Antonio Canova: metodo di lavorazione e analisi opere principali PDF

Title Antonio Canova: metodo di lavorazione e analisi opere principali
Course Storia del costume e della moda
Institution Università degli Studi di Bergamo
Pages 4
File Size 102.6 KB
File Type PDF
Total Downloads 26
Total Views 143

Summary

riassunto relativo alla figura di Antonio Canova (metodo di lavorazione e analisi opere principali)...


Description

ANTONIO CANOVA Antonio Canova è l’artista più rappresentativo del Neoclassicismo. Egli ha rivoluzionato l’arte scultorea occidentale e si è richiamato all’arte antica greca; per questo motivo è stato soprannominato “il nuovo Fidia”. Innanzitutto parleremo del suo elaborato metodo di lavorazione, per poi proseguire analizzando alcune delle sue opere più famose. Metodo lavorazione 1.Stesura dell’idea da parte dell’artista e bozzetto in terracotta Il processo creativo scultoreo di Canova si svolge in diversi momenti e generalmente inizia dal disegno. L'artista infatti annotava su taccuini forme, composizioni ed immagini fulminee che rapidamente gettava sulla carta: una parte di queste poi veniva definita attraverso disegni preparatori successivi per essere tradotta nella tridimensionalità del bozzetto in terracotta. La pratica del bozzetto serviva a Canova per avvicinarsi meglio alla definizione plastica delle sculture. Un materiale come la terracotta serviva in realtà all'artista per ridefinire le forme. 2.Modello in creta a grandezza naturale e calco Questa fase del lavoro è stata introdotta per la prima volta da Canova che ha rivoluzionato così la tecnica scultorea in Europa. La sua volontà di giungere a rappresentare il "bello ideale" creava la necessità del controllo di ogni momento della creazione artistica e quindi sollecitava l'esigenza di effettuare dei passaggi intermedi per verificare l'effetto plastico dell'opera. Canova quindi aggiunse un nuovo passaggio rispetto il procedere tradizionale della scultura, cioè la realizzazione di un modello in creta a grandezza naturale. Canova scelse come materiale privilegiato per questa verifica la creta, spinto dalla sua versatilità: essa infatti, se mantenuta umida, rimane plasmabile consentendo all'autore di ripensare varie volte ad ogni aspetto della forma. L'artista, nella fase successiva del suo lavoro, commissionava il calco del modello utilizzando prevalentemente il gesso. Il formatore realizzava l'impronta a negativo della creta e ne otteneva una copia che sarebbe stata come il modello originale, ma in un materiale più resistente. 3. Trasposizione dell’opera in marmo e sbozzatura Canova, per la trasposizione del modello in gesso nel marmo, si avvaleva di aiuti che lui stesso aveva scelto. Il procedimento comportava l'applicazione di chiodini di piombo al calco che fungevano da punti di riferimento per riportare le misure. Il modello in gesso e il blocco da scolpire venivano posti sotto un "tellaio" o una "squadra", cioè un supporto, a cui venivano appesi dei fili a piombo. La distanza tra i fili e i punti poteva essere calcolata grazie ad un enorme compasso (pantografo) che consentiva agli assistenti di abbozzare i blocchi sulla base delle misure del modello. Gli assistenti di Canova, però, non scolpivano una replica esatta del calco, lasciando al maestro l'intervento finale. 4. Rifinitura Una volta terminata la sbozzatura, l'artista interveniva con la determinante ed autografa opera di rifinitura sul marmo che presentava sull'intera superficie una leggera patina. Lo scultore rifiniva l'opera iniziando, quando necessario, dalle curve del corpo, dalle ciocche dei capelli e dalle pieghe dei panneggi del modello, prestando attenzione anche alla lavorazione delle loro superfici. Inoltre egli le strofinava con la pietra pomice e le ricopriva con cere colorate o ambra, affinché le statue prendessero vita, attraverso dei particolari effetti luce e l’assunzione del colore dell’incarnato. Purtroppo però alcuni restauratori hanno ripulito queste superfici rendendole color bianco latte. Amore e Psiche

L’opera è stata realizzata tra il 1788 e il 1793 e attualmente è collocata al museo del Louvre a Parigi; è alta 1 metro e 55 centimetri per 1,68 metri. Il suo nome completo è “Amore e Psiche giacenti”. Canova ha proposto questo soggetto diverse volte, infatti ha realizzato un’altra opera dallo stesso titolo ed una che prende il nome di “Amore e Psiche stanti”. L’artista si è ispirato ad un mito raccontato nell’ “Asino d’oro” di Apuleio, un autore latino; il momento rappresentato è quello durante il quale il dio risveglia con un bacio l’amante, dopo che essa è caduta in un sonno profondo per essersi opposta agli ordini di Venere e aver aperto l’ampolla in cui era riposta la bellezza di Proserpina. L’autore narra che Psiche era considerata una delle ragazze più belle del mondo, e Venere, la dea della bellezza, non poteva accettare che una mortale potesse competere con il suo fascino. La dea, così, inviò suo figlio Amore con un piano per farla sparire; egli avrebbe dovuto colpire con un dardo l’uomo più brutto del mondo affinché si innamorasse di lei. Egli però, accecato dalla sua bellezza, colpì il proprio piede e se ne innamorò perdutamente. Per evitare di essere scoperti, Amore strinse un patto con Psiche, dicendole che, quando si incontravano, non avrebbe mai dovuto guardarlo. Dopo alcuni incontri, però, Psiche era sempre più tormentata dalla curiosità di sapere chi era il suo amante, e nell’appuntamento successivo la ragazza aprì gli occhi e guardò Amore. Il figlio di Venere si sentì tradito e volò via, abbandonando la ragazza. Psiche, innamorata del dio, era disposta a tutto per vederlo tornare e così si piegò a delle tremende prove ideate da Venere; se Psiche avesse superato i test di Venere, avrebbe ottenuto l’immortalità e sarebbe potuta ritornare al fianco del suo amato. Con grande tenacia, la ragazza riuscì a superare tutte le prove, arrivando addirittura negli Inferi per prendere un po’ della bellezza di Proserpina. Ella tuttavia, opponendosi a ciò che le era stato indicato spinta dalla curiosità, decise di aprire l’ampolla che in realtà conteneva il sonno più profondo. Psiche cadde così in un grande sonno, e quando Amore venne a sapere degli sforzi effettuati dalla sua amata, si recò immediatamente da lei e la risvegliò con un bacio. Canova aveva scoperto un antico affresco di Ercolano mostrante un fauno legato ad una baccante e probabilmente si basò su di esso per la rappresentazione dei soggetti e la loro posizione. Il gruppo scultoreo risponde a uno schema compositivo fondato su precise geometrie, in cui i vuoti hanno la medesima importanza delle masse scolpite. Il piccolo spazio che separa le labbra dei due amanti è il punto centrale della composizione, dove si intersecano due diagonali e formano una X. Una diagonale percorre il corpo di Amore, dall’ala destra al piede sinistro, e l’altra parte dalla punta dell’ala sinistra per poi correre lungo le membra di Psiche, fino alla base su cui è posata; Le due figure formano così una struttura piramidale. Vi sono inoltre altre costruzioni geometriche. Le braccia degli amanti compongono due linee di forza circolari che si intersecano e che sono inscritte in due archi, uno formato dall’ala destra di Amore, il braccio sinistro di Psiche e il suo corpo, e l’altro che parte dall’ala sinistra, comprende il braccio sinistro di Psiche e si conclude sulla punta della gamba sinistra del dio. La scultura esemplifica i principi del Neoclassicismo esposti da Winckelmann, innanzitutto la ricerca del “bello ideale” che richiama l’Antichità, e ciò è reso attraverso l’eliminazione dei difetti; tuttavia, non viene rimosso completamente tutto ciò che rende umani i soggetti, come la sensualità delicata che si manifesta nel fluido intrecciarsi di linee e volumi. I corpi sono nudi, come nel caso degli esempi greci. Anche il momento in cui i soggetti sono colti non è casuale: infatti è un attimo carico di tensione, purificato dall’esplosione di emozioni di passione che si sarebbero espresse se Amore e Psiche fossero stati rappresentati durante il bacio (questo momento sarebbe stato scelto dagli artisti barocchi). L’opera può essere interpretata secondo vari livelli: ad esempio, essa alluderebbe all’amor divinus, quel sentimento che unisce le divinità con i mortali, o può essere vista come la rappresentazione della giovinezza. Tuttavia, attraverso un’analisi più profonda, la scultura andrebbe a simboleggiare il legame tra

eros e thanatos, amore e morte, e l’abbraccio dolce tra Amore e Psiche rappresenterebbe persino un’unione mistica. Cenotafio dell’Arciduchessa Maria Cristina di Sassonia Canova ricevette la commissione di questo grande cenotafio nel 1798 dal duca Albert von Sachsen- Teschen, in occasione della morte della sua consorte Maria Cristina. L’obiettivo dell’opera era di rendere omaggio alla memoria di questa donna ed al suo carattere assistenziale e caritativo. Per il progetto, lo scultore si servì dei bozzetti già realizzati per un monumento funebre a Tiziano, e anche le figure che fanno parte del corteo furono riprese da monumenti precedenti. Il cenotafio fu poi montato nella Augustinerkirche a Vienna nel 1805. L’opera è alta quasi 6 metri ed è strutturata su un’imponente piramide, ben rappresentativa del gusto per le antichità egizie che si era diffuso in seguito alla campagna d’Egitto di Napoleone Bonaparte. L’opera combina la concezione della morte cristiana e pagana, poiché il corteo funebre è condotto dalla Pietà romana, mentre la porta allude al mistero della morte e alla dimensione ultraterrena. Il punto focale della composizione è l'oscura apertura al centro della piramide, sovrastata da un massiccio architrave. Questo è sostenuto da stipiti inclinati, che accentuando sapientemente l’effetto prospettico, conferiscono una maggiore inclinazione virtuale alla parete. Il buio ingresso è il varco per cui si può entrare nella camera sepolcrale e, idealmente, allude alla soglia che separa l'Oltretomba dal mondo dei vivi. Il corteo funebre è aperto da una giovane ragazza che ha già un piede oltre la soglia della tomba, affiancata dalla Pietà con in mano l’urna delle ceneri della defunta. Tra i partecipanti si nota anche un genio funerario alato, (che simboleggia il sonno eterno di Maria Cristina) compassionevolmente poggiato sul dorso di un leone accovacciato e malinconico, in rappresentanza quest'ultimo della forza morale; inoltre vi è anche una giovane donna che accompagna verso il sepolcro un vecchio cieco, tenendo quest'ultimo per braccio. Sono rappresentate tutte e tre le età della vita, a simboleggiare che la morte non risparmia nessuno. In alto il funebre corteo è assistito dalla Felicità Celeste che, accompagnata da un bambino nudo in volo con una palma in mano (simbolo della gloria), regge un medaglione recante il volto di Maria Cristina: questo elemento è il sostituto neoclassico della statua del defunto visibile nei monumenti barocchi. Tutti i componenti di questa dolente processione sono legati tra di loro da una ghirlanda di fiori e sono invitati a camminare su un telo che, precariamente steso sulla gradinata come un velo leggerissimo e impalpabile, sottolinea il legame tra la vita e la morte. Maddalena penitente Canova ha realizzato due versioni di quest’opera (altezza circa 90 cm), una prima del 1793-1796 conservata a Palazzo Doria-Tursi a Genova (che è la più conosciuta) e un’altra che è del 1805-1809 ed è ora collocata al museo dell’Ermitage a san Pietroburgo; si differenziano per il fatto che la prima Maddalena tiene tra le mani una croce in bronzo. Maria Maddalena era una prostituta convertita dall’incontro con Gesù, la quale poi si pentì e andò a scontare la sua pena nel deserto. Fu la prima opera di Canova a raggiungere Parigi, dove fu accolta dal pubblico del Salon (esposizione di pittura e scultura che si svolgeva al Louvre) del 1808, non solo con grande entusiasmo ma anche con qualche critica. Nell'opera Maria Maddalena è accasciata in ginocchio su un masso. Il busto è piegato, il capo chinato verso sinistra, e tra le mani tiene un crocifisso di bronzo dorato, retto dalle braccia aperte e posate sulle gambe. La croce che la Maddalena tiene tra le mani non è semplicemente un rimando alla sofferenza e alla morte che accomunano tutti gli esseri umani, ma rappresenta anche - e soprattutto - lo strumento della redenzione dal peccato e, per tal motivo, la "vita". Il viso è solcato da lacrime autenticamente scolpite che

conferiscono realismo alla statua, e le sue labbra sono leggermente dischiuse, come in un grido: tutti questi particolari trasmettono l’infinità di emozioni provate dalla donna, come sofferenza, dolore, distruzione, solitudine. Un panno legato da una corda le copre malamente il corpo, lasciandole scoperti in parte i fianchi e la schiena, sulla quale scendono dei lunghi capelli, in un atteggiamento delicato e sensuale (infatti Maddalena era famosa per la sua bellezza). Lo scultore ha voluto evidenziare il contrasto tra il fascino di un corpo ancora attraente, espressione della vita e della sensualità, e il suo annientamento nella consapevolezza del peccato e dell'invocazione del perdono divino. Accanto alla donna si trova anche un teschio, elemento caratteristico della rappresentazione di molti santi eremiti, soprattutto perché correlato con il senso della vanità delle cose e con la mortalità dell’uomo. Ogni “testa di morto” racchiude un presagio sulla fatuità della vita e sulla futilità di ogni conoscenza, obbligandoci a riflettere sul senso della vita, che da sempre è il topos più frequentato dall’uomo. In questa statua Canova tratta le varie superfici in maniera diversa, passando dall’estrema levigatezza del corpo di Maddalena al trattamento grezzo del masso su cui ella è posata. I capelli sono stati trattati con cera mista a zolfo per restituirne il colore; qui vi è un richiamo all’arte barocca, poiché l’artista opera in questo modo con l’intento di raggiungere in scultura gli stessi effetti della pittura. Paolina Borghese Bonaparte come Venere vincitrice La statua è stata eseguita tra il 1805 e il 1808 ed è esposta alla Galleria Borghese di Roma; è lunga 2 metri. Paolina Bonaparte era la sorella di Napoleone I e la sposa in seconde nozze del principe romano Camillo Borghese. Fu proprio per celebrare il matrimonio con Paolina che Camillo commissionò l’opera al Canova. Quest’ultima, una volta completata, fu portata nella residenza dell’uomo a Torino; suscitò subito molto scalpore a causa dell’eccessiva sensualità di Paolina, e ci si domandava se avesse davvero posato così scoperta davanti all’artista. La statua, trasportata al palazzo Borghese di Campo Marzio (un quartiere romano) dopo la caduta di Napoleone, rimase lì esposta fino a quando Camillo non la fece rimuovere; essa infatti, oltre ad esaltare la bellezza della donna, aveva anche l’obiettivo di celebrare i Bonaparte. Paolina è raffigurata nelle sembianze di una Venere vincitrice. La donna, infatti, nella mano sinistra regge una mela che evoca la vittoria di Afrodite nel giudizio di Paride: quest'ultimo, nella mitologia greca, doveva scegliere a chi tra le dee Era, Atena ed Afrodite assegnare un pomo d'oro, e Paride lo concesse proprio alla dea dell'amore. Paolina-Venere è semidistesa su un'agrippina, ovvero un divano fornito di un unico bracciolo, sulla quale ella appoggia il braccio destro. Il suo busto è nudo, mentre la parte inferiore del corpo è avvolta da una veste leggera che, aderendo al corpo, la carica di un grande erotismo che sarebbe stato assai meno sentito se la donna fosse stata completamente svestita. Le fattezze divine e il volto idealizzato sublimano il corpo di Paolina al di fuori di ogni realtà terrena: è restituita alla dimensione umana solo grazie a una speciale patina rosa che Canova applicò sulle parti epidermiche della scultura, in modo da imitare il colore dell'incarnato e conferire all'intera opera una lieve parvenza di vita. Dal punto di vista tecnico, invece, la statua di Paolina Borghese è caratterizzata dall'equilibrio tra le linee orizzontali e verticali - descritte dal letto - e quelle diagonali (individuate dal corpo di Paolina) e da una calibrata alternanza di pieni e vuoti. La staticità della scultura è bilanciata dalla torsione del volto di Paolina. La scultura, ad ogni modo, è impostata verso varie visuali, siccome ciascun punto di vista è in grado di regalare nuove bellezze scultoree: fu per questo motivo che Canova decise di inserire nel legno su cui poggia la statua un ingranaggio per farla ruotare, in modo tale che questa potesse essere osservata da ogni angolazione. In base alla direzione che l'opera assumeva, infatti, variava la quantità di luce che la investiva: in questo modo si determinavano giochi di luce e di ombre sempre differenti, facendo variare l'aspetto di Paolina all'infinito....


Similar Free PDFs