Appunti CHIMICA diies unirc PDF

Title Appunti CHIMICA diies unirc
Author Domenico Delfino
Course Chemistry
Institution Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
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Summary

Gli appunti rispecchiano il programma nella sua interezza, le fonti sono varie ed affidabili....


Description

•INDICE: -2 Atomo, Rutherford, nuclidi; -3 Mole e peso atomico, Avogadro, elettrone, th quantistica, th bohr, meccanica ondulatoria; -4 spin, struttura Lewis, potenziale di ionizzazione; -5 affinità elettronica, legame chimico, legame ionico, legame covalente; -6 orbitali ibridi, elettronegatività, risonanza, orbitale molecolare, orbitale delocalizzato; -7 forze intermolecolari, legame idrogeno e metallico; -8 conduzione metalli, valenza, numero ox; -9 tipi di legame -10 Redox; -11 Reazioni ponderali, peso eq. -12 Stato gassoso, gas ideali; -14 Stato liquido + solido -15 passaggi di stato+ diagrammi; -17 diagramma di stato acqua e fase chimica soluzioni; -18 proprietà colligative; -19 Elettrolitiche, gradi di dissociazione; - 20 conducibilità; -21 termodinamica; -23 termochimica; -25 entropia, energia libera, equazione clap.clausius; -27 dissociazione, eq chimico; -28 acidi e basi; -30 prodotto ionico acqua; -31 idrolisi; -32 sol tampone; -33 indicatori; -34 pile; -36 Eq Nerst; -37 elettrolisi, Faraday; -38 Accumulatori, prodotto di solubilità.

Atomo==Indivisibile. È la più piccola particella di un elemento che può entrare nelle combinazioni chimiche. Diciamo che la concretizzazione del concetto filosofico dell’atomo come indivisibile arriva con Proust e Dalton, in seguito all’enunciato della legge delle proporzioni definite, e quella delle proporzioni multiple: Proporzioni definite: un composto contiene gli elementi che lo costituiscono in rapporto di peso costante indipendentemente dal metodo di preparazione. Proporzioni multiple: Quando due elementi si combinano per dare diversi composti, le quantità di un elemento in combinazione con una quantità fissa dell’altro stanno fra loro in rapporti esprimibili medianti numeri interi, generalmente piccoli. Questo ci aiuta a descrivere il concetto di atomo. Dopo innumerevoli studi, le ricerche hanno permesso di stabilire che la materia è formata da particelle di carica positiva e particelle di carica negativa. Chadwick, bombardando con particelle alpha degli atomi leggeri, è riuscito a mettere in evidenza la presenza di particelle prive di carica all’interno della struttura atomica, così da farci capire che il nucleo atomico è composto da protoni, elettroni e neutroni, ognuno con le rispettive masse e cariche, dove il contributo in peso di protoni e neutroni è preponderante nella definizione del peso di un atomo.

Rutherford. Se il primo modello atomico fu idealizzato, è solo grazie a questo esperimento. Praticamente, sfruttò un apparato sperimentale così composto: La sorgente di particelle alpha è un contenitore con dentro una sostanza radioattiva capace di emettere particelle alpha che, colpendo una sottilissima lamina metallica “manda” le particelle su uno schermo fluorescente, capace di “registrare” il percorso delle particelle mandate dalla sorgente. A questo punto si nota che solo una porzione molto limitata di particelle segue una traiettoria non prettamente rettilinea. Dunque, il fenomeno della deviazione di una porzione limitata di particelle non può essere attribuito alle loro possibili collisioni con elettroni a causa della grande differenza di massa, ma può ricondursi ad un’interazione con la parte positiva dell’atomo, pesante e posizionato in modo da occupare un volume limitato rispetto alla totalità dell’atomo. In conclusione, l’atomo è costituito da un nucleo centrale in cui si concentra la carica positiva e la quasi totalità della massa atomica intorno al quale ruotano gli elettroni. Grazie a questa esperienza si riuscì a determinare il rapporto tra volume atomico e quello nucleare, supponendoli entrambi in forma sferica, che in breve risulta essere (quello atomico) circa 1012 volte superiore a quello nucleare. Nuclidi. Si definisce numero atomico, il numero di protoni esistenti in un atomo. La somma del numero dei protoni e dei neutroni viene definito numero di massa. I nuclei degli atomi sono definiti come nuclidi. Due nuclidi uguali in numero atomico e diverso numero di massa, vengono definiti isotopi. Un nuclide viene rappresentato così: A

SIMBOL OZ

Dove simbolo=elemento, A è il numero di massa e Z è il numero atomico.

Gli elementi più leggeri (i nuclidi meno pesanti), circa i primi venti, contengono ugual numero di protoni e neutroni. Usare la massa atomica nel suo valore reale non è comodo appunto per la forma del risultato (le particelle pesano poco), dunque si opta per una misura relativa, capace di fornirci un’indicazione pratica sul numero di massa e atomico di un atomo. Prendendo come riferimento l’elemento

C12 6

, esso contiene 6 protoni e 6 neutroni.

L’unità di misura relativa è riferita alla dodicesima parte della massa

C12 6

.

Mole e peso atomico. Esprimendo in grammi la massa uma di qualsiasi particella, è possibile calcolare la massa di un numero di particelle pari a:

12 =N =6,022∗1023 −24 19,925∗10

Detto numero di Avogadro, 12 è la massa in uma del riferimento e il denominatore vede la

massa del riferimento espressa in grammi. Grazie a questo numero possiamo definire la MOLE, letta come la quantità di sostanza contenente il numero di Avogadro di particelle, che siano nuclidi, atomi, ioni, molecole o elettroni. Elettrone. Dall’elettrodinamica classica, se una particella carica subisce un’accelerazione nello spazio in cui si muove, essa emette energia. Dato che l’elettrone nel suo moto intorno al nucleo subisce accelerazione, dovrebbe irradiare energia, ma questo comporterebbe una rapida diminuzione di velocità ed alla caduta dell’elettrone nel nucleo, non è dunque un modello possibile. Osservando rapidamente gli spettri atomici, notiamo grazie ad uno schema: Considerando come punto di partenza una lampada a gas (idrogeno) capace di emettere radiazioni verso una fenditura utile a limitare il fascio radioattivo incidente su un prisma. Questo per separare le diverse radiazioni a causa del loro differente incidenti a causa del loro differente indice di rifrazione. Mediante uno schermo poi vengono raccolte le radiazioni separate emesse dalla sorgente. Dato che una radiazione elettromagnetica è caratterizzata da una frequenza e da una lunghezza d’onda poste in relazione dalla legge:

λ=

c ν

definiamo un numero

n=

1 λ

detto numero d’onda. Esaminando lo spettro delle radiazioni emesse dalla lampada, si trova che è formato da righe disposte regolarmente nello schermo, dunque a diversi numeri d’onda, calcolabili mediante la relazione:

n= R

(

1 1 − n22 n21

)

dove R è la costante di rydberg ed n sono interi con n1>n2.

Sfruttando questo siamo in grado di correlare le linee di diverse serie spettroscopiche osservabili nello spettro del gas in lampada (idrogeno nel nostro esempio). Teoria quantistica. Visto che gli scambi energetici fra materia e radiazione possono (detto da Planck) avvenire in maniera discontinua e attraverso multipli interi di quantità di energia non frazionabili, proporzionali alla frequenza della radiazione E=hv dove h è la costante di Planck, allora a partire da qui, Einstein riuscì a spiegare l’effetto fotoelettrico. Se le radiazioni incidono su una lamina metallica allora vengono emessi elettroni ma è comunque necessario che la luce possegga una frequenza minima detta di soglia affinchè si verifichi l’emissione. Possiamo razionalizzare il fenomeno dicendo che: •La luce è formata da un treno di particelle dette fotoni, ognuno dei quali porta una quantità di energia pari ad E. d’altro canto affinché un elettrone possa essere espulso da una lamina c’è bisogno che la luce abbia un’energia pari a quella necessaria ad espellerlo, dunque hv o (dove vo è la frequenza di soglia) uguale all’energia di ionizzazione. Considerando la conservazione dell’energia, abbiamo:

1 2 hv=h v o + m v 2

, l’eccesso di energia che i fotoni trasportano deve eguagliare

l’energia cinetica data dal movimento degli elettroni fuoriuscenti dalla lamina. E allora, se effettivamente la teoria fotonica ha così tanto successo, a cosa serve la teoria ondulatoria? Essa rimane comunque necessaria per interpretare alcuni fenomeni luminosi. Questo dualismo onda corpuscolo è il dato più rilevante della fisica moderna. Teoria BOHR. A seguito della teoria quantistica, bohr ne applicò i principi alla struttura elettronica degli atomi, tenendo conto dei seguenti postulati: •L’elettrone possiede alcuni stati di moto stazionario permessi, a cui competono valori definiti d’energia. •In questi stati l’elettrone non emette radiazioni elettromagnetiche; •L’elettrone si muove in orbite circolari intorno al nucleo; •Gli stati di moto permessi, sono quelli in cui il momento angolare dell’elettrone è multiplo intero di

h 2 pi

.

Meccanica ondulatoria. Supponiamo che l’elettrone si comporti come un’onda nel suo moto. Dato che le onde, per non distruggersi hanno bisogno di una condizione valida tale

2 πr =nλ ; λ=

h nh h → 2 πr=n → mvr= mv mv 2π

.

È possibile dunque definire il comportamento di un elettrone servendoci delle equazioni delle onde, questo metodo prende il nome di meccanica ondulatoria. L’onda può essere rappresentata in un sistema di assi cartesiani, da una funzione sinusoidale. Nei sistemi costituiti da nuclei ed elettroni, l’energia totale è somma di energia cinetica e potenziale, applicandola a sistemi idrogenoidi o comunque all’atomo d’idrogeno, l’energia potenziale è dovuta alla sola attrazione nucleo-elettrone, ed è:

−z e2 L’espressione finale, nota come di shrcroedinger, per gli atomi idrogenoidi è: E pot= r 2 z e2 −h 2 ψ − ∇ ψ=Eψ I valori di E per cui l’espressione trova senso, si chiamano autovalori, e l’insieme delle soluzioni r 8 π2 m dell’equazione si indica con:

ψ=ψ (x , y , z ,n , m ,l )

dove xyz sono corordinate spaziali ed nml sono numeri quantici.

Ad ogni terna di numeri quantici, corrisponde una funzione orbitale, ad ogni orbitale corrisponde uno stato stazionario dell’elettrone, caratterizzato da un valore energetico totale pari ad E.

Numeri quantici. La quantizzazione dei livelli energetici degli atomi trova giustificazione in schroedinger, dunque nella natura ondulatoria dell’elettrone, di fatti l’insieme delle soluzioni dipende da tre numeri quantici : n= numero quantico principale, definisce il valore energetico dell’elettrone, e può assumere valori da 1 ad n; l= numero quantico secondario, può assumere valori da 0 ad n-1, ed è legato al momento angolare dell’elettrone M secondo l’espressione:

M = √ l(l+1)

h 2π

e determina la forma degli orbitali.

m è detto numero quantico magnetico, assume valore da -l a +l, è in relazione con le componenti del momento angolare rispetto ad un asse. Spin elettronico. Viene introdotto il concetto secondo il quale, indipendentemente dal proprio moto orbitalico, l’elettrone ha possibilità di muoversi intorno al proprio asse. Questo movimento, detto spin elettronico, è quantizzato e il suo momento angolare si calcola considerando:

mvr=s

h 2π

dove s è il numero quantico di spin, che puo assumere i valori + o – mezzo.

In ogni orbitale possono essere contenuti max due elettroni per il principio di esclusione di Pauli, per cui potranno essere localizzati un massimo di due elettroni nell’orbitale s, max 6 elettroni in p, massimo 10 nel d e max 14 in f.

Struttura di Lewis. è un modo di rappresentare atomi o molecole, basandosi sulla regola dell’ottetto. La regola dell’ottetto stabilisce che quando avviene un legame chimico, gli atomi acquistano, cedono o mettono in comune elettroni con altri atomi in modo da realizzare una configurazione elettronica esterna che abbia 8 elettroni. Una tale configurazione si trova naturalmente nei gas nobili, e conferisce stabilità alla struttura elettronica dell’atomo. Tale regola ha delle eccezioni, tipo gli elementi del periodo che segue l’elio nella tavola periodica. Esistono infatti casi di molecole in cui un atomo è circondato da meno di otto elettroni ma nonostante tutto, è stabile. Pensando a questo tipo di molecole, esse tendono ad “imitare” la configurazione elettronica dell’elemento più stabile, per queste eccezioni si nota che nell’ultimo orbitale, vengono sempre mantenuti 2 elettroni, come per l’elio. Una configurazione elettronica esterna con più di 8 elettroni viene indicata come ottetto espanso. La struttura di lewis consiste dunque in un disegno bidimensionale dove ogni atomo viene rappresentato col suo simbolo chimico, circondato da punti rappresentanti i suoi elettroni di valenza. Gli elettroni spaiati sono rappresentati da un punto singolo, i doppietti da una coppia. Gli elettroni partecipanti ad un legame covalente sono disposti tra i simboli dei due atomi che formano il legame, un legame singolo è rappresentato da una coppia di punti, il legame doppio da due coppie di punti, un legame triplo da tre coppie di punti. Accanto ai simboli atomici viene indicata, se diversa da 0 la loro carica formale. Costruzione della struttura alla Lewis: •Conta gli elettroni di valenza di ciascun atomo, presi dalla formula bruta; •dividi il numero degli elettroni per due ottenendo il numero delle coppie elettroniche che andranno a sistemarsi nella struttura; •Costruisci uno scheletro contenente solo legami di tipo siegma, avendo cura di disporre gli eventuali atomi di idrogeno in posizioni terminali: •dopo aver sottratto dal totale il numero di coppie sfruttate per la formazione di legami siegma, disponi le restanti coppie in modo da soddisfare la regola dell’ottetto; •verifica che l numero e il modulo delle cariche formali sia il minore possibile e che le cariche formali positive non si trovino su elementi elettronegativi. Potenziale di ionizzazione. È l’energia necessaria affinché un elettrone venga rimosso da un atomo, che si trovi come gas monoatomico rarefattto ( in tali condizioni si possono considerare isolati l’uno dall’altro i singoli atomi) e portato ad una distanza che non risenta dell’attrazione coulombiana del nucleo attorno all’atomo. È possibile considerare anche processi in cui l’elettrone viene rimosso da un catione gassoso. L’energia necessaria alla rimozione del secondo catione gassoso viene indicata come potenziale di seconda ionizzazione. Sono tutti valori sperimentalmente determinati ed espressi in elettronVolt e disposti in tabelle. Il valore del potenziale di prima ionizzazione è sempre piu basso rispetto quello di seconda ionizzazione. Appare evidente se consideriamo che, levando un elettrone da un atomo si ha un ovvio aumento della carica nucleare effettiva, e di conseguenza una maggiore attrazione coulombiana da parte del nucleo, sugli altri elettroni. Dunque i fattori influenzanti sono la grandezza dell’atomo, la sua carica nucleare, la configurazione elettronica e l’effetto schermante degli elettroni piu interni. All’aumentare del numero quantico principale diminuisce il potenziale di ionizzazione, a causa del progressivo aumento della distanza dell’elettrone esterno dal nucleo. Affinità elettronica. È l’energia in gioco quando un elettrone viene aggiunto ad un atomo gassoso neutro per formare uno ione negativo (anche in questa situazione è necessario che il gas sia rarefatto e assume valori determinabili per via di un ciclo, quello di Born-haber. Legame chimico. I composti chimici possono essere di due tipi: Quelli che sono solidi a temperatura ambiente e allo stato fuso conducono elettricità e quelli che non presentano questa caratteristica. I primi vengono detti composti ionici, i secondi non ionici. La differenza sostanziale tra questi due tipi di legami sta nella diversa situazione che può presentarsi negli elettroni periferici degli atomi. Due atomi possono dar vita ad un legame chimico quando l’energia potenziale del sistema assume valori minimi, questo minimo può avvenire secondo due modalità (che poi sono le due modalità secondo cui avviene il legame chimico), ovvero mediante un trasferimento completo di elettroni in modo da formare ioni positivi e negativi (ionico) oppure messa in comune di doppietti tra due atomi (covalente). Il legame ionico. Molte sostanze sono costituite da ioni disposti nello spazio in modo ordinato e aventi carica tale da potersi portare ad uno stato neutro (somma delle cariche positive, cationi, = somma cariche negative, anioni). la forza che tiene uniti gli ioni nel reticolo è di natura coulombiana, per questo il legame che ne risulta è di tipo ionico. Questo tipo di legame avviene frequentemente quando interagiscono cationi del primo e secondo gruppo o comunque elementi di transizione a basso stato di ossidazione con anioni del quinto e settimo gruppo. È un legame molto forte, la distruzione di un reticolo cristallino ionico richiede una rilevante quantità di energia.

I solidi ionici tendono ad avere una tensione di vapore trascurabile a temperatura ambiente ed un alto punto di fusione. Sono scarsi conduttori anche se costituiti da particelle elettricamente cariche, questo perché gli ioni occupano una posizione fissa nel reticolo, ma allo stato fuso sono buoni conduttori in quanto si da la possibilità agli ioni di muoversi sotto l’influenza di un campo elettrico applicato. I solidi ionici sono tendenzialmente solubili in acqua e in solventi altamente polari come gli alcoli, ma insolubili in solventi non polari come idrocarburi, benzene o tetracloruro di carbonio.

Il legame covalente. Quando avviene una ridistribuzione degli elettroni esterni dei singoli atomi, in modo tale da aversi doppietti elettronici comuni a due atomi, si arriva a strutture elettroniche stabili. Se due atomi hanno uno o più doppietti elettronici in comune, allora sono tenuti insieme da legami covalenti. La messa in comune di un doppietto comporta la sovrapposizione di orbitali dei singoli atomi, più avviene la sovrapposizione, più forte sarà il legame. Ovviamente, dato che dipende tutto da come si sovrappongono gli orbitali, allora anche la direzione del legame dipenderà dal tipo di orbitale in gioco. Possono essere impiegati, nella formazione di un legame covalente, solo orbitali atomici con elettroni dispari, ovvero quelli occupati da un solo elettrone. Di fatti, anche nella formazione di un orbitale di legame vale il principio di esclusione di Pauli. Nel caso una molecola sia costituita da atomi uguali, il legame covalente viene indicato come legame omeopolare. I legami omeopolari. Vediamo cosa succede nell’assetto elettronico quando atomi dello stesso elemento si combinano mediante un omeopolare per la formazione di molecole mononucleari, prendendo come esempio H2. La configurazione elettronica dell’idrogeno è 1s1 e può essere rappresentata come H o raffigurandone lo spin con una freccia. Quando due atomi di idrogeno danno luogo ad una molecola di H2, ogni atomo contribuisce con il suo elettrone alla formazione di un doppietto elettronico in cui gli elettroni hanno spin opposto. Possiamo dunque rappresentarla come H2 o H:H, la coppia di elettroni condivisa costituisce la coppia di elettroni covalente (chiamata doppietto di legame) che tiene uniti atomi nella molecola. Possiamo visualizzarlo così:

Legami covalenti tra atomi di elementi diversi. Consideriamo l’unione di idrogeno e fluoro, che porta alla formazione di HF eteronucleare. Considerando la struttura elettronica: Il doppietto di legame nella molecola HF è costituito dall’accoppiamento dell’elettrone 1s dell’atomo di idrogeno con uno 2p z dell’atomo di fluoro, il legame è dovuto quindi alla parziale sovrapposizione lungo l’asse internucleare degli orbitali citati.

Orbitali ibridi. L’orientazione spaziale di un legame viene ad essere determinata dal tipo di orbitali coinvolti nella formazione del legame stesso. Prendiamo come esempio la molecola BeF2 (fluoruro di berillio), la struttura elettronica del berillio, nel suo stato fondamentale è 1s2 2s2 dunque, non avendo elettroni dispari, non possono venire a formarsi legami covalenti. In questa molecola dunque il berillio non si tr...


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