Lezioni americane di Italo Calvino. Riassunto PDF

Title Lezioni americane di Italo Calvino. Riassunto
Course CORSO DI SCRITTURA
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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riassunto libro Lezioni Americane CAP 1,2,3,4,5...


Description

LEZIONI AMERICANE DI ITALO CALVINO RIASSUNTO ITALO CALVINO La prima edizione uscì postuma nel maggio 1988, in quanto sui temi e sull’elaborazione delle lezioni Calvino non lasciò né scritti né interviste. Questo libro è un ciclo di sei conferenze che hanno avuto luogo nel corso di un anno accademico all’università di Harvard a Cambridge. Delle sei lezioni ne vennero scritte cinque prima della partenza, della sesta se ne sarebbe occupato una volta arrivato in America. Questo libro riproduce la copia originale così come è stata trovata, lasciato senza un titolo in italiano. Quindi Esther Calvino decise di dargli il titolo ‘Lezioni Americane’ perché, durante l’ultima estate, Pietro Citati andava a trovarlo spesso e gli poneva la domanda: ‘Come vanno le lezioni americane?’ Capitolo 1: ‘Leggerezza’ Calvino dedica la prima delle lezioni americane all’opposizione leggerezza-peso, dichiarando di essere a favore della leggerezza perché pensa che su di essa abbia più cose da dire. Infatti durante la sua attività di scrittore lui ha sempre cercato di togliere il peso, soprattutto alle strutture del racconto e del linguaggio. Attraverso alcuni riferimenti letterari l’autore prova a spiegarci perché la leggerezza dovrebbe essere considerata, sia dall’uomo moderno sia dallo scrittore, un valore da acquisire. Da quando abbiamo iniziato a sentire il bisogno di raccontare, non abbiamo potuto fare a meno di utilizzare il potere evocativo della leggerezza. Il volo è sempre stato un modo per elevare l’eroe al di sopra degli altri personaggi; allo stesso modo, la donna, che sopportava il peso di una vita carica di costrizioni, si trasfigura, nella leggenda, diventando strega e volando su manici di scopa. Dunque, per Calvino, la LEGGEREZZA è un valore che riconosce in opere del passato, vede attuale nel presente e proietta nel futuro. Egli riconosce la qualità della leggerezza nelle ‘Metamorfosi’ di Ovidio, e più in particolare nel rapporto tra Perseo e Medusa (Perseo è l’unico in grado di tagliare la testa a Medusa, egli vola con i sandali alati, e non le rivolge il suo sguardo, ma guarda la sua immagine riflessa. Per tagliarle la testa egli si sostiene su qualcosa di leggero, cioè i venti, le nuvole. Dal sangue di Medusa nasce un cavallo alato, Pegaso, dunque la pesantezza della pietra può essere rovesciata nel suo contrario); inoltre riconosce questa qualità in Lucrezio ne ‘De Rerum Natura’ (la realtà della materia è fatta di corpuscolo invisibili. La preoccupazione di Lucrezio è quella di evitare che il peso della materia ci schiacci). In Lucrezio e Ovidio, la leggerezza è un modo di vedere il mondo che si fonda sulla filosofia e sulla scienza, ma in entrambi i casi ‘La Leggerezza è qualcosa che si crea nella scrittura, coi mezzi linguistici che sono quelli del poeta, indipendentemente dalla dottrina del filosofo che il poeta dichiara di voler seguire ‘. Essa è presente anche nel romanzo di Kundera ‘L’insostenibile leggerezza dell’essere’; dove il peso del vivere, secondo l’autore, sta in ogni forma di costrizione. Il suo romanzo ci dimostra come nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile e forse solo la vivacità e l’intelligenza sfuggono a questa rivelazione. Inoltre mette in contrapposizione il carattere precario della vita e il bisogno dell’uomo di dare significato ad ogni cosa. Se l’esistenza, per definizione è sfuggente, come può essere concretizzata attraverso il ragionamento? È questo il paradosso: la vita è imprevedibile e irripetibile. La scienza dimostra che è possibile dissolvere la leggerezza quando prova che il mondo si regge si entità molto sottili (es. DNA); nell’ambito dell’informatica, il software non potrebbe esercitare i poteri della sua leggerezza se non attraverso la pesantezza dell’hardware. Calvino, dunque, esemplifica la leggerezza in tre accezioni diverse:

1. Alleggerimento del linguaggio, dove i significati vengono diretti su un tessuto verbale come senza peso, fino ad assumere la stessa consistenza; 2. La narrazione di un ragionamento o di un processo psicologico dove agiscono elementi sottili, o qualunque altra descrizione astratta; 3. Un’immagine di leggerezza che assume un valore emblematico. Calvino riporta molti esempi tratti da Cervantes, Shakespeare, Cyrano de Bergerac e Leopardi; mi soffermo su quest’ultimo in quanto egli, nel suo ragionamento sull’insostenibile peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza, come gli uccelli, una donna che canta dalla finestra, l’aria e soprattutto la Luna. Quest’ultima ha il potere di comunicare una sensazione di leggerezza, di silenzio e di calma. Egli toglie al linguaggio ogni peso e lo fa assomigliare alla luce della luna. Alla base della letteratura come ricerca della leggerezza come reazione al peso di vivere, c’è un bisogno antropologico: alla precarietà dell’esistenza della tribù, lo sciamano, in risposta, elevava il proprio corpo, trasportandolo in un altro mondo; di conseguenza anche la letteratura, che si trasforma in leggerezza, permette di volare nel regno dove ogni mancanza sarà risanata. Capitolo 2: ‘Rapidità’ Il secondo capitolo parte con una vecchia leggenda su Carlomagno, il quale, in tarda età, s’innamorò di una ragazza tedesca; i baroni erano preoccupati vedendo il sovrano preso da questa donna, in quanto trascurava gli affari dell’Impero. Quando la ragazza morì, i baroni tirarono un sospiro di sollievo, ma l’imperatore, dato che non si voleva staccare dal cadavere, se la fece portare nella sua stanza. L’arcivescovo ipotizzò un incantesimo e quindi esaminò il cadavere, trovando, sotto la lingua, un anello con una pietra preziosa. Quando l’Arcivescovo prese questo anello in mano, Carlomagno s’innamorò di lui. Dunque il Turpino, per sfuggire alla situazione, gettò l’anello nel lago. Carlomagno s’innamorò del lago. Il racconto si svolge in una successione di avvenimenti, l’uno dietro l’altro, tenuti insieme dalla parola ‘amore’ o ‘passione’, e da un legame narrativo, ovvero l’anello magico; ed è proprio quest’ultimo che è il vero protagonista del racconto, perché i suoi movimenti determinano quelli dei personaggi. Quindi, quando un oggetto compare in una narrazione esso si carica di una forza speciale. Per RAPIDITÀ Calvino non intende la velocità, ma un’economia del racconto: ad esempio i folktales, la cui caratteristica è l’economia espressiva e c’è sempre una battaglia contro il tempo, contro gli ostacoli che impediscono il compimento del desiderio, infatti un’altra caratteristica è la relatività del tempo, dunque gli avvenimenti sono uno incatenato all’altro. Nello Zibaldone Leopardi, dalle sue riflessioni sulla velocità (osserva i cavalli) arriva a parlare dello stile e scrive: ‘la rapidità e la concisione dello stile piace perché presenta una folla di idee simultanee che si succedono rapidamente’. Ma il primo a paragonare la corsa dei cavalli alla velocità del ragionamento fu Galileo, egli, infatti, sostiene che ‘il discorrere è come il correre’, per ‘discorso’ intende il ragionamento, spesso deduttivo. Infatti, la rapidità, l’agilità del ragionamento, l’economia degli argomenti e la fantasia degli esempi, sono per lui qualità decisive del pensar bene. Galileo vede l’alfabeto come grande invenzione umana e come lo strumento insuperabile della comunicazione, comunicazione immediata che la scrittura stabilisce tra cogni cosa. Il valore che Calvino vuole raccomandare è che in un’epoca in cui i media velocissimi trionfano, e rischiano di appiattire ogni comunicazione, quindi la funzione della letteratura è la comunicazione tra ciò che è diverso in quanto è diverso esaltandone la differenza. Il secolo ha imposto la velocità come un valore misurabile, dove i records segnano il progresso delle macchine e degli uomini. Ma la velocità mentale non può essere misurata e non permette né confronti né gare. Un

ragionamento veloce non è necessariamente migliore di uno attento, ma comunica qualcosa di speciale che sta nella sua sveltezza. Ogni valore scelto da Calvino nelle sue conferenze non pretende l’esclusione del valore contrario. nella vita il tempo è una ricchezza di cui siamo avari; nella letteratura il tempo è una ricchezza di cui disporre con agio. L’economia del tempo è una buona cosa perché più tempo risparmiamo e più ne possiamo perdere. La letteratura italiana ha una vocazione per le storie brevi, povera di romanzieri, ma ricca di poeti, i quali, anche se scrivono in prosa, danno il meglio di loro stessi in testi in cui il massimo dell’invenzione e di pensiero è contenuto in poche pagine, come le Operette morali di Leopardi. La letteratura americana ha una lunga tradizione di short stories, si riportano esempi come Paul Valéry, Ponge, Whitman, Leiris, Michaux. Anche Calvino ha scritto short stories come Le cosmicomiche e Ti con zero. L’ultima invenzione di un genere letterario è stata compiuta da Borges, che ha finto che il libro che voleva scrivere fosse già stato scritto da un altro autore, sconosciuto, di un’altra lingua, di un’altra cultura, e lui doveva descriverlo, riassumerlo e recensirlo. Nasce con Borges una ‘letteratura potenziale’. Fa parte della sua critica, dunque, osservare che ogni suo testo raddoppia o moltiplica il proprio spazio attraverso altri libri d’una biblioteca immaginaria o reale. Nasce con Borges una letteratura elevata al quadrato e nello stesso tempo una letteratura come estrazione della radice quadrata di sé stessa. Capitolo 3: ‘Esattezza’ La precisone per gli antichi Egizi era simboleggiata da una piuma che serviva da peso sul piatto della bilancia dove si pesavano le anime. La piuma si chiamava Maat, dal nome della dea della bilancia. Per Calvino ESATTEZZA vuol dire tre cose: 1. Un disegno dell’opera ben definito; 2. L’evocazione di immagini visuali nitide; 3. Un linguaggio il più preciso possibile. A Calvino sembra che il linguaggio sia usato in modo sempre più approssimativo, casuale, infatti egli preferisce parlare il meno possibile e scrivere di più in quanto scrivendo lui può correggere ogni frase tante volte quanto è necessario per eliminare ogni tipo di insoddisfazione. La letteratura, secondo l’autore è la Terra Promessa dove il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere. A volte sembra che un’epidemia di peste abbia colpito l’umanità nella facoltà dell’uso della parola. Secondo lui la letteratura è in grado di creare degli anticorpi in modo da contrastare l’espandersi della peste del linguaggio. La peste colpisce anche le immagini, la vita delle persone e la storia delle nazioni, rende tutte le storie informi, casuali, senza inizio e senza fine. Leopardi sosteneva che il linguaggio è tanto più poetico quanto più è vago, impreciso. Infatti, nello Zibaldone egli fa un elogio del ‘vago’. L’attenzione per il vago e l’indeterminato è precisa che egli esige nella composizione di ogni immagine, nella definizione precisa dei dettagli, nella scelta degli oggetti, dell’illuminazione, dell’atmosfera, per raggiungere la vaghezza desiderata. Il poeta del vago può essere solo il poeta della precisione, che sa cogliere la sensazione più sottile con occhio, orecchio, mano pronti e sicuri. Nelle riflessioni di Leopardi, prima nell’Infinito e poi nello Zibaldone, l’ignoto è sempre più attraente del noto, la speranza e l’immaginazione sono l’unica consolazione dalle delusioni e dai dolori dell’esperienza. L’uomo proietta il suo desiderio dell’infinito, prova piacere quando immagina che esso non abbia fine. Ma poiché la mente umana non riesce a concepire l’infinito, si accontenta dell’indefinito, delle sensazioni che creano un’illusione piacevole. Robert Musil nel suo romanzo ‘L’uomo senza qualità’ si avvicina ad una proposta di

soluzione quando ricorda che esistono problemi matematici che non consentono una soluzione generale, ma soluzioni singole che, unite, si avvicinano alla soluzione generale, e pensa che questo metodo sia adattabile anche alla vita umana. Paul Valéry non ha dubbi sul fatto che lo spirito umano possa realizzarsi nella forma più esatta e rigorosa. Nel suo Monsieur Teste, il poeta dà la prova della massima esattezza mettendo il personaggio di fronte al dolore, facendogli combattere la sofferenza fisica attraverso un esercizio di astrazione geometrica. Un simbolo complesso, che ha dato le possibilità a Calvino di esprimere la tensione tra razionalità geometrica e groviglio delle esistenze umane è quello della città. Nel suo libro Le città invisibili, ha concentrato su un unico simbolo le sue riflessioni e le sue esperienze, in questo testo che lui ha scritto ogni concetto e ogni valore si rivela duplice: anche l’esattezza. In Mallarmé la parola raggiunge l’estremo dell’esattezza toccando l’estremo dell’astrazione e indicando il nulla come sostanza ultima del mondo; in Ponge il mondo ha la forma delle cose più umili e asimmetriche e la parola è ciò che serve a rendersi conto della varietà infinita di queste forme irregolari e complicate. C’è chi crede che la parola sia il mezzo per raggiungere la sostanza del mondo e, invece, c’è chi intende l’uso della parola come un incessante inseguire le cose. la parola collega la traccia visibile alla cosa invisibile, alla cosa assente, alla cosa desiderata o temuta. Per questo motivo che, secondo Calvino, il giusto uso del linguaggio è quello che permette di avvicinarsi alle cose con attenzione e cautela, col rispetto di ciò che le cose comunicano senza parole. L’esempio significativo di una battaglia con la lingua per catturare qualcosa che ancora sfugge all’espressione è Leonardo Da Vinci: i codici sono un documento di una battaglia con la lingua, che è nodosa, e va alla ricerca dell’espressione più ricca e precisa. A lui interessava più il processo di ricerca che il compimento di un testo da pubblicare. Ma in lui c’era anche un bisogno di scrittura, nonostante non conoscesse la grammatica e il latino, per indagare il mono e le sue manifestazioni e dare forma alle sue fantasie, alle sue emozioni. Capitolo 4: ‘Visibilità’ C’è un verso di Dante del Purgatorio (XVII, 25) che dice che nell’alta fantasia piove. Dunque fa partire questa conferenza da questa constatazione. Dante si trova nel girone degli iracondi e sta contemplando delle immagini che si formano nella sua mente; egli capisce che quelle immagini piovono dal cielo e che quindi gliele ha mandate Dio. Per ‘alta fantasia’ s’intende la parte più elevata dell’immaginazione. Si possono distinguere due tipi di processi immaginativi: 1- quello che parte dalla parola e arriva all’immagine visiva; 2- quello che parte dall’immagine visiva e arriva all’espressione verbale. Come si forma l’immaginario di un’epoca in cui la letteratura non si richiama più ad una tradizione come sua origine o fine, ma punta sulla novità, l’originalità, l’invenzione? Da dove ‘piovono’ le immagini della fantasia? Gli scrittori più vicini a noi stabiliscono collegamenti con emittenti terrene, come l’inconscio collettivo o individuale, il tempo ritrovato nelle sensazioni che riaffiorano dal tempo perduto, le epifanie o concentrazioni dell’essere in un singolo punto o istante. Quando Calvino iniziò a scrivere storie fantastiche non si poneva ancora problemi teorici, l’unica cosa di cui fosse sicuro era che all’inizio aveva un’immagine visuale. Quindi nell’ideazione di un racconto la prima cosa che gli veniva alla mente era un’immagine che si presentava carica di significato. Appena quest’immagine diventava netta egli la sviluppa

in una storia. Successivamente attorno ad un’immagine ne nascono altre, si forma un campo di analogie, di simmetrie e contrapposizioni. Nell’organizzazione di questo materiale visivo e concettuale, interviene un’intenzione dello scrittore di ordinare e dare un senso allo sviluppo della storia e cercare quali significati sono compatibili e quali no. Quando inizia a scrivere, è la parola scritta che conta: prima come ricerca di un equivalente dell’immagine visiva e poi come sviluppo coerente dell’impostazione stilistica iniziale, e piano piano resta la padrona del campo. Calvino ha sempre cercato nell’immaginazione un modo per raggiungere una conoscenza extra individuale, quindi che andasse oltre sé stesso. Egli si riconosce anche in un’altra definizione ovvero: l’immaginazione come repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere. La mente del poeta e quella dello scienziato funzionano secondo un sistema di associazione di immagini che è il sistema di collegare e scegliere fra le molteplici forme del possibile e dell’impossibile. La fantasia è come una macchina elettronica che tiene conto di tutte le combinazioni possibili e sceglie quelle che rispondono ad un fine o che sono le più interessanti, piacevoli, divertenti. A questo punto Calvino definisce l’immaginario diretto, ovvero le immagini che ci vengono fornite dalla cultura. A questo punto sorge spontanea una domanda: quale sarà il futuro dell’immaginazione individuale in quella che si chiama ‘civiltà dell’immagine’? una volta la memoria visiva di un individuo era limitata al patrimonio delle sue esperienze dirette e a un ridotto repertorio di immagini riflesse nella cultura; oggi, invece, siamo pieni di immagini che non riusciamo più a distinguere l’esperienza diretta da ciò che abbiamo visto alla televisione. La memoria è ricoperta di stati di immagini, quindi è sempre più difficile che una figura tra le tante riesca ad acquistare rilievo. Calvino ha aggiunto la VISIBILITÀ nei suoi valori per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana importante: il potere di mettere a fuoco visioni ad occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini. La parte visuale dell’immaginazione letteraria è formata da diversi elementi: l’osservazione diretta del mondo, la trasfigurazione fantasmatica e onirica, il mondo figurativo trasmesso dalla cultura ai suoi vari livelli, e un processo di astrazione e interiorizzazione dell’esperienza sensibile, dell’importanza della visualizzazione e della verbalizzazione del pensiero. Sarà possibile la letteratura fantastica nel Duemila, in una crescente inflazione di immagini prefabbricate? Le vie aperte sono due: 1) Riciclare le immagini usate in un nuovo contesto che ne cambi il significato; 2) Fare il vuoto per ripartire da zero. Tutte le ‘realtà’ e le ‘fantasie’, possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale esteriorità e interiorità, mondo e io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale. Capitolo 5: ‘Molteplicità’ Calvino inizia questa quinta conferenza con una citazione: il dottor Ingravallo, con la sua saggezza e nella sua povertà, interrompeva il silenzio solo per enunciare qualche teoretica idea sui casi degli uomini e delle donne. A sentirle per la prima volta sembravano banalità e rimanevano nelle orecchie delle persone per ore, mesi dall’enunciazione. Il dottore sosteneva che e catastrofi non sono mai né l’effetto né la conseguenza di un unico motivo, ma sono come un punto dove convergono tutte le motivazioni. Il tema della sua conferenza è il romanzo contemporaneo come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e soprattutto come rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra

le cose del mondo. Sceglie Gadda, per la sua citazione, perché la sua filosofia si presta bene al discorso di Calvino, in quanto egli vede il mondo come un ‘sistema di sistemi’, in cui ogni sistema singolo condiziona gli altri e ne è condizionato. Gadda cercò, per tutta la sua vita, di rappresentare il mondo come un groviglio, di rappresentarlo senza attenuare il fatto che sia complesso. Gadda era un ingegnere, quindi aveva competenze tecniche, e aveva la passione per la filosofia. Gadda usa lo stile dell’epistemologia, in quanto sovrapposizione di livelli linguistici e dei vari lessici. Egli quando scrive getta tutto sé stesso nella pagina, tutte le sue angosce e ossessioni. Per valutare come l’enciclopedismo di Gadda può comporsi in una costruzione compiuta bisogna rivolgersi ai testi brevi. In essi, come in ogni episodio dei romanzi di Gadda, ogni minimo oggetto è visto come il centro di una rete di relazioni che lo scrittore non sa trattenersi dal seguire, moltiplicando i dettagli in modo che le sue descrizioni e le sue ...


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