Auerbach - Studi su Dante PDF

Title Auerbach - Studi su Dante
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Messina
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Riassunto completo ...


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E. AUERBACH

STUDI SU DANTE

APPUNTI DI VIRGINIA SCOGLIO

II LA POESIA GIOVANILE DI DANTE Gli stilnovisti, a differenza dei provenzali, appartengono ad una aristocrazia non sociale, ma caratterizzata dal cor gentile, e loro poesia è dotata di maggiore coerenza e disciplina artistica; il carattere peculiare di questa poesia è l’amore, inteso come legame tra Dio e la donna, la quale ha la virtù di concedere fede e rinnovamento interiore agli spiriti eletti. Gli elementi che caratterizzano la poesia giovanile di Dante sono: 1. il carattere effettuale della sua rappresentazione, che nasce come la conseguenza di una intuizione profonda; 2. il tono evocatore, che rende vive le visioni; 3. l’abbondanza di apostrofi; 4. l’unità tra visione e rappresentazione. Pur avvalendosi di termini e forme metriche dei suoi predecessori, il risultato cui Dante approda fu nuovo e più semplice, anche se rappresentava esperienze soggettive. Anche quando lo Stil novo ebbe fine, Dante conservò la visione della poesia mistica d’amore e dette forma al cosmo cristiano; l’esperienza giovanile si trasformò e gli si aprì davanti agli occhi la più profonda realtà delle cose che gli fece vedere nell’imperfetto e nel mutevole l’immagine della perfetta unità.

III L’OGGETTO DELLA COMMEDIA La via che conduce Dante alla Commedia è un progresso ininterrotto. Nel II libro del Convivio Dante racconta che, dopo la morte di Beatrice, trovò conforto nella lettura di Boezio e Cicerone e nella filosofia; come filosofo egli, accostandosi ai pensatori scolastici, tenta di unire il sistema tomistico all’ideologia mistica del cor gentile. Se San Tommaso, quindi, costruisce il mondo aristotelicocattolico, senza però riempirlo con la rappresentazione delle figure che nomina, Dante, invece, determina la natura, il luogo, l’attività propria di ogni figura. Dopo il Convivio, opera non portata a termine, Dante preferì dedicarsi alla Commedia, che meglio rispecchiava la sua disposizione intima: egli si assunse il compito di rappresentare tutto il mondo terreno da lui conosciuto, già sottoposto al giudizio divino, in modo da identificare il suo essere terreno con la sorte eterna. Dante, pur partendo, come abbiamo già detto, dalla concezione di San Tommaso (secondo la quale ogni anima, dopo la morte, raggiunge il posto che le spetta e solo dopo il giudizio universale, riappropriandosi del corpo, può accrescere in negativo o in positivo il suo stato), in qualche modo va oltre, poiché dà forma di corpo alle anime, affinchè esse esprimano continuità con l’esperienza terrena.

IV STRUTTURA DELLA COMMEDIA Per comprendere la struttura complessiva della Commedia, dobbiamo analizzare singolarmente i tre ordini di cui si compone, fisico, morale e politico: 1. da un punto di vista fisico, Dante riprende la struttura tolemaica, come questa era stata tramandata dalla dottrina aristotelico-cristiana. La terra si trova al centro dell’universo e attorno ad essa si trovano nove sfere celesti; la decima sfera celeste racchiude tutte le altre: è l’Empireo, sede di Dio. Il centro della terra è Gerusalemme, sotto la quale è collocato l’Inferno, nelle cui profondità vi è Lucifero, in origine un angelo di Dio poi scagliato via dal Paradiso: la sua caduta avrebbe aperto una voragine, appunto l’Inferno. La terra che, in seguito alla caduta di Lucifero, è emersa nell’emisfero opposto è il Purgatorio, sulla cui cima si trova il Paradiso terrestre. I primi sette cieli sono ordinati secondo le stelle che appartengono loro (nell’ordine, Luna – Mercurio – Venere – Sole – Marte – Giove – Saturno); l’ottavo cielo è, invece, quello delle Stelle fisse, cui fa seguito il Primo Mobile e infine l’Empireo. Il moto di questi cieli è concentrico e circolare: mediatore del moto è la gerarchia angelica; essere e movimento hanno origine dal Primo Mobile, che influenza tutte le creature. 2. il secondo ordine è quello morale, per il quale Dante attinge all’etica nicomachea, così come sviluppata da S. Tommaso; secondo tale etica, la tendenza naturale dell’uomo è buona perché è amore di un bene che è Dio. Se l’amore mantiene la giusta misura e conduce alla virtù è buono, se invece l’amore non è giusto o eccessivo esso conduce al peccato o alla pigrizia del cuore. C’è, inoltre, l’amore diretto al male nei confronti del prossimo, che viene punito nell’Inferno, dove si parte dai peccati meno gravi e si scende verso i più gravi. Nel Purgatorio l’ordine è l’inverso, ma qui non sono punite delle vere e proprie colpe, bensì vengono espiate le disposizioni corrotte. Anche nel Purgatorio l’ordine morale segue la genesi aristotelico-tomistica dei vizi propri dell’amore mal diretto. Nella parte iniziale, nell’antipurgatorio, ci sono le anime in attesa; qui Dante, in sogno, viene rapito da Santa Lucia e condotto alla porta di ingresso, i cui tre gradini simboleggiano la confessione, dopo cui inizia la vera purificazione attraverso le sette cornici, con uno sforzo contrario alla natura del peccato, in modo da potersene liberare e salire, circondati da immagini che annunciano esempi di virtù contrarie al tipo di peccato. Nel Paradiso terrestre Dante incontra Beatrice e con lei si confessa e si pente. Dopo il bagno nel Lete e nell’Eunoè, inizia l’ascesa verso le sfere celesti. Qui l’ordine morale è più difficile da comprendere, sia perché manca una spiegazione sistematica, sia perché le anime appaiono due volte, una nella sfera dei vari cieli a cui appartengono, e una nell’Empireo. Quello che risulta è che le anime hanno tutte sede nell’Empireo e appaiono nelle varie sfere per far capire a Dante il loro posto individuale. Solo nel cielo delle Stelle Fisse, Dante può godere pienamente della visione di Beatrice, simbolo della Verità rivelata. Nel Primo Mobile, invece, Dante vede la schiera delle intelligenze pure, nell’Empireo una corrente luminosa si trasforma nella Rosa Celeste. Dopo la preghiera di San Bernardo, Dante arriva a vedere Dio.

3. Il terzo livello è quello storico-politico e comincia con la figura di Adamo, che Dante vede in Paradiso, ormai quasi alla fine del suo viaggio. Col peccato d’Adamo, infatti, l’umanità perse tutti i privilegi, ma Dio poi volle perdonarla facendo incarnare Suo Figlio. Tale progetto si collega con quello della missione di Roma e dell’Impero. Con Cesare, contemporaneamente alla nascita di Cristo, Dio vuole che anche il mondo, a livello politico, sia redento ed in pace. Il progetto divino, dunque, era anche politico. La fede di Dante era riposta in Arrigo VII di Lussemburgo, a cui forse è destinato il seggio che Beatrice gli mostra nell’Empireo. Quello che è certo, quindi, è che la salvezza non può che venire dall’imperatore, che è stato voluto da Dio, e ogni forma di ingiustizia politica è un male contro Dio, il quale vuole un ordine perfetto anche in ambito storico-politico. V LA RAPPRESENTAZIONE Dante rappresenta le anime dell’aldilà non come morti, ma veri viventi che mostrano i dati della loro vita terrena con una assoluta completezza. Nella rappresentazione, Dante non racconta un avvenimento, perché nell’aldilà non accade nulla di temporale: rimane solo il ricordo dell’essenziale; Dante procede con la stessa tecnica del mito, facendo riferimento a pochi dati concreti, ad una azione determinata che rende evidente l’anima a cui si riferisce. Anche le anime del Paradiso, le più trasformate a causa dello splendore della beatitudine, possiedono un gesto affettivo che le lega alla passata vita terrena. La tecnica rappresentativa dantesca è caratterizzata da esattezza e minuziosa chiarezza accentuata dalle frequenti similitudini, usate non come ornamento, alla stregua di Virgilio, ma come mezzo per chiarire e rendere più realistica la rappresentazione. Anche la struttura dell’opera esprime ordine, simile alla verità che rappresenta. La trinità si rispetta nella tripartizione, nelle terzine, nell’ordine delle rime, ma non dà luogo a monotonia perché le pause ritmiche diverse, così come il mutamento del tono, conferiscono allo stile un movimento che accosta la Commedia al mare, nonostante gli argini. Un’altra importante novità è la partecipazione commossa del viandante, che trasforma il resoconto in evocazione; il viaggio è per lui una via di salvezza, la sua partecipazione si trasmette ai lettori e crea una profonda tensione emotiva. Dante trasporta i suoi lettori in un nuovo mondo, che è lontano ma tanto impregnato di reale da risultare il solo modo autentico. SACRAE SCRIPTURAE SERMO HUMILIS Dante, per designare il suo poema, usa il termine Comoedia, sia per il lieto fine che per lo stile basso e umile. Per il contenuto trattato, si può parlare di un nuovo stile sublime. Il sublime antico escludeva il realismo, mentre quello di Dante lo contiene, ed è il sublime che ha

avuto origine col cristianesimo. Le Sacre Scritture, pur esprimendo concetti sublimi, usavano uno stile umile. Sant’Agostino, per primo, propose l’utilizzo dell’eloquenza tradizionale per le opere cristiane, facendo però notare che nelle opere cristiane lo stile non varia in base ai soggetti trattati: tutti i soggetti, infatti, sono alti perché Dio non dice mai cose di poca importanza. Proprio da questa esigenza nacque quel realismo tragico o sublime cristiano che si ritrova nella Commedia. INTERPRETAZIONE FIGURALE L’interpretazione figurale stabilisce un nesso tra due fatti o due persone per cui ognuno comprende o adempie l’altro, l’uno rimanda all’altro ed entrambi rimandano ad un futuro che deve ancora venire e che sarà quello reale e definitivo. Tale interpretazione ebbe larga diffusione nel Medioevo, non solo per le opere teologiche, ma anche per quelle artistiche e letterarie, insieme ad altre forme allegoriche o simboliche di rappresentazione, restando operante fino al ‘700. La concezione figurale ha origini cristiane mentre quella allegorica ha influssi pagani o mondani: col tempo le due concezioni si fusero tra loro, come nella Commedia di Dante, dove però prevalgono le forme figurali. Un esempio è Catone, figura futurorum, designato da Dio come custode del Purgatorio, come figura della libertà cristiana che si raggiunge con la purificazione dei peccati; un altro caso è Virgilio, considerato dagli antichi commentatori “allegoria della ragione”, opinione non condivisa dai moderni: egli va interpretato in chiave figurale, perché Dante ne conserva ed evidenzia l’aspetto storico. Il Virgilio reale è figura dell’abitante del Limbo, scelto come guida del viaggio così come la sua opera era stata una guida per i posteri. Altri esempi di testi figurali si hanno nel canto IX del Purgatorio, con la figura dell’aquila che scende per rapire Dante e poi risale in cielo. Il primo collegamento è con la natura divina: Gregorio Magno, infatti, vi legge l’incarnazione di Dio e l’ascensione di Cristo; il ritorno in alto, invece, simboleggia la separazione dalla Carne o l’estasi contemplativa. Ancora: nel XIII canto del Paradiso, si parla di due persone che non sono menzionate, nelle quali tutti riconoscono Adamo e Cristo. Ora, essendo Adamo nato dalla terra, la terra è figura della Vergine Maria, parallelismo presente, oltre che in Dante, anche nelle allegorie sul Vecchio Testamento. FRANCESCO D’ASSISI NELLA COMMEDIA Francesco d’Assisi fu un personaggio di grande fascino nel Medioevo, molto noto durante la giovinezza di Dante. Dante non lo incontra, lo vede soltanto alla fine del poema, nella Candida Rosa, e anche nel canto a lui dedicato, l’XI, è San Tommaso a parlare di lui. Dante descrive San Francesco con un preciso intento, ossia rappresentare la sua vita come imitatio Christi. Su San Francesco, infatti, circolavano moltissimi aneddoti biografici, ma Dante li omette perché gli interessava rappresentarlo nel più ampio contesto del suo significato, ossia del suo ufficio di imitator Christi; per questo, ne mette in primo piano gli aspetti salienti:

1. il paragone con il sole nascente; 2. le nozze con la Povertà: questo aspetto era stato preannunciato già alla fine del X canto e all’inizio del canto successivo, quando, parlando della Provvidenza che ha voluto i due ordini, si dice che essa lo ha fatto perché la sposa di Cristo gioisse. Questi preannunci lieti contrastano, però, con il tono lugubre delle nozze di Francesco, nozze in cui la sposa non è nominata in modo esplicito; si parla, comunque, di una donna rifiutata e scansata da tutti, una brutta e vecchia prostituta che, però, una volta sposata da Francesco, sarà poi desiderata e rincorsa dai suoi seguaci. 3. le stimmate. L’imitatio Christi di San Francesco si può intendere come “figura capovolta”, perché invece di anticipare torna indietro, ripercorrendo tratti caratteristici della vita di Cristo, rinnovandone l’ufficio di buon pastore che il gregge deve seguire. LA PREGHIERA DI DANTE ALLA VERGINE ED ELOGI ANTECEDENTI Auerbach tratteggia diverse specie di elogi: - quello classico, che presenta funzioni e fatti mitici; - quello ebraico, che parafrasa l’essenza e l’onnipotenza divina; - quello paleocristiano, che comincia con il fondere il dogma con la storia di Cristo per poi sviluppare una specie di retorica simbolica fondata sia sulla tradizione greca che sull’interpretazione figurale. Tutti gli elementi delle forme paleocristiane sono fusi nella preghiera alla Vergine di Dante: l’elemento dogmatico, lo storico, il figurale e l’emotivo. Essendo un testo di potente sintesi, l’elogio di Dante differisce da quelli dell’alto medioevo. Nei versi, le immagini e le figure diventano vera realtà e presentano, in un movimento ampiamente comprensivo, tutto il destino del mondo. Dante imparò molto dai modelli antichi: l’armonia della frase, la varietà sintattica, i diversi livelli di stile e la capacità di coordinare tutte le differenze in un movimento stilistico coerente; nonostante abbia appreso e preso spunto dal passato, però, il suo modo di comporre è diverso da quello dei poeti antichi: la rigida coerenza di storia, simbolo e dottrina conferiscono, infatti, alla Preghiera dantesca un grado di rigidezza che un poeta antico non avrebbe potuto né voluto raggiungere. GLI APPELLI DI DANTE AL LETTORE Sono circa venti i passi della Commedia in cui Dante interrompe il racconto per rivolgersi al lettore e chiedergli di partecipare alle esperienze e ai sentimenti del poeta, di rilevare alcune particolarità di contenuto e di stile, o di aguzzare la sua attenzione per comprendere esattamente un avvenimento o anche di non proseguire nella lettura, qualora non si senta debitamente preparato a farlo. Molti di questi passi hanno un tono altamente drammatico ed esprimono l’intimità fraterna di Dante col suo lettore, ma anche coscienza di superiorità da parte del poeta, non ignaro del carattere profetico del proprio insegnamento. Erman Gmelin ha elencato e discusso in un saggio gli appelli al lettore, dicendo che

sono tra i modelli stilistici danteschi più significativi, che segnalano una relazione nuova tra lettore e poeta. Nel Medioevo, appelli al lettore venivano usati per attirare l’attenzione; ma l’appello di Dante è tuttavia una creazione nuova, sia per lo stile, che richiama l’apostrofe classica, sia per lo scopo, ossia quello di annunciare il suo ruolo di profeta. Dante, infatti, agisce come un uomo a cui è stata data, come ad Enea e a Paolo, una importante missione, quella di rivelare all’umanità l’ordine eterno di Dio e di insegnarle ciò che vi è di errato nella struttura della vita umana. Un poema come il suo implicava, anzi richiedeva, una relazione con il lettore simile a quella del profeta con i suoi ascoltatori. Come annunciatore di una rivelazione, il poeta sorpassa i suoi lettori perché conosce ciò che essi devono apprendere da lui. Il lettore non può discutere con lui da pari a pari: è un suo discepolo che deve seguire ciò che egli gli indica di fare....


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