Appunti Marco Polo PDF

Title Appunti Marco Polo
Course Letteratura italiana II
Institution Università di Pisa
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Corso tenuto dal professor Ciccuto su Marco Polo ...


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Il Milione – Marco Polo Milione: titolo originale “Descrizione del mondo” Lingua originale: franco-veneto Prime indicazioni Il titolo “Milione” è un patronimico. E' il nome della famiglia di Polo, che veniva dalla Dalmazia e prima di emigrare a Venezia e vivere nel quartiere di San Paolo si chiamavano così da un capostipite: Emilione. Si potrebbe dire che non fu scritto da Marco Polo → era una persona mediamente alfabetizzata, quando parti 17enne Marco aveva fatto le scuole elementari. Non è pensabile che l'abbia composto lui, non sarebbe stato possibile per questioni oggettive, Marco avrebbe dovuto scrivere il Milione in carcere a Genova. Fortuna volle che nella stessa cella con lui ci fosse Rustichello da Pisa, uno scrittore professionista, probabilmente il vero autore materiale dell'opera. Marco ha messo a disposizione le sue nozioni. Nel corso degli anni i copisti hanno aggiunto e tolto capitoli a piacimento. Il Milione appare per la prima volta finestra su un mondo sconosciuto. Un po' di storia La rappresentazione cartografica più diffusa era la T.O. (Terrarum Orbis), periodo compreso tra il sesto e il dodicesimo secolo (alto medioevo). All'interno di un cerchio si iscriveva una T. Le braccia della T erano i fiumi, a sinistra il Don e a destra il Nilo, l'asta della T era il Mediterraneo. Le parti interne al cerchio rappresentavano le terre emerse, non in ordine costante. Al centro si raffigurava Gerusalemme. I primi ad andare a vedere furono ecclesiastici. II secolo d.c. Secondo a leggenda Giuda Tommaso andò in India per predicare e convertire. Una chiesa di San Tommaso esisteva a Bombay ai tempi di Marco Polo. Le notizie che i cinesi avevano dell'Occidente erano quelle fornite da alcuni pastori nestoriani. Venezia La politica marittima era obbligata, manteneva lo sbocco sulla terraferma, mancavano risorse, tranne quella del sale. C'era un elemento favorevole per ragioni esterne: mentre nel resto d'Europa i nobili si rifiutavano di dedicarsi al commercio, a Venezia la nobiltà si impegna proprio nel commercio. Addirittura i Dogi stanziavano delle somme per avere dei vascelli privati da dedicare al commercio. Nel 1077 un Doge fa un provvedimento per cui moltiplica tutte le somme guadagnate dai mercanti. Il lavoro di mercante si sviluppa quasi solamente a Venezia. I veneziani aiutavano i bizantini contro i saraceni. Si combatteva con i saraceni ma con spirito imprenditoriale i veneziani commerciavano con i saraceni. Venezia aveva così degli oggetti preziosi e unici. Si crea anche una favorevole condizione economica: Venezia fa circolare due regimi monetari, quello aureo e quello argenteo. Prologo Il milione ha due antefatti distinti.

Pagina 83: primo prologo Pagina 89: secondo prologo Questi due prologhi sono entrambi di Marco Polo e nessuno dei due è di Marco Polo, l'unica cosa certa è che non possiamo attribuirne a Marco solo uno, perché i due prologhi ci sono stati tramandati dalla tradizione manoscritta, per cui un gruppo di manoscritti fa iniziare l'opera col primo prologo, un altro gruppo di manoscritti fa iniziare l'opera invece dal secondo prologo. L'autografo, il testo originale è scomparso, non esiste più, esistono solo delle copie. Anzi, noi sappiamo che uscito dalle carceri di Genova, Marco rientrato a Venezia fece eseguire subito delle copie. Una per il doge ed una viene consegnata a un emissario del Re di Francia, che la porta a Parigi. Da questa copia discendono tante altre copie tra cui alcune arrivate fino a noi. Si deve supporre che sia un pezzo di testo abbastanza originale, invece il secondo prologo proviene da un manoscritto conservato alla Biblioteca di Firenze che è di tutt'altra tradizione. Ovviamente i manoscritti sono passati in mano a molti copisti, che hanno alterato il testo per diversi scopi, per questo abbiamo tante versioni diverse del testo di Marco Polo, in quanto i copisti hanno intenzioni diverse da quelle dell'autore, e quindi non rispettano l'originale. Il primo prologo ha un aspetto molto cortese, un po' cavalleresco, identifica un destinatario che non è quello a cui probabilmente aveva pensato Marco, Marco voleva tramandare ai veneziani, mentre nel prologo sono imperatori, signori e nobili, ossia alle persone a cui di solito indirizzava le sue opere Rustichello. Se vogliamo sapere come voleva il prologo Marco, dobbiamo andare al secondo prologo, l'autore di queste righe punta direttamente ai fatti dell'opera. Il primo prologo fu probabilmente aggiunto perché la copia era per il Re di Francia. Antefatti Con la figura del Grande Khan, che domina per 34 anni, si comincia a capire la struttura del Milione, che è sì un'enciclopedia sull'Oriente ma è anche una gigantesca rappresentazione di un mondo cavalleresco, dove attraverso tutta una serie di prove si confrontano due eroi: Marco Polo e Grande Khan. Vedremo addirittura che ci sono dei fili narrativi molto sottili evidentemente inseriti da Rustichello che costruiscono piano piano per piccoli tocchi una identità tra Marco e Persefal. La difficoltà degli interpreti è stata anche questa, è un testo che ha dentro di sé più codici rappresentativi, creano un coacervo di elementi che impediscono di collocare esattamente quest'opera tra le categorie usuali. Grande Khan → origini nomadi che inizialmente lo rendono inviso alla nobiltà tartara, tanto più che nel 64 Kubilai sceglie la sede del suo Impero, che non è più quella dei precedenti Khan, ma la fissa più a Sud, a quella che in tartaro si chiama Kambaluk, a due passi dall'odierna Pechino. Questo spostamento significa che il baricentro dell'Impero viene allontanato dalla Mongolia e avvicinato alla Cina, mossa strategica straordinaria; fino a quel momento la Cina aveva considerato i tartari come un esercito invasore: a questo punto invece Kubilai sceglie di amministrare l'impero attraverso i cinesi, cioè li integra e si integra nel mondo cinese. Costituisce una rete di funzionari che non sono più i rozzi tartari. Era stato il Khan a chiede di conoscere degli occidentali e i due Polo erano alcuni tra i tanti che aderirono. Il sovrano mostrò particolare attenzione a questi occidentali, un'attenzione dettata non tanto da uno spirito illuminato, ma da motivi strategici. Un anno dopo essere salito al potere Kubilai emana un editto in cui si stabilisce che tutte le zone dell'Impero devono essere amministrate da tre funzionari: uno mongolo, uno cinese e uno mussulmano. Non deve apparire strano che Kubilai interrogasse Niccolò e Matteo sui sovrano occidentali e sui

modi con cui questi governavano. E' evidente che nella mente del Khan c'è l'idea di trasformare questi occidentali in suoi ambasciatori verso l'Occidente. Investe ufficialmente i due fratelli di una missione al Pontefice, affida loro anche due lettere che sono ora conservate negli archivi vaticani, chiede una delegazione di dotti, che potesse raccontare poi agli orientali che cosa si studiava in Occidente, chiede anche una ampolla con l'olio della lampada del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La richiesta dei dotti veniva incontro all'esigenza di conoscere l'avversario e soprattutto avrebbero potuto istruire i tartari su come gestire il potere, inoltre questi dotti forse potevano insegnare nuove arti magici agli sciamani orientali per neutralizzare gli sciamani. Ai due Polo viene unito anche un delegato del Khan, un funzionario della cancelleria imperiale e nel 66 i due fratelli cominciano il viaggio di ritorno e portano in dono al Papa una stola confezionata con tessuto ignifugo, una tela di salamandra, come la chiamavano all'epoca. Si pensava fosse fatta con la pelle di salamandra, ma in verità era di amianto. Il dono più prezioso concesso all'ambasceria di ritorno sono però delle piastre d'oro con inciso il simbolo del Khan, l'aquila e il grifone, è una piastra da portare al collo, queste piastre sono un lasciapassare assoluto di cui si servirà anche Marco, chi le porta viene considerato allo stesso livello del Khan, deve ricevere ospitalità, qualsiasi cosa, ha anche diritto di vita e di morte sui funzionari che incontra, quindi è un lasciapassare per tutto l'impero del Khan. Grazie a questo i Polo viaggiano molto più spediti che non all'andata. Il cammino è più spedito ma i Polo son sempre dei mercanti, il loro viaggio di ritorno segue anche il calendario commerciale, nelle varie tappe che i fratelli Polo fanno vediamo che si fermano in determinati luoghi dove sapevano sarebbero arrivate determinate merci. Viaggio rapido ma comunque difficoltoso, tanto che a un certo punto il funzionario decide di non proseguire più. Nel 1269 i Polo arrivano in Turchia, nel Golfo di Alessandretta, che è il golfo davanti a Cipro. La città in cui si fermano è il più grande polo commerciale d'Oriente, si trovavano tutte le spezie, lo zucchero, i tessuti, le pelli, una grande quantità di schiavi. I Polo si spostano verso Sud e qui apprendono una notizia per loro negativa, ossia che il Papa Clemente IV era morto e il conclave per l'elezione del Papa esitava a nominare il nuovo Pontefice: ci metteranno due anni a nominarne uno nuovo. Il problema dei Polo ora era a chi consegnare il messaggio e le richieste del Khan, quindi i Polo sono costretti ad aspettare, attendere gli eventi, anche perché tornare dal Khan senza aver consegnato nulla, solo per commerciare, poteva essere pericoloso. Decidono di rientrare a Venezia. Niccolò si ritrova ora un figlio quindicenne: Marco. Aspettano gli eventi, intanto si placavano molti problemi, Venezia si era accordata con Genova, aveva stabilito dei rapporti molto stretti con gli Angioini di Napoli, a spese soprattutto di Manfredi, il figlio naturale di Federico II, inoltre c'era stata una tregua con Michele VIII Paleologo, imperatore di Bisanzio. Nel 1260 era diventato sultano d'Egitto un personaggio intrigante, singolare, che si chiamava Baibars, uno schiavo nato in Tartaria, in Mongolia, venduto all'emiro di Persia. Questo personaggio si era mostrato molto valente in guerra, anche brillando di spirito strategico, ed era stato, forse, il massimo artefice di due vittorie degli egiziani, dei mamelucchi egiziani, la vittoria sui franchi, cioè sugli occidentali e una vittoria anche contro i mongoli, anzi era stato lui a impedire l''affacciarsi dei mongoli sull'Egitto, sull'Africa, sul Medio-Oriente più vicino. Questo Baibars da mongolo diventa il campione dell'Islam. Diventa l'unico sovrano intenzionato a scalzare la presenza cristiano-occidentale nel MedioOriente e in Africa. E aveva anche rapidamente conquistato, grazie alla forza militare dell'esercito, importantissime piazze forti cristiane. L'Occidente organizza una crociata contro Baibars, solo che il capo della crociata era Enrico III d'Inghilterra, un sovrano logorato in patria dalle guerre civili, dalle contese con i baroni inglesi, che non se la sentiva

molto di intraprendere un'impresa così vasta. Tant'è che Enrico III passa il compito di bandire la crociata al figlio Edoardo, che è invece un personaggio molto energico, che chiama subito i britannici alle armi, anche se questa chiamata non ottiene un grande successo. Riesce a racimolare un migliaio di soldati, che nel 1270 partono dalle coste britanniche e strada facendo raccolgono altri armati, tra questi anche diverse centinaia di fiamminghi che vengono spinti alla crociata dall'Arcivescovo di Liegi, tale Tebaldo Visconti. Lo scopo di questa crociata era sbarcare in Africa settentrionale, possibilmente Egitto, per dar manforte al Re di Francia, che stava già combattendo nella zona di Tunisi. Proprio allora, siamo nel 1270, un'epidemia devastante, che è insieme di tifo, di colera e di peste, decima l'esercito crociato alle porte di Tunisi, lo stesso Re di Francia, Luigi IX, viene contagiato. Insomma, gli eventi fanno abortire la crociata, tanto che nell'inverno le milizie, i soldati crociati, restano in Sicilia a svernare, e in questo momento viene pianificata una nuova impresa, una nuova crociata, che questa volta dovrà puntare alla Palestina. Si era creata una situazione favorevole perché era morto il Khan di Persia, nel 1265, ed era stato sostituito da un successore, Abaqa. Questo Abaqa, che domina dal 1265 al 1282, è buddista, e simpatizzava per la cristianità, anzi una delle sue spose era nientemeno che la figlia dell'Imperatore di Bisanzio, Michele VIII Paleologo. Ecco che i crociati sperano, siamo nell'Ottobre del 71, nell'appoggio di Abaqa, e infatti questi mette a disposizione 10.000 cavalieri, li distacca lungo l'Eufrate e si prepara ad attaccare, assieme ai crociati, l'esercito mamelucco, il quale però sbaraglia sia le truppe crociate che le truppe mongole. Ecco quindi che il capo dei crociati, Edoardo, ha un'unica strada davanti a sé. A Cesarea, in Siria, viene sottoscritto l'armistizio, che è molto favorevole ai cristiani, perché lascia loro una sorta di protettorato, per ben dieci anni e dieci mesi, sulla zona libanese palestinese, con un corridoio privilegiato per arrivare a Nazareth. A questo punto la situazione sembra assestarsi in una certa tranquillità, ed ecco che intervengono gli Assassini, un emissario del Veglio della Montagna, travestito da cristiano, pugnala Edoardo, senza ucciderlo. Insomma, si capisce che non è aria per gli occidentali, inoltre succede un'altra cosa, e cioè i cardinali finalmente si risolvono a scegliere il papa, nel Concilio di Viterbo. Il neo-eletto è proprio Tebaldo Visconti, che allora si trovava in terra-santa, a Tripoli. Accetta l'investitura e prende il nome Gregorio X, è pontefice dal 1271 al 1276. I Polo si mettono in contatto con Tebaldo, sono i primi che riconoscono l'autorità pontificia, ora possono compiere la missione che era stata loro affidata dal Khan e quindi consegnano le credenziali, le richieste, al nuovo papa, e riescono a farsi quasi nominare ambasciatori ufficialmente, quasi perché non si capisce bene se i Polo tornano indietro solo per onorare la professa fatta al Khan, oppure per commerciare ancora meglio, o per lasciare in estremo Oriente un membro della famiglia (Marco) che possa curare gli affari, o se effettivamente ci sia stato da parte della cristianità un incarico vero. Edizione critica Dal proemio sappiamo che il libro nasce da quello che si chiama un patto tra due autori, un accordo in cui chi detta dice una cosa e chi scrive ne scrive un'altra. Ma questo di comune accordo, sulla base di un patto tra i due, per cui Marco che detta sa di dover passare le sue notizie, le nozioni che fornisce attraverso il filtro di un altro autore, di un'altra mente, di un'altra cultura. E' da questo patto stipulato nelle carceri di Genova che nasce il più famoso libri di viaggi della nostra letteratura. Questo lo sappiamo, sono però tantissime le cose che ancora non sappiamo. Luogo e data di composizione, tanto per cominciare, così come noi non conosciamo né conosceremo mai l'originale dell'opera, il così detto autografo. Nessun codice di quelli che noi possediamo conserva la redazione originale. Tutti i manoscritti

tramandati dimostrano che questo originale è stato usato come una sorta di canovaccio da cui si è partiti ogni volta per realizzare varie modificazioni dell'opera. Sono più di 130 i manoscritti che ci hanno tramandato il testo del Milione, questo insieme di manoscritti sono stati studiati da uno studioso che avrebbe pubblicato nel 1928 la prima edizione critica. Ha creduto di poter riconoscere in un manoscritto francese il testimone storico più importante da cui partire per poter ricostruire il testo originale. La situazione è strana perché questo codice dal punto di vista della struttura è molto mediocre, è lacunoso, mancano dei capitoli che invece ci sono conservati da altre copie, è molto scorretto, inverte le parti, fa delle aggiunte; quindi è un testo dal punto di vista della struttura lontano dall'originale. Perché ha scelto proprio questo come base? L'ha scelto dal punto di vista linguistico, perché la veste linguistica e stilistica del Milione tramandato da questo codice 1116 è molto vicina se non identica alla lingua e allo stile dei romanzi arturiani scritti da Rustichello e sopratutto la lingua di questo codice è la stessa che ritroviamo in questo manoscritto 1463 che contiene un romanzo cavalleresco, un'opera gigantesca di Rustichello, scritta in un francese farcito di italianismi. Sulla base di questo confronto Luigi Foscolo Benedetto ha riconosciuto nel 1116 la lingua di Rustichello. Il codice F ci darebbe la fotografia, secondo Benedetto, della lingua dell'originale, non della struttura. Il copista del codice F è stato così abile da usare la stessa lingua, e quindi ci ha fatto capire come probabilmente Rustichello ha scritto il Milione, dal punto di vista stilistico e linguistico. Invece noi sappiamo che nel resto della tradizione noi non abbiamo questo stesso livello di originalità linguistica. Nessuno però ci assicura che non si tratti di un copista che scriveva così, infatti alcuni filologi hanno ipotizzato contro la tesi di Benedetto che Rustichello usasse un francese molto più corretto di quello che troviamo in F. Secondo Benedetto la storia del Milione è la storia di un deperimento successivo, alcuni capitoli furono tolti. Ma è pur vera anche l'ipotesi opposta fatta da altri critici, e cioè che ci siano più testi originali, d'autore. In questo caso non ci sarebbe un deperimento, ma un arricchimento, col passare del tempo, cioè proprio in partenza Marco Polo produsse più testi, più originali, del Milione, in un ristretto arco di anni, man mano che risalivano alla sua memoria i dati, man mano che doveva consegnare a potenti committenti dei testi di cui erano ghiottissimi. Sappiamo che Marco, su consiglio del Doge, fece fare una copia del Milione per l'ambasciatore a Venezia del Re di Francia. Su alcuni codici che derivano da quella copia -che non esiste più- in alcune note marginali è scritto “Questa è la prima copia del libro chiamato il Milione fatta eseguire nel mese d'Agosto nel 1307”. Questo asseconda l'ipotesi che Marco abbia creato diverse copie del Milione per diverse occasioni, ognuno diverso dall'altro e da ognuna di queste redazioni originali sono derivate famiglie di codici che hanno dato origine a diverse tradizioni. Ci è arrivata una lunga trascrizione del Milione, non attestata da nessun altro manoscritto, probabilmente tratta da un'altra tradizione, probabilmente all'interno del Milione aveva inserito scritti tratti da altre opere, creando così un'opera dal nulla, un'opera che non corrisponde all'originale ma mostra un periodo importante della storia di quel Manoscritto. Da qui si arriva a Italo Calvino che scrive un romanzo fantastico, un dialogo tra Marco Polo e il Khan, utilizzando il materiale presente nel Milione. C'è di mezzo un elemento importante che va sottolineato, non è vero che la storia del Milione è una storia di deperimento, ma non è neanche una storia di arricchimento, nessuna delle due è vera e al tempo stesso lo sono tutte e due. Qual è l'aspetto originale del Milione? Non ci interessa saperlo perché il suo aspetto originale è la sua storia nel tempo, come è stato progressivamente preso, letto e modificato dai lettori, Marco e Rustichello compresi. Il Milione è un testo con una ricchezza di contenuti senza eguali, soprattutto ha un'altra

caratteristica che lo rende instabile, e cioè che fonde in sé perfettamente due intenzioni narrative, due istante narrative, quella del narratore-autore (Marco) e quella del narratorescrittore (Rustichello), due cose diverse che diventano una sola, due forze che tirano ciascuna nella sua direzione ma che si fondono perfettamente in un unico prodotto. Quindi ha avuto ragione Gianfranco Cortini nel dire che il Milione non è un libro, intendendo per libro “una unità di ineccepibile struttura formale”, cioè perfettamente concluso, studiato in tutte le sue parti e racchiuso in un'unità testuale. Il Milione non è un libro perché è il prodotto di due diverse tentazioni letterarie, da un lato c'è la tentazione fantastica, leggendaria, favolistica, cavalleresca e romanzesca, quella di Rustichello; dall'altro c'è la tentazione o istanza geografica, etnografica, merceologica, mercantile, quella di Marco Polo. Per queste ragioni, proprio per la compresenza di due istanze, di due vettori, di due direzioni produttive del testo, il Milione è stato sottoposto ad alterazioni profonde. Ciò accade anche per altri testi romanzi, specie se si tratta di testi che non hanno ...


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