Aberractio Ictus e Delicti (artt. 82-83) e relativi collegamenti PDF

Title Aberractio Ictus e Delicti (artt. 82-83) e relativi collegamenti
Author Anthea Giangrossi
Course Diritto Penale
Institution Università degli Studi di Salerno
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82. Offesa di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta. — Quando per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa (1), è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta (2) (3), il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere (4), salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’articolo 60 (5). Qualora, oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta (6) (7), il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà (8).

Note

(1) Gli artt. 82 e 83 disciplinano il c.d. reato aberrante che si realizza allorché l’agente commette, per errore nei mezzi di esecuzione o per errore dovuto ad altra causa, un reato diverso da quello voluto (aberratio delicti: art. 83), ovvero cagiona un’offesa a persona diversa da quella voluta (aberratio ictus: art. 82). Nei casi di aberratio l’errore incide sulla mera esecuzione del fatto costituente reato (c.d. errore inabilità: es.: Tizio vuole sparare a Caio, ma errando nella mira colpisce Sempronio che era al fianco della vittima designata) ed in ciò si distingue dall’errore che cade sul momento formativo della volontà disciplinato dall’art. 47 (c.d. errore vizio: es.: Tizio spara a Caio scambiandolo per Sempronio a cui assomiglia). I predetti due tipi di aberratio vanno tenuti distinti dalla c.d. aberratio causae (od itineris causarum), non esplicitamente disciplinata dal codice e frutto di una creazione dottrinale e giurisprudenziale. Essa si realizza quando l’evento che l’agente vuole realizzare si produce, ma attraverso un processo causale svoltosi in modo diverso da quello previsto (es.: Tizio, volendo uccidere Caio, lo getta nel fiume perché anneghi. Caio non annega, ma muore colpendo con il capo uno scoglio). L’aberratio causae, nei reati a condotta libera (per la cui realizzazione necessita il verificarsi di un dato evento indipendentemente dalla condotta posta in essere: es.: omicidio), è irrilevante per cui l’agente è responsabile del fatto commesso; nei reati a condotta vincolata (per la cui realizzazione necessita porre in essere una condotta tipica), se l’evento non si verifica a seguito di quella condotta, l’agente non è punibile (es.: il soggetto autore di una truffa consegue l’indebito profitto, pur non essendo la vittima caduta negli artifici e raggiri posti in essere).

Not e

(2) L’art. 82, come detto, disciplina le ipotesi di aberratio ictus; in particolare il primo comma regola l’aberratio ictus monolesiva; il secondo comma l’aberratio ictus biplurilesiva (esempio della prima ipotesi: Tizio spara a Caio ma uccide Sempronio che si trovava vicino; esempio della seconda: Tizio spara a Caio, lo ferisce e con lo stesso proiettile uccide Sempronio). Nel caso di aberratio monolesiva l’agente risponde di un unico reato, per la violazione più grave in cui viene assorbito il reato meno grave. Ad esempio se Tizio

spara a Caio ma colpisce e uccide Sempronio, che si trova vicino alla vittima designata, risponderà di omicidio in danno di Sempronio nella cui previsione rimane assorbito il tentato omicidio in danno di Caio. Se, invece, sparando per uccidere Caio, ferisce Sempronio, Tizio risponderà di tentato omicidio in danno di Caio in cui rimane assorbito il reato delle lesioni patite da Sempronio.

Not e

(3) L’aberratio è punita a titolo di dolo in quanto la volontà dell’agente deve essere «diretta» a realizzare una determinata offesa. L’accertamento del dolo deve essere effettuato con riferimento alla persona nei cui confronti l’offesa era diretta (vittima designata) e non già a quella cui la stessa è stata cagionata.

Not e

(4) L’affermazione costituisce applicazione dei principi generali elaborati in tema di dolo: l’ordinamento considera irrilevante che si volesse offendere un soggetto, se, comunque, se ne è offeso un altro, reputando indifferente i titolari «specifici» del bene-interesse di volta in volta tutelato (es.: la vita umana nel delitto di omicidio).

Not e

(5) L’art. 60, a cui si rinvia, disciplina il regime delle circostanze in caso di errore sulla persona dell’offeso. Nel caso di aberratio, ad esempio, se Tizio voleva uccidere Caio, ma per errore determina la morte di Sempronio che era suo padre, non potrà vedersi contestare l’aggravante del «parricidio» (art. 577, n. 1). Ovvero se l’agente colpisce per errore, non il provocatore ma una persona diversa, beneficerà egualmente dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 2. A favore dell’agente operano anche le scriminanti (artt. 50-55) che egli si è rappresentato in ordine all’offesa voluta contro la vittima designata: ad esempio se un gioielliere, aggredito da un rapinatore, gli spara contro, ma per errore di mira

colpisce un cliente, egualmente potrà beneficiare della scriminante della legittima difesa (art. 52).

Not e

(6) Il comma 2 dell’art. 82 disciplina la c.d. aberratio ictus bi- o plurilesiva, che si realizza allorché l’agente cagiona offesa, oltre che alla vittima designata, anche ad una o più persone. In realtà a tale norma sono riconducibili tre diverse situazioni, solo la prima delle quali è espressamente presa in considerazione dal comma 2 dell’art. 82: 1) l’offesa viene arrecata alla vittima designata ed a persona diversa (es.: Tizio spara verso Caio, uccidendolo, e con lo stesso proiettile ferisce Sempronio). In tal caso opera in pieno il secondo comma, con irrogazione della pena prevista per il reato più grave, aumentata fino alla metà. 2) L’offesa viene arrecata alla vittima designata ed a due o più persone diverse. Tale ipotesi non è presa in considerazione espressamente dal cpv. dell’art. 82, ma la giurisprudenza dominante ritiene egualmente applicabile la relativa disciplina. Secondo parte della dottrina, invece, l’agente deve rispondere a titolo di aberratio per l’offesa alla vittima designata e quella meno grave arrecata alle ulteriori vittime; mentre per gli altri reati risponderà a titolo di colpa secondo le regole del concorso di reati. 3) L’offesa viene arrecata a due o più persone diverse senza la vittima designata. Anche tale ipotesi non è disciplinata espressamente dalla norma, ma secondo la dottrina e giurisprudenza dominante, può egualmente trovare applicazione il capoverso dell’art. 82; secondo altra dottrina, invece, uno degli eventi (il meno grave) andrebbe attribuito a titolo di dolo, secondo i principi dell’aberratio, all’agente, mentre l’ulteriore potrebbe essergli addebitato a titolo di colpa secondo le regole del concorso di reati.

Not e

(7) L’autore nell’aberratio ictus plurilesiva risponde a titolo di dolo dell’evento voluto nei confronti della vittima designata, mentre risponde a titolo di responsabilità oggettiva [v. 433] dell’evento ulteriore non voluto nei confronti delle persone offese per errore (senza necessità, quindi, per tale ulteriore evento di ricercare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, fermo restando la necessità dell’esistenza del nesso di causalità tra condotta ed evento verificatosi). Secondo la giurisprudenza nell’ipotesi disciplinata dall’art. 822 una sola delle offese, quella alla vittima designata, deve essere voluta e quindi attribuita a titolo di dolo, mentre l’ulteriore offesa non deve essere voluta neanche nella forma estrema del dolo eventuale: in tal caso, infatti, cesserebbe di operare la disposizione dell’art. 82, ricadendosi inevitabilmente nell’ipotesi del concorso formale di reati [v. art. 811].

Note

(8) Per offesa più grave deve ritenersi quella attribuibile a titolo di dolo, e più aderente alla volontà dell’agente.

60. Errore sulla persona dell’offeso. — Nel caso di errore sulla persona offesa da un reato (1), non sono poste a carico dell’agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole. Sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti (2). Le disposizioni di questo articolo non si applicano, se si tratta di circostanze che riguardano l’età [539] o altre condizioni o qualità fisiche o psichiche, della persona offesa (3).

ABERRACTIO DELICTI 83. Evento diverso da quello voluto dall’agente. — Fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente, se, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto (1) il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell’evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo (2). Se il colpevole ha cagionato altresì l’evento voluto, si applicano le regole sul concorso dei reati (3). Note

(1) L’ipotesi disciplinata dall’art. 83 è quella della c.d. aberratio delicti che si realizza allorché nel corso dell’esecuzione di un reato si realizza un evento diverso da quello voluto: ad esempio Tizio spara verso Caio per ucciderlo, ma mancandolo provoca un incendio. In tal caso, quindi, si agisce per commettere un reato

ma se ne realizza uno diverso. In ciò l’aberratio delicti si distingue dall’aberratio ictus [v. 82]. In tale ultimo caso, infatti, il reato voluto dall’agente resta immutato nel suo titolo ma lede un soggetto passivo diverso: es. Tizio spara per uccidere Caio, ma per errore nell’esecuzione uccide Sempronio.

Note

(2) L’agente dell’evento diverso non voluto (né previsto come probabile) non può risponderne a titolo di dolo. La legge pertanto prevede che egli ne risponda «a titolo di colpa». Secondo parte della dottrina per attribuire la responsabilità del reato sarà necessario dimostrare la sussistenza di una colpa generica secondo i criteri di cui all’art. 43. Secondo altri il reato si configura indipendentemente dalla sussistenza concreta di una colpa, per mera responsabilità oggettiva [v. 423] purché sussista il nesso di causalità tra condotta ed evento. Secondo l’orientamento prevalente, invece, nel caso dell’art. 83 si verserebbe in un’ipotesi di colpa specifica ricorrente tutte le volte in cui l’evento si verifica in conseguenza della violazione di una norma giuridica: la norma violata in tal caso è la legge penale che l’agente voleva infrangere mirando a compiere il reato doloso non realizzatosi. L’ulteriore conseguenza dell’adesione a tale interpretazione è nel fatto di poter individuare nell’aberratio delicti plurioffensiva un’ipotesi di concorso di reati (tra quelli voluti e quelli per errore commessi).

Not e

(3) Il secondo comma disciplina la c.d. aberratio delicti plurioffensiva che si realizza quando viene consumato oltre al reato diverso anche quello voluto: ad esempio Tizio sparando verso Caio lo ferisce e provoca un incendio. In tal caso l’agente risponde a titolo di dolo dell’evento voluto (nell’esempio tentato omicidio) ed a titolo di colpa per l’evento o gli eventi non voluti (nell’esempio per il reato di incendio). Per l’applicazione della pena si farà applicazione delle norme sul concorso dei reati (v. Libro I, Titolo III, Capo III).

Definizioni

Colpa: si ha (—) quando il fatto costituente reato pur se previsto non è voluto dall’agente ma viene cagionato per negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme [v. 43].

Il concorso di reati si realizza allorché una persona commetta più reati e deve quindi subire una pluralità di condanne. In tal caso si potrà avere: concorso materiale, quando un individuo commette una pluralità di reati con una pluralità di azioni od omissioni (es.: Tizio ruba un’auto; poi, anche a distanza di tempo, uccide a colpi d’arma da fuoco una persona); concorso formale, quando la pluralità di reati è commessa con un’unica azione od omissione (es.: Tizio con una sola frase offensiva ingiuria più persone). Sia il concorso materiale, che quello formale, poi, si distinguono ulteriormente in omogeneo (quando è unica la disposizione di legge violata) ed eterogeneo (quando le disposizioni di legge violate sono più d’una). Le predette situazioni vanno distinte dal concorso apparente che sussiste allorché la molteplicità di reati è solo apparente in quanto la violazione della norma penale in realtà è unica [v. 15]. La finalità della disciplina del concorso di reati è quella di limitare l’entità della pena da irrogare per chi deve essere giudicato per più reati, ciò sul presupposto che la pena non deve avere esclusivamente una finalità afflittiva bensì anche rieducativa [v. Cost. 27], la quale sarebbe vanificata dall’applicazione di pene esageratamente elevate. Se questa è la ratio della disciplina, appare allora coerente l’affermazione di una parte della dottrina la quale non vede nel concorso materiale un’autonoma forma di manifestazione del reato, bensì una sorta di unificazione in via esecutiva delle pene applicabili al soggetto condannato. In relazione ai configurabili sistemi di computo ed applicazione della pena in caso di concorso, ricordiamo che essi sono tre: a) sistema dell’assorbimento, che prevede in caso di commissione di una pluralità di reati l’applicazione al reo solo della pena prevista per quello più grave; b) sistema del cumulo giuridico, che importa l’applicazione della pena più grave con un aumento di pena in ragione della commissione di altri reati; c) sistema del cumulo materiale, in ragione del quale al reo sono applicate tante pene quanti sono i reati commessi. Come vedremo, nel nostro ordinamento è stato prescelto in taluni casi il sistema del cumulo giuridico (per il concorso formale ed il reato continuato: art. 81); per la restante generalità dei casi, il sistema del cumulo materiale temperato, con la fissazione cioè dei limiti massimi di pena che non possono essere superati [v. 71 e ss.]....


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