Anatomia delle piante fusto e foglia PDF

Title Anatomia delle piante fusto e foglia
Course Botanica (a-l)
Institution Università Politecnica delle Marche
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ANATOMIA DELLE PIANTE

Struttura primaria del fusto Nel descrivere la struttura primaria, di un fusto come di una radice, in genere si indicano tre regioni topografiche: epidermide,corteccia e cilindro centrale, che non corrispondono ai tre tipi di meristemi determinati che abbiamo descritto in precedenza. Dovremo ricordarci, nel descrivere questi territori , che l’epidermide deriva dal protoderma, i tessuti conduttori dal procambio e tutti gli altri tessuti ( che facciano parte della corteccia o del cilindro centrale) dal meristema fondamentale. Esaminando una sezione trasversale di un fusto in struttura primaria incontreremo quindi, partendo dall’esterno : -

epidermide, che avvolge e delimita il corpo primario;

-

corteccia, zona in genere pluristratificata ma comunque sempre, nel fusto, di modesto spessore.

La corteccia è formata da più di un tipo di tessuto. Negli strati più superficiali , nei quali la radiazione solare penetra facilmente , è presente un parenchima clorofilliano; più all’interno, dove la radiazione solare non arriva , i plastidi si saranno differenziati in leucoplasti e il parenchima che li contiene sarà essenzialmente un parenchima di riserva . Nella corteccia trovano la collocazione più adeguata anche i tessuti meccanici. Le sollecitazioni cui va incontro un fusto sono infatti tipicamente sforzi di flessione, che si traducono in uno sforzo di compressione su un lato e in uno di trazione su quello opposto. Le sollecitazioni saranno quindi massime in periferia e nulle nella zona centrale. E’ nella zona periferica che andranno quindi collocate le “ zone resistenti”, costituite dai collenchimi e/o sclerenchimi. La distribuzione dei due tessuti varia molto con le specie. In linea generale possiamo dire che in una pianta che avrà anche una struttura secondaria (alla quale giungerà molto presto , tanto che la struttura primaria sarà costituita solo da pochi centimetri apicali del fusto ), è probabile che nella corteccia primaria si trovino soltanto collenchimi. Questi tessuti non garantiscono una grande resistenza meccanica (sufficiente, però, ad assicurare un buon sostegno a strutture di piccole dimensioni) ma hanno il vantaggio di essere costituiti da cellule vive. La regione sottoepidermica è la più adatta per un tessuto meccanico ma anche , visto che è la più illuminata, per un

parenchima clorofilliano. Un tessuto collenchimatico, fatto di cellule

vive, può occupare questa regione, in forma di fascia continua pluricellulare sottoepidermica, essere provvisto di cloroplasti e quindi effettuare la fotosintesi(essere, cioè, un “collenchima clorofilliano”). Più frequentemente la regione sottoepidermica viene equamente suddivisa fra i due tessuti, collenchima e parenchima clorofilliano. In questo caso il collenchima si presenta in forma di cordoni longitudinali, intervallati da zone di parenchima clorofilliano. I fusti che appaiono costoluti adottano appunto questa 1

soluzione: ad ogni costola, spesso riconoscibile dall’esterno ad occhio nudo, corrisponde un cordone longitudinale collenchimatico. (Tav22 e 41) Nelle piante che non hanno struttura secondaria, in genere nella corteccia sono presenti sclerenchimi , ben più efficienti nell’assicurare il sostegno(Tav. 30). Sclerenchimi possono trovarsi sotto forma di cordoni sottoepidermici, di guaina continua ( collocati nella parte più interna della corteccia , mentre quella più periferica è occupata dal parenchima clorofilliano) o anche, sempre nella corteccia interna, come calotte adiacenti ai tessuti conduttori del cilindro centrale . Naturalmente, non mancano neppure piante che possiedono sia collenchimi , nella parte più periferica , che sclerenchimi, nella zona più interna della corteccia . Nel fusto il confine fra corteccia e cilindro centrale è quasi sempre mal definito ( a differenza delle radice ). In alcune piante questo confine può essere marcato dal più interno degli strati corticali, grazie alla presenza in queste cellule di inclusioni particolari, come cristalli di ossalato di calcio (guaina ossalifera) o ad una particolare abbondanza di granuli di amido (guaina amilifera). Cilindro centrale. Del fusto in struttura primaria costituisce la porzione quantitativamente maggiore ed è formato da parenchima di riserva (derivante dal meristema fondamentale) nel quale sono distribuiti, con modalità diverse, i tessuti conduttori derivanti dal procambio . Nella zona di determinazione e differenziazione il procambio risulta costituito da una serie di cordoni longitudinali immersi nel meristema fondamentale e nei tessuti che se ne differenziano. La disposizione dei cordoni procambiali è diversa nei vari gruppi sistematici ed il loro numero varia con le specie, dipendendo dal tipo e numerosità delle nervature delle foglie Dal differenziamento di ogni cordone procambiale deriva una struttura chiamata

“fascio

conduttore “ , nella quale sono presenti entrambi i tessuti conduttori che abbiamo descritto . Il differenziamento del procambio è progressivo, come quello degli altri due meristemi determinati, ma avviene con modalità particolari, che meritano una descrizione più dettagliata. Immaginiamo di effettuare una serie di sezioni trasversali nel fusto , in tutta la zona di differenziazione e fino alla zona di struttura primaria. Nella sezione più apicale un cordone procambiale ci apparirà come una zona più o meno circolare, costituita da tipiche cellule meristematiche primarie. In una sezione più lontana dall’apice, una o più cellule del polo periferico del cordone (quello volto verso l’epidermide ) saranno in via di differenziamento, o già differenziate, in elementi del floema. Ancora più lontano dall’apice, il differenziamento interesserà anche alcune cellule del polo interno del cordone, portando alla formazione , questa volta, di elementi dello xilema. Il differenziamento, cioè, inizia ai due estremi opposti e procede verso il centro del cordone. Quando tutte le cellule del procambio saranno differenziate, saremo nella zona di struttura primaria ed il cordone procambiale sarà diventato un “fascio conduttore cribro-vascolare”,costituito all’incirca per metà dal tessuto vascolare

(la parte 2

interna, rivolta verso il centro del fusto) e per metà (quella esterna, verso l’epidermide) da tessuto cribroso. (Fig.29) Più comunemente queste due metà vengono indicate rispettivamente come legno o xilema e libro o floema, per sottolineare che non sono costituite esclusivamente da tessuti conduttori. Nelle Angiosperme lo xilema contiene ,oltre agli elementi conduttori (tracheidi, trachee) anche cellule parenchimatiche e fibre sclerenchimatiche e il floema tubi cribrosi, ovviamente, ma anche cellule compagne, cellule parenchimatiche, fibre .

Fig.29 – Schema del differenziamento di un cordone procambiale, visto in sezione trasversale. Il differenziamento inizia dal polo esterno, con la formazione dei primi elementi floematici(A) e prosegue con la differenziazione, dal polo interno , anche dei primi elementi xilematici (B) e si conclude (C) con la formazione di un fascio conduttore collaterale (in questo caso”aperto”, perché la zona centrale è rimasta meristematica). 1:floema; 2:xilema; 3:procambio. Nelle Gimnosperme gli elementi conduttori del floema sono meno specializzati dei tubi cribrosi delle Angiosperme e per questo vengono denominati “cellule cribrose”,alle quali sono associate non “cellule compagne”(nelle Angiosperme questo termine enfatizzava l’origine comune, dalla stessa cellula madre, di tubi cribrosi e cellule compagne) ma semplici cellule di tipo parenchimatico , dette “cellule albuminose”, la cui funzione probabilmente è simile a quella delle cellule compagne . Quanto allo xilema, nelle Gimnosperme risulta costituito esclusivamente da tracheidi con punteggiature areolate. In ognuna delle due metà (xilematica e floematica ) di cui è costituito un fascio, i Botanici sono soliti introdurre una ulteriore distinzione, chiamando protoxilema

(e protofloema ) la

zona più

periferica , che si è differenziata per prima, e metaxilema (e metafloema) la restante zona. Questa doppia nomenclatura è giustificata non dalla semplice constatazione della progressione temporale del differenziamento ma da cause più complesse, che danno un significato più preciso a questi termini e

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che ora cercheremo di individuare a proposito dello xilema (e quanto detto potrà essere facilmente esteso al floema ) Abbiamo già visto come formazione di bozze fogliari e di cordoni procambiali siano correlati e come espansione delle bozze e allungamento degli internodi siano fenomeni sincroni. L’allungamento dell’internodo è dovuto alla crescita per distensione, che riguarda tutte le cellule che lo compongono, a prescindere dal tipo di tessuto adulto a cui daranno origine. Ma è in questo momento che avviene la rapida espansione della lamina fogliare, che potrà sostenere la sua crescita solo se adeguatamente rifornita dai tessuti conduttori. Sono queste esigenze a determinare il particolare andamento del differenziamento dei cordoni procambiali. Inizialmente si differenziano alcuni (pochi)elementi xilematici ( il protoxilema ), costituiti da sottili tracheidi anulate

o spiralate, che assicurano il rifornimento alle piccole bozze in crescita.

Successivamente il differenziamento del procambio si interrompe, per la durata della distensione sincrona di tutte le cellule dell’internodo e riprenderà, con la formazione del metaxilema, a distensione ultimata. Naturalmente le cellule del protoxilema non possono seguire attivamente (essendo cellule morte) la distensione delle cellule adiacenti ma neppure costituiscono un ostacolo fisico alla distensione stessa, essendo provviste di poca parete secondaria lignificata (pochi anelli o spire distanziate fra loro). Anzi, la distensione dell’internodo provoca lo stiramento e la rottura delle tracheidi, tanto che a maturità il protoxilema spesso non è più riconoscibile ed al suo posto si osserva una vera lacuna, contenente pezzi di parete secondaria (anelli, spirali) strappate dalle tracheidi. Terminata la distensione dell’internodo, il differenziamento del procambio riprende con la produzione del metaxilema, costituito da tracheidi a lume più ampio e con parete secondaria più consistente (tracheidi scalariformi, punteggiate), fibre sclerenchimatiche e , in molte specie, anche trachee. Il protoxilema non è quindi lo xilema differenziatosi per primo ma quello che si è formato prima del completamento della distensione dell’internodo. Conseguentemente, nulla vieta che esistano fasci conduttori privi di protoxilema (e protofloema) : è sufficiente che il differenziamento del cordone procambiale sia iniziato verso la fine della distensione dell’internodo. Un fascio cribro-vascolare come l’abbiamo descritto viene detto “collaterale”, perché contiene sia floema che xilema, posti uno di fronte all’altro lungo lo stesso asse In un fascio collaterale xilema e floema non occupano ciascuno il 50% del volume (in genere prevale lo xilema )e la linea di confine fra i due non sempre è una retta (è frequente, specie fra le Monocotiledoni, che lo xilema avvolga parzialmente il floema) . Le variazioni rispetto a questo schema, nelle Gimnosperme e Angiosperme, non sono molte (Tav:29); le principali sono : 1) fasci”bicollaterali” , nei quali è presente una seconda zona di floema,

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internamente allo xilema; 2) “fasci concentrici perixilematici” ; nei quali il legno avvolge completamente il floema (fusti sotterranei, come i rizomi di certe Monocotiledoni). Piuttosto,

i fasci collaterali si distinguono in 2 sottocategorie , diverse strutturalmente e

funzionalmente : fasci chiusi e fasci aperti. Se il differenziamento del cordone procambiale è stato completo, se, cioè, tutte le cellule che lo componevano sono diventate floema o xilema, il fascio è detto chiuso, mentre se una regione centrale, in genere ristretta, non viene toccata dal differenziamento e rimane meristematica anche nel fascio maturo, il fascio è detto aperto. Come ormai sappiamo, in una pianta non c’è crescita che non dipenda, in ultima analisi, dalla presenza e dall’attività di un meristema. Il permanere, nei fasci aperti, di una zona meristematica, indica questa possibilità di crescita ulteriore (non tanto nel singolo fascio quanto nell’intero fusto ) che si realizzerà nella “struttura secondaria” . Le piante caratterizzate dalla la struttura secondaria sono le Gimnosperme,

e fra le

Angiosperme, le Dicotiledoni, mentre le Monocotiledoni possiedono solo la struttura primaria. Fasci collaterali aperti sono quindi tipici di Gimnosperme e Dicotiledoni , fasci chiusi di Monocotiledoni . Questi due gruppi di piante si differenziano anche per la localizzazione dei fasci nel cilindro centrale, localizzazione che vedremo essere in rapporto (in Gimnosperme e Dicotiledoni) al passaggio alla struttura secondaria.

Fig.30 – Schema della struttura primaria di un fusto Dicotiledone o Gimnosperma (Eustele:A) e di Monocotiledone (Atactostele:B). 1: epidermide; 2: corteccia; 3: fascio collaterale chiuso; 4: floema; 5: cambio; 6: xilema; 7: midollo. Il cilindro centrale è costituito da parenchimi di riserva (derivanti dal meristema fondamentale ) nel quale sono immersi i fasci conduttori. Nelle Monocotiledoni (Tav.30) i fasci (collaterali chiusi e molto numerosi) sono distribuiti in tutto il cilindro centrale, dalla periferia fino al centro, in un

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apparente disordine. Poiché il cilindro centrale

è detto anche “stele” questa distribuzione è

definita“atactostele”(Fig.30). Nelle Gimnosperme e Dicotiledoni (Tav.31) i fasci (collaterali aperti) sono meno numerosi e disposti alla periferia del cilindro centrale a formare una cerchia regolare. Questa disposizione viene dette”eustele”(Fig.30) . La regolare dislocazione dei fasci consente di distinguere il parenchima in due regioni: la parte centrale, detta midollo, e una serie di zone che, come i raggi di una ruota, si dipartono dal midollo e arrivano alla corteccia separando fra loro i vari fasci (raggi parenchimatici). Quella descritta fin ora è la struttura primaria del fusto in un internodo. A livello dei nodi, dove sono inserite la o le foglie, l’ordine e la regolarità di distribuzione dei tessuti (e dei fasci conduttori in particolare) viene a mancare, perché uno o più fasci abbandonano il loro decorso verticale e piegano verso la foglia (costituendo una “traccia fogliare”), nella quale costituiranno il sistema di nervature(Tav.9) Struttura primaria della radice Nella radice la suddivisione in tre regioni (epidermide, corteccia, cilindro centrale) è molto netta, grazie alla presenza di uno strato cellulare (endoderma) strutturalmente ben definito e che delimita con precisione corteccia e cilindro centrale . L’epidermide radicale o rizoderma ha le caratteristiche morfo-funzionali che abbiamo già descritto e avvolge il corpo primario della radice solo per un breve tratto retrostante la zona apicale(in genere pochi cm.) .Le dimensioni della zona pilifera si mantengono costanti nel tempo in ogni specie: per quante cellule pilifere più distanti dall’apice ogni giorno muoiono e degenerano (la vita media dei peli si misura in giorni) altrettante ne differenzia di nuove il protoderma. E’ una situazione simile a quella che mantiene stabili nel tempo le dimensioni della cuffia . Con la sua continua crescita la radice sposta la zona assorbente in avanti nel terreno, in zone ancora non sfruttate .Nella zona retrostante i peli , dove il rizoderma sta degenerando e quindi non può svolgere neppure la funzione di tessuto tegumentale protettivo, tale funzione viene assunta dagli strati superficiali della corteccia , le cui cellule (parenchimatiche ) suberificano progressivamente le loro pareti, formando uno strato pluricellulare simile al sughero (ma di origine primaria) detto esoderma (Tav 32 e 34). L’esoderma è il tessuto tegumentale che delimita la stragrande maggioranza del corpo primario della radice di piante, come le Monocotiledoni, che possiedono solo la struttura primaria. In queste radici, che possono essere lunghe metri, solo pochi centimetri apicali sono provvisti di rizoderma assorbente. In realtà una modesta funzione assorbente la radice la conserva anche nel primo tratto di

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esoderma, dove la suberificazione non è ancora completa in tutte le cellule. Una volta terminata la suberificazione l’esoderma funzionerà solo come tessuto tegumentale. La morfologia della

zona assorbente e la stessa funzione dell’assorbimento spesso viene

modificata dalla formazione di una associazione simbiotica fra la radice e determinati funghi, chiamata micorrizia. Le micorrize sono molto diffuse in natura. Oggi si ritiene che nella grande maggioranza delle piante sia

presente (o possibile ) questa simbiosi.

La formazione di questa associazione stabile fra il fungo e la pianta sembra iniziare con un intervento attivo da parte della radice, che emette nel terreno sostanze organiche che attirano e orientano la crescita delle ife fungine. La realizzazione dell’associazione simbiotica segue due modelli principali: - micorrize ectotrofiche e endotrofiche. Nel primo caso le ife formano un fitto mantello attorno alla radice e nella corteccia, senza però penetrare all’interno delle cellule ma circondandandole con un intreccio di ife detto “reticolo di Hartig ”. Dal mantello esterno si dipartono anche molte ife che crescono nel terreno, anche in zone lontane dalla radice e non sfruttabili dai peli radicali. Le micorrize ectotrofiche sono caratteristiche degli alberi e quindi importanti in campo forestale. Nelle micorrize endotrofiche, presenti soprattutto in piante erbacee, non è presente il fitto mantello avvolgente la radice, nel terreno le ife si estendono per distanze inferiori rispetto alle ectotrofiche e nella corteccia della radice superano la parete delle cellule e penetrano all’interno formandovi delle strutture (vescicole, arbuscoli) che servono agli scambi di sostanze fra pianta e fungo. Il fungo, organismo eterotrofo, riceve dalla pianta sostanze organiche e approvvigiona la pianta di ioni minerali, che riesce ad assorbire con più efficienza e su una massa di terreno maggiore di quanto non potrebbero fare i peli radicali. Gli ioni assorbiti dalle ife e trasferiti alle piante sono molti (fosforo, ammonio, nitrati, solfati, calcio, ferro, ecc.) e la velocità di trasferimento così elevata che la crescita della pianta ne risulta decisamente stimolata. La corteccia costituisce la porzione più rilevante della struttura primaria della radice(Tav33), ed è formata solo da parenchimi di riserva. Sono assenti i tessuti meccanici, la cui localizzazione periferica, come nel fusto, non avrebbe significato. La radice non è mai esposta a sforzi di flessione ma, piuttosto, di stiramento longitudinale. E la risposta più efficace a queste sollecitazioni è la collocazione del”tessuto resistente ”al centro della radice. Solo l’ultimo strato della corteccia, il più interno, è strutturalmente diverso. Si

tratta

dell’endoderma, strato monocellulare privo di spazi intercellulari ( a differenza della restante corteccia) nel quale una piccola zona delle pareti radiali e trasversali di ogni cellula è stato impregnato con suberina (banda del Caspary) e quindi reso impermeabile.

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Per comprendere il ruolo dell’endoderma dobbiamo seguire il percorso dell’acqua e dei soluti dal terreno all’interno della radice. (Fig.31)

Fig.31 – Schema di due cellule dell’endoderma, con la banda del Caspary (1) in evidenza (A). Percorso delle soluzioni dal terreno al cilindro centrale via apoplasto, in rizoderma e corteccia, (in verde) , nel simplasto a livello dell’endoderma (B). 2:xilema; 3: parenchima e periciclo; 4: endoderma; 5: banda del Caspary; 6: pelo radicale; 7:rizoderma. Nel rizoderma e in tutto il parenchima corticale una parte del complessivo volume del tessuto è definito “spazio libero” o “apoplasto”. Questo spazio coincide sostanzialmente con l’insieme delle pareti cellulari,...


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