Aminta - Riassunto per atti dell\'opera PDF

Title Aminta - Riassunto per atti dell\'opera
Author Giulia Massarelli
Course Italian Masterly Literature
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Riassunto per atti dell'opera...


Description

AMINTA

PROLOGO AMORE in abito pastorale, in fuga dalla madre Venere, si è rifugiato nelle selve. Amore sottolinea come la sua natura “alta” (più potente di altre divinità – Marte, Nettuno, Giove - in quanto è capace di esercitare il suo potere anche su di loro privandoli delle armi) produrrà effetti nobilitanti sui protagonisti della vicenda ovvero pastori (rozzi pet): questa è una dichiarazione d’intenti da parte di Tasso, che mira a un innalzamento del genere boschereccio. Venere vorrebbe che Amore andasse soltanto presso le corti e consente solo agli amorini di andare tra le selve. Nel Prologo Amore anticipa gli elementi principali della trama annuncia cioè di voler far breccia nel cuore di una ninfa ritrosa. Amore farà innamorare Silvia, aspetterà che la pietà ammollisca quel duro gelo rappreso intorno al cuore, gelo nato dal rigore dell’onestà e dei suoi modi casti (orgoglio verginale). Amore rifiuta di limitare la propria azione negli ambienti elevati, problema uguaglianza tra gli uomini. (Tasso vuole pareggiare generi e persone).

ATTO I Atto più lungo del dramma che si divide in due scene, ogni scena vede ciascuno dei due giovani protagonisti a parlare con il più esperto confidente. Primo atto presenta in generale la situazione iniziale, inserisce in ogni scena agganci per successivi sviluppi, come la promessa di Tirsi di aiutare Aminta. -

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Scena prima SILVIA(fanciullezza)-DAFNE(maturità): Confronto fra Diana e Venere, cioè tra la scelta della castità e quella dell’amore. Dafne vuole persuadere Silvia e le chiede se veramente vuole stare lontana dai piaceri di Venere. Silvia risponde che a lei piace la caccia e non le interessa l’amore. Dafne ribadisce che a Silvia piace la caccia solo perché non ha conosciuto i diletti di Venere. Dafne non loda età primigenia, ne rileva l’inferiorità rispetto al presente. Tempo non dedicato all’amore è sprecato. Dafne ricorda di quando anche lei era ragazza dall’indole scontrosa, ma dopo una notte d’amore rinunciò alla caccia e fu vinta dall’amore. Cidippe (madre di Silvia) – Montano (padre) – prima rappresentazione dell’opera nell’isola fluviale di Belvedere. Amarilli non viene guardata da Aminta (Dafne prova a insinuare gelosia). L’odio di Silvia nasce dall’amore di Aminta, disprezza amore perché minaccia castità. Dafne contesta l’idea che l’amante sia nemico. Dafne denuncia il narcisismo di Silvia (POI RACCONTERA’ DI AVERLA VISTA SPECCHIARSI NEL LAGO). Inizia narrazione che mette in campo, sotto travestimento pastorale, persone e luoghi legati a corte estense. ELPINO e LICORI, tema della reciprocità amorosa (Giovanni Battisti Nicolucci, detto il Pigna, segretario e storiografo del duca Alfonso II, poeta e trattatista, scrisse canzoniere amoroso a LICORI, Lucrezia Bendidio, dama d’onore della principessa Leonora d’Este, anche Tasso innamorato della Bendidio). BATTO (Guarini) e TIRSI (Tasso) ascoltavano racconto di Elpino. Contro donne insensibili all’amore. Gli occhi di Licori parlano, invitano ad Elpino di accontentarsi solo dell’amore spirituale e non carnale. Silvia interrompe discorso con tema della caccia, da sentimenti a necessità pratiche. Scena seconda AMINTA- TIRSI: lamento dell’amato non corrisposto. Excursus autobiografico di TirsiTasso (narra proprio ingresso nella corte estense). Inizia con lamento e pianto di Aminta, tenta di enunciare suicidio – indizi che annunciano finale. Amore come esperienza di spossamento da sé, Aminta riavrà sé stesso solo se riconosciuto dall’amata. Tirsi gli dice che il tempo insegna all’uomo a domare bestie più feroci, quindi deve saper aspettare. Ma Aminta dice che chi è infelice non può sopportare a lungo, trova liberazione con la morte. (tratto di misoginia). Aminta racconta del suo innamoramento a Tirsi, la ragione del suo morire, gli parla dell’infanzia con Silvia. (teatralità nella scena dipinta e non nel movimento scenico). Aminta racconta dello stratagemma per rubare baci da Silvia – la finta puntura dell’ape. Poi torna sul discorso della propria fine volontaria vista non come

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liberazione dalla sofferenza ma come unico mezzo per smorzare sdegno di Silvia. Aminta spiega a Tirsi la ragione del suo disperare e cioè che l’invidioso MOPSO (letterato padovano Sperone Speroni – discorso poi fatto da Mopso è una critica anticortigiana opposto a elogio della corte fatto da Tirsi) gli predisse la crudele sfortuna. Tirsi, che conobbe Mopso, dice ad Aminta che proprio perché Mopso gli ha predetto la sventura, che Aminta sarà fortunato (lieto fine). CORO: insiste su antitesi Natura- Onore, elogio all’età dell’oro. Età dell’oro felice perché non c’era l’onore. Anime abituale alla libertà, non conobbero dura legge dell’onore, ma solo legge perfetta stabilita dalla natura “S’ei piace, ei lice” (tutto ciò che piace è lecito). È colpa dell’onore che ‘oggi’ occorre rubare l’amore, il quale un tempo veniva offerto spontaneamente in dono. A differenza di Amore nel prologo, qui sono i pastori a voler stabilir differenza di classe, lasciando la cura dell’onore ai ceti alti, attenti a convenzioni sociali. Pastori vogliono continuare a vivere come gli uomini dell’età dell’oro. Motivo del carpe diem, fugacità del tempo.

ATTO II Unico atto con tre scene: -

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Solo monologo del dramma pronunciato dal SATIRO (l’Altro per eccellenza), isolato in quanto incapace di dialogare con gli altri e non accettato nel consesso sociale. Satiro dalle caratteristiche ferine e attitudine riflessiva: perciò la violenza che progetta di usare su Silvia non è frutto di pura pulsione istintuale, ma punto di approdo di un preciso ragionamento. Torna l’ape, in questo caso la piccolezza dell’insetto viene accostato all’Amore in grado di entrare ovunque, in antitesi alla gravità delle ferite da loro provocate. Satiro si trova nella stessa condizione di Aminta, parla della crudeltà di Silvia e della mancanza di pietà della donna. Il satiro dice che viene disprezzato e rifiutato da Silvia non perché è brutto ma per la sua povertà. Dall’età dell’oro a corruzione (vendersi per oro). Satiro segue propria natura e ciò lo conduce a progettare di violentare Silvia. Scena seconda DAFNE-TIRSI: la discussione che si svolge tra i consiglieri sull’amore e sulla natura della donna, produce come conseguenza la decisione di suggerire ad Aminta di sorprendere Silvia al bagno (non diversamente da quanto intende fare il Satiro). Il dibattito di Dafne e Tirsi comprende anche schermaglie condotte in prima persona, in modo che alla coppia dei “primi amorosi” giovani si aggiunge la seconda: Tirsi afferma di voler evitare il congiungimento sentimentale, ma non l’amore carnale. (Dafne e Tirsi non si incontreranno più sul palco). Tirsi dice che la materia che Dafne è così brava ad insegnare è l’arte della seduzione, ma in realtà quest’arte non ha bisogno di maestro, perché è la natura stessa a rendere le fanciulle capaci di sedurre, ma anche l’educazione ricevuta subisce su di loro. Quindi non esiste giovane donna tanto ingenua da non preoccuparsi di sembrare bella e di piacere. Dafne conferma l’opinione di Tirsi, infatti racconta di aver visto Silvia sull’isoletta (Belvedere) che si rispecchiava nel lago. Dafne capisce quindi che anche Silvia non è del tutto insensibile alle offerte d’amore. Donna vuole essere forzata, ma un amante troppo rispettoso come Aminta non ha nessuna possibilità. Dafne dice che chi vuole imparare ad amare deve prendere con forza, come si è proposto di fare il Satiro e come tentano di spingere a tale comportamento Aminta, (cattivi consiglieri). Tirsi è convinto di sfuggire all’amore. Poi però fa una proposta a Dafne ‘amiamoci tra noi’. Dafne, nonostante l’interesse, non lo prende sul serio: Tirsi si ritrae, cioè non insiste, e Dafne rimane delusa. Nella terza scena AMINTA-TIRSI: Tirsi cerca di persuade il timido Aminta e gli dice di recarsi alla fonte dove ci sarà Silvia. Aminta però vuole morire. Tirsi riporta ad Aminta il ragionamento di Dafne secondo cui la donna si ritrae con la speranza di essere presa e fugge soltanto per farsi inseguire, in un contraddittorio compromesso tra esigenze dell’onore e quelle della natura. Poi tirsi equipara il furto d’amore (puntura dell’ape come scusa) alla rapina e cioè all’uso della forza, a cui Tirsi vuole spingere il giovane. Aminta è vinto.

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CORO: amore tra filosofi e poeti non è quello autentico, l’amore si può imparare solo facendo esperienza. Contraddizione tra ciò che mente può capire e il sentimento, quello che si prova. Amore è maestro a sé stesso, quindi nessuno può insegnare l’amore. Contrapposizione dell’eloquenza d’amore al parlare sciolto. L’amore si apprende dagli occhi e non sui libri. Rime d’amore dei poeti colti sono inferiori ai versi pastorali, scritti su cortecce.

ATTO TERZO Da questo atto si succedono racconti di testimoni oculari che riportano fatti che hanno avuto luogo fuori dalla scena. Questo atto si apre con un evento importante già accaduto di cui Tirsi ne è stato spettatore: Aminta, giunto alla fonte, ha trovato Silvia in balia del Satiro e l’ha liberata; ma questa, anziché ringraziarlo, è fuggita. Dunque Tirsi pensa che pastore abbai deciso di uccidersi. -scena prima TIRSI-CORO: Tirsi chiede se hanno visto Aminta, teme che si sia ucciso a causa dell’odio della ninfa e dell’amore che lui prova. (nemici: onore-amore / odio-amore). Tirsi racconta di aver mandato Aminta alla fonte, ha il rimorso per l’esito infelice e non per aver esortato Aminta al male. Tirsi descrive Silvia nuda e legata all’albero. Satiro vede Aminta e fugge. Gentilezza di Aminta e vergogna di Silvia (disdegnosa). Ricompensa ingrata di un atto gentile. Tirsi qui però non comprende il motivo della fuga di Silvia, ovvero il pudore, e la lettura dell’avvenimento sarà rettificata da Dafne nella scena successiva (spiegherà cioè l’autosufficienza sentimentale della ninfa). Tirsi invano provò a seguire Silvia, poi tornato da Aminta non lo trovò più. (indizi che ci fanno sospettare suicidio di Aminta). Il coro quindi dice che tutti gli amanti minacciano di morire, ma poi non sempre lo fanno. Tirsi vuole andare dal saggio Elpino, dove spesso si reca Aminta per lenire i tormenti amorosi. (elogio a qualità poetiche di Elpino, la poesia può indurre le pietre a muoversi da sole; la capacità della poesia di ricreare la sognata età dell’oro, non nella realtà, ma evocandola per mezzo della parola). -scena seconda AMINTA-DAFNE-NERINA: narrazione di Nerina: dice che Silvia è stata sbranata dai lupi durante una battuta di caccia e reca come prova il velo insanguinato di lei. Aminta si allontana con l’intenzione di morire per amore, scelta che il coro conclusivo dell’atto dimostra di non condividere. Alla disperazione di Aminta, Dafne corregge la visione condivisa dai personaggi maschili nella scena precedente: fuga di Silvia non per crudeltà e ingratitudine, ma per vergogna. Aminta poi dice che la sua sola salvezza sarebbe non avere speranza, poiché la speranza lo ha rovinato. Per lui la morte è il bene e la vita il male, il disperare e quindi l’uccidersi sarebbe la sua salvezza. Dafne insiste dicendo che il premio della sua speranza sarà il corpo di Silvia. Dopo racconto di Nerina, Aminta sviene dal dolore. Aminta non vuole più aspettare, si vuole suicidare ma chiede prima il velo di Silvia a Nerina, che non glielo vuole dare. - CORO: qui ci sono due concetti, il primo è l’idea che non si deve morire per amore, perché la fedeltà è destinata a ottenere la propria ricompensa, cuore sensibile proverà prima gratitudine per la costanza dell’amante e poi ricambierà amore (capovolge attesa dello spettatore). La seconda: la gloria che nascerebbe dall’amore appare all’amore estranea, la fama che si cerca non è troppo difficile da ottenere imitando chi ama rettamente. Amore può essere ricambiato solo l’amore.

ATTO QUARTO

Riappare Silvia e narra a Dafne come sia riuscita a fuggire dal lupo che la inseguiva, rettificando racconto di Nerina; ma Dafne la informa che Aminta ha già provato ad uccidersi e che ormai sarà troppo tardi. Nel cuore di Silvia, quindi, penetra la pietà e questa apre la strada all’amore (come annunciato nel Prologo). È il punto di svolta che avvia intreccio allo scioglimento. -

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Nella prima scena DAFNE-SILVIA-CORO: Silvia, davanti al cospetto della morte di Aminta, diverrà prima pietosa e subito dopo amante. Silvia dopo aver saputo di Aminta cerca di minimizzare e Dafne risponde che se lei avesse creduto nel potere dell’amore, l’avrebbe ricambiato (reciprocità amorosa). Dafne continua dicendo che Aminta si stava per trafiggere il cuore con una freccia, ma che è riuscita a fermarlo. Quel gesto era la dimostrazione della sua costanza nella disperazione, fermezza nel decidere di morire. Poi Aminta fuggì per andarsi a suicidare, Dafne invano lo seguì. Silvia continua a dire che non è colpa sua. Poi pietà di Silvia, nuova disposizione dell’animo, anche se ancora non ammette di amare Aminta. Dafne dice che la pietà annuncia l’amore come il lampo il tuono. Pietà vista come travestimento dell’amore, inganno per le fanciulle innocenti ed ingenue. Atteggiamento di rimprovero di Dafne nei confronti di Silvia: torna per la terza volta l’ape. Qui a essere paragonato all’insetto è Aminta, che muore quando punge, riuscito finalmente a colpire il cuore di Silvia, ma per farlo ha dovuto rinunciare alla vita. Amore si può scambiare solo con l’amore, non con la morte. (torna metafora commerciale). Nella seconda scena ci sono quattro interlocutori NUNCIO (ERGASTO)-CORO-SILVIA-DAFNE: il nuncio porta la notizia della morte di Aminta, gettatosi in un precipizio e mostra il cinto spezzato di lui, a riprova del proprio vano tentativo di salvarlo. Alle toccanti ultime parole di Aminta riportate da Ergasto fa riscontro il congedo di Silvia, ormai decisa a morire e a condividere la sorte. Silvia vuole ascoltare la notizia del Nuncio e partecipare al dolore. Prima di morire Aminta chiede a Ergasto di fargli un piacere e cioè di essere testimone della sua azione e di giurare che non si opporrà alla sua volontà, poi Aminta prende congedo dalla vita, per seguire Silvia (presunta morta). Il coro domanda perché il nuncio non ha impedito tutto ciò, forse per il giuramento? Ma il nuncio risponde che in questo caso i giuramenti sono vani, quindi mosse la mano per prendere la fascia di zendado che circondava il corpo di Aminta, ma la fascia era di un tessuto troppo fine che non poteva sostenere il corpo dell’uomo, quindi si spezzò e rimase per metà nella mano del nuncio. Poi il nuncio non ha avuto il coraggio di guardare il corpo a pezzi di Aminta. (quindi anche qui non c’è prova certa di morte). A questo punto Silvia dice che se la falsa notizia della sua morte (morte di chi lo odiava) tolse la vita ad Aminta, sarebbe giusto che la vera morte (di chi l’amava) le togliesse la vita. Se il dolore non le toglierà la vita, lo farà il ferro o la stessa fascia di Aminta (Cinto, reliquia). Al senso di colpa di Silvia il coro risponde che è tutta colpa del destino, fatalità. Silvia dice agli altri di non piangere perché è una manifestazione del dolore troppo scarsa per un motivo così grave (forza del carattere della ninfa). Silvia vuole pagare questo tributo di riconoscenza, quindi vuole andare a cercare il corpo e seppellirlo. Silvia prima aveva visto l’amore di Aminta come una minaccia alla sua castità, ora, con la morte, capisce la profondità del suo sentimento. Silvia riconosce di aver vissuto solo per se (narcisismo che le impediva di amare gli altri, autosufficienza), poi passaggio psicologico a fase dativa (amare gli altri). Dopo sepoltura Silvia si vuole uccidere. CORO: riprende nucleo tematico dell’atto: contrasto tra amore-morte / pace- guerra, per sancire la vittoria del primo sulla seconda, preludendo allo scioglimento felice dell’intreccio. Qui i versi discorrono di amore in chiave neoplatonica, cioè in una prospettiva spiritualizzata che non è quella originale dell’Aminta. Sapiente contempla con sguardo da filosofo. L’amore annoda e stringe ciò che la morte allenta, l’amore annoda le due anime e rende la terra simile al cielo (luogo dove abita dio amore). L’amore trasforma la terra in un luogo dove trionfa la pace, armonia del mondo. Amore come forte catena dell’essere. In questa favola boschereccia i dotti leggono significato profano, i sapienti invece penetrano nel vero. FINALE COME ATTO INTEPREATATIVO.

ATTO QUINTO Atto più breve, con un’unica scena e due soli personaggi ELPINO-CORO: Elpino, dopo essere stato menzionato nel primo e nel terzo atto, ora è presente in scena e racconta il felice esito della vicenda: Aminta non è morto per una fortunata coincidenza e si ricongiunge con Silvia che finalmente ricambia il suo amore; dunque nulla più si oppone al matrimonio dei giovani. Tasso fa parlare Elpino (Giovan Battista Pigna) per ragioni di opportunità legate alla vita di corte. FINALE NARRATO. Elpino dice che le leggi dell’amore non sono dure ne ingiuste, l’Amore agisce in senso provvidenziale e attraverso vie misteriose per gli uomini (concetti religiosi cristiani). (prima coro tratta di felicità “celeste” creata dalla concordia amorosa, ma in chiave più concreta che spirituale). L’amore conduce, per strade sconosciute, l’uomo ad essere lieto, proprio quando l’uomo crede di essere giunto al punto più profondo dei propri mali. Caduta fisico-spaziale di Aminta e sua salita psicologica sentimentale. Felicità di Aminta accresciuta dal ricordo della sofferenza passata. La lieta conclusione della vicenda di Aminta è resa possibile dalla conversione di Silvia dalla durezza alla pietà. Elpino poi andrà da Montano per ufficializzare l’unione tra i due giovani celebrando le nozze. Poi Elpino racconta che mentre stava parlando con Tirsi di Licori/Lucrezia (che catturò entrambi nella propria rete), sentirono un grido ed era Aminta che stava precipitando, ma caduta fu ostacolata ed attenuata dai fitti rami, dunque caduta non fu mortale. Poi giunsero Dafne e Silvia che lo vide sofferente e ferito; così la ninfa da algida e altera, ora è preda del furor, ora il pudore non la trattiene più, (perché il pudore può trattenere un amore debole, ma è un freno troppo debole per un amore così forte). Alla fine Silvia bacia Aminta. Dichiarazione dell’ineffabilità dell’esperienza amorosa: nessuno può dire in che stato si trovano in quel momento. -CORO: nell’intervento conclusivo il coro auspica per sé un amore meno tormentato di quello di Aminta, (che la mia ninfa accetti l’amore che le offro) controcanto leggero alla voce commossa di Elpino, e che ci siano (nell’amore auspicato dal coro) i condimenti (dolcezze dell’amore), le leggere schermaglie-guerre amorose che finiscono poi nella pace e non le forti resistenze, rifiuti. Coro con ironia mette in dubbio la commossa morale che Elpino ha tratto da tutta la vicenda. Sapore disimpegnato dell’ultimo coro....


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