781909 - Riassunto Lezioni di Sociologia Urbana PDF

Title 781909 - Riassunto Lezioni di Sociologia Urbana
Course Servizio sociale
Institution Università della Calabria
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Summary

Sociologia della e del governo urbano Nuvolati sociologia urbana si occupa delle cerca di ricostruire delle singole non solo con elementi formati, ma anche formanti dei fenomeni oggetto di studio. Occorre indagare le La sfida della sociologia urbana consiste nel studiare le trasformazioni della e ac...


Description

Sociologia della città e del governo urbano – Nuvolati [la sociologia urbana si occupa delle città, cerca di ricostruire l’unicità delle singole città non solo con elementi formati, ma anche formanti dei fenomeni oggetto di studio. Occorre indagare le diversità. La sfida della sociologia urbana consiste nel studiare le trasformazioni della città e acquisire una serie di competenze multidisciplinari che consentono di leggere i fenomeni sociali urbani situati in contesti specifici. C’è bisogno, poi, di un approccio capace di cogliere le tre principali dimensioni che segnano le attuali realtà urbane: la transitività, il ritmo e l’impronta storica, la frammentazione del tempo e la memoria.] Oggi i confini delle città sono sempre più incerti, così come sempre più interscambiabili e fluttuanti ne sono gli abitanti. La città più che abitata è attraversata da flussi continui materiali e immateriali che nella loro fluidità contribuiscono a rendere sempre più evanescente e incerta l’idea stessa dell’urbano. La città assorbe di giorno, si appesantisce, perché quotidianamente ospita altra popolazione che, poi, rilascia la sera, trattenendo però i rifiuti e l’inquinamento prodotte dall’uso intensivo dello spazio urbano. Sprawl e mobilità, sono i due concetti chiave indispensabili nella lettura dell’evoluzione delle città contemporanee che tutto mostrano fuorché una facile delimitazione, data dalla loro intrinseca porosità. È quasi una città informe quella che va generandosi. Sull’onda di questa trasformazione negli ultimi decenni della città stessa sono stati più volte celebrati i funerali. Verso la fine degli anni 70 quando Brian Barry parlava di controurbanizzazione, e Alvin Toffler preconizzava il diffondersi di cottages informatizzati immersi nelle foreste, quello che oggi definiremmo telelavoro. Il secondo funerale si celebrò quando ci si accorse che la tecnologia non limitava ma anzi favoriva incredibilmente la mobilità e gli incontri tra le persone. Però in un mondo teso alla virtualizzazione delle relazioni, i rapporti vis à vis tornavano paradossalmente a rappresentare un valore aggiunto irrinunciabile; così il core, momentaneamente abbandonato dell’area metropolitana, veniva rivalutato e consacrato luogo privilegiato delle interazioni umane. Popolazioni residenti e non residenti in continuo movimento legate ad un processo di urbanizzazione senza fine facevano delle metropoli contesti sempre più incerti e rarefatti, in rapida trasformazione e soprattutto di difficile governo. Proprio quando tutto si fa urbano, l’urbano nella sua diversità tende paradossalmente a scomparire. La contrapposizione urbano vs rurale si è in parte tramutata nella dicotomia nord e sud del pianeta, laddove nei paesi più poveri si è assistito a un processo di urbanizzazione veloce ma non ancora capace di cancellare completamente il mondo contadino. Ma nel mondo occidentale, già altamente urbanizzato, è proprio il crescente venir meno o indebolirsi del suo opposto, ovvero il rurale, a incidere fortemente sul significato stesso di urbanità. Va, inoltre, osservato che la diffusione della città non è stata solo di tipo geografico ma ancor più , forse, di ordine culturale. In altri termini, gli stili di vita e di consumo sono spesso indipendenti dai luoghi di residenza degli individui. La capacità dei territori locali di assorbire mode coniate altrove è impressionante. Seppur filtrata dalla cultura del posto, l’omologazione sembra non conoscere ostacoli; e laddove si riscontrano resistenze, forti tradizioni, esse vengono immesse comunque rapidamente in circuiti di consumo globalizzato. Ormai è solo il riconoscere tipologie e peculiarità urbane a consentirci di ipotizzare che il vivere in una città piuttosto che in un’altra conti ancora. Nella città globalizzata si genera la materializzazione più significativa di alcuni fenomeni che arrivano a condizionare anche l’uomo tra variabili socioeconomiche e fisiche. Tuttavia è l’unicità, la specificità dei luoghi che forgia gli uomini che li abitano. Va sottolineato che nella città alcuni meccanismi tendono a esasperare o a rappresentare in chiave più estrema proprio alcuni sintomi e manifestazioni di più ampia diffusione, tipici della modernità. Per Marx il territorio, geograficamente e culturalmente definito, ha rilevanza nella formazione storica delle classi sociali e dei conflitti tre di esse; l’approccio di Marx rappresenta un importante tentativo di riconoscere il ruolo svolto dalla città nel segnare il passaggio dalla società tradizionale a quella moderna. È nella città che il lavoratore prenderà coscienza della propria condizione frutto della concentrazione urbana del proletariato. Le considerazioni di Marx anticipano quelle di Weber e Simmel, e saranno recuperate ed elaborate dai neomarxisti come Harvey. Per quanto riguarda Weber, il tema della città attraversa in più passaggi il suo pensiero, si lega ad altri concetti ordinatori come quello delle forme di potere e di capitalismo, della razionalizzazione e soprattutto questo costituisce un argomento interessante per la messa alla prova dell’approccio idealtipico. La contestualizzazione storica operata da Weber nella descrizione della formazione e dell’evoluzione delle città è assolutamente in linea con l’attuale messa in crisi di alcuni paradigmi. Con le dovute cautele, il pensiero weberiano resta ancora utile per la lettura dei processi di formazione delle comunità locali. In Simmel, alcuni temi classici ribadiscono il ruolo della metropoli nel forgiare individuo contemporaneo. Egli costituisce il principale sdoganatore della componente spaziale rispetto quella temporale. Park, appartenente alla scuola di Chicago, puntualizza come sia soprattutto l’approccio dell’ecologia umana a costituire tanto l’aspetto più innovativo della scuola quanto il suo punto più debole sia in termini di impianto teorico che metodologico. Jane Jacobs costituisce l’icona del pensiero antimodernista che ha posto in profonda discussione un modello di sviluppo preordinato e razionale della città. Ella si colloca nell’ambito della critica umanista sviluppata da Geddes e Mumford, pur acquisendo nuovi caratteri che la connotano in modo molto deciso. È il rifiuto della monofunzionalità delle sue parti, a fare della città e dei suoi quartieri, luoghi vivibli, occasione di socializzazione e di espressione dell’essere umano. Le sue riflessioni risultano di straordinaria attualità. Per Lefebvre, lo spazio ha il ruolo di forgiare i comportamenti. Lo spazio è un elemento strutturante delle abitudini che sullo stesso spazio insistono e si riproducono. Lo spazio è una griglia codificata da smontare attraverso le pratiche di dérive e détournement. Filo comune è questo tra Lefebvre e Harvey, entrambi di matrice marxista.

Harvey affronta, attraverso il paradigma marxista, una serie di temi cercando di individuare un elemento di guida interpretativa che possa tenere insieme i fenomeni. In questo autore c’è il rifiuto di intendere il territorio come mero contenitore di processi, caratterizzato da un’elevata complessità ma socialmente costruito; comunque, capace di mantenere le sue unicità rispetto ai processi uniformanti della globalizzazione. Granovetter passa da una formulazione geometrica e astratta delle reti a un loro effettivo radicamento con il territorio, il quale ha un ruolo fondamentale nel modellare le reti e connotarle localmente. I concetti chiave del pensiero di Goffman sembrano di particolare rilievo proprio sulle declinazioni spaziali nelle interazioni umane in contesti pubblici o istituzionali. L’ambiente urbano costituisce un palcoscenico ideale per le identità culturali. Giddens assume nella sociologia urbana un ruolo rilevante per l’approccio al tema della disaggregazione spazio-temporale e dei processi di gloalizzazione, distanziazione e riappropriazione. Importante anche la riflessione sul rapporto tra città, ambiente e natura. La tradizione marxista, che oltre Marx include Harvey e Lefebvre, presenta come carattere unificante lo sforzo di scoprire i meccanismi di riproduzione delle disuguaglianze di potere in corrispondenza delle trasformazioni dei modelli di capitalismo e dello sfruttamento dello spazio urbano. L’altro pensiero è quello di Weber che contiene anche Simmel e Park, fino a Giddens e Granovetter, in cui l’elemento unificante è rappresentato dalla rilevanza attribuita alle azioni dei singoli e alle loro relazioni modificatesi anche in relazione ai processi che segnano il passaggio dalla pre-modernità alla modernità e successivamente alla postmodernità. Goffman è collocabile tra gli insegnamenti di Simmel e della scuola di Chicago; la Jacobs si avvicina alla tradizione marxista per il suo impegno civile attivo. I temi pregnanti di tutti questi autori sono quelli del conflitto, quelli degli stili di vita, e quello della deterritorializzazione. Karl Marx Marx nasce nel 1818, prussiano, inizierà a dedicarsi alla filosofia di Hegel e dedicherà la sua vita al giornalismo e alla politica. Nel 1847 scrive con Engel il Manifesto dei comunisti, su incarico della Lega dei Comunisti. Dedicherà la sua vita alle lotte di classe e le sue opere saranno dominanti per le politiche russe/sovietiche. Vive i suoi primi anni di vita in un’Europa stravolta da Napoleone e dal Congresso di Vienna, fino all’instaurazione degli stati nazionali. In contemporanea, il continente vive il tumultuoso passaggio di una società fondata sull’agricoltura e sulla campagna a un contesto costruito sull’egemonia dell’industria e della città, che fa sorgere nuovi soggetti sociali e tramontare altri, questo sarà il passaggio topico del pensiero marxiano. Sul piano filosofico - dottrinale vi è un susseguirsi di correnti di pensiero: razionalismo, positivismo, romanticismo, darwinismo, destra e sinistra hegeliana, ecc;. La personalità di Marx sarà forgiata dal materialismo e dall’impegno intellettuale e politico, tanto che, proponendosi di dare una prospettiva scientificamente provata al socialismo, l’autore si configurerà come uno dei maggiori esponenti del radicalismo rivoluzionario europeo, tanto che passerà buona parte della sua vita da esule. Marx non si occupa esplicitamente di termini legati all’organizzazione dello spazio, tuttavia elementi legati a questo tipo di tematiche sono fortemente presenti in diversi suoi contributi. Nel pensiero marxiano una prima rilevante distinzione è quella fra Occidente e Oriente. È in Occidente che nasce e si sviluppa il capitalismo, il modo di produzione caratteristico della modernità, per il quale, scopo dell’attività economica è la riproduzione allargata del capitale. Ciò implica lo sviluppo dell’industria moderna, e quindi l’egemonia della città sulla campagna e una nuova organizzazione dello spazio con l’estendersi delle reti di comunicazione e trasporto. L’Occidente capitalistico prende forma, distinguendosi dall’Oriente: economie industriali al posto di economie agrarie, stati nazionali al posto d’imperi, spazi organizzati in funzione dei rapporti fra città, ed economie improntate all’evoluzione piuttosto che all’autosufficienza. Fino all’irruzione delle grandi potenze europee, le economie e le società dell’Oriente permangono in condizione tradizionale. A proposito di questi contesti, Marx introduce la nozione di modo di produzione asiatico, che si distingue dal feudalesimo europeo e dal capitalismo. Questo modo di produzione caratterizza società di tipo agrario fondate sulla comunità contadina di villaggio, cioè su forme di conduzione comune della terra e di distribuzione quasi egualitaria dei prodotti. Qui, l’individuo è subordinato alla collettività, che intrattiene rapporti col centro del potere politico, verso il quale fluisce una parte consistente del surplus agricolo prodotto dalle collettività stesse. Si parla, quindi, di un contesto agrario - gerarchico coerentemente caratterizzato dalla stabilità nel tempo, e dall’immobilismo delle strutture e dei rapporti sociali, nonché dall’isolamento culturale. Nel momento in cui anche l’oriente si scontra con il capitalismo, Marx volge le sue riflessioni al caso della Russia, uno spazio ibrido in cui le città principali sono suscettibili al capitalismo industriale (Pietroburgo e Mosca), mentre la maggior parte del Paese è in gran parte ancora agricolo. Lo scontro Occidente vs. Oriente è la manifestazione, su scala più ampia, del conflitto città vs. campagna; a livello politico dello scontro tra gli stati-nazione in pieno sviluppo capitalistico, e dello scontro tra i mercati ad essere taluni suscettibili alla globalizzazione, altri ad esservi ostili. In generale, la città è il luogo del mutamento allorché la campagna rappresenta la conservazione. Nella città si sviluppa il conflitto di classe tra borghesia e proletariato; in campagna si costituisce la resistenza al mutamento anche politico, un fronte di resistenza anche all’azione rivoluzionaria urbana. Si dispiega, perciò, la dicotomia fra classe in sé e classe per sé. La prima è il necessario prodotto dell’ambiente rurale, mentre la seconda può assumere coscienza di sé e dei propri interessi collettivi (quindi organizzarsi e dotarsi di una rappresentanza politica) solo in un ambiente urbano dove sia presente l’industria. Anche il capitalismo, dialetticamente, si spiega secondo l’organizzazione dello spazio in tre livelli; A livello planetario, lo scontro tra gli stati-nazione europei, urbanizzati e in via d’industrializzazione, e gli antichi imperi a base agraria tipici dell’Oriente. Sarà l’Occidente a prevalere, esportando il suo modo di vivere e di produrre, trascinando gli stessi imperi agrari verso la rivoluzione borghese.

A livello degli stati-nazione europei, lo scontro si svolge fra la città avanzata r la campagna arretrata, dove la campagna che produce non classi organizzate politicamente, è suscettibile di essere strumentalizzata da classi o gruppi reazionari. A livello della città si ha, infine, il dispiegarsi dello scontro di classe moderno, che coinvolge la borghesia industriale, la borghesia finanziaria, la piccola borghesia e il proletariato. La borghesia industriale diventa il protagonista storico poiché impone progressivamente la propria egemonia sulle classi tradizionali, operando una sorta di globalizzazione a cui devono cedere le altre classi per non andare in rovina. La città appare la struttura che organizza lo spazio moderno. Si espande a macchia d’olio e si trasforma secondo le esigenze dell’industria e della popolazione che cresce ad un ritmo accelerato. Crea infrastrutture che collegano le città e svuotano, riorganizzandoli, gli spazi agrari in funzione del proprio sviluppo; importa ed esporta non solo prodotti ma anche modi di produrre. Il capitalismo trascende ogni realtà sociale e politica dal suo localismo e inaugura la storia universale, nessun evento di rilievo può essere considerato a livello locale. La più grande divisione del lavoro e intellettuale è la separazione di città e campagna. L’antagonismo tra città e campagna comincia col passaggio dalla barbarie alla civiltà, dall’organizzazione in tribù allo stato, dalla località alla nazione. La città è già la concentrazione della popolazione, degli strumenti di produzione, del capitale, dei godimenti, dei bisogni, della necessità della polizia, delle imposte, ecc.; la campagna appare come isolamento e separazione. Tuttavia, nella prima metà del Novecento, in alcuni grandi paesi il lavoro delle campagne rientra con maggior fatica nello schema marxiano. In Russia, La rivoluzione sovietica, poggiò anche sulla rivolta contadina contro la grande proprietà terriera e l’autocrazia zarista. Però, al contrario dei contesti urbani, la rivoluzione si svolse non contro ma per la proprietà: la terra venne divisa fra i contadini. La rivoluzione fu il frutto del coniugarsi di rivoluzione urbana e di una rivoluzione agraria; la prima generò una spinta verso la modernizzazione, mentre la seconda soddisfò l’aspirazione secolare del possesso della terra. Si consumò, però, un drammatico seguito degli eventi, si creò un irriducibile contrasto fra una città tesa verso l’industrializzazione accelerata e la modernità, e una campagna per niente incline a pagarne i costi, che portò ad una crisi permanente dell’agricoltura. Marx, anticipando Weber e Simmel, ha individuato nella città in luogo delle trasformazioni che hanno condotto dalla società tradizionale alla società moderna, e alle dinamiche indotte in essa dal conflitto sociale. Max Weber Weber nacque nel 1864 in Prussia in una famiglia molto agiata, diventato professore universitario, attorno a lui cominciò a stringersi una cerchia in cui convivevano i più intellettuali della città. Durante i mutamenti politici degli ultimi anni del secolo e della I GM, Weber fu attivo su più fronti, attento alle istanze di rinnovamento politico e sociale. Fu un periodo molto particolare per la Germania, poiché l’unificazione innescò meccanismi di rapida modernizzazione che mutarono abitudini e costumi secolari. Si generò un movimento migratorio dalle campagne alle città tanto che si abbandonò il profilo provinciale e gli spazi urbani si riempirono vertiginosamente. Fu attorniato fin dalla tenera età da grandi intellettuali e studiosi radicati nelle discipline tradizionali ma anche da outsider e innovatori. Al centro della ricerca weberiana vi è il problema della nascita del capitalismo come forma specifica di organizzazione della società e dell’economia occidentali. Un’origine va ricercata nell’ascetica del lavoro impartita dalle religioni protestanti (puritani e calvinisti). Tuttavia, non è solo una nuova etica del lavoro a sviluppare un fenomeno così massiccio, ma anche una serie di fattori concomitanti, istituzioni e saperi. Per Weber, il capitalismo moderno è un esempio unico nella storia, frutto di un lungo processo originato dalla dedizione protestante al lavoro ma che contempla una molteplicità di fattori. S’impone una visione altamente razionalistica che dall’economia trascende verso ambiti più vasti. S’irrigidiscono le relazioni umane e si arriva a un disincantamento del mondo. Se da un lato, quindi, la razionalizzazione è un elemento necessario e positivo per il nuovo assetto societario, dall’altro si perdono una serie di fenomeni “umani” – sentimentali. Weber propone, allora, di elaborare una serie di modelli astratti di società ideali e compararli alla società capitalista per comprenderne il reale funzionamento. Tuttavia, l’originalità di Weber non risiede nelle tematiche affrontate ma sull’originalità del metodo; bisogna comprendere dall’interno i grandi processi storici, partire dalla dimensione dell’agire individuale per capire la complessità sociale. Il senso dell’agire è dettato da una serie di riferimenti legati tanto alla razionalità quanto ai valori affettivi e consuetudinari. Nel campo degli studi urbani, Weber si è distinto per il suo testo La città, pubblicato postumo all’interno dell’opera “ricostruita” Economia e Società. L’opera comincia ricostruendo la storia delle società commerciali nel Medioevo. Il discorso weberiano, nell’opera, va aldilà di aspetti tecnici per ricostruire il contesto storico-economico su cui le trasformazioni giuridiche s’innestano. La riflessione investe sia le origini del capitalismo mercantile che il suo rapporto col contesto urbano e con la rinascita urbana medievale. Il terzo capitolo dell’opera, poi, si occupa alle comunità familiari di attività lavorative. Soggetti appartenenti a una stessa famiglia vivono nella stessa casa, uno spazio in cui si fondono insieme la vita e gli interessi dei singoli della casata; famiglia ed economia s’intrecciano in un unico sviluppo. Queste famiglie, pur allargandosi, permanevano sempre nella stessa residenza e davano vita ad un’attività economica, commerciale e lavorativa collettiva. Frutto dell’attività è il patrimonio domestico. Il trinomio famiglia-patrimonio-produzione è alla base della socializzazione che per Weber è caratteristica delle città italiane. È una comunità con una base sostanzialmente economica il cui obiettivo è assicurare il comune sostentamento; è compatta e solidale all’interno, spregiudicata e cinica all’esterno. Società che tramonta all’avvento del capitalismo moderno.

La riflessione si sposta poi, in un’altra opera, all’antica Roma, in cui la divisione delle terre era frutto di un capitalismo agrario strettamente legato a una politica di conquiste territoriali; potere politic...


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