Gabriele D\'Annunzio: riassunto integrale, vita e opere. PDF

Title Gabriele D\'Annunzio: riassunto integrale, vita e opere.
Author Margherita Argentesi
Course Italiano anno 5
Institution Liceo (Italia)
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Gabriele D'Annunzio: vita, ideologia e poetica, Poema Paradisiaco, Poesie: Laudi e produzione tarda, "vacanza" del superuomo e reinvenzione del mito, temi, lingua, stile e metrica, Il piacere....


Description

Gabriele d’Annunzio È un rappresentante del concetto di eccezionalità, uno scrittore sopra le righe esponente del Decadentismo (questo è un termine italiano, poiché nel resto d’Europa è definito come Simbolismo). È uno dei pochi scrittori italiani del Novecento ad avere fama europea. Cultore dell’estetismo, può essere considerato uno dei più noti esponenti del Decadentismo internazionale. Caratteristica di d’Annunzio è il suo panismo = tendenza a identificarsi vitalisticamente con la totalità della natura. È un aspetto del Simbolismo decadente che cerca segrete corrispondenze tra uomo e natura. La spettacolarizzazione continua della sua vicenda biografica è un abile sfruttamento dei nuovi mezzi di comunicazione di massa; serve anche a riproporre, in una luce del tutto diversa, il mito del poeta-vate tramontato con l’avvento della società borghese. Il poeta vuole rilanciare la poesia come privilegio e come valore assoluto. Il pubblico provò nei suoi confronti un misto di ammirazione e curiosità verso l’uomo e le sue stranezze, dando origine ad un mito di massa. La borghesia provinciale italiana proiettò su d’Annunzio il proprio desiderio d’affermazione e il bisogno trasgressivo; proprio come identificò Pascoli portatore di un’ideologia fondata sui suoi tre valori simbolo: famiglia, lavoro, casa e al di fuori di essi c’è solo il cimitero come scenario. Divenne talmente famoso che si contese la guida della destra italiana con Mussolini; guidò l’impresa di Fiume, quella di Buccari (in cui egli attaccò la Baia di Buccari). Avrà un rapporto orrendo col denaro: sarà costantemente pieno di debiti e per essi fuggirà anche in Francia.

La vita Nasce a Pescara il 12 Marzo 1863. È il terzo figlio e il prediletto. Padre: Francesco Paolo Rapagnetta (il cognome d’Annunzio è quello di un ricco zio adottivo). È uno sperperatore e puttaniere. Madre: Luisa de Benedictis. Rappresenta il polo della sensibilità. 1874: all’alba del Regno d’Italia, compie gli studi liceali a Prato (Toscana), presso il reale collegio Cicognini. È ribelle e indisciplinato, ma carismatico. Guiderà anche una rivolta “contro la polpetta del Cicognini”. 1881: si trasferisce a Roma dove si iscrive – senza poi laurearsi – alla facoltà di Lettere. Aveva sedotto la figlia di un suo professore, non molto ricca. Perciò, non gli permetteranno di fare l’Università a Firenze per smettere di frequentarla. Diventa collaboratore di alcuni periodici come giornalista letterario e cronista mondano. Conduce una vita sontuosa e sempre pronta allo scandalo: vuole essere accettato a tutti i costi da quel mondo e da quella società, frequentando salotti e molte duchesse. I suoi amori tempestosi e volubili si susseguono e creano pettegolezzi. Clamorosa fu la fuga con Maria Hardouin di Gallese.

Il padre di lei non voleva che si sposassero, quindi attuano una fuga d’amore. Nel 1883 si sposano e d’Annunzio avrà da lei tre figli. 1887: si delinea il nuovo amore per Elvira Fraternali Leoni, che il poeta canterà come Barbara. Con lei si rifugerà a Francavilla al mare (CH), proprietà di Francesco Paolo Michetti (pittore e fotografo), che diventerà amico di d’Annunzio. Sono di questo periodo:   

Poema paradisiaco, 1893; Terra vergine (una raccolta di racconti di stampo verista), 1882; L’innocente, 1892. Romanzo caratterizzato da un omicidio. Marito e moglie si allontanano progressivamente, lui la tradisce e vive nel terrore che lei tradisca lui. Quando lei gli dice che è incinta, lui si finge felice, ma nel mentre sta già pianificando l’omicidio. Esporrà il bambino al freddo d’Inverno, facendolo ammalare e poco dopo morire. Il marito vuole decidere ma non subire, non può accettare di avere un figlio non suo.

 Il piacere, 1889. Protagonista = alter ego di d’Annunzio, combattuto tra due donne. Una delle due è sicuramente Barbara, la sua musa.  Il trionfo della morte, 1894. Si ricorda che in quegli anni si era già consolidata l’Unità d’Italia, perciò il poeta gode di un pubblico molto più ampio rispetto ai tempi di Verga. La relazione con Barbara durò 5 anni. Dopo la rottura, lui le scriverà lettere d’amore in cui scrive “ti amerò fino alla morte” (viene fuori il suo gusto per il tema amore – morte). D’Annunzio fu un grande epistolografo, tanto che molte donne chiederanno il permesso di pubblicare le lettere che lui scriveva loro. 1891 a 1893: vive per due anni a Napoli insieme a Maria Gravina. Con lei andrà a Francavilla ed avrà una figlia, subendo una condanna per adulterio dopo la denuncia del marito di Maria. Non aveva un soldo, ma era molto abile a farsi fare prestiti. Diceva che senza lusso non trovava ispirazione. Compirà anche un viaggio in Grecia alla scoperta dei poemi omerici. Legge Nietzsche ed è suggestionato dalla musica di Wagner. Legge il romanzo sperimentale (Zola), si appassiona alla psicologia dei personaggi con Dostoevskij e sperimenta la modalità del flusso di coscienza di Joyce. 1894: anno di svolta. Il rapporto con Maria Gravina era in crisi e verrà rimpiazzato da quello con la grande attrice Eleonora Duse, incontrata a Venezia. Con lei si trasferisce a Settignano (vicino Firenze) dove vive dal 98 al 1910 in una sontuosa villa, “la Capponcina”. Qui compone i primi tre libri delle Laudi del cielo e della terra del mare e degli eroi, tra cui

Alcyone (1903), anche se i libri dovevano essere 7, come le stelle che formano la costellazione delle pleiadi;  Il romanzo Il fuoco (1900): tratta di un poeta che s’innamora di un’artista di Venezia e racconta i funerali di Wagner come se realmente d’Annunzio ci fosse stato (falzo);  La figlia di Iorio (1904), una delle sue opere più fortunate per il teatro. Scriverà moltissime opere ispirandosi alla Duse, tra cui La pioggia nel pineto (è Ermione). Nel 1904 si lasciano. La Duse, che spesso recitava le opere di d’Annunzio, stava male, aveva mal di gola e non poteva andare in scena. D’Annunzio la sostituisce, allora lei si arrabbia, anche perché aveva il dubbio che lui andasse con sua figlia. 

Nel 1897 si è fatto eleggere deputato, presentandosi con la Destra, per poi passare clamorosamente nella Sinistra tre anni dopo per protesta contro la repressione del reazionario governo Pelloux. Nel 1910, costretto da debiti contratti per mantenere la villa, va in Francia. Qui compone il quarto libro delle Laudi e rimane in “esilio volontario” 5 anni, componendo testi in francese per il teatro. Nel 1915, scoppiata la guerra, torna in Italia. Dal 14 inizierà una forte campagna interventista. Partecipa ad ardite imprese terrestri, navali e aeree. Prenderà il brevetto da pilota. In un incidente aereo perse l’occhio destro e nel periodo d’infermità compone Notturno (1916), il testo meno dannunziano, scritto senza l’uso della vista: egli infatti si farà costruire una tavoletta di legno con dei pezzi di carta. Lui appoggia i pezzi sulla parte mobile in modo da non sovrapporre le righe, poi la figlia Renata copia i foglietti. D’Annunzio li chiama “cartigli” (termine medievale). Animato da spirito nazionalistico forte (potè essere perciò un precursore e poi seguace del fascismo), d’Annunzio ritiene la vittoria della guerra mortificata (“vittoria mutilata”) per le poche ricompense date all’Italia e per la mancata annessione della città croata di Fiume, perciò la occupa di forza nel 1919 istituendovi un governo militare. Dopo pochi mesi è costretto dalle truppe del governo ad abbandonarla. Si ritira nel 1921 a Gardone Riviera (sul lago di Garda), in una villa chiamata “Il Vittoriale degli Italiani”, una specie di museo dedicato a lui stesso e in cui gli italiani possono ammirare i loro successi. Vive in disparte (ma sempre con amanti). Muore il primo Marzo 1938 per emorragia celebrale. Prima della morte, egli precipita dalla finestra: si pensa che possano essere stati i sicari di Mussolini, data la troppa popolarità di d’Annunzio. Per questo Mussolini lo nomina Principe di Montenevoso e gli fa incontrare Mondadori, che inizierà a pubblicarlo. Sullo stemma scriverà “immobile, ma non inerte” = sono fermo, ma per scelta mia. L’ideologia e la poetica

D’Annunzio, oltre che scrittore, volle essere anche ideologo e politico. Nonostante i tanti cambiamenti avvenuti nel tempo, rimane costante l’ideologia nazionalistica, che si esprime nell’adesione all’aggressività coloniale di Crispi, all’acceso interventismo della 1° GM con l’impresa di Fiume. Il nazionalismo dannunziano ha qualche punto in comune con quello di Pascoli, anche se assume qui un’inclinazione più individualistica ed eroica. Gli interventi dannunziani hanno una retorica esibizionistica, fatta più per colpire che per riflettere, per sedurre e non per convincere. Questa retorica inaugura quella fascista, nonostante l’adesione dello scrittore al regime sia nella sostanza problematica.  L’ideologia rintracciabile, per certi versi è “postpolitica”: scavalca le differenze ideologiche dei partiti, proseguendo una logica che risponde al bisogno oggettivo di ricavare il massimo utile dai meccanismi culturali della civiltà di massa. Lo dimostra l’impegno con la Destra e poi il passaggio clamoroso nella Sinistra; il nazionalismo aggressivo e l’impresa fiumana ecc. Conta la sensibilità ai processi in atto, ovvero la capacità di stare “dalla parte giusta” (cioè quella ritenuta vincente, o più appariscente/scandalosa).  Per altri versi la posizione dannunziana è “prepolitica”: vi è una riduzione dell’io a puro istinto, a sensazione naturale. La sfida lanciata da d’Annunzio sceglie di ignorare le reali condizioni sociali entro cui egli si trova ad esprimersi. L’ideologia dell’autore si muove dentro l’orizzonte dell’esistente senza provare in alcun modo a trasformarlo, considerandolo anzi come dato naturale. Il protagonismo esibizionistico nasconde una sostanziale passività nei confronti del presente, ciò si rivela nella subalternità agli interessi economici e all’ideologia delle classi dominanti. D’Annunzio non rinuncia a esaltare l’aggressività imperialistica della nuova borghesia industriale, l’avversione per le masse e il disprezzo della democrazia. Egli rifiuta allo stesso tempo di farei conti con la degradazione sociale subita dall’artista nella moderna società borghese, e ripropone un’idea della poesia come pienezza di canto e come esperienza superiore e privilegiata. L’Arte è concepita come Bellezza, in senso classicistico e nel nuovo senso dell’estetismo decadente. Questo atteggiamento complesso indica un rapporto di tensione con la nuova condizione dell’arte, ormai scaricata dagli altari. D’Annunzio reagisce a questa “degradazione” negandola. La Bellezza per lui è al di sopra di tutto, ma allo stesso tempo egli sfrutta i meccanismi complessi del mercato culturale: sa propagandare se stesso. Il paradosso messo in scena dall’autore è quello di offrirsi come mito di massa nel momento in cui costituisce una figura di genio superiore e solitario, che disprezza la massa con esperienze esclusive e raffinate. Le contraddizioni possono essere risolte solo facendo coincidere l’arte e la vita, privato – pubblico, Bellezza – merce. L’arte per l’arte implica la riduzione dell’io a pura esteriorità e recita sociale. È esaltato il potere e il valore della parola, la scienza delle parole è la scienza suprema. Parola e verso (= linguaggio e forma) coincidono senza mediazioni. La vita è percepita come un’opera d’arte. La tecnica privilegiata della rappresentazione è l’analogia, anche come criterio organizzativo della conoscenza: ogni cosa rimanda a un’altra, anzi, ogni cosa è un’altra.

L’analogismo, la metafora e la sinestesia sono i modi per ristabilire il contatto uomo – natura, scavalcando i limiti della civilizzazione senza farci i conti. “Natura e arte sono un dio bifronte”. Egli dà vita quindi a una scrittura che contiene il massimo dell’artificialità e il massimo della naturalezza. Si può stabilire un collegamento col Simbolismo europeo, del quale d’Annunzio fornisce una versione estremizzata. I particolari della realtà designano una scrittura, una possibilità di senso. Tale senso si dà solo nell’infinita trafila delle corrispondenze, ovvero nell’analogia interminabile. Manca la fiducia nel potere dell’arte di suscitare un significato universale: il Simbolismo dannunziano non rivela, è il Simbolismo della “volontà di rivelazione”. Ciò vuol dire che sotto la trasformazione del tutto in Bellezza si nasconde la minaccia di un’estinzione della Bellezza. L’esperienza di d’Annunzio si presenta come un caso estremo del Simbolismo, ma anche come un Simbolismo in crisi. PANISMO Tendenza a identificarsi con le forze naturali, fondendosi a esse con slancio gioioso e istintivo. La vegetalizzazione o animalizzazione dell’umano si riscostrano in numerosi testi dell’Alcyone. SUPERUOMO Il singolo individuo in grado di realizzarsi pienamente, in base alla propria personale morale, a dispetto e in contrasto rispetto al resto della società. Quest’accezione è stata fatta propria da d’Annunzio con ulteriore impoverimento filosofico, e poi radicalizzata in senso nazionalistico e razzistico dai teorici del nazismo. ESTETISMO Corrente di pensiero che privilegia la Bellezza quale valore supremo, da realizzare a ogni costo. Si incontra in ogni epoca: l’uso del termine oggi indica un aspetto del Decadentismo, legato alla teorizzazione dell’arte per l’arte, al culto della Bellezza e all’identificazione di arte e vita. Ponendo la bellezza sopra a tutto, l’estetismo rifiuta di rispondere ad altra morale che non sia quella stessa del proprio canone artistico. Inghilterra: Wilde, Pater Italia: d’Annunzio. Il Poema paradisiaco e la scoperta della “bontà” Nella fase conclusiva del periodo romano viene abbandonato il classicismo erotico-mondano e l’estetismo precedente. Vi sono nuove tematiche della bontà e di ispirazione evangelica, diffusa per influenza di Tolstoj. A questa svolta coincide un bisogno interiore di rinnovamento, di nuova sperimentazione artistica. La tematica dell’interiorità, del bisogno di equilibrio/armonia/pace e degli affetti famigliari servono come base necessaria a una nuova forma di espressione poetica. La poesia è più profonda e discreta, ma non meno egocentrica e preziosa. La più significativa raccolta poetica prima delle Laudi è Poema paradisiaco. Esso vede la luce nel 1893. È un poema unitario che narra il distacco dalla sensualità e dall’erotismo e il riavvicinamento (con il ricordo del passato) alla famiglia e ai sentimenti puri dell’infanzia. - 1° parte: Hortus conclusus (Giardino chiuso), dedicato a Maria Gravina;

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2° parte: Hortus larvarum (Giardino dei fantasmi e delle illusioni), rievocazione dell’amore per Barbara Leoni - 3° parte: Hortulus animae (Piccolo giardino dell’anima): recupero dell’innocenza e dell’altruismo. Gli affetti famigliari sono cantati soprattutto in Consolazione, con protagonista la madre. È ripreso e approfondito il tema del ricordo, inconsueto per la poetica dannunziana. Sono accolti riferimenti quotidiani e dimessi, particolari realistici/concreti che rimandano al vissuto. Il lessico è meno prezioso ed eletto, più diretto, ma non meno raffinato/letterario. La metrica abbandona le forme iperletterarie per gli endecasillabi sciolti. D’Annunzio tenta la corda dell’intimismo, secondo una linea che sembra concordare con Pascoli. Ma da un lato non mancano i richiami al mondo classico e riferimenti di tipo storicoletterario. La stessa tematica famigliare rivela una nuova forma di retorica (quella della commozione) e resta interna all’estetismo. Le poesie. Il grande progetto delle Laudi e la produzione tarda Dopo il Poema paradisiaco d’Annunzio riduce il proprio impegno per alcuni anni. Si misura con opere narrative e teatrali, apprezzate da un pubblico più vasto rispetto alla poesia, quindi più redditizie (ha bisogno di fonti di guadagno per poter pagare i suoi debiti). Nel 1899 d’Annunzio torna in grande alla poesia. Secondo il progetto, le Laudi del cielo della terra del mare e degli eroi si sarebbero dovute articolare in 7 parti, corrispondenti a 7 libri diversi chiamati col nome delle stelle più luminose delle Pleiadi: Maia, Elettra, Alcyone, Merope, Asterope, Taipete, Celeno. Si noti che Pascoli le chiamava “La Chioccetta”, mentre d’Annunzio preferisce il nome classico. Le ultime due tappe non verranno neppure tentate, la quinta è realizzata solo in modo parziale. Delle 4 parti compiute, 3 escono nel 1903 e una (Merope) nel 1912. Il tema unificante del ciclo è quello del viaggio, che ha come centro la Grecia del mito, incrocio di natura primitiva/ferina e di storia letteraria. L’ispirazione è ricavata dal viaggio nell’Ellade (Grecia), registrato nei Taccuini. Sul piano culturale, il tema del viaggio esprime il bisogno di profondità temporale e mitica, e l’esigenza di novità, sperimentazione, ricerca. I due poli delle Laudi sono: riepilogazione della propria vicenda e slancio rinnovato verso nuove conquiste. Lo spazio del viaggio può anche assumere i caratteri inquietanti del labirinto: figura che meglio si presta ad accogliere l’affermazione di una religiosità paganeggiante, centrata sul corpo e sul piacere, che rovescia i riferimenti cristiani presenti nella struttura allegorica del viaggio e anche nel titolo medievaleggiante (S. Francesco). L’importanza delle Laudi dipende anche dalla sperimentazione metrica condotta. MAIA (1903) 8.400 versi divisi in 400 strofe di 21 versi ognuna.

Il sottotitolo recita Laus vitae (Lode della vita): lode entusiastica e sensuale di una vita eroica: al superuomo, che ha sensibilità e vitalità eccezionali, è affidato il messaggio di una vita nuova, legata all’istinto e alla comunicazione con la natura. Il poema si apre con la celebrazione dell’eroe greco dei poemi omerici Ulisse, corrispondente mitico del superuomo, e con l’annuncio della resurrezione del dio pagano Pan, simbolo della vita cosmica. Secondo il poema allegorico medievale, vengono descritti 3 viaggi: 1) nella Grecia antica, che d’Annunzio compì effettivamente nel 1895, luogo panico per eccellenza; 2) uno nella Cappella Sistina (nella Basilica di S. Pietro a Roma) con gli affreschi di Michelangelo; 3) uno nel deserto, dove il poeta ritrova se stesso, solo con gli elementi naturali. La conclusione vede un Saluto al maestro Carducci e un inno alla natura (Preghiera alla Madre immortale). La natura è vista come sorgente di vita. La devozione precristiana delle origini si contrappone alle “città terribili”, dominate dalla folla, dalla massa. La folla è la manifestazione antieroica per eccellenza, sulla quale il poeta-eroe deve sapersi innalzare. D’Annunzio esalta l’uomo che ha il dovere morale di innalzarsi sopra la massa, che ha la funzione di svelare i misteri dell’arte e della poesia, che DEVE andare controcorrente. Disprezzo aristocratico per la massa e adesione ai valori sociali ed economici della borghesia imprenditoriale si uniscono. ELETTRA (fine 1903) È il secondo libro delle Laudi e raccoglie 18 componimenti, più una vasta sezione dedicata alle Città del silenzio, contenente 57 liriche: sono le città italiane che secondo lui potrebbero rinascere, che lui contrappone alle “città terribili”: citerà anche Ferrara e Ravenna. Nella prima parte si trovano testi celebrativi dedicati all’impresa dei Mille e a figure di illustri “eroi”, che sono un esempio da riprendere e continuare (Dante, Verdi, Hugo, Vittorio Emanuele III). ALCYONE Considerato da molti il capolavoro dannunziano. MEROPE (1912) I primi tre libri delle Laudi portano il segno di una concezione e elaborazione unitaria. Il quarto libro, Merope è molto lontano dal clima della prima ideazione. Qui il nazionalismo passa in secondo piano davanti all’esaltazione sadica e compiaciuta della violenza e della sopraffazione, con toni razzistici. La debolezza artistica di Merope testimonia un inaridirsi della vena poetica dannunziana dopo i primi 3 libri delle Laudi, e giustifica il silenzio poetico degli ultimi 3 decenni. Vi sono molti testi di questo periodo rimasti inediti, di impostazione tutt’altro che eroica, che d’Annunzio non seppe/volle portare a pubblicazione e maturazione, forse per coerenza verso se stesso e la propria figura ufficiale. Tra questi c’è Qui giacciono i miei cani.

Alcyone È il terzo dei 7 libri delle Laudi. La sua struttura è divisibile in cinque sezioni, per un totale di 88 testi. Le cinque sezioni sono distinte da specific...


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