Riassunto vita e opere Eugenio Montale PDF

Title Riassunto vita e opere Eugenio Montale
Course Letteratura Italiana
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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EUGENIO MONTALE

Eugenio Montale nasce a Genova 1896 da un’agiata famiglia della media borghesia e divide l'infanzia tra la città natale e Monterosso, nelle Cinque Terre, dove la famiglia possiede una casa. Quel paesaggio si imprime profondamente nell'animo del poeta e caratterizza la sua poesia sin dalle prime esperienze. Interrotti gli studi tecnici per motivi di salute, studia per qualche tempo canto finché, nel 1917, è chiamato alle armi e inviato al fronte. Terminata la guerra, ritorna in Liguria, entra in contatto con gli ambienti letterari genovesi e torinesi e, nel 1925, pubblica la prima raccolta di versi Ossi di seppia. Nello stesso anno prende posizione contro il regime fascista firmando il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto dal filosofo Benedetto Croce. Nel 1926 incontra Italo Svevo e scrive su di lui alcuni articoli che contribuiranno a farlo conoscere al pubblico italiano e segneranno l'inizio del suo successo. Trasferitosi a Firenze, dirige il Gabinetto scientifico letterario Vieussex fino al 1938, quando viene allontanato dall'incarico perché non iscritto al partito fascista. Dopo la guerra si trasferisce a Milano dove diviene redattore del Corriere della Sera e collaboratore, quale critico musicale, del Corriere dell'informazione. Raggiunta una fama internazionale e nominato senatore a vita per meriti letterari, nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura. La sua prima raccolta di liriche, Ossi di seppia, già contiene i temi di fondo della sua poesia: il male di vivere, l'insensatezza della vita, l'impossibilità umana di uscire da un'esistenza soffocante e disperata. Segue la raccolta Le occasioni (1939) in cui sono rappresentati gli spiragli che la vita offre, vanamente ed episodicamente, contro la solitudine e le sconfitte. Pubblica poi La bufera e altro (1956), le prose di Farfalla di Dinard (1956) e Satura (1971) che contiene le liriche di Xenia, dedicate alla moglie morta nel 1963. Altre sue raccolte di versi escono negli anni settanta.

POESIE HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO

Appartiene alla raccolta Satura, pubblicata nel 1971 (precisamente alla seconda serie di liriche, Xenia) ed è una delle poesie più belle di tutto il Montale in memoria della moglie Drusilla Tanzi. Il tema è quello della morte, o meglio della vita osservata nell'ottica di chi adesso non c'è più, ma che già in vita vedeva meglio. Analisi del testo Schema metrico: versi liberi, con alcuni endecasillabi e varie assonanze e rime (crede/vede, due/tue, viaggio/braccio). Anno: 1967 Temi: le contraddizioni dell’esistere – l’affetto per la moglie scomparsa e il rimpianto del poeta – il vuoto incolmabile lasciato dalla morte La prima strofa accenna a una metafora, la discesa delle scale, che poi diventa una conferma al verso 3, il mio lungo viaggio, per definire la vita umana. Il v. 3 propone il rimpianto del poeta per la scomparsa della moglie e costituisce una riflessione sulla durata dell'esistenza umana. Ritorna in questa lirica un tema già osservato nella Casa dei doganieri e in altre montaliane: l'idea cioè che per vivere ci è necessario stabilire relazioni con i nostri simili. L'assenza di legami o l'interruzione di essi, a causa della morte, è il nemico più terribile, ciò che dà un senso di vuoto (v.2) alla nostra esistenza. Protagonista della lirica è la figura della Mosca, onnipresente seppure nell'assenza della morte.

Un altro nucleo tematico del testo è quello del vedere: c'è chi, pur avendo le pupille offuscate, vede tutto quello che serve; e c'è chi crede di vedere ma, in realtà, vede poco o nulla. Analisi linguistica L'apparente semplicità del linguaggio non impedisce al poeta di ottenere raffinati effetti di musicalità, come l'analisi della prima strofa dimostra. Nella seconda strofa è molto interessante la rima che lega i due versi. Se nella conclusione della prima strofa il discorso si avvicina alla musicalità, qui invece il poeta vuole sorprendere il lettore con una battuta tipica della satira, affidata a un verso imprevedibilmente breve. È stato breve = la vita trascorsa insieme è stata troppo breve. Il poeta esprime così il suo affetto per la moglie morta. Il mio = cioè la mia vita. Occorrono = nel duplice significato di mi necessitano e mi capitano. Le coincidenze = il lessico freddo, neutro, sembra riguardare un percorso ferroviario, ma in realtà si riferisce alle esigenze e agli inciampi del vivere. Senza la Mosca, le casualità e gli affanni della vita paiono trappole prive di senso: perciò sembra incolmabile il vuoto aperto dalla sua morte. Scorni = delusioni, arrabbiature. Con quattr'occhi = in due. Accanto a lei il poeta vedeva meglio: due più due faceva quattro occhi e cioè si accendeva una luce interiore, che dava la certezza di arrivare alla metà. Offuscata = miopia. Figure retoriche Iperbole = Almeno un milione di scale (v.1). Viene esagerata la numerazione delle scale per sottolineare l'abitudinarietà del gesto di scendere le scale e anche per il fattore nostalgico. Ossimoro = breve / lungo. (v. 3). I due aggettivi opposti servono a farci capire che nonostante abbia trascorso moltissimo tempo insieme alla moglie, questo tempo gli sembra adesso troppo breve. Metafora = il nostro lungo viaggio (v. 3). Il viaggio metaforicamente parlando è il corso della vita. Enjambement = occorrono le coincidenze (vv. 4-5). le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede (vv. 5-7). Commento Montale ha percorso insieme alla moglie un lungo e intenso viaggio: il viaggio della vita. Ora la donna è morta e il poeta avverte un gran vuoto intorno a sé; quel viaggio, guardato a ritroso, fu davvero troppo breve. Il poeta e la moglie hanno camminato accanto, sono saliti e scesi insieme per milioni di gradini. Apparentemente la più debole (non solo di vista) era lei. Ma adesso che non c’è più, Montale si accorge che le cose stavano diversamente: infatti la realtà non è affatto quella che si vede (v.7). Malgrado la miopia, tra i due sposi era proprio la Mosca a vederci meglio e a condurre il marito nel viaggio della vita. La situazione evocata nel testo è l’atto di scendere le scale: un’operazione comune, ma che richiede vista buona. Altrimenti si può mettere il piede nel vuoto ed è qualcosa di peggio che un semplice gradino mancato: Montale pensa al vuoto di un’esistenza priva di punti di riferimento. Adesso che la sua Mosca non c’è più, egli compie l’esperienza amara di un vuoto radicale. Per riempirlo non basta avere la vista acuta; bisogna saper riconoscere la realtà che si cela dietro le apparenze. Ecco perché la moglie manca tanto al poeta; fra i due era proprio lei la sola in grado di vedere. In un mondo dove le cose vanno a rovescio, appunto la Mosca, umile insetto della casa e miope com'era, sapeva muoversi a suo agio nel viaggio della vita; le sue pupille, benché offuscate, sprigionavano una luce interiore preziosa per individuare la meta per raggiungerla. Se Montale era per sua moglie una guida fisica, lei era per lui una guida spirituale.

MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO La poesia "Meriggiare pallido e assorto" è stata scritta da Eugenio Montale probabilmente nel 1916 e fa parte della raccolta Ossi di seppia. Ha come protagonista il paesaggio della Riviera ligure di levante, che si individua molto bene in questo testo e che Montale conosceva benissimo, anche perché trascorreva le vacanze nella casa paterna di Monte Rosso, una delle Cinque terre. Da notare anche la fortissima capacità di oggettivazione poetica che comunica con il lettore attraverso il consueto mezzo del correlativo oggettivo. Parafrasi discorsiva Stare in ozio nelle ore calde attorno al mezzogiorno sotto un sole chiaro, raccolto in meditazione vicino un muro d'orto riscaldato dal sole, ed ascoltare tra i cespugli spinosi e gli arbusti secchi, i versi dei merli e il rumore delle bisce che strisciano. Nelle crepe del suolo o sullo stelo delle erbe spiare le file di rosse formiche che ora si spezzano e ora si incrociano sulla sommità di minuscoli mucchietti di terra. Osservare, fra le fronde degli alberi o dei cespugli, il tremolio lontano delle onde che luccicano come scaglie di metallo, mentre dalle cime rocciose prive di vegetazione si levano i canti vibranti delle cicale. E muovendosi nel sole che abbaglia, capire con triste meraviglia il significato della vita e la sua pena, mentre si cammina lungo un muro insormontabile che ha in cima pezzi aguzzi di bottiglia. Spiegazione parole Meriggiare: riposarsi all’ombra nelle ore più calde del pomeriggio. "Meriggio" deriva da "Meridies" che significa "mezzogiorno". Analisi del testo Metrica: La poesia si compone di tre quartine e di una strofa di cinque versi di differente lunghezza, con la prevalenza del novenario. Lo schema delle rime è a piacere; si trovano alcune rime baciate (della prima e terza strofa), altre rime alternate (seconda strofa), una rima ipermetrica (v. 7). Nelle prima tre strofe (parte descrittiva) sono fissate le diverse sensazioni che il poeta prova in un caldo "meriggiare" di luglio, sensazioni che dipendono non solo dal paesaggio riarso e aspro della sua Liguria, ma soprattutto dalla gran calura che snerva il corpo e dall'ora particolare del mezzogiorno. Nel magico silenzio di quell'ora meridiana, in cui ogni battito di vita sembra fermarsi, il poeta avverte "schiocchi di merli, frusci di serpi" mentre con gli occhi segue "le file rosse di formiche" e i palpiti lontano delle onde del mare. Sono fremiti di vita nella immobile sonnolenza del mezzodì. Nella quarta strofa (parte riflessiva) sono espresse le considerazioni del poeta sull'esistenza umana: vivere – per Montale – è come camminare lungo una muraglia invalicabile, irta di cocci aguzzi di bottiglia, che assurgono a simbolo delle difficoltà insormontabili della vita. Meriggiare è una poesia in cui si possono riconoscere quasi tutte le caratteristiche della poetica di Montale. Innanzitutto rivela la sensibilità musicale del poeta: ogni parola è stata scelta perché entri in un rapporto sonoro con le altre (rime, consonanze, giochi di suono...) o perché evochi un'atmosfera con il suo suono onomatopeico. Poi questa poesia ci offre molti esempi di

concentrazione di significati in poche parole, tipica dello stile di Montale. Già il primo verso "Meriggiare pallido e assorto" è una metafora che riesce a descrivere con tre parole sia un momento della giornata sia l'atteggiamento con cui il poeta vive quel momento. Infine, da questi versi si può dedurre qual è il concetto di poesia secondo Montale. Per cui fare poesia significa cercare la verità: non il ragionamento, ma le sensazioni e le immagini poetiche possono aiutare gli uomini ad intuire il significato della vita; la sensibilità poetica dà talvolta delle vere e proprie rivelazioni, momenti in cui la verità appare come un lampo. L'uso dei verbi all'infinito, che reggono la struttura del componimento (meriggiare, ascoltare, spiar, osservare, palpitare, sentire, seguitare) contribuisce a oggettivare le azioni descritte (non si fa riferimento all'autore ma è un concetto universale) e a dare un senso di continuità. Commento In un'assolata giornata estiva il poeta cammina lungo il muro di un orto in un paesaggio aspro e scabro della Liguria. In ogni particolare di questo paesaggio egli vede concretizzarsi il suo modo di sentire l'esistenza come una realtà dolorosa, il male di vivere, condizione di disagio tipica dell'uomo contemporaneo e di tutto l'uomo del 900. Questa sofferenza viene messa in evidenza attraverso l'oggettivazione del paesaggio e quindi l'uso del correlativo oggettivo. 





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Notiamo, come già abbiamo detto, il "muro d'orto rovente" che rappresenta la chiusura rispetto a ciò che è conoscibile, dunque un muro completamente opposto alla siepe di Leopardi che invece permetteva al poeta di Recanati di costruire, di fingere al di là di essa la sua idea d’infinito. Anche gli elementi della vegetazione sono secchi "pruni, sterpi" e questo per indicare come la vita sia irta di sofferenze, di spine, di impedimenti. Cioè simboleggiano un'esistenza priva di scopo. Il "mare", che normalmente ispira il sentimento dei poeti, viene rappresentato con delle scaglie proprio per rendere, anche in questo caso, l'idea della sofferenza, della chiusura, della negatività dell'esistere. Il "sole non illumina ma abbaglia", quasi acceca, impedendo all'uomo di vedere, di scoprire e quindi contribuisce a dare all'uomo una sensazione di disarmonia e di ansia e d'angoscia. L'immagine più importante è, come si è detto, nel verso finale in cui compaiono "i cocci aguzzi di bottiglia sul muro" e cioè l'uomo, nella sua esistenza, non è in grado di andare oltre a ciò che vede, non è capace di fare un'esperienza che lo possa sublimare, almeno in questa prima fase. Anche a provare a superare l'angoscia del presente troviamo i cocci di bottiglia cioè le difficoltà che ci impediscono di sognare, di andare oltre. Nel verso 6 le "formiche rosse che si rompono e si intrecciano" rappresentano, forse, uno spaccato di un'umanità piccola, debole, soggetta ai colpi del destino. Il tema centrale L’ora che incombe e quella muraglia gli suscitano pensieri d’angoscia riguardanti la triste condizione dell’uomo irrimediabilmente chiuso nel cerchio della sua solitudine e della sua incomunicabilità. È una concezione pessimistica della vita. Questa la nota emblematica del pessimismo montaliano e questo "il tema centrale" della lirica....


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