Title | Appunti di lezione di Diritto tributario (unirc) |
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Course | Giurisprudenza |
Institution | Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria |
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appunti di lezione Diritto tributario, settore del diritto finanziario che regolamenta i tributi di ogni tipo....
"I principi costituzionali di riserva di legge e di capacità contributiva"
La POTESTÀ TRIBUTARIA si esplica nel potere attribuito allo Stato di istituire, disciplinare, applicare e riscuotere i tributi; in questo genus è possibile distinguere species di potestà volte alla creazione di un sistema normativo relativo al diritto tributario (cd. Potestà normative tributarie) e delle altre volte alla vigilanza dell’applicazione delle stesse (cd. Potere di imposizione). Per effetto dell’imposizione fiscale, il privato cittadino subisce una decurtazione patrimoniale denominata prestazione patrimoniale: il pregiudizio patrimoniale subito dal privato deve essere l’effetto principale, non accessorio ed eventuale, rispetto al conseguimento di finalità pubblicistiche e l’imposta deve risultare da “atto di imperio” o non da concorso con il privato. Il primo vagito di regolamentazione del tributo si individua tradizionalmente nella rivolta dei baroni contro la corona che portò alla concessione, da parte di Giovanni Senzaterra, della Magna Charta (1215). Essa fissava il cd principio del “NO TAXATION WITHOUT REPRESENTATION” che permise la nascita del primo modello di bilancio dello stato con il vincolo di destinazione delle somme prelevate, come conseguenza dell’affermazione del consenso espresso del popolo attraverso la posizione politica dei comuni contro la posizione di privilegio della nobiltà nei confronti del re. Ulteriori passaggi verso la modernità avranno luogo in Francia; ivi, infatti, per sostenere l’armamentario burocratico realizzato da Luigi XIV, si manifestò l’esigenza di dover elaborare un sistema normativo che assicurasse il pagamento periodico dei tributi ma si dovette attendere l’Ottocento affinché avvenisse l’importante riconoscimento di vere e proprie garanzie a favore del cittadino. Fu in tale contesto che maturò l’esperienza italiana dello Statuto Albertino che nell’art.30 recitava “nessun tributo può essere imposto se non è stato consentito dalle camere e sanzionato dal Re”. Tuttavia, bisogna considerare come anche l’influenza della dottrina pubblicistica tedesca, concernente la posizione di supremazia dello Stato, influì per arrivare all’attuale portata garantistica del consenso al tributo trasfusa nella nostra costituzione. Nel nostro sistema impositivo, fonte primaria del diritto tributario è la Costituzione che detta i principi che regolano il prelievo fiscale. Quelli che tratteremo di seguito sono: -
La riserva di legge (art. 23)
-
L’universalità dell’imposta e la progressività dell’onere tributario (art. 53)
-
L’uguaglianza relativa dell’onere tributario (art. 3)
-
Il principio di solidarietà politica, economia e sociale (art.2)
Nell’art. 23 della Costituzione è stata introdotta la riserva di legge secondo la quale “Nessuna prestazione personale e patrimoniale può essere imposta, se non in base alla legge”.
Poiché le prestazioni di cui alla norma costituiscono delle limitazioni alla libertà personale (13 Cost.), il costituente stabilisce che solo la legge, per le garanzie che offre, può imporle stabilendo quindi una specifica riserva di legge in merito all'imposizione di prestazioni personali o patrimoniali nei confronti del cittadino. Ciò al fine di evitare che ad egli possa essere arbitrariamente imposto un obbligo di fare o di dare qualcosa senza che l'entità ed il contenuto della prestazione sia desumibile dai criteri stabiliti dalla legge: si tratta perciò di uno strumento di garanzia per far in modo che il prelievo trovi la sua legittimazione solo nella legge e la Costituzione ha attribuito solo al legislatore la competenza riservata in materia di imposizione fiscale. Da ciò discende che solo il Parlamento può disciplinare le politiche delle imposte. Il termine “legge” è assunto nell’art. 23 Cost. per indicare non solo la legge statale ordinaria ma ogni atto normativo avente efficacia formale di legge (dl, dlgs); tuttavia anche la legge regionale soddisfa l’art. 23 Cost., ovviamente nei limiti costituzionali della potestà legislativa. Problema particolare sorge per il rapporto tra riserva di legge e fonti comunitarie, in particolare con i regolamenti. La risoluzione viene fornita dalla stessa Corte Costituzionale la quale sottolinea apertis verbis che non sussiste alcun contrasto tra l’art. 23 e le norme comunitarie sull’argomento dal momento che l’Italia, avendo aderito al trattato istituito dalla Comunità Europea, ha accettato una limitazione della propria sovranità ai sensi dell’art 11 della costituzione la quale comporta una deroga non solo alle norme costituzionali in materia di potestà legislativa, ma anche per quelle in materia di riserva di legge ed ancora che l’ordinamento giuridico dell’UE e quello interno di ogni singolo stato membro sono sistemi giuridici autonomi, distinti, ancorché coordinati secondo ripartizione di competenze stabilite e garantite dal trattato, per cui i regolamenti hanno un proprio ambito di operatività. In quest’ottica è sempre ammesso un intervento della Corte Costituzionale ogni qualvolta ci siano situazioni di contrasto. Ma essendo tale riserva di legge RELATIVA e NON assoluta è sufficiente che la legge disciplini gli aspetti fondamentali, di converso parte della materia tributaria sarà disciplinata da norme di rango inferiore quali ogni atto normativo avente efficacia formale di legge, escludendo la legittimità di norme aventi valore di legge ordinaria che contrastino con essa. Infatti per quanto concerne i Rapporti tra fonti statali e fonti regionali: - le regioni non possono duplicare tributi statali o creare tributi che abbiano natura di sovraimposta rispetto ad essi; − le regioni possono istituire tributi soltanto se aventi presupposti radicati nelle materie di esclusiva competenza regionale, a mente dell’art. 117, comma 4, Cost.;
− tali tributi devono essere strumentali al fine di fornire all’ente locale le risorse finanziarie necessarie per il perseguimento dei propri fini istituzionali. La parte del tributo che deve essere disciplinata con legge è solo quella di diritto sostanziale che concerne la norma impositrice. Tale presupposto va visto alla luce di due logiche di fondo: certezza del diritto e tutela della libertà e della proprietà dei cittadini. È indispensabile che sia la legge ad indentificare gli elementi necessari per identificare le prestazioni (an debeatur) cioè il fatto al verificarsi del quale le prestazioni diventano dovute ( presupposto impositivo), i soggetti passivi obbligati ad effettuare le prestazioni ( contribuente) e la misura del tributo (determinazione aliquota e base imponibile). Per quanto riguarda la misura del tributo ( quantum debeatur) risulta normativamente possibile che la legge fissi i massimi e/o i criteri di determinazione e poi spetterà all’Ente minore disciplinare in tal senso. Si evince così che il contenuto minimo, al di sotto del quale la riserva non è rispettata, che deve essere necessariamente demandata alla legge dello stato è composto da: i SOGGETTI PASSIVI, il PRESUPPOSTO, l’ALIQUOTA e la BASE IMPONIBILE (criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell’Ente impositore, in maniera tale da non lasciare la determinazione della prestazione all’arbitrio dello stesso). L’art. 23 riservando una parte della materia tributaria alla legge, opera come strumento di garanzia della partecipazione del singolo alle scelte effettuate in materia fiscale e precisamente:
1. consente principio attribuisce
un di
pieno
rispetto
democraticità
all’intero
del 2. assicura un’attenta ponderazione 3. fa sì che il tributo,
perché
parlamento
il
da
parte dei
parlamento,
due
rami
essendo della
del l’iter
legge
introdotto con legge, possa essere
compito di legiferare sul punto (con i
formativo
regolamenti solo il governo avrebbe
complesso e lungo rispetto ad
soggetto al
voce in capitolo) e quindi garantisce che
esempio
sindacato della
l’imposizione delle prestazioni sia il
regolamenti che
risultato della consultazione di tutta la
immediati.
all’emanazione sono
più
essendo esso
dei
invece
corte costituzionale.
collettività.
Nell’attuale sistema istituzionale, la ratio del principio non si sostanzia unicamente nella tutela della libertà individuale e dell’integrità patrimoniale del singolo: la riserva di legge risponde oggi anche ad una esigenza di tutela delle minoranze parlamentari (non rappresentate nell’esecutivo) a fronte di possibili scelte tributarie suscettibili di pregiudicare diritti od interessi di cui sono
portatrici. Riservando gli interventi in materia tributaria al legislatore ordinario, la minoranza è in grado di incidere sull’assetto complessivo del sistema tributario, mentre ciò sarebbe escluso in mancanza di una riserva di legge. Il legislatore non gode di assoluta discrezionalità in sede di formulazione delle norme tributarie, data l’esistenza di limiti costituzionali. Il più importante deriva in tema di capacità contributiva che rappresenta l’attitudine alla contribuzione ai carichi pubblici. Il principio di capacità contributiva è espresso nella Costituzione Italiana all’ articolo 53 con la formulazione “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. La previsione è innovativa rispetto all’art.25 dello Statuto Albertino che obbligava a concorrere alle spese della comunità solo i “regnicoli”. Dalla nuova formulazione, deriva una portata ben più ampia del principio che estende il dovere tributario anche ai soggetti che, seppur non stabilmente legati allo stato, sono tuttavia titolari di manifestazioni economiche idonee a consentirne il concorso alle pubbliche spese. Per quanto concerne invece il punto centrale della norma costituito dal riferimento alla capacità contributiva, nello statuto Albertino si parlava di “averi”, nozione che si riferiva coerentemente all’economia dell’epoca, ovvero, ai possedimenti fondiari, mentre Il concetto di capacità contributiva di cui all’art.53 è chiaramente una nozione molto più ampia. Occorre osservare, innanzitutto, che il principio sancito dall’art. 53 Cost presenta un duplice significato normativo: da un lato stabilisce che tut debbono concorrere alle spese pubbliche, affermando un criterio di universalità correlato con i doveri inderogabili di solidarietà (art. 2) per il quale quindi, non solo i cittadini italiani devono concorrere alla spesa pubblica, ma anche gli stranieri e gli apolidi che risiedono nel nostro paese o che vi possiedono dei beni; dall’altro il principio di capacità contributiva il quale specifica che non si è tenuti a partecipare alla spesa pubblica nella misura in cui si usufruisce dei servizi pubblici bensì limita il potere legislativo in materia fiscale stabilendo che il legislatore può imporre tributi solo ed esclusivamente in ragione della capacità contributiva dei soggetti passivi che finiscono, così, per essere tutelati. Il combinato disposto tra art. 53 Cost. ed art. 3 Cost dà luogo al principio di eguaglianza tributaria in base al quale la Corte costituzionale afferma che tale principio postula trattamenti uguali di situazioni uguali, trattamenti diversi di situazioni diverse; in materia tributaria significa “tassazione uguale di situazioni uguali” e di conseguenza trattamenti diseguali dove la capacità contributiva è diversa. Inoltre spetta al legislatore stabilire se due situazioni sono uguali o diverse ma la Corte può
sindacare le scelte discrezionali del legislatore se queste sono irragionevoli. Il principio di uguaglianza esige che la legge non detti discipline contraddittorie; esige, cioè, coerenza interna alla legge perché ci si riferisce ai casi nei quali la contraddizione emerge rispetto a situazioni che lo stesso legislatore mostra di considerare eguali. Il problema del rispetto del principio di uguaglianza non si pone soltanto per le norme impositive ma anche per le norme agevolative (dove agevolazione significa qualsiasi norma di favore). Il legislatore può concedere agevolazione se ciò risponde a scopi costituzionalmente riconosciuti; in sostanza, se il trattamento differenziato trova giustificazione in una norma costituzionale. Di solito, le questioni di costituzionalità sorgono non in quanto si giudica incostituzionale una norma agevolativa, ma in quanto si ritiene contrario al principio di uguaglianza che una certa agevolazione sia accordata ad una certa categoria di soggetti o di fatti imponibili, e non sia accordata ad altre categorie. Le norme agevolative sono norme di deroga rispetto al regime ordinario e che derivano, perciò, da scelte legislative discrezionali che possono essere censurate dalla Corte solo nei modi e nei limiti in cui si svolge il sindacato sulle scelte discrezionali, ossia come giudizio sulla ragionevolezza delle scelte legislative. Tale riferimento, esprime l’esigenza di una stretta relazione tra imposizione tributaria ed economia, imponendo al legislatore, nella costruzione della fattispecie tributaria, un costante riferimento alla sostanza economica del fatto assunto quale base dell’imposizione:
da un punto di vista oggetvo
da un punto di vista soggetvo
il fatto a rilevanza tributaria il fatto deve identificare una capacità del soggetto cui il fatto è riferibile, deve
rappresentare
fenomeno
un di rendersi compartecipe. Non tutta la ricchezza infatti può essere
suscettibile
apprezzamento economico
di assoggettata a imposizione, si pensi alla no tax area, ovvero, a quei soggetti che non sono tassati in quanto il loro reddito (10 mila euro annui) si ritiene necessario al sostentamento dell’individuo stesso e quindi non idoneo a sostenere anche le necessità della collettività
Per fare ciò si deve tenere in considerazione due tipi di indici idonei a manifestare la disponibilità economica del soggetto quali quelli:
DIRETTI: il reddito complessivo, il patrimonio complessivo, la spesa complessiva;
INDIRETTI: gli incrementi patrimoniali, gli incrementi del valore del patrimonio.
Le spese che sono “finanziabili” sono quelle che non possono essere divise, cioè i servizi indivisibili. A ciò bisogna aggiungere i contributi di miglioria specifica che determinano nuova ricchezza e vengono assimilati al modello dell’imposta. La giurisprudenza costituzionale, nell’ambito di diverse pronunce, ha individuato 2 requisiti fondamentali della capacità contributiva: l’effettività e l’attualità EFFETTIVITA’
ATTUALITA’
la fattispecie tributaria deve essere strutturata è stato elaborato con riferimento alle fattispecie di imposizione sulla base di fatti economici effettivamente retroattive o anticipate, e afferma la necessità di garantire la riscontrabili e non meramente affermati o
sussistenza di un ragionevole collegamento tra il momento
presunti →
impositivo e quello della manifestazione della capacità
se si consentisse di porre alla base del tributo contributiva
poiché
una
dilazione
temporale
rilevante
un fatto meramente presunto si svuoterebbe di condurrebbe ad una tassazione su una forza economica non contenuto del principio in quanto si andrebbe a ancora sorta o non più esistente: colpire una situazione priva di concretezza fattuale.
l’imposizione tributaria non può colpire situazioni che, in virtù della loro collocazione temporale in un’epoca troppo
Il requisito della effettività pone dunque dei
remota o in un lontano futuro rispetto al momento della
limiti all’utilizzo di presunzioni in materia
prestazione tributaria, non siano tali da assicurare al
tributaria.
soggetto
Per il legislatore non è sempre facile individuare
all’obbligazione posta a suo carico.
passivo
le
risorse
con
cui
adempiere
le ipotesi di ricchezza da colpire (il legislatore non sa quanta ricchezza ha il soggetto, è il soggetto che dice quanta ricchezza ha attraverso la dichiarazione dei redditi) e pur di assicurare il gettito, ricorre alle presunzioni. Queste si possono considerare legittime, solo se rispettano le condizioni delineate dalla corte cost:
La corte costituzionale, elaborando il requisito in esame, ha voluto limitare i fenomeni della retroattività dell’imposizione tributaria e dell’imposizione anticipata rendendole ammissibili solo a determinate condizioni.
imposizioni anticipate → si ammette generalmente la legittimità degli acconti d’imposta, che i soggetti passivi di tributi periodici sono chiamati a versare in corso d’anno, poiché questi sono commisurati all’ammontare del tributo
1. deve partire da fatti chiari e noti di ricchezza 2. deve essere relativa e non assoluta, si deve ammettere cioè la prova contraria.
previsto. Si può dubitare della sussistenza del requisito dell’attualità quando l’anticipazione del prelievo è tale da impedire una previsione attendibile circa la sussistenza e
l’ammontare del debito impositivo futuro. Il caso della MINIMUM TAX: il legislatore aveva
retroatvità→ in linea di principio il prelievo su forme di
presunto che le imprese e i professionisti
ricchezza manifestatesi in passato non è di per sé in
fossero
un
contrasto con l’art.53 cost, potendo queste ricchezze
determinato reddito in presenza di certe
permanere anche in seguito nella disponibilità del soggetto
condizioni e pertanto dovevano dichiarare
passivo. È necessario valutare le singole fattispecie: il
almeno il reddito minimo stabilito. E se in realtà
tributo può essere retroattivo quando il lasso di tempo tra
l’imprenditore
quel
il momento di produzione della ricchezza ed il momento di
minimo previsto? Non si ammetteva prova
imposizione non sia così ampio da far ragionevolmente
contraria. → la corte cost ha dichiarato la norma
ritenere che quella ricchezza non è più presente nel
illegittima perché colpiva una ricchezza che
patrimonio del soggetto.
necessariamente
titolari
guadagnava meno
di
di
poteva non essere effettiva e non ammetteva prova contraria.
Significativo è il caso sottoposto al vaglio della consulta con
Le presunzioni devono essere limitate e si possono ammettere solo se relative.
riferimento all’applicazione dell’IRPEF alle plusvalenze derivanti dagli indennizzi conseguenti ad espropri effettuati dalla PA fino ai 3 anni precedenti →la consulta ha ritenuto la previsione del
Altra problematica riguarda la forfettizzazione della base imponibile del tributo, come ad es avviene nell’ambito dell’imposizione dei redditi fondiari, che vengono assoggettati al prelievo quale “reddito medio ordinario” riferibile al cespite
immobiliare,
a
prescindere
legislatore non contrastante con il requisito dell’attualità in quanto il termine triennale di retroattività consentiva di presumere la permanenza della capacità contributiva. Inoltre in tal caso, ha sancito anche la “prevedibilità” della imposizione del tributo.
dalla
effettiva percezione, da parte del ...