inedite ,in par1colare la resistenza ai raggi U.V., la mancanza di acidi nucleici e la composizione esclusivamente proteica (proteinaceous infectious only) pr per proteina, i per infettiva e one per particella,PrP) La proteina Prionica esiste in due isoforme la PrPC e PrPSc, che hanno peso molecolare e sequenza aminoacidica identici ma differiscono nella struttura terziaria e quaternaria: • PrPC o PrPGsens è la proteina nella conformazione normale, sensibile a detergenti e proteasi • PrPSc o PrPGres , proteina nella conformazione alterata, patologica, parzialmente resistente a detergenti e proteasi Si ipotizza che l'isoforma PrPSc trasmetta la sua caratteristica resistenza all'isoforma PrPC, e che questo provochi un accumulo di materiale proteico che causerebbe la malattia. Questo tipo di modificazione strutturale, da una conformazione prevalentemente alfaGelicoidale ad una forma denominata betaGPrP è stata riprodotta in vitro, e l'attitudine della forma betaGPrP a costituire aggregati fibrillari sembra fornire un plausibile meccanismo molecolare della propagazione del Prione....


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