Tartoficoltura - appunti di lezione PDF

Title Tartoficoltura - appunti di lezione
Author Alessandro Semeraro
Course Genetica agraria e miglioramento genetico vegetale
Institution Università degli Studi di Perugia
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appunti di lezione...


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TARTOFICOLTURA Fondamenti di Tartuficoltura La tartuficoltura si realizza mediante la messa a dimora e successiva coltivazione di piante micorrizate (piante tartufigene) con la specie di tartufo che si intende coltivare. REGNO DEI FUNGHI Sono uni o pluricellulari con cellule uni o plurinucleate , eterotrofi : parassiti , saprotrofi , simbionti ( con alghe per formare i licheni , con piante per formare le micorizze ). Hanno parete con micosina ( cioè chitina vegetale) possono essere pluricellulari disposti in ife che se non tante compongono il micelio . setti con corpi di woronin ( ascomicite) e setti con dolipore ( basidiomiceti ). MICORIZZA • Frank (1885): micelio fungino che infetta l’apparato radicale e favorisce il nutrimento della pianta • Bonfante (2003): associazione mutualistica di radici e funghi simbionti appartenenti ad ascomiceti e basidiomiceti • Martin e Schawb (2012): associazione di organismi che vivono insieme, anche non mutualistica FUNGHI MICORIZZICI L’elevata capacità del fungo di estrarre le risorse necessarie dal suolo aumenta l’accessibilità della pianta ai nutrienti (nitrati e fosfati, ma anche zinco, manganese e rame) e all’acqua. I nutrienti, come anche altri metaboliti utili, passano alla pianta migliorando la sua performance produttiva e il suo accrescimento,

la pianta da parte sua fornisce carboidrati al fungo . Nutrienti scambiati sono 80% di Azoto e Fosforo per le piante è fornito dai funghi micorrizici circa 50.000 specie di funghi micorrizici vivono in simbiosi con circa 250.000 specie di piante . Multifunzionalità dei funghi micorrizici sviluppo della produttività in ecosistemi naturali ed agrari sopravvivenza dei semenzali - decomposizione della lettiera in bosco - formazione e aggregazione del suolo - resistenza alla siccità, metalli pesanti, patogeni, - influenza nella competizione con altre piante - influenza nella struttura e diversità delle comunità vegetali - produzione di sporocarpi eduli Ectomicorrize Mantello o micoclena e Reticolo di Hartig, ife peritrofiche, cistidi Endomicorrize Arbuscoli, vescicole, gomitoli, appressori, ife intere intracellulari Divis. Ascomycota Classe Pezizomycetes Pluricellulari con micelio settato, spore endogene, prodotte dentro particolari cavità chiamati aschi, portati in ascocarpi o ascocarpofori. Ascocarpi di origine gametofitica (apotecio) Ciclo ontogenetico aplodicarionte Il ciclo aplodicarionte comincia dall’aplofito ovvero gametofito (n) che forma due gameti (N) per gamia si uniscono (n+n) dopodichè abbiamo un seugide (N+N) e poi abbiamo un dicariofito sempre (n+n) che poi per meiosi formeranno 4 sporte n.

Ciclo del tartufo Natura eterotallica di alcune specie di tartufo: necessità dell’interazione tra due partner sessuali per completare il ciclo biologico e quindi avere la fruttificazione . è fromato da peridio, gleba , aschi ed spore . PERIDIO: può essere verrucoso con verruche più o meno pronunciate, areolato, pubescente oppure liscio. I caratteri morfologici quali: la struttura, il colore, la consistenza, l’aspetto sono caratteri tassonomici importanti. Il colore varia a seconda della specie e, nell’ambito della stessa specie, a seconda dello stadio di maturazione. Il peridio può essere costituito da verruche più o meno sviluppate, quando sono molto appiattite prendono il nome di areole, può essere liscio o finemente pubescente. In generale i tartufi vengono divisi in due gruppi: • a peridio scuro, nerastro e verrucoso • a peridio chiaro, liscio o finemente pubescente GLEBA • LE VENE STERILI sono formate da un intreccio piuttosto lasso di ife sottili, ramificate, settate ed anastomosate, sfociano verso l’esterno e sono collegate a ciuffi di ife che assicurano gli scambi metabolici con il substrato durante la fase saprofitica di accrescimento dei carpofori. • LE VENE FERTILI costituiscono l’imenio del carpoforo, in esse infatti si sviluppano gli aschi. Assumono il colore delle spore mature in massa. La maturazione delle spore non è contemporanea per cui nello stesso carpoforo maturo possiamo trovare aschi con spore traslucide, quindi immature e aschi vuoti.

L’ASCO è una cellula di forma globosa o allungata generalmente munita di un peduncolo più o meno evidente. Deriva dallo zeugide all’interno del quale si ha la fusione di due nuclei aploidi di polarità sessuale opposta con formazione di un nucleo diploide. Il nucleo diploide subisce la divisione meiotica dando origine a nuclei aploidi da cui si differenziano le ascospore. Nella maggior parte degli ascomiceti le ascospore all’interno di un asco sono 8 e sono disposte in maniera ordinata. In Tuber il numero delle spore per asco è generalmente inferiore a 8, da 1 a 5. Aschi ottosporici sono frequenti nelle seguenti specie: T. panniferum, T. malençonii, T. regianum, T. pseudoexcavatum. Le ASCOSPORE, hanno forma ovale, rotondeggiante o allungata a seconda delle specie; il colore varia in base al grado di maturazione: ialine da immature più o meno colorate a maturità, infine in alcune specie sono traslucide in altre opache. Le spore sono sempre rivestite da uno strato esterno variamente ornamentato che prende il nome di episporio. L’episporio può essere generalmente di due tipi: • Aculeato, quando le ornamentazioni sono costituite da aculei più o meno robusti • Reticolato o Alveolato, quando le ornamentazioni sono costituite da un reticolo più o meno regolare e completo Cap.2 Nelle tartufaie naturali di una determinata specie di tartufo si studiano: •suolo •clima •caratteri fisiografici: altitudine, esposizione, inclinazione •flora e vegetazione

Tuber melanosporum Vittad. • Areale di distribuzione esclusivamente europeo, Francia, Spagna e Italia. In Italia le regioni più produttive sono: Umbria, Marche, Abruzzo, Lazio, ma anche Veneto, Trentino, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Molise. • Areale di produzione molto più vasto: a nord in Germania, a sud in Marocco, a est in Turchia e nell’emisfero australe in Nuova Zelanda, Australia, Cile e Sud Africa Predilige versanti soleggiati di collina e montagna con terreni poco profondi, permeabili e strutturati, ricchi di scheletro (80%), franco-argillosi, con densità apparente pari a circa 1,1 e ricchi di carbonato di calcio. Il pH varia da 7,5 a 8,5. Le escursioni termiche stagionali sono notevoli • Suoli calcarei dell'Era Secondaria (Mesozoico) in particolare Cretaceo, Giurassico, Triassico, più raramente vive in terreni marnosi dell'Era Terziaria (Cenozoico). • Si tratta di terreni ben drenati per le fessurazioni della roccia madre e per l'elevato contenuto di scheletro. • Lungo il profilo, che è più o meno profondo, sono presenti detriti della roccia madre che costituiscono una continua sorgente di calcio. • La terra fine contiene sabbia, limo ed argilla ripartiti in buona proporzione; la tessitura è franco-limosa o francoargillosa. • L'argilla gioca un ruolo importante nella fissazione degli ioni scambiabili (calcio, potassio e magnesio) e mantiene a lungo l’umidità nel terreno.

• La struttura è stabile ed è caratterizzata da piccoli aggregati che assicurano una porosità ottimale ed una buona permeabilità. Clima sub-mediterraneo con un limitato periodo di aridità estiva. Precipitazioni annue: 600-900 mm, ben ripartite così da permettere una pronta ripresa dell'attività delle micorrize e una buona crescita del micelio (piogge primaverili), un'abbondante fruttificazione (temporali estivi intermittenti) ed infine le piogge autunno-invernali assicurano l‘accrescimento e la maturazione dei carpofori. La siccità prolungata nei mesi di luglio-agosto è responsabile di annate poco produttive. Diagramma termoluviometrico di Spoleto Diagramma termopluviometrico di Norcia precip temp temp precip Orografia: altitudine da 100 metri s.l.m. nelle zone più settentrionali a 1000 metri s.l.m. nelle zone più meridionali. In seguito ai cambiamenti climatici l’altitudine è in aumento. Pendenza ed esposizione possono variare da un ambiente all'altro, anche se sono prevalenti inclinazioni medie del terreno ed esposizioni a sud e ovest. Topografia: altopiani, pianori cacuminali o pendici dei versanti; quasi mai nei fondovalle o lungo i fossati. La tartufaia può essere presente presso piante isolate, soprattutto querce in terreni agricoli, in ex coltivi e nelle radure di boschi dove il terreno è bene illuminato e riscaldato dal sole. La copertura vegetale delle tartufaie naturali è sempre abbastanza limitata: risulta indispensabile il soleggiamento del terreno La Vegetazione delle tartufaie è caratterizzata dalla presenza quasi costante di alcune specie arboree, arbustive ed erbacee. La specie arborea simbionte con più alta frequenza nelle tartufaie (80%) è la roverella (Quercus pubescens). Altre specie simbionti sono: il leccio (Quercus ilex), il cerro (Quercus cerris), il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il nocciolo (Corylus avellana), ma anche la farnia (Quercus robur), la rovere (Q. petraea) ed i tigli

(Tilia sp-pl.) Le Specie arbustive più frequenti sono: Juniperus communis, Juniperus oxycedrus, Prunus mahaleb, Spartium junceum, Prunus spinosa, Crataegus monogyna, Cornus sanguinea, Cistus incanus, Cistus salvifolius. È caratteristica la formazione del pianello: area circostante la pianta simbionte priva o quasi di vegetazione erbacea per l’azione fitotossica esplicata dal micelio del tartufo I tartufi si formano in prevalenza all’interno del pianello e al loro bordo in vicinanza della parte inerbita. Il pianello costituisce un problema per la sopravvivenza della tartufaia perché permette di individuare le tartufaie anche senza l’ausilio del cane. Il fenomeno della “zappatura” dei pianelli è molto frequente: sono asportati tutti i carpofori (maturi e non) compromettendo il delicato microhabitat della tartufaia.

Tuber magnatum Pico Areale di distribuzione: Italia, Slovenia, Croazia, Serbia e Montenegro, Ungheria, Romania e ?Francia? In Italia le regioni più produttive sono: “Piemonte”, Basilicata, Molise, Umbria, Marche, Abruzzo, Emilia Romagna, Toscana e Lazio (?Sicilia?). E’ in grado di svilupparsi in una ristretta gamma di condizioni chimico-fisiche del suolo, prediligendo determinati pedoambienti. Predilige zone di fondovalle o boschi di versante, con terreni profondi poco strutturati, poveri di scheletro, sottoposti a frequenti esondazioni, soffici e permeabili; tessitura franca; densità apparente da 1,0 a 1,1; pH da 7,5 a 8,5; ricchi di carbonato di calcio. Il suolo deriva da un substrato litologico abbastanza omogeneo, costituito da: - arenarie (substrato con

notevole quantità di sabbia rinsaldata da sostanza cementante), marne (substrato in cui calcare ed argilla sono nella stessa quantità), - calcari marnosi (in cui la percentuale del carbonato di calcio prevale sull'argilla), -marne argillose (in cui l'argilla predomina sul carbonato di calcio) Clima sub-mediterraneo con limitato periodo di aridità estiva o sub- continentale dove la curva delle precipitazioni non scende mai sotto quella delle temperature. Nelle zone di produzione naturale si ha una buona distribuzione delle piogge durante tutto l'anno. Mentre nel tartufo nero non ci sono differenze tra il clima generale e quello che si realizza sulla tartufaia, nel caso del tartufo bianco il microclima delle tartufaie spesso è molto diverso dal clima generale. La temperatura del suolo ha variazioni giornaliere e stagionali molto inferiori a quelle dell'aria a causa dell’ombreggiamento e della pacciamatura formata dalla lettiera. Orografia: Tuber magnatum si sviluppa e fruttifica a quote comprese tra il livello del mare fino a 600 m. circa Alla stessa quota le stazioni di produzione possono avere diverse esposizioni, tuttavia, si localizzano di preferenza nei fondovalle freschi e lungo i fossati, cioè dove c’è un apporto continuo di umidità T. magnatum non manifesta in nessun modo la sua presenza. La copertura vegetale delle tartufaie naturali è sempre molto elevata e pluristratificata: il terreno non è mai esposto al soleggiamento. Le escursioni termiche sono limitate. Vegetazione: in nord Italia pioppete artificiali, filari di pioppo e salice lungo le sponde di corsi d'acqua, o lungo le strade e solo raramente boschi misti. Nel Centro Italia: boschi naturali misti di latifoglie dove comunemente troviamo specie della fam. Salicaceae. In questi ambienti le tartufaie naturali si trovano

all'interno o al margine del bosco ceduo misto, al margine di strisce di vegetazione profonde qualche decina di metri, residuo di boschi preesistenti alla trasformazione in terreno agrario. Principali specie simbionti per Tuber magnatum Aree pedemontane: in prevalenza Populus tremula Aree collinari: in prevalenza roverella (Quercus pubescens), cerro (Quercus cerris) e carpino nero (Ostrya carpinifolia) Terreni profondi di pianura: farnia (Quercus robur), tigli (Tilia cordata, Tilia platiphyllos, Tilia x vulgaris) e nocciolo (Corylus avellana) Nei fondovalle e fossati: pioppi (Populus alba, Populus nigra) e salici (Salix alba, Salix caprea, Salix viminalis) Ecologia sovrapponibile a Tuber macrosporum

Tuber aestivumVittad. • Areale di distribuzione È una specie diffusa in tutta Europa ed oltre (dall’Inghilterra alla Turchia, all’Iran, al Marocco), ed è certamente il tartufo più diffuso in Italia e quello che si sviluppa nelle più varie condizioni pedoclimatiche. La grande variabilità ambientale lascia supporre l’esistenza di ecotipi diversi adattati a differenti situazioni ambientali • Areale di produzione: dalla Svezia al Marocco Predilige zone di medio versante o di pianura, con terreni anche compatti, ma senza ristagno idrico. Il pH può variare da 6,5 a 8,4 e il contenuto di calcare può essere anche scarso, ma con presenza di scheletro calcareo. Suoli: preferisce i terreni calcarei, pur essendo possibile raccoglierlo anche in terreni decalcificati, purché sia presente dello scheletro calcareo. Origina pianelli più o meno evidenti e si rinviene anche nei boschi di latifoglie ed in pinete abbastanza

dense. A differenza del tartufo nero pregiato, non sempre produce il “pianello”, in particolare in presenza di densa vegetazione arborea e di pascolo. Fondamentale sembra essere il ruolo svolto da quest’ultimo nel contenimento della vegetazione erbacea ed arbustiva; nelle aree non più frequentate dagli animali si assiste ad un progressivo decremento di produzione. Non sono state rilevate particolari preferenze nei riguardi dell’esposizione né del grado di copertura della vegetazione Il tartufo scorzone, pur trovandosi frequentemente in suoli a reazione debolmente (pH 7,4 – 7,8) e moderatamente alcalina (pH 7,9 – 8,4), rispetto ai tartufi più pregiati è anche in grado di fruttificare in condizioni di neutralità (pH 6,6 – 7,3). È un tartufo che tendenzialmente si sviluppa piuttosto in superficie, talvolta è visibile direttamente sul terreno, ma si può rinvenire anche a 30 cm di profondità. Specie dotata di notevole plasticità ambientale, può essere coltivata in quasi tutti i terreni, purché abbiano reazione da neutra a subalcalina e non siano fortemente compatti. Abbondanti produzioni di scorzoni sono state ottenute in alcuni rimboschimenti eseguiti nell’Italia centrale utilizzando piantine non micorrizate di latifoglie e di conifere, sia in purezza, sia consociate tra loro. La copertura vegetale delle tartufaie naturali è media: si tratta di boschi aperti. Può essere evidente un pianello non molto definito. Le specie simbionti più frequenti sono: Quercus pubescens Willd. Quercus cerris L. Quercus ilex L. Pinus sp. pl. Cistus sp. Pl

Tuber borchii Vittad

. Areale di distribuzione: molto vasto, si tratta di una specie dotata di notevole plasticità ambientale, potendo svilupparsi dal livello del mare fino ai 1000 metri di quota, su svariate tipologie di terreni, da quelli più sciolti e sabbiosi, come sono quelli delle pinete costiere, a quelli collinari argillosi. Si hanno anche segnalazioni di ritrovamenti di carpofori su terreni a reazione acida. Preferisce i boschi ad alto fusto di conifere, principalmente del genere Pinus (Pinus pinea, Pinus nigra e Pinus pinaster) e quindi le pinete costiere e i rimboschimenti delle zone interne eseguiti con conifere. Non mancano i siti legati ad ambienti antropici quali i filari di piante lungo le strade. Per tutti questi ambienti c’è una certa variabilità nella copertura arborea, anche se si può affermare che la preferenza è quella di avere una scarsa copertura di chiome Suolo - Il Bianchetto, è un tartufo poco esigente dal punto di vista nutrizionale. Molto importante il contenuto in calcare totale anche se esistono siti in cui il Bianchetto sembra poterne fare a meno, ma la presenza di calcare è in linea generale una sicurezza di maggior produzione e di migliore pezzatura. Un altro carattere da non sottovalutare è costituito dalla tessitura del suolo; il tartufo bianchetto preferisce terreni tendenzialmente sciolti (franco-sabbiosi, sabbioso-franchi e sabbiosi). Nei terreni più fini (franco-argillosi e franco-limosi) è spesso presente dello scheletro di tipo ghiaioso oppure un buon grado di aggregazione strutturale, che facilitano il drenaggio delle acque e l’aerazione del terreno Clima - Il bianchetto cresce e fruttifica un po’ in tutti i tipi climatici, fatta eccezione per il tipo “perumido” montano, non teme climi caldi e siccitosi, né climi rigidi e piovosi, tuttavia si rileva una certa preferenza per i climi più caldi. Da un punto di vista microclimatico preferisce le posizioni ben assolate e illuminate, suoli molto drenanti per

tessitura o presenza di scheletro, rifugge zone con inversione termica e con nebbie. Per quanto riguarda la morfologia dei siti, ad esclusione delle dune costiere, nelle zone più interne si localizza quasi esclusivamente nelle parti alte e medio alte dei versanti, in particolare sulle creste, in zone sommitali, prevalentemente di forma convessa e lineare, generalmente poco pendenti (0-15%), dove massime sono la perdita di acqua dal sistema, l’insolazione e l’esposizione ai venti. Gli habitat prevalenti del bianchetto sono le pinete costiere e i rimboschimenti di conifere nei versanti dell’entroterra, dove tuttavia non disdegna i querceti radi. Le principali specie simbionti sono: Pinus sp. pl. Cedrus sp. pl. Quercus pubescens Willd. Quercus cerris L.

Tuber uncinatum e Tuber mesentericum preferiscono versanti freschi e umidi di alta collina e montagna, con terreni anche decarbonatati, ma in presenza di scheletro calcareo. Gli ambienti preferiti sono la cerreta e la faggeta, fino anche oltre 1000 m slm. In sintesi: Le strategie cambiano, ma le principali esigenze rimangono le stesse: tutti i tartufi necessitano di suoli freschi (almeno in alcuni periodi dell’anno) e drenanti, ben aerati e saturati in cationi, sub-alcalini, con presenza di carbonati, ma alcuni di essi, o meglio alcuni loro genotipi, tollerano anche suoli prossimi alla neutralità e privi di carbonati. La produzione di tartufi pregiati in ambienti naturali è fortemente diminuita nel corso degli ultimi decenni (70% per il nero e 30% per il bianco) a causa di fattori naturali e sociali

La tartuficoltura si realizza mediante la messa a dimora e successiva coltivazione di piante micorrizate (piante tartufigene) con la specie di tartufo che si intende coltivare Salvaguardia della biodiversità locale e della risorsa tartufo Conservazione e gestione compatibile delle aree tartufigene Tartuficoltura in ambiente naturale Tartufaie controllate (legge 752/85) Tartufaie naturali sottoposte a interventi di coltivazione e miglioramento. La loro salvaguardia è importante anche per conservare la tipicità del tartufo locale, che si sta rapidamente perdendo. Tartufaie naturali in declino e conservazione Per i tartufi neri si perde la tipicità del territorio: la coltivazione è quasi sempre realizzata con piante unite in simbiosi con tartufi provenienti da altre zone tartufigene Per il tartufo bianco si perde completamente la risorsa naturale: la coltivazione non è ancora una realtà produttiva. Cosa fare? In ogni pianta produttiva naturale si è creato, nel tempo, un equilibrio tra tartufo, altri funghi simbionti, ambiente, pianta micorrizata, vegetazione limitrofa (alberi, arbusti, erbe) Perciò non possono essere indicati a priori gli interventi mig...


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