Art. 41 Cost. Libertà d\'iniziativa economica privata PDF

Title Art. 41 Cost. Libertà d\'iniziativa economica privata
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi di Torino
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Lavoro di gruppo per diritto costituzionale ...


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LIBERTÀ D’INIZIATIVA ECONOMICA PRIVATA ART. 41 COST. “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da creare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.” L’articolo 41 è contenuto nel Titolo III della Costituzione che disciplina in generale i rapporti economici. L’obiettivo è quello di tutelare la libertà d’iniziativa economica privata e allo stesso tempo definire gli effetti e i contenuti della pianificazione economica. Il principale motivo di discussione sta nel cercare di individuare la reale portata di questo articolo al di là della sua vaga ed elastica formulazione letterale. Alcuni studiosi ritengono la norma contraddittoria in quanto individuano all’interno della disposizione due istanze tendenzialmente inconciliabili: il principio della libertà d’iniziativa economica privata nel comma 1° e il principio del controllo e dell’intervento pubblico su di essa nel 2° e nel 3° comma. La teoria opposta sostiene che il contrasto si appiani notando come l’iniziativa sia tutelata sino a quando non vada contro l’utilità sociale o la sicurezza. In generale è molto ampio l’arco di teorie che si propongono di spiegare l’art. 41 Cost. ora privilegiando la libertà, ora subordinandola ai limiti. Analisi dell’Articolo In riferimento al 1° comma bisogna innanzitutto soffermarsi sul significato del termine “iniziativa economica privata”: alcuni studiosi ritenevano che si identificasse con la sola idea di impresa. La tesi sarebbe però in conflitto con il principio di massima forza espansiva del dettato costituzionale. Il termine deve quindi assumere un significato più ampio: rientrano nella fattispecie l’esercizio non professionale di attività economiche (attività occasionali), le piccole imprese, le professioni intellettuali, a patto che siano strutturate in un’organizzazione complessa, e tutta l’attività produttiva in genere. Dal riconoscimento della libertà di iniziativa economica privata discendono una serie di facoltà e diritti. I soggetti interessati possono innanzitutto scegliere l’attività economica da intraprendere, inoltre hanno la facoltà di reperire gli investimenti e organizzare i fattori della produzione per perseguire il fine prescelto, hanno il diritto di portare avanti le attività lecitamente iniziate e infine possono richiedere un compenso ragionevolmente remunerativo per i beni e i servizi prestati. L’ingresso nel Mercato unico dell’Unione Europea (oggi UE) ha portato a un passaggio da un sistema di economia mista a un sistema di libero mercato. Gli altri due commi prevedono i limiti all’esercizio di tale libertà: si intendono per positivi quelli del 2° comma, costituiti da alcuni principi fondamentali costituzionali e per negativi quelli del 3°, che indicano le misure di intervento dello Stato. I principi fondamentali della Costituzione ai quali il 2° comma fa riferimento sono l’utilità sociale, la sicurezza, la libertà e la dignità umana. La struttura stessa della disposizione ha

permesso di individuare l’esistenza di una riserva di legge implicita: si tratta quindi di una norma in bianco che necessita un riempimento da parte del legislatore. Ciò spiega perché questa libertà non può essere identificata come un diritto fondamentale. L’ampiezza della portata dei valori citati permetterebbe un numero elevatissimo di interventi; per contrastare questo problema e tutelare la loro conformità ai principi costituzionali bisogna basare la propria analisi sulle finalità cui tali limiti sono preordinati: si parla di funzionalizzazione dell’iniziativa economica privata. Con il termine utilità sociale si intende il miglioramento del benessere per il maggior numero di individui. La spiegazione del concetto è sempre stata molto complessa e controversa: la Corte stessa ha avuto ampie difficoltà a delinearne un concetto unitario e generale. Alcuni ritengono che l’utilità sociale sia il fondamento della libertà d’iniziativa economica privata in quanto quest’ultima sarebbe garantita solo se idonea a raggiungere fini sociali. Altri invece ritengono impensabile che il fondamento di una libertà si trovi in un limite al suo esercizio, poiché libertà e limiti sono contrapposti. L’obiettivo del 3° comma è quello di dare, attraverso l’intervento statale, un’equa distribuzione delle risorse, obiettivo che non potrebbe essere un esito naturale del mercato. Il costituente chiede al legislatore di apporre programmi e controlli per indirizzare e coordinare l’iniziativa economica privata, lasciandogli però ampia autonomia al riguardo. Unico limite all’esercizio di tale facoltà è il principio di sussidiarietà orizzontale: le misure interventiste non possono essere così massicce da sopprimere del tutto l’iniziativa privata. Il legislatore dovrà stabilire i programmi e i controlli attraverso normative legislative vincolanti ma non sanzionatrici o eccessivamente limitatrici. Nel caso in cui queste non vengano rispettate, potrà allora disporre alcune sanzioni. I provvedimenti amministrativi sono la fonte giuridica nella quale vengono inseriti in concreto i controlli e i programmi di cui all’art 41 comma 3. Si tratta quindi dell’intermediazione tra la libertà di cui al 1° comma e i valori-limiti di cui al 2° comma. Un esempio dell’intervento della legislazione amministrativa è la determinazione dei prezzi, basata su una verifica concreta dei costi, tenendo conto del capitale investito fisso e circolante, al fine di poter assicurare un prezzo necessariamente remunerativo o comunque un margine di congruo guadagno. Contenuto minimo e diritto inviolabile L’articolo 41 è caratterizzato da una forma scritta generale questo genera svariate discussioni su una pluralità di argomenti: una delle principali divergenze riguarda l’inviolabilità costituzionale di tale diritto. La libertà di iniziativa economica privata è considerata da taluni ascritta nel novero dei diritti fondamentali. Secondo tali autori questa libertà costituirebbe espressione della personalità individuale (ex art.2 Cost. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”) e sarebbe pertanto un “diritto inviolabile” anche a fronte della revisione costituzionale. Tuttavia questa tesi è smentita dal fatto che l’iniziativa economica è in gran parte assunta da persone giuridiche e quindi non è più direttamente collegata all’espressione della personalità individuale. L’art.41 inoltre è inserito nel titolo III (della parte I) della Costituzione che è dedicato ai rapporti economici, ma soprattutto tratta di una libertà sottoposta a limiti e

controlli, vi è dunque un bilanciamento tra l’iniziativa economica privata ed altri valori, che pertanto esclude in radice l’assolutezza della libertà in oggetto. Un’altra difficile analisi riguardante la libertà di iniziativa economica privata è quella che vuole determinare quale sia il rapporto della norma con gli interessi protetti dalla Costituzione. Tralasciando, per questa analisi il 1° comma, dove la privata iniziativa trova il proprio riconoscimento; bisogna concentrare l’attenzione nella parte che disciplina le restrizioni e i limiti ad essa, è una valutazione molto complessa, dovuta alla presenza di concetti indeterminati come “utilità sociale” dalla quale si deduce che il Costituente abbia voluto assicurare una maggior tutela a valori che con l’iniziativa privata possono trovarsi facilmente in contrasto. In merito al principio di utilità sociale, Paolo Cavaleri nel suo libro “Iniziativa economica privata e costituzione «Vivente»” spiega che la soluzione va data caso per caso, in base a criteri che sono soggetti a mutare anche in un breve lasso di tempo ma non privi di alcuni punti di riferimento. È corrispondente all’utile sociale ciò che chi è chiamato a definirlo ritiene tale. La specificazione del 2° comma art.41 Cost. relativa al non potersi svolgere in contrasto con l’utilità sociale vuole essere un’ulteriore protezione data dalla Costituzione: l’iniziativa privata è ritenuta suscettibile quasi per antonomasia di produrre manifestazioni sacrificatrici di situazioni protette (in materia di libertà personale, di diritto al salario “sufficiente” ecc). Il Costituente di conseguenza ha voluto assicurare loro una doppia tutela, in linea con la preoccupazione di rimuovere (o almeno attenuare) tutte le possibili cause di diseguaglianza e privilegio, dovute soprattutto a egemonie nei rapporti economici. È molto dibattuto il grado di compressione che il legislatore può esercitare sulle iniziative economiche private per raggiungere le finalità di cui all’art.41, 2° e 3° comma. Fino a dove si può limitare il favore di quegli interessi costituzionalmente protetti nei confronti della privata iniziativa? Nella sentenza del 10 luglio 1975, n.200, si legge che ogni disciplina vincolistica incontra un limite di tollerabilità che “è costituito dalla necessità di lasciare all’operatore un ragionevole margine di utile, affinché egli possa trovare, nell’esercizio dell’attività economica, la convenienza ad iniziare e proseguire il suo lavoro”. La Corte non arriva a parlare espressamente di quale sia il contenuto minimo che protegge la sfera dell’iniziativa economica ma attraverso il giudizio di ragionevolezza mira a individuare le limitazioni che non possono essere giustificate: sono incostituzionali i condizionamenti e i vincoli tali da costituire un grave ostacolo all’esercizio della libertà di iniziativa economica privata o che gravemente interferiscono sulla iniziativa dell’imprenditore oppure che determinano trasformazioni radicali nella natura e nella causa di contratti in corso. Cavaleri per ricostruire il concetto di utilità sociale cerca anch’egli di individuare un “nucleo minimo” , appurato che la Costituzione non fornisce alcun criterio preciso per l’individuazione del nucleo minimo inviolabile di questa libertà, si deduce che questo sia rimesso alla discrezionalità interpretativa della Corte Costituzionale. Indubbiamente alla discrezionalità del legislatore vanno posti dei limiti obiettivi: per stabilire se limitare l’iniziativa economica in nome di un altro interesse economico, quest’ultimo deve ricondursi all’utilità sociale e inoltre dev’essere necessariamente qualificato (così da farlo prevalere) dal suo riferimento a qualche direttiva costituzionale.

Malgrado questa discrezionalità è un dato indiscusso che l’iniziativa economica è garantita, se fosse ammissibile comprimere tale libertà al di là di ogni soglia tollerabile la garanzia costituzionale perderebbe di significato. Riserva di Legge La determinazione dei limiti, in riferimento al 2°comma , è coperta da riserva di legge. La conseguenza è che la valutazione del contrasto tra iniziativa economica privata e utilità sociale siano precluse sia all’esecutivo che al giudice. In particolare, il giudice ordinario o amministrativo potrà utilizzare l’art.41 comma 2 ai fini interpretativi o sollevare davanti alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale di leggi ritenute non rispondenti ai fini di tale articolo. Secondo la Corte Costituzionale i programmi e i controlli che possono essere imposti all’attività economica non devono sopprimere l’iniziativa individuale, ma possono solo indirizzarla e coordinarla. Il legislatore, essendo la norma coperta da riserva di legge, deve fissare i criteri per la composizione degli interessi eventualmente in conflitto, stabilirne la graduazione e la prevalenza. Unione Europea sulla Libertà di Iniziativa Economica Il diritto dell’unione europea ha molto influenzato la legislazione e l’operato dei giudici interni, specie in materia di concorrenza e in tutta l’area della disciplina dell’iniziativa economica privata. L'ordinamento europeo ha posto numerosi limiti, obblighi e divieti in capo agli stati membri, rendendo questi ultimi responsabili della creazione delle condizioni necessarie perché la concorrenza possa effettivamente e pienamente svolgersi in condizioni di libertà. Riguardo all’interpretazione delle norme in materia di concorrenza il legislatore ha previsto che esse debbano essere conformi ai principi dell’Unione, tanto che nell’ambito dell’attuativa dell’art 41 cost, ci si pone davanti ad un caso insolito poiché una norma ordinaria, emanata in attuazione di una norma costituzionale, prescrive di essere interpretata in base ai principi di un altro ordinamento. Inizialmente il principio di concorrenza trovava fondamento nell’art. 41 della Cost., ora è individuato all’interno dei Trattati dell’Unione Europea: ci si riferisce in particolare all’art 3.3 “Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale”. La corte afferma che la libertà di concorrenza tra impresa ha una duplice finalità: integra la libertà di iniziativa economica che spetta nella stessa misura a tutti gli imprenditori ed è diretta alla protezione della collettività, in quanto una pluralità di imprenditori in concorrenza tra loro giova a migliorare la qualità dei prodotti e a contenere i prezzi. Necessità di una Riforma Costituzionale dell’ART. 41 Negli anni immediatamente successivi al Trattato di Maastricht, si apre un ampio dibattito sull’evoluzione interpretativa dell’art. 41 Cost. e sulla compatibilità dei “programmi e controlli” previsti con i principi dell’economia sociale di mercato. L’articolo 41 Cost. negli anni è rimasto identico ma ha cambiato contenuto perché è cambiata la Costituzione materiale, per effetto dei trattati comunitari.

Riguardo al disegno di legge sull’iniziativa economica si ritiene necessario “ridurre la capacità dirigistica dello Stato nell’economia per favorire l’avvento di condizioni giuridicoistituzionali adeguate alla struttura di un mercato moderno ed efficace”. Unione Europea in relazione con l’art.41 ●

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ART 36 CDFUE: “Al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell'Unione, questa riconosce e rispetta l'accesso ai servizi d'interesse economico generale quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente ai trattati”. SPIEGAZIONE: sancisce il rispetto da parte dell’unione ai servizi d’interesse economico generale previsto dalle disposizioni nazionali a condizione che ciò sia compatibile con il diritto dell’unione. ART 16 CDFUE Libertà d’Impresa:“È riconosciuta la libertà d'impresa, conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali”. ART 119 ( ex articolo 4 TFUE) Comma 1. “Ai fini enunciati all'articolo 3 del trattato sull'Unione europea, l'azione degli Stati membri e dell'Unione comprende l'adozione di una politica economica che è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, sul mercato interno e sulla definizione di obiettivi comuni, condotta conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza. Comma 3. “Queste azioni degli Stati membri e dell'Unione implicano il rispetto dei seguenti principi direttivi: prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane nonché bilancia dei pagamenti sostenibile”.

Attuazione dell’Art 41 L’adattabilità dell’art. 41 della Costituzione trova la sua applicazione in diversi provvedimenti legislativi attuali. Si sono susseguite molteplici norme attuative dell’art. 41 Cost., come ad esempio la legge Merlin (L. 75/1958) nella quale vengono dichiarate illegali il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione. Queste decisioni si avvalgono dell’art. 41 in relazione alla «dignità sociale» (2° comma) che stabilisce come un’attività economica non possa essere svolta in modo da arrecare danno alla dignità umana. Un’ ulteriore attuazione dell’art. 41 si trova nel recentissimo provvedimento legislativo cd. Crescitalia. L’art 1 di tale provvedimento introduce una serie di norme con l’obiettivo di favorire la liberalizzazione delle attività economiche e di ridurre gli oneri amministrativi sulle imprese. In particolare esordisce con l’individuazione di norme che in attuazione dell’art 41 Cost. e del principio di concorrenza sancito dal trattato Europeo possono essere abrogate da regolamenti governativi di delegificazione. Bibliografia -

Articolo 41 Costituzione in Brocardi.it Europarl.europa.eu, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea B. Caravita, Il fondamento costituzionale della concorrenza, Federalismi.it, n.8/2017, da pag 2 a 5 Enciclopedia giuridica Treccani, Iniziativa economica privata Edizioni Simone, Iniziativa economica privata in La legge per tutti, 6 novembre 2015

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Paolo Cavaleri, Iniziativa economica privata e costituzione «Vivente», Cedam, Padova, 1978, da pag.36 a 43 Carmelo Rizzo, L’articolo 41 della Costituzione nell’orizzonte del diritto penale dell’economia in Costituzionalismi.it, n. 1/2018 Tatiana Guarnier, Libertà di iniziativa economica privata e libera concorrenza. Alcuni spunti di riflessione, Rivista AIC, n° 1/2016 C. Rossano, Studi in onore di Claudio Rossano, volume IV ( estratto), Jovane Editore, Napoli 2013 Eur-lex.europa.eu, Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea...


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