Aenigmata - Giovanni Polara PDF

Title Aenigmata - Giovanni Polara
Author gi ti
Course letteratura latina
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

riassunto da "Lo spazio letterario del Medioevo"...


Description

AENIGMATA GIOVANNI POLARA 1. I PRECEDENTI L’antichissimo genere letterario dell’indovinello, presente nella cultura popolare di tutte le zone del Mediterraneo è nobilitato dalla grande letteratura. È un tema biblico ricorrente: pensiamo alle parole della I Lettera ai Corinzi di PAOLO DI TARSO: “Ora vediamo attraverso uno specchio e in modo enigmatico, allora vedremo faccia a faccia ”, metafora evangelica dell’esistenza volta a designare le difficoltà del vissuto, lo sforzo del comprendere, i limiti dell’umana intelligenza di fronte all’immensità dell’universo. Le letterature orientali (ebraica, babilonese) conoscevano e praticavano l’enigma. La letteratura classica, invece, si apre proprio con esso: la tradizione, infatti, riporta notizia di una sfida enigmatica lanciata dai pescatori dell’isola di Io ad OMERO: “Quello che abbiamo preso, lo abbiamo lasciato; quello che non abbiamo preso lo portiamo con noi ” (pidocchi). La non risoluzione porta OMERO alla morte per la sconfitta dell’intellettuale nei confronti della sapienza popolare. L’enigma attraversa tutta la letteratura greca, da PINDARO sino agli alessandrini, sotto varie forme (parlare degli oracoli, dei sogni, dei personaggi invasati come CASSANDRA, come metafora del parlare oscuro a cui si contrappone la chiarezza di chi vuole svelare la verità al proprio interlocutore, come Witz da inserire in una commedia,...). La forma che più ebbe successo in età ellenistica, l’uso dell’enigma come forma di digressione per stimolare curiosità lettore/mostrare erudizione scrittore (CALLIMACO, EUFORIONE, Alessandra di LICOFRONE) si trasmetterà alla letteratura latina. Anche la letteratura latina conosce l’enigma sin dalle origini: degli esempi si ne trovano in PLAUTO o GELLIO. GELLIO, nel capitolo che dedica all’enigma, informa sull’antico nome latino dell’indovinello, scirpus, ‘giunco’ che come una rete avviluppa senza che lo si possa sciogliere, poi sostituito dal grecismo aenigma (ha il tema del ~1~

verbo αινισσομαι, ‘accenno’, ‘alludo’, a sua volta connesso con αινος, ‘massima’, ‘proverbio’). GELLIO riporta inoltre un enigma senza darne la soluzione, sottolineando la funzione pedagogica dell’enigma, che è in grado di “stimolare l’acume”. I testi classici latini che più influenzarono l’enigma nel Medioevo sono le Bucoliche di VIRGILIO e la precettistica retorica di CICERONE e QUINTILIANO che recupera le elaborazioni teoriche sull’enigma sviluppatesi in ambito greco. VIRGILIO inserisce due indovinelli nella terza ecloga, ancora irrisolti. Già gli antichi sospettavano che il poeta si fosse divertito proponendo enigmi impossibili da risolvere o così banali da ingannare il lettore: SERVIO conclude la rassegna di ipotesi di soluzione fino ad allora proposte con “però bisogna convincersi che questi due enigmi, come del resto quasi tutti gli altri, non hanno una soluzione che sia evidente ”, stimolando ancora la curiosità e lo spirito di emulazione. Il filone prosastico fissa la normativa e i limiti dell’uso letterario dell’enigma. CICERONE, nel solco di DEMETRIO FALEREO (aveva già rilevato affinità tra enigma e allegoria come prolungamenti della metafora), esalta la translatio ma afferma che “nell’usarlo bisogna evitare l’oscurità: infatti più o meno con questo stesso artificio si hanno gli enigmi ”. Dunque, l’enigma è nemico dell’oratoria in quanto l’ascoltatore non ha sempre il tempo necessario per decifrarlo (a differenza del lettore di poesia che può tornare sul testo) e in quanto la mancata o inesatta comprensione può rendere tutto il discorso incomprensibile. Ci sono poi poetiche non del tutto favorevoli all’uso di traslati e verba inversa, ad esempio quelle dei poeti didascalici, poiché possono provocare oscurità.

2. DALL’ANTICHITÀ AL MEDIOEVO Il mondo antico ha conosciuto due diverse tipologie di enigmi:  l’enigma popolare e sapienziale (assimilabile al proverbio; condensava il messaggio nella forma oscura per renderlo più significativo; con un breve giro di parole conteneva un assioma fondamentale dell’esistenza; era fruito di solito nella declamazione conviviale); ~2~

 l’enigma letterario (funzionale all’ottenimento di attentio, benevolentia e docilitas per il discorso in prosa, e all’ottenimento di effetti poetici per la poesia. Questo era fruito di solito nel testo scritto. Alle soglie del Medioevo i due filoni si accostano per la permeabilità dei livelli letterari e per l’influsso del cristianesimo, c’è dunque commistione tra forme popolari e colte. Da tale convergenza scaturisce un nuovo genere letterario praticato dalla figura dell’aenigmatista, scrittore specializzato in narrazione di indovinelli. AGOSTINO lamentava la mancanza, nella cultura latina, di specialisti dell’enigma (la possibilità che il mondo latino avesse già prima della tarda antichità delle raccolte di enigmi è legata alla ricostruzione dei perduti Saturnalia di LUCANO, ricordati dalla Vita di VACCA: l’ipotesi che potessero essere una serie di indovinelli non ha riscontri cogenti e ciò, unito alla generalità del titolo e alle parole di AGOSTINO, suggerisce prudenza). Pochi decenni dopo di AGOSTINO fu composta un’opera costituita tutta di enigmi, gli Aenigmata di SINFOSIO (c’è chi pensa che Symphosius-Synfosius-Simphosius-Sinfosius-Siphusius sui manoscritti indichino il nome dell’autore piuttosto che il nome dell’opera, un Simposio). La Praefatio del corpus di cento indovinelli contiene alcune considerazioni per chiarire lo statuto di una raccolta di enigmi secondo la mentalità di un poeta tardo-antico e valutare le modificazioni, la rivalutazione a cui il genere andrà incontro nei secoli successivi, intrecciandosi con altri filoni culturali e altre tecniche di composizione. SINFOSIO ambienta i suoi enigmi durante le feste dei Saturnalia. Dopo la cena i convitati,come i bambini e le vecchiette, cominciano a proporre e risolvere indovinelli, i quali erano già stati preparati in precedenza. Solo SINFOSIO non ha imparato in anticipo qualche enigma, e dunque ne improvvisa la composizione. Tale trama serve a SINFOSIO per collocare l’opera nello spazio più adeguato, cioè quello della poesia orale (de carmine vocis) da consumare in fretta, la quale può non lasciar traccia di sé dopo aver svolto la sua breve funzione di intrattenimento. Eppure gli indovinelli vengono registrati non prima ma dopo essere stati pronunciati per essere proposti alla memorizzazione, forse perché contenenti una saggezza resa più attraente dal complicato percorso necessario per ottenerla. ~3~

Questa ipotesi è resa probabile dai temi e dalla loro disposizione nel libro. Ci sono varie sezioni tematiche (oggetti di uso comune, fenomeni atmosferici, esseri animali e vegetali, uomini,...) le quali si susseguono in una serie legata da fili logici; il volume si conclude con quattro indovinelli scelti per la loro suggestione contenutistica (l’ombra, l’eco, il sonno, il sepolcro) che con il loro percorso metaforico dall’umano e dall’animato verso la morte permettono di porre fine all’opera con un suggello oraziano: “Dopo il destino finale rimango io con il nome dell’uomo. Rimane il vuoto nome, ma la dolce vita se ne andò via; eppure la vita supera la morte dopo i tempi della vita”. La vittoria della vita sulla morte non passa

tanto attraverso l’iscrizione tombale ma tramite la fede, che garantisce una nuova vita dopo la morte, ma si può sperare anche in un’immortalità per mezzo della letteratura. Compare alla fine della raccolta, che si era aperta con affermazioni di modestia, il ruolo solenne della scrittura e l’enigma, da testo riservato a categorie sociali modeste, assurge a dispensatore di fama letteraria e immortalità. Tale nuovo statuto è rafforzato dalle molteplici citazioni e reminiscenze di classici (VIRGILIO, ORAZIO, OVIDIO, PLAUTO, MARZIALE, GIOVENALE, AUSONIO, CLAUDIANO, PRUDENZIO,...) sparse in tutti gli enigmi. Rispetto alle funzioni usuali dell’intertestualità poetica queste citazioni hanno nell’enigma una funzione peculiare: il testo classico contiene spesso la parola che è soluzione dell’enigma: il lettore può così risolvere l’indovinello individuando la parte sottintesa o individuando il riferimento letterario. Nei secoli successivi il genere andrà sempre più incontro ad una rivalutazione positiva, intrecciandosi con altri filoni culturali e con altre tecniche di composizione.

3. LE COLLECTIONES AENIGMATUM MEROVINGICAE AETATIS Tra il VII e l’VIII secolo c’è una fioritura di raccolte di enigmi che si ispirano a quella di SINFOSIO, ma se ne differenziano per gli argomenti degli indovinelli e per la tecnica di composizione dei carmi. Questi testi hanno origine insulare, prevalentemente irlandese, e comprendono: Aenigmata Bernensia (metà VII secolo), Aenigmata di ALDELMO (ultimi anni VII secolo), quelli di Bonifacio (primo quarto dell’VIII secolo), quelli ~4~

poco più tardi di TATUINO ed EUSEBIO, ed infine gli Aenigmata Laureshamensia. Gli Aenigmata Bernensia (noti anche come Aenigmata Tullii o Aenigmata questionum artis rheoricae o Aenigmata questionum rheoricae artis), furono messi insieme da un monaco irlandese a Bobbio. Sono circa 60, ciascuno costituito da cinque esametri ritmici. Dimostrano la derivazione da SINFOSIO nella scelta di trattare per lo più di argomenti della vita quotidiana. I testi mancano però della raffinatezza e dell’erudizione del modello e presentano un latino sconnesso e disordinato nell’esposizione, spesso ci sono ripetizioni tra gli enigmi, non ci sono riferimenti a testi eccetto SINFOSIO. 62 enigmi sono, stilisticamente e contenutisticamente, attribuibili ad un unico autore. C’è però in alcuni manoscritti un gruppo di enigmi, due in prosa ed uno di cinque esametri (De vino) che è un acrostico e forma le lettere PAVLVS, il nome dell’autore di questa integrazione al corpus originario degli Aenigmata Bernensia. ALDELMO scrisse il De metris ed enigmatibus ac pedum regulis (o Epistula ad Acircium), trattato di metrica che contiene, ad esemplificazione della parte sull’esametro, cento indovinelli (odae) di varia lunghezza (4-16 versi ad eccezione dell’ultimo, il Polystichon, che ha per titolo Creatura, che ne conta 83). Dal modello di SINFOSIO è preso il numero dei componimenti e talora le tematiche legate alla vita quotidiana, mondo vegetale, animale. Rispetto al modello le differenze riguardano il numero dei versi di ciascun enigma, sempre superiore al tristico del SINFOSIO, la presenza di argomenti cristiani, la tendenza a rendere l’oggetto dell’enigma facilmente riconoscibile. È interessante notare la presenza del termine famfaluca nel significato di ‘bolla’ e l’indicazione del gatto come muriceps, ‘acchiappatopi’. Nei 36 versi della prefazione troviamo un acrosticotelestico con la σφραγις Aldelmus cecinit millenis nisversibus odas, un’invocazione al DIO cristiano, col rifiuto delle MUSE pagane e di APOLLO, il confronto con MOSÈ e DAVID che va in contrasto con l’ambientazione saturnalizia di SINFOSIO. Egli considera le odae come tirocinio prosodico e metrico in vista di (carmina) potiora (migliori) non perchè ritiene infimo il genere dell’indovinello ma perchè si riserva per il futuro una trattazione di argomenti religiosi. ~5~

BONIFACIO opera una fusione tra il genere enigmatico e i generi destinati alla trattazione del sapere religioso. Dà agli enigmi argomenti etico-pedagogici. Dedica nel 772 alla sorella LIOBA il De virtutibus et vitiis, 20 carmi. È importante che il riconoscimento della virtù o del vizio avvenga senza errori, e ciò si ottiene per mezzo di chiarezza espositiva, riferimenti biblici ed il fatto che ogni componimento è un acrostico che rivela la soluzione. La presentazione dell’enigma avviene secondo uno stilema antichissimo (già in componimenti ludici di età alessandrina) ed è fatta dalla virtù/vizio che ne sono la soluzione. TATUINO ritorna alla politematicità, la sua raccolta di quaranta enigmi mescola temi “sinfosiani” (fenomeni atmosferici, fuoco, tenaglie, incudine, spada) a temi morali come la fede, speranza, carità , il male, l’umiltà , la superbia, a temi di vita ecclesiastica, dall’altare alla croce, il leggio, la patena, ma anche la pergamena, le lettere dell’alfabeto, la penna,... L’individuazione delle soluzione è più complessa che in BONFACIO non solo perché manca l’acrostico, sostituito da un gioco secondo cui le prime lettere dei primi versi degli enigmi realizzano un esametro e un altro ne formano le ultime lettere degli stessi versi, in una sorta di breve prologo che presenta la raccolta. L’acquisizione del sapere richiede sforzo e non può seguire percorsi troppo comodi. Infatti il corpus si apre nel nome della philosophia, una scienza che viene prima anche di spes, fides et caritas. Gli Aenigmata Eusebii, 60, hanno inizio con un De Deo e si pongono a integrazione di quelli di TATUINO. L’autore è HWAETBERTH, che aveva scelto per la vita monastica il nome EUSEBIO. I temi sono zoologici, astronomici, morali, liturgici, e alcuni legati al mondo della scuola, lettere dell’alfabeto greco e latino. Gli Aenigmata anglica o Laureshamensia, contengono solo 12 enigmi. I temi sono botanici, zoologici, oggetti di uso quotidiano, oggetti di uomini di studio, fenomeni atmosferici, uomo e la sua anima.

4. ENIGMA E GRAMMATICA Sia nell’età merovingia sia in quella carolingia alla scrittura di enigmi si dedicarono vari autori di testi grammaticali: VIRGILIO GRAMMATICO pone a conclusione delle sue due opere delle serie di enigmi ~6~

chiamati problismata o ludi. Si tratta di interrogazioni in prosa cui è aggiunta la risposta, o di frasi pressoché incomprensibili con una serie di allitterazioni, poliptoti e figure retoriche che sembrano esaurire il loro significato nella giustapposizione di parole simili (natum personet ponticum ponto ex natum naturo naturum natura nata naturo. Terni ternum flumen fontes fronda ex una undatim daturi).

I grammatici carolini si scambiavano enigmi in versi sfidandosi a trovare la soluzione: PIETRO DI PISA indirizza due carmi a PAOLO DIACONO, ALCUINO inviava doni con degli indovinelli la cui soluzione era l’oggetto donato, enigmi si trovano in TEODULFO, VALAFRIDO, STRABONE, SEDULIO SCOTO. Il testo enigmatico, dunque, da prodotto umile di paraletteratura, come era considerato nella tarda latinità, era diventato ormai testo sapienziale per la trasmissione e sistemazione delle conoscenze, e tornava adesso ai fasti dell’età ellenistica, usato in un circolo dotto a dimostrazione della bravura del suo autore. L’enigma carolino, però, è più erede di SINFOSIO e BONIFACIO che di TEOCRITO e VIRGILIO. Le condizioni che avevano portato alla grande produzione enigmistica di VII-VIII secolo non ci sono più: non è più presente la necessità di un senso di sicurezza e di conferma che gli indovinelli riescono a dare. Riacquisendo la funzione di gioco tra dotti e perdendo lo spessore di mezzo di comunicazione sociale a diffusione alquanto ampia, l’enigma si isterilisce ed è destinato ad una nuova bipartizione. L’enigma colto andrà verso il trobar clus, le rime petrose e le avanguardie attente alla rivitalizzazione della metafora verbale, visiva, acustica e gestuale. L’enigma popolare si allontanerà dalla forma scritta ma sarà destinato, con il progressivo estendersi della alfabetizzazione, a tornare ad esser scritto (stampato) nelle riviste specializzate ed alta tiratura che oggi si vendono in tutte le edicole. Gli spazi che il genere dell’enigma aveva conquistato nell’alto Medioevo verranno recuperati, dopo CARLO MAGNO, da altri tipi di testi nuovi o antichi (enciclopedia, favola, epigramma, lirica). In un mondo di più articolata cultura non è più sufficiente un solo veicolo per assolvere a molteplici funzioni letterarie: le nozioni tecniche, le teologiche, le liturgiche saranno oggetto di specifica trattatistica, le descrizioni di luoghi torneranno nell’ambito delle εκφράσεις. La parte più realistica della poesia enigmistica, quella che trattava degli oggetti quotidiani, non troverà un degno erede, perché la poesia satirica per sua natura deforma verso il basso e non rende dunque a tali oggetti giustizia come faceva invece l’enigma. ~7~...


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