LE Piante Vascolari O Tracheofite PDF

Title LE Piante Vascolari O Tracheofite
Author Alessia libera
Course BOTANICA GENERALE E BOTANICA SISTEMATICA
Institution Università degli Studi di Cagliari
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Summary

Appunti Botanica Sistematica: principali Caratteristiche Tracheofite...


Description

LE PIANTE VASCOLARI O TRACHEOFITE Sono piante terrestri dotate di tessuti conduttori e di sostegno con pareti lignificate. La generazione dominante come dimensioni e durata di vita è lo sporofito. Nel corpo vegetativo delle tracheofite attuali sono in genere riconoscibili tre organi diversi per forma, struttura e funzione: la radice, il fusto e la foglia, che nel loro insieme formano il cormo. Le superfici fotosintetizzanti a contatto dell’aria sono protette dalla cuticola, strato impermeabile formato da cutina. Gli scambi gassosi avvengono attraverso stomi con apertura regolata. Si ritiene che le tracheofite non derivino da piante simili alle briofite, ma da un comune antenato del tipo delle alghe verdi e che siano comparse circa 420 milioni di anni fa. Le tracheofite rappresentano la linea evolutiva delle piante terrestri che ha privilegiato lo sporofito rispetto al gametofito. Sono considerate generalmente un gruppo monofiletico. Seguendo il filo dell’evoluzione – 3: la comparsa dei tessuti vascolari e del cormo. I tessuti di conduzione. In ambiente acquatico, gli elementi necessari alla crescita degli organismi autotrofi – acqua, luce, CO2, sali minerali – si trovano tutti uniformemente diffusi nel mezzo liquido. Non c’è quindi necessità per gli organismi di evolvere porzioni differenziate per le due diverse funzioni di assorbimento dell’acqua e di svolgimento della fotosintesi. Anche nelle alghe a organizzazione più complessa non c’è una parte di organismo la cui funzione sia specificatamente l’assorbimento dell’acqua, come avviene per le radici delle piante vascolari: tutt’al più c’è una porzione basale con funzione di ancoraggio, ma l’assorbimento avviene attraverso tutta la superficie del tallo. In ambiente subaereo, invece, acqua e soluti, che si trovano all’interno del terreno, devono essere portati fino alle cellule delle foglie che effettuano la fotosintesi e che si trovano a contatto con l’aria, là dove sono presenti luce e CO2. Nelle briofite, organismi di piccole dimensioni legati a ambienti umidi, il problema è stato risolto in maniera non particolarmente complessa: il compito dell’assorbimento è svolto in parte dai rizoidi, in parte da tutta la superficie della pianta; il trasporto dell’acqua e dei fotosintati avviene in parte per capillarità, in parte in strutture di conduzione molto semplici (idroidi e leptoidi), prive di ispessimenti di lignina. Il cormo. Con l’elevarsi in altezza dello sporofito, sorge l’esigenza di strutture più specializzate. La comparsa della lignina, sostanza probabilmente assente nelle briofite, consente l’evoluzione dei tessuti conduttori. Questi sono organizzati in un cilindro centrale secondo diversi schemi di disposizione a costituire vari tipi di stele. Si ritiene che le prime forme di piante vascolari fossero costituite semplicemente da piccoli fusti erbacei a ramificazione dicotomica alti pochi centimetri, con un’epidermide protettiva, un parenchima corticale con strato esterno verde fotosintetizzante e un cilindro centrale di tessuto conduttore a struttura molto semplice, con xilema centrale circondato da floema (protostele). Lo xilema era formato da cellule allungate che svolgevano insieme funzione di sostegno e di conduzione. Alcuni telomi fertili avrebbero portato all’apice gli sporangi. Secondo la teoria telomica di Zimmermann, dalle ramificazioni terminali (telomi) di questi fusti delle primitive tracheofite sarebbero derivati tutti gli altri organi. La spinta evolutiva verso una maggiore altezza nello sporofito ha portato necessariamente con sé per motivi di stabilità anche l’aumento di diametro del fusto. In tal modo, però, presto il parenchima clorofilliano degli strati esterni della corteccia è diventato insufficiente per svolgere la fotosintesi necessaria al mantenimento di tutto l’organismo. Da qui l’esigenza di una struttura fotosintetica con maggior rapporto superficie/volume: la foglia. Nelle piante vascolari sono presenti due tipi di foglia, che hanno avuto probabilmente origine diversa. La microfilla, presente nelle Psilotophyta, nelle Lycopodiophyta e nelle Equisetophyta, oltre che in molte altre pteridofite conosciute allo stato fossile, ha forma aciculare-squamiforme, presenta una o al massimo due nervature (a volte nessuna) e secondo alcuni è derivata da una semplice estroflessione del tessuto parenchimatico corticale in cui in seguito si sarebbe inserita la nervatura (teoria dell’enazione o della foglia-emergenza). La macrofilla (o megafilla), che è la foglia delle Polypodiophyta e delle piante a seme, ha forma varia e nervature ramificate che formano una lacuna fogliare nel punto in cui si distaccano dai tessuti vascolari del fusto. Si ritiene che la macrofilla si sia originata a partire da processi di crescita differenziata delle originarie ramificazioni telomiche, sopravanzamento di un teloma rispetto all’altro che cresceva più lentamente, disposizione dei telomi su un unico piano, fusione di telomi. C’è tuttavia chi ritiene che anche la microfilla abbia avuto un’origine telomica, ma a differenza della macrofilla si sia originata a partire da un solo teloma o al massimo da due. Naturalmente, aumentando con la comparsa della foglia l’intensità del processo fotosintetico, aumentava anche la necessità del rifornimento di acqua alle strutture fotosintetizzanti. Presto non furono più sufficienti semplici fusti plagiotropi o sotterranei con superficie esterna assorbente, ma comparve un organo la cui funzione specifica era

l’assorbimento: la radice. È possibile che un ruolo importante nel facilitare l’assorbimento dell’acqua da parte delle radici delle piante vascolari sia stato svolto fin dall’inizio da simbiosi micorriziche con organismi fungini. A partire dal fusto erbaceo molto semplice a ramificazione dicotomica delle prime piante terrestri (teloma), si arriva così alla comparsa del cormo, cioè di un’organizzazione dell’individuo basata sui tre organi fondamentali: radice, fusto, foglia, ognuno con funzioni e morfologia diversa. Le attuali piante vascolari (o tracheofite) sono tutte piante a cormo, da cui il vecchio nome di cormofite con cui venivano chiamate, in contrapposizione alle tallofite, a organizzazione tallosa e prive di vere radici, veri fusti e vere foglie. Ciascun organo del cormo si è in seguito evoluto, sviluppando forme adatte alle diverse situazioni ambientali. L’ambiente sotterraneo, in cui si è evoluta la radice, è molto più omogeneo di quello subaereo: questo è uno dei motivi per cui gli apparati radicali nelle piante vascolari sono molto meno diversificati rispetto agli altri due organi (fusto e foglie). Perché compare la struttura secondaria. Sotto la spinta evolutiva che tendeva da un lato al raggiungimento di altezze maggiori per portare in alto gli sporangi e rendere più efficace la dispersione delle spore, e dall’altro a sottrarsi al reciproco ombreggiamento, le piante terrestri raggiunsero rapidamente altezze – e conseguentemente proporzionali diametri dei fusti – così elevati che non furono più sufficienti il sostegno e la conduzione assicurati dai tessuti primari. È così che fa la sua comparsa la crescita secondaria, con la comparsa di un cambio che probabilmente all’inizio produceva solo xilema, ma che presto diventò ad attività dipleurica (xilema all’interno, floema all’esterno), come quello delle piante legnose attuali. Forme arboree si ritrovano in tutti i gruppi fossili di pteridofite e raggiunsero la massima diffusione nel Carbonifero. I resti fossili di queste pteridofite arboree sono una delle principali componenti del carbone fossile. Una nuova sostanza, una nuova struttura. La comparsa di strutture innovative, che rappresentano una nuova tappa nell’evoluzione è stata spesso preceduta dalla “scoperta” da parte delle piante di una nuova sostanza, che ne ha reso possibile lo sviluppo. La sintesi della cutina ha consentito ad un gruppo di alghe verdi di uscire dall’ambiente acquatico senza rischiare il disseccamento, grazie all’impermeabilizzazione della superficie dei tessuti vegetativi (cutinizzazione). La sporopollenina, comparsa già nella parete degli zigoti resistenti di alcune alghe verdi (Charophyceae), ha permesso la comparsa di una parete spessa e impermeabile intorno alle meiospore, che hanno potuto venire disperse nell’aria lontano dalla pianta madre funzionando da organi di diffusione e di resistenza per le prime piante terrestri. Così, la comparsa dei tessuti di conduzione e lo sviluppo in altezza che caratterizzano le tracheofite sono state possibili grazie alla precedente sintesi della lignina. E la crescita secondaria è stata accompagnata dalla comparsa di un nuovo tessuto di protezione specializzato (il sughero), grazie alla sintesi della suberina. Le tracheofite attuali vengono riferite a nove categorie principali. Quattro di queste sono prive di semi e vengono tradizionalmente indicate con il termine di pteridofite o crittogame vascolari. Queste sono le:    

Licofite Psilotofite Equisetofite Polipodiofite

Gli altri cinque gruppi sono le:     

Cicadee Conifere Ginkgo Gnetofite Angiosperme

Le piante appartenenti a questi gruppi si propagano mediante semi e hanno gametofiti di dimensioni molto ridotte, sporofito-dipendenti. Nel loro insieme vengono denominate spermatofite o fanerogame. Secondo recenti studi morfologici, molecolari e filogenetici è stato messo in luce come nella prima metà del Devoniano vi sia stata una separazione tra un gruppo di piante comprendente le attuali licofite da un altro gruppo

contente tutte le tracheofite oggi presenti, denominate nel loro insieme eufillofite. Le eufillofite attuali vengono a loro volta ripartite in due grandi cladi:  

Monilofite. Corrispondono a tutte le crittogame vascolari, ad eccezione delle licofite. Sono caratterizzate dall’avere sporificazione libera e mancanza di semi, protoxilema confinato nei lobi dei fasci xilematici. Spermatofite. Risultano essere accomunate dall’avere presenza di semi, megasporangi circondati da tegumenti, legno prodotto dall’attività di un meristema secondario (il cambio) e ramificazione ascellare....


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