Alcyone Gabriele D\'Annunzio Riassunto contenuto PDF

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Course Letteratura italiana
Institution Università di Bologna
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Alcyone Gabriele D'Annunzio Riassunto contenuto dell'opera dell'autore. Tratta da manuale di letteratura italiana....


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Alcyone Composizione e storia del testo Alcyone è il terzo dei sette libri delle Laudi del cielo della terra del mare e degli eroi, un vasto ciclo poematico compiuto dall'autore solo in parte (gli ultimi due libri non furono neppure tentati). La sua composizione si stende tra il giugno del 1899 e il novembre del 1903, abbracciando dunque poco più di quattro anni. Nello stesso periodo, d'Annunzio compose, oltre a varie altre opere, anche i primi due libri delle Laudi (Maia ed Elettra). Molti testi furono anzi spostati dall'una all'altra delle tre raccolte, fino alla vigilia della pubblicazione. I quattro anni occupati dal lavoro su Alcyone non furono egualmente proficui: la maggior parte dei testi nacque infatti nell'estate del 1899, nell'estate del 1900 e, soprattutto, nell'estate del 1902, quando d'Annunzio stende oltre tremila versi. Il concentrarsi del lavoro nel periodo estivo non è senza una profonda ragione tematica, dato che l'opera rappresenta appunto una vicenda stagionale legata all'arrivo, al trascorrere e alla fine dell'estate. Dopo essersi dedicato, nell'autunno del 1903, agli ultimi testi da comporre e a una revisione generale, l'autore dà il via alla stampa, che si conclude entro l'anno: il libro è in vendita qualche giorno prima di Natale, datato però 1904. Alcyone occupa la seconda metà di un volume che contiene anche la prima edizione di Elettra, seconda parte del ciclo delle Laudi. Nelle edizioni successive (nel 1908, nel 1927, nel 1931 e nel 1934) vengono introdotti soltanto cambiamenti marginali, riguardanti in particolare la punteggiatura e l'ortografia. L'unica variante di rilievo interviene sul titolo, che dall'edizione del 1931 diviene Alcyone anziché Alcione (da questa correzione, peraltro piuttosto tarda, dipende l'oscillazione nell'uso corrente, anche in sede critica).

Struttura e organizzazione interna La struttura dell'Alcyone è divisibile in cinque sezioni, per un totale di 88 testi. Le cinque sezioni sono distinte da specificità tematiche e segnate, a partire dalla seconda, da quattro ditirambi preceduti da un testo breve dal titolo in latino che ne annuncia il tema: il rigore di questa organizzazione della materia risponde a un progetto compositivo che mira a fondere il modello moderno della lirica e quello classico e tradizionale della forma poematica. Ogni sezione è caratterizzata dal riferimento a un momento stagionale e a un ambiente naturale-paesaggistico, nonché da un corrispondente stato d'animo. Nel passaggio da una sezione all'altra si delinea peraltro una trasformazione della poetica dominante. Il libro è aperto da un testo, La tregua, che ha la funzione di raccordare Alcyone ai due libri precedenti delle Laudi (Maia ed Elettra): come questi hanno rappresentato l'impegno eroicocivile del superuomo, così Alcyone costituisce una «tregua», appunto, del superuomo, un momento di riposo e di meritato abbandono alla dimensione della natura e del mito. A La tregua segue un altro testo introduttivo, Il fanciullo, celebrazione della poetica sottostante la vicenda alcionia: la continua metamorfosi tra il mondo naturale e la dimensione umana, cioè la corrispondenza e la fusione perfetta di naturale e di umano, realizzabile per creature elette come il «fanciullo» in oggetto e, ovviamente, come il poeta. PRIMA SEZIONE La prima sezione è ambientata nel paesaggio agreste tra Fiesole e Firenze, nel mese di giugno. I sette testi che la compongono costituiscono lodi (o «laudi») di vari luoghi e piante, nonché delle diverse

ore del giorno, nella suggestione dell'estate in arrivo. Le «laudi» utilizzano in prospettiva pagana la celebrazione della natura presente nelle Laudes creaturarum [Lodi delle creature] di san Francesco. Della sezione fanno parte Lungo l'Affrico e La sera fiesolana, il testo più antico del libro. SECONDA SEZIONE La seconda sezione sposta - dopo il furore retorico intriso di romanità del Ditirambo Il'ambientazione in Versilia, una regione della Toscana settentrionale che si affaccia sul mare. In essa si svolge la successiva vicenda di Alcyone. Ora l'estate è esplosa: i diciannove testi che formano la sezione si riferiscono al periodo che va dall’1 all'8 luglio. Si realizza dunque la prima celebrazione del rapporto panico con la natura, con cui il soggetto tende a identificarsi, sciogliendovi la propria identità ovvero assumendo quella dell'intero paesaggio circostante; è il caso di testi come La pioggia nel pineto e Meriggio. È esplicitato anche il tema della corrispondenza tra dato naturale e dato letterario, con coincidenza tra elementi del paesaggio e caratteri della poesia dannunziana. TERZA SEZIONE La terza sezione abbraccia sedici testi segnati dall'estate piena e dal tentativo di dare solidità all'esperienza individuale attraverso il ricorso al mito classico, attualizzato in chiave esistenziale, quale affermazione del potere panico del superuomo QUARTA SEZIONE La quarta sezione conta ventisei testi, dedicati ancora all'estate culminante e però anche ai primi presagi autunnali: il termine cronologico va dalla fine di agosto ai primi giorni di settembre. Il tramonto dell'estate è doppiato da quello del mito, che sempre di più è rappresentato quale ricchezza e quale privilegio irrimediabilmente perduti e irraggiungibili. È ribadita tuttavia la superiorità artistica della propria poesia (per esempio nel Policefalo). QUINTA SEZIONE Dopo il prologo consueto del Ditirambo IV, dedicato non casualmente alla caduta di Icaro, Tristezza dà l'intonazione alla quinta e ultima sezione, che comprende diciassette testi. È settembre, e il sentimento del ripiegamento e della perdita si accompagnano alla registrazione della fine dell'estate e alla impossibilità di resuscitare il mito nel mondo moderno. Si prepara così la separazione dal paesaggio versiliese, annunciata già nell'evocazione di luoghi alternativi Il commiato chiude il libro, rievocando per l'ultima volta i luoghi versiliesi che hanno ospitato il ciclo stagionale dell'estate, ora finita; il testo contiene anche un saluto e una dedica a Pascoli, corrispettivo della composizione dedicata a Carducci inclusa in Maia: al significato eroico-classici- stico di quell'omaggio, Alcyone affianca, coerentemente con la propria impostazione, un omaggio al maggior rappresentante italiano del simbolismo naturale.

L’ideologia e la poetica: la “vacanza” del superuomo Gli anni che vedono nascere e definirsi il progetto dell'Alcyone, tra il 1899 e il 1903, sono collocati nella fase più profondamente segnata dall'influenza di Nietzsche su d'Annunzio e dalla personale assunzione del modello del «superuomo». La diversa prospettiva da cui sembra muovere l'Alcyone, fin dall'ambientazione naturale e dalla tematica, deve essere dunque interpretata come «una tregua del Superuomo, non dal Superuomo» (Leone de Castris). Lo stesso autore, d'altra parte, ha voluto inserire la poesia alcionia all'interno di un progetto complessivo (le Laudi) di cui l'Alcyone occupa la terza posizione. Il libro non può dunque essere

correttamente valutato senza tenere in considerazione le dichiarazioni politiche e il contesto ideologico che caratterizzano i primi due “capitoli" del ciclo, Maia ed Elettra L'immersione nella natura, la cancellazione della storia, l'esaltazione della bellezza e della soggettività che caratterizzano Alcyone non sono separabili dall'aggressività imperialistica, dalla rivendicazione di un privilegio sociale per il poeta, dall'aristocraticismo antidemocratico testimoniati dai due libri che lo precedono nel ciclo delle Laudi. D'altra parte il progetto delle Laudi intende fornire una celebrazione dionisiaca, della vita e della natura e della storia gloriosa d'Italia, nonché del suo vate attuale. La capacità di identificarsi con la natura, affermata in Alcyone, è complementare al gesto eroico del condottiero, alla superiorità dell'esteta rispetto alla folla cittadina, alla sensibilità davanti alla bellezza delle città e dei monumenti italiani, all'aggressività truce verso i popoli stranieri e “inferiori". Il superuomo è infatti appunto colui che sa vivere ogni situazione, sociale o naturale, al livello più alto di coinvolgimento emotivo, ricavando una ragione di «gloria» da ciascuna di esse. La "tappa" segnata da Alcyone nell'avventura delle Laudi rappresenta dunque una «tregua», come dichiara il testo di apertura del libro, ovvero una “vacanza". Tuttavia è proprio in occasione di questa vacanza che il poeta-superuomo ha modo di rivendicare il nucleo della propria concezione dell'arte. Tale nucleo s'identifica con la rappresentazione interamente artificiale di una materia data come naturale (la Toscana è presentata e vissuta come la Grecia classica), cioè con la naturalizzazione dell'artificio. La tendenza mitizzante di Alcyone consiste appunto in questo procedimento. La natura con la quale il poeta si fonde è, per un verso, tutta letteraria e appunto artificiale, per un altro, anche, una pura proiezione fantastica del soggetto, che costruisce e ricerca un proprio mondo e un proprio bisogno interiori, sfumando i contorni realistici (anche quelli geografici) dell'ambientazione. Di qui la valorizzazione erudita del mito classico e la libertà dell'associazione analogica: il gusto classicistico, di origine anche libresca e carducciana, si fonde alla nuova sensibilità simbolistica e decadente.

La reinvenzione del mito e la sua perdita L'estate che costituisce la materia di Alcyone ha più di una valenza simbolica. Essa corrisponde, per un verso, a una stagione della vita: la giovinezza, o meglio la maturità, minacciata dall'avanzare della decadenza fisica e dal declino (è noto, fra l'altro, che il rapporto del poeta con l'invecchiamento fu per vari aspetti drammatico). D’altra parte, l'estate alcionia rappresenta anche il vigore della creatività artistica, la pienezza del canto e dell'ispirazione. L'estate è anche, più in generale, un equivalente dei cicli della civiltà: negata la storia come processo collettivo e come conflitto, in Alcyone d'Annunzio mette in gioco un'idea di storia come creazione e come volontà individuale, dietro cui si nasconderebbe il senso più autentico della civiltà. Alcyone è dunque la ricostruzione di un mito che rivendica il proprio carattere soggettivo, cioè antirealistico e antistorico. Tuttavia la reinvenzione del mito è attraversata da una sua storia interna. L'impossibilità del mito nel mondo moderno è dapprincipio contraddetta dall'esplosione estiva e però infine confermata dall'avanzare dell'autunno e da una serie di simboli fallimentari (primo fra tutti quello di Icaro, il cui inutile tentativo di volo anticipa il ripiegamento finale del libro). Si va così definendo la conclusione malinconica di Alcyone, giocata sul sentimento della perdita e sulla condizione dell'esule: perdita della pienezza panica e mitica, esilio da quella «patria dell'anima» (Gibellini), cioè luogo di pienezza esistenziale e di identità certa, che per i moderni è irrimediabilmente divenuta impossibile. In questa prospettiva, la poesia di Alcyone nasce non solo dall'accarezzamento del mito panico ma anche dalla consapevolezza, segreta dapprima e poi flagrante, della sua irrecuperabilità.

I Temi Alcyone costituisce la prova più raffinata e varia della poesia dannunziana. Tuttavia si deve parlare piuttosto di variazione che non di varietà: infatti i temi rappresentati sono assai pochi, ripetuti e riproposti da innumerevoli punti di vista. Elementare è già la tenue vicenda narrativa che si può ricavare dal libro: la vicenda di un'estate, perlopiù marina, come si è già detto. Indefiniti restano i tratti specifici che caratterizzano tale vicenda: le figure di donna equivalgono ai personaggi del mito, egualmente sfuggenti e strumentali; le avventure del protagonista si sovrappongono ai modelli classici che le ispirano: i luoghi della Toscana sono essi stessi travestiti da Grecia classica e arcaica. Dalla continua variazione di questi pochi ingredienti si possono ricavare, per chiarezza, tre costanti tematiche: 1. Lo scambio tra naturale e umano. Come testimoniano i primi due libri delle Laudi, l'eroismo del superuomo dannunziano consiste nell'eccezionalità, al cospetto della massa degli altri uomini, verso i quali egli rivendica un'identità forte e superiore. Al cospetto invece della realtà naturale, il superuomo rivela la capacità di fondersi in essa, di perdere la propria identità personale, circoscritta e limitata, per assumere in modo panico l'identità del paesaggio circostante. Questa fusione può giungere fino alla vegetalizzazione dell'umano: è come se il sistema nervoso del soggetto lirico si prolungasse nelle fibre delle piante, e la rappresentazione della realtà circostante si svolgesse secondo quel particolare punto di vista. Altre volte l'identificazione avviene con creature animali, di solito strappate al mito. Più in generale, Alcyone rappresenta una capacità di entrare in contatto diretto con la natura, di ascoltare la sua voce, di vivere le sue misteriose leggi fino a raggiungere la chiave dei suoi segreti. 2. La riattualizzazione del mito. Perché la natura possa assurgere a questa funzione privilegiata sul piano dei significati, è necessario restituirle la vitalità e la verginità distrutte dal mondo moderno. L'unico modo attraverso cui è possibile farlo consiste nel recupero del mito. D'altra parte anche Leopardi aveva stabilito una relazione tra la fine del mito e l'interruzione di un rapporto confidente e spontaneo con la natura (Alla Primavera o delle favole antiche). D’Annunzio rivitalizza il binomio mito-natura (mito come verità naturale e natura come condizione mitica). Da una parte recupera i grandi miti naturali della classicità, cioè di una cultura precristiana e premoderna; dall'altra rappresenta la propria vicenda individuale di immersione nella natura in termini mitici. In tal modo dal recupero del mito, che potrebbe configurarsi come pura e semplice operazione classicistica, si passa alla creazione di miti nuovi e attuali, cioè a soluzioni ricollegabili alla cultura e alla poetica del Simbolismo. 3. L'esaltazione della parola, dell'arte e della figura del poeta. Ciò che permette di stabilire un nuovo contatto tra autenticità interiore dell'io e rivelazione naturale è la parola, la parola poetica. Essa è lo strumento suscitatore del mito, e, anzi, creatore di nuovi miti. L'esaltazione della felicità panica dell'esperienza naturale si associa dunque all'esaltazione della parola e delle sue potenzialità. Al limite, tra parola poetica e particolari della natura si dà equivalenza. Di qui, la rivendicazione del privilegio artistico, unico mezzo di accesso, per i moderni, al rapporto intimo confidenziale e autentico con la natura. La fusione dell'io nella natura è un progetto estetico: estetismo e panismo sono le due facce della stessa medaglia. Di qui, infine, l'esaltazione della figura del poeta, sacerdote, o vate, in grado di accedere alla sfera privilegiata dei significati altrimenti interdetta, grazie alla rivisitazione e alla riattualizzazione del mito.

Lo stile, la lingua, la metrica Alcyone rappresenta il libro più sperimentale di d'Annunzio. Benché non manchino metri e forme classici, c'è tuttavia una ricerca di novità di cui dovranno tenere conto molti poeti successivi. È come se d'Annunzio mirasse alla realizzazione di un progetto lirico che esaurisca e soddisfi tutte le possibilità dell'espressione poetica. Ciò si associa a una ricerca costante dell'effetto, della sorpresa, della soluzione imprevista o suggestiva; e va di pari passo con un bisogno di vitalità, di energia, di espansione del soggetto e di rapporto sensuale con il mondo. Lo stile del libro evita, perlopiù, i risultati medi: ora mira a una "saturazione" sintattica ottenuta per via di accumulo, con anafore insistite, con parallelismi interminabili, oppure con ondeggianti costruzioni ipotattiche; ora invece persegue l'espressione secca e scabra. A questa intenzione di forzare i modi della ricezione sono riconducibili l'insistente gioco intertestuale, con citazioni da autori più o meno noti, nonché il gusto della variazione e della ripresa: manifestazioni preziosistiche di abilità tecnico-formale e celebrazioni del primato della parola. Lo stile si definisce in larga misura attraverso il ricorso a una materia verbale sovrabbondante e preziosa, con impiego di un lessico di varia origine: letteraria (con non pochi arcaismi), regionale, tecnico-specialistica. Accanto alla prodigiosa memoria poetica dell'autore, una funzione di spicco hanno avuto, da questo punto di vista, i dizionari, da quello “classico" di Tommaseo e Bellini a quelli latini di Forcellini a molti specialistici (di termini marinareschi, o di botanica, o altro). Non poco del virtuosismo lessicale dannunziano si appoggia a consultazioni e a prelievi anche puntuali e larghi, spesso individuati con sicurezza dagli studiosi. A livello metrico, conta la capacità di impiegare in prospettiva nuova i metri della tradizione, con una ricerca di sonorità musicali ed estenuate, languide e sensuali. Ma conta ancor più la definizione di forme tipicamente novecentesche, come il verso libero, che grazie a d'Annunzio, e soprattutto ad Alcyone, ottiene un definitivo lasciapassare....


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