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Title Banca
Course Economia Aziendale
Institution Università degli Studi di Firenze
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Appunti per Banca...


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Lineamenti di gestione bancaria Regolamentazione e Istituzioni Ragioni, obiettivi e strumenti della regolamentazione e della vigilanza sul mercato bancario e finanziario

L’industria dei servizi bancari e finanziari è da sempre fortemente regolata. A giustificazioni di tipo teorico si affiancano motivazioni pratiche. La principale, che spinge i politici a regolare il settore bancario, nasce dalla constatazione che l’industria bancaria poggia sulla fiducia del pubblico. Il contrasto tra la natura delle passività bancarie (depositi raccolti), a breve, e quella delle attività (con accento sui finanziamenti erogati) a lungo termine, risulta in un reale rischio di default, superiore a quello di altri settori. Questo da adito a diverse preoccupazioni:  Il collasso di un’istituzione causa il crollo di fiducia dei depositanti, e il fenomeno del bank runs (“code agli sportelli”), con il potenziale contagio di tutto il sistema a causa della notevole diffusione di prestiti interbancari;  L’efficienza di un’economia moderna è incrementata dallo sviluppo del suo sistema finanziario.  Le passività del sistema creditizio costituiscono i mezzi di pagamento. La sua salute è dunque necessaria. A livello teorico invece, in linea generale, si ritiene che il compito della regolamentazione dovrebbe essere quello di identificare e correggere le imperfezioni e i failures del mercato. Alcuni autori sono invece scettici per ciò che riguarda la regolamentazione, in quanto essa provocherebbe costi superiori rispetto a quelli che vorrebbe eliminare. Altri addirittura attribuiscono ad essa molti dei failures e delle crisi del sistema finanziario. In sostanza, si ritiene che la regolamentazione:  Produca moral hazard, comportamento controproduttivo degli agenti che rendono l’intero sistema meno stabile assumendosi rischi maggiori di quanto normalmente farebbero. Ciò è provocato dalle “reti di salvataggio”, volontà dei governi, in particolare dal prestito di ultima istanza, o l’assicurazione sui depositi, che disincentiva i correntisti a selezionare l’istituzione finanziaria presso la quale depositare, avvantaggiando quelle gestite male o disonestamente. Inoltre, gli intermediari finanziari tendono ad assumere rischi maggiori se suppongono che essi, in caso di fallimento, verranno salvati.  Risulta in agency capture: rischio che il “regolatore” sia influenzato dal “regolato” poiché quest’ultima ha capacità di lobbying.  Generi costi spesso notevoli per conformarsi alle regole (compliance costs), rappresentando così barriere d’ingresso e uscita dai mercati, e aiutando a preservare le posizioni di monopolio. I tre obbiettivi fondamentali della regolamentazione, dettati dall’economic rationale, sono:  Stabilità: da un lato è necessario garantire la stabilità degli intermediari, controllandone solvibilità e liquidità al fine di proteggerne i clienti (microstabilità). Dall’altro bisogna controllare l’offerta di moneta, stabilizzando i prezzi, per salvaguardare la macrostabilità del sistema. Questa finalità riguarda la BCE.  Trasparenza: la regolamentazione deve proteggere gli investitori dai vari problemi di asimmetria informativa che caratterizzano i contratti finanziari, dando loro la possibilità di valutare la reale qualità degli strumenti finanziari che vengono loro proposti.  Competitività: ultimo obiettivo è quello di rimuovere gli ostacoli alla libera concorrenza, indispensabile per ottenere un adeguato livello di efficienza. Sono quindi necessarie regole che permettano di prevenire cartelli o abusi di posizione dominante. Esempio: vieto ex post fusioni che favoriscano la formazione di un mercato oligopolistico, funzione dell’Autorità antitrust.

Evoluzione della regolamentazione bancaria e finanziaria in Italia Il Testo Unico Bancario: la genesi

A partire dagli anni Ottanta il settore creditizio è stato interessato da un processo di profonda palingenesi. Oltre al recepimento delle direttive CEE (1985-1992), si rammentano discipline in materia di tutela della concorrenza, e di trasparenza delle operazioni bancarie e finanziarie. A livello di norme subprimarie c’è stata, poi, negli stessi anni l’azione della Banca d’Italia che sfruttando la flessibilità della legge bancaria 1936-38 (breviter l.b.) ha assunto decisioni di enorme portata a livello amministrativo, realizzando una vera e propria “rivoluzione silenziosa”. Di qui la necessità di effettuare un’opera di rilettura tra vecchie e nuove leggi. Il Testo Unico in materia bancaria e creditizia (TUB), approvato con D.lgs. 1° settembre 1993, n.385, rappresenta il momento di sintesi normativa tanto atteso.

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In 162 articoli il TUB non si ferma però a una mera riscrittura, bensì compie un’azione di rilevante ulteriore modifica. Questo processo fu il frutto di una fase di transizione economica e culturale. La fase storica nella quale maturò la l.b. del 1936 fu caratterizzata da una serie di dissesti a catena. Ciò costrinse le autorità politiche a intervenire in una gigantesca operazione di salvataggio, il cui momento centrale si ebbe nella costituzione dell’IRI, al quale vennero trasferiti i pacchetti azionari delle grandi banche in crisi. Fu naturale, in siffatta situazione, che la regolamentazione bancaria venisse permeata da una concezione statalistica, tendente a negare la libertà della banca di operare secondo sue scelte imprenditoriali. In quest’ottica, la l.b. inquadrò l’attività bancaria come attività di interesse pubblico, creando i presupposti per configurare le banche come istituzioni chiamate a conformarsi a criteri e regole eminentemente politicodirigistici, spesso rispondenti a esigenze di politica economica. Banca era dunque quell’intermediario finanziario specializzato nella raccolta del risparmio ed erogazione di credito a breve termine. Venne attuata una divisione del “territorio”. Queste condizioni concorsero a creare un sistema bancario ingessato, poco avvezzo a caratteri di libertà concorrenziale e di efficienza. Fu nella seconda metà degli anni Settanta che l’originario obiettivo di stabilità sistemica cede alla preoccupazione di assicurare una maggiore efficienza e competitività agli operatori bancari. Come detto, tutto avvenne a mo’ di “rivoluzione silenziosa”, tramite atti di normazione secondaria e non di provvedimenti legislativi. Le principali innovazioni riguardarono:  L’attività bancaria è, ora, attività di impresa.  Estensione della competenza territoriale, al fine di accrescere il grado di concorrenzialità interna.  Espansione dell’operatività oltre il breve termine delle aziende di credito.  Espansione nel settore dei servizi finanziari e collaterali all’intermediazione creditizia (leasing, factoring, credito al consumo ecc.): si parla così di banca universale. Si amplia la gamma dei servizi offerti, con la logica della specializzazione. Con il TUB vengono create le condizioni affinché l’assetto istituzionale del sistema finanziario italiano veda il proprio baricentro spostato dalla banche (bank-based) verso le istituzioni e le attività non bancarie e verso i mercati mobiliari (market-based). Resta riservata alle banche l’attività bancaria (raccolta del risparmio, erogazione del credito).

L’individuazione delle finalità della vigilanza nel TUB Il TUB marca un deciso cambiamento sia nei principi fondanti, sia nell’impostazione data all’attività di vigilanza. Gli strumenti affidati alla Banca d’Italia non sono più “neutrali”, atteso che l’art.5 ne preordina l’esercizio “alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati”. La vigilanza sul settore bancario è ormai ben delimitata: si esercita solo sulle imprese, e non anche sul mercato. Resta ora da conciliare i concetti d’impresa e di concorrenza con i rischi d’instabilità. Il principio guida della sana e prudente gestione costituisce una cornice normativa tale da garantire la necessaria adattabilità a un’attività di vigilanza che da strutturale diviene dunque prudenziale. Essa consiste in una sovrastruttura che può esser riempita delle regole tecniche di tempo in tempo più acconce a seguire la cangiante realtà dei mercati e dei soggetti in essi operanti. Nel TUB si rintracciano gli aspetti gestionali cui è necessario che l’imprenditore bancario presti attenzione per pervenire a una sana e prudente gestione. Sono:  Adeguatezza patrimoniale;  Contenimento del rischio;  Controlli interni;  Trasparenza nei confronti del mercato. Questi aspetti gestionali costituiscono una sorta di codice di comportamento per i soggetti vigilati. L’esercizio del credito non può più essere funzionale al perseguimento di fini sociali. Il sostegno del sistema bancario alle esigenze dell’economia nazionale è bensì individuato nel funzionamento efficiente del meccanismo di allocazione delle risorse finanziarie, da conseguirsi attraverso il libero esplicarsi della concorrenza tra attori indipendenti. In conclusione, è corretto affermare, oggi, che il sistema bancario si basa sul confronto concorrenziale di imprese indipendenti, con l’Autorità di vigilanza collocata in posizione di garante supremo nel rispetto delle regole tecniche di sano e prudente esercizio della professione bancaria.

Dal TUB al TUF: ripartizione delle competenze tra Autorità di vigilanza Nella l.b. vi era un modello di vigilanza onnicomprensivo, nella TUB la vigilanza viene indirizzata “alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario”, relegando al Titolo IV gli obiettivi di trasparenza e correttezza. È con la Legge Comunitaria del 1994 e con il Testo Unico della Finanza, il TUF, che si distingue chiaramente tra controlli mirati a

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tutelare la stabilità degli intermediarri e controlli indirizzati a favorire la trasparenza eil corretto funzion amento dei mercati. L'ambito in cui si muove il legislato re è quello di un modello di vigilanza per finalità, che distingue la stabilità dalla trasparenza del mercato. Icontrolli relativi al primo obiettivo rimangono afffidati alla Banca d'Italia, mentre quelli relativi al secondo venngono attribuiti alla CONSOB, anche se la materiia della trasparenza e correttezza dei comportamenti nei co onfronti della clientela si compone anche di dispoosizione previste da altri comparti dell’ordinamento. Tipico esempio sono le norme sulle clausole vessatorie.

La vigilanza bancaria e il govverno della moneta Banca d’Italia

La Banca d’Italia nacque nel 1893 dalla fusione della Banca Nazionale con la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito, con un ca apitale di 300 milioni di lire. Essa continuava, tuttavia, a operare in concorrenza con gli altri istituti di credito per iil finanziamento dell’economia. Dopo la grande crisi del 1929 e la l.b b. del 1936 essa fu dichiarata istituto di diritto pubblico, con finalità pubblicistiche quali: emissione di m oneta, esercizio del servizio di tesoreria statale, aattività di vigilanza sulle banche, le fu assegnato il ruolo di prrestatore di ultima istanza nei confronti delle aziende di credito e il divieto di effettuare finanziamenti diretti all’economia privata. Essa divenne un vero e proprio orgaanismo di vertice del sistema. Ad oggi, la Banca d’Italia ha un capitale di 7,5 miliardi di euro distribuiti: La l.b. previde che le quote di partecipazione alla banca centrale potessero appartenere solo a istituzioni a soggetto economico pubblico. Successivamente (1992) furonno inserite S.p.A. esercenti attività bancaria, stabilendo però che: “in ogni caso debba essere assicurata la perm manenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia pposseduta da enti pubblici.” Nel corso del 2013, in occasione della rivalutazione delle quote di partecipazione in Banca B d’Italia, si è assistito a un rafforzamento della conno tazione privatistica di quest’ultima, prendendo a riferimento il modello ede partecipanti al capitale privati e rendimenti pari al 6% dello stesso. di governance della FED, che preve Analogamente alle quote della FED,, quelle di Banca d’Italia non sono negoziabili ed è previsto che rimangano in mano a investitori nazionali edd affidabili Ad oggi, i soggetti partecipanti possono essere: → Banche; → Imprese di assicurazione e rias sicurazione; → Fondazioni; → Enti e istituti di previdenza e assicurazione; → Fondi pensione. Ciascun partecipante non può posse edere una quota del capitale superiore al 3%. Nonostante la natura pubblica del so oggetto economico della Banca d’Italia, e nonostaante essa ricada tuttora sotto la sorveglianza del Ministero ddell’Economia e delle Finanze, la Banca Centrale non può esser fatta rientrare nella categoria degli enti pub bblici, o degli enti pubblici economici. Accanto a questi elementi ve ne sono altri di tipo privatistico che fanno della Banca d’Italia d un ente del tutto particolare. Tra di essi ricordiamo:  Forma di S.p.A.;  Organi simili a quelli previsti daal Codice civile per lo schema societario;  Mancata partecipazione dello Sttato al suo capitale, ma presenza di persone giurid diche private. Gli organi della Banca d’Italia sono o: • Assemblea generale dei partecipanti: si riunisce annualmente in sede ordinaria l’ultimo l giorno lavorativo del mese di maggio per approvare il bilancio, autorizzare la ripartizione degli utili u e il pagamento del

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dividendo. In tale occasione vengono lette dal Governatore le “Considerazioni finali”, uno dei documenti più significativi dell’anno, in cui sono presenti, tra l’altro, orientamenti programmatici di politica economica e monetaria. • Consiglio Superiore: composto dal Governatore e da 13 consiglieri. Essi rimangono in carica per cinque anni e sono rieleggibili. I poteri del C.S. riguardando l’organizzazione e il funzionamento interno, quella sfera di decisioni gestionali della Banca intesa come azienda. Su proposta del Governatore, il Consiglio Superiore nomina il Direttore Generale e i 3 Vice direttori generali, rinnova i loro mandati, e li revoca. • Direttorio: costituito dal Governatore, dal Direttore Generale e dai 3 Vicedirettori generali. Ha funzioni pubblicistiche. • Governatore: organo di vertice della Banca d’Italia. La rappresenta di fronte ai terzi. È nominato e revocato con decreto del PdR, su proposta del PdC dei Ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia. Come gli altri membri del Direttorio, il Governatore resta in carica per sei anni rinnovabili una sola volta. Importante citare anche la rete di Filiali presenti in tutti i capoluoghi di regione, e in diversi capoluoghi di provincia, da sempre assicuranti lo svolgimento dei compiti istituzionali della Banca centrale in ambito locale. L’obiettivo primario della Banca d’Italia è il perseguimento della stabilità monetaria e finanziaria. A tale fina essa partecipa alle decisioni di politica monetaria, come componente dell’Eurosistema, curandone l’implementazione sul territorio nazionale. Da un altro lato, la Banca d’Italia opera come Autorità di vigilanza nei confronti delle banche, al fine di garantire la loro sana e prudente gestione, nonché più in generale la stabilità e l’efficienza del sistema finanziario in toto. Questa vigilanza si compie in poteri di tipo regolamentare, e in poteri di controllo (documentali/ispettivi). La Banca Centrale può ricavare così, dalle informazioni proveniente dagli intermediari, indicazioni utili per la gestione della politica monetaria, e, attraverso la pressione regolamentare sulle banche, favorire la trasmissione degli impulsi monetari.

BCE

Con l’introduzione dell’euro e l’avvio della terza fase dell’Unione Economica e Monetaria (1° gennaio 1999), si è registrato un profondo cambiamento nell’assetto istituzionale europeo. Funzioni come conduzione della politica monetaria e emissione di banconote sono state trasferite a un’entità sovranazionale priva di personalità giuridica (sono le parti che lo costituiscono ad avere distinta personalità giuridica): l’Eurosistema, che abbraccia 19 Paesi. Di questi, nove conservano ancora la propria moneta. L’Eurosistema risulta costituito dalle BCN, le Banche Centrali Nazionali e dalla BCE. Con l’introduzione dell’Eurosistema è avvenuta una scissione delle competenze, tra quelle prettamente della BCE (supra) a quelle di spettanza della Banca d’Italia. Nello Statuto della Banca d’Italia si legge infatti che “la Banca d’Italia, banca centrale della Repubblica Italiana, è parte integrante dell’Eurosistema. Svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dell’Eurosistema e della BCE.” Siamo dunque di fronte a un fenomeno di accentramento decisionale in capo alla BCE, e di decentramento operativo presso le BCN. La BCE rappresenta una istituzione atipica. Essa non sottintende alcuna Autorità politica, e non risulta inclusa, nel Trattato di Maastricht, tra le istituzioni comunitarie (Parlamento Europeo, Consiglio ecc.). Gode, anzi, della massima dipendenza. La BCE è partecipata dalle banche nazionali, la Banca d’Italia è terza dopo la Deutsche Bundesbank e Banque de France. La sede della BCE è a Francoforte. Gli organi decisionali della BCE sono il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo. Il Consiglio direttivo è formato dai Governatori delle BCN e dai membri del comitato esecutivo. Adotta gli indirizzi strategici e prende le decisioni necessarie ad assicurare l’assolvimento dei compiti affidati all’Eurosistema. Spetta al Consiglio il compito di tratteggiare il quadro generale di riferimento per la politica monetaria unica. Il Comitato esecutivo è formato da un Presidente (ad oggi, Mario Draghi), un Vicepresidente e quattro membri ordinari, tutti nominati dal Consiglio Europeo su raccomandazione dell’Ecofin (organismo comunitario composto dai Ministri dell’Economia e delle Finanze di ciascuno degli Stati membri). Il mandato ha durata di otto anni e non è rinnovabile. Per garantire la massima indipendenza ai membri del Comitato, essi possono essere sollevati dal loro incarico solo ove non soddisfino più le condizioni richieste per l’espletamento delle loro funzioni (come un grave

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impedimento fisico) o qualora si siano resi colpevoli di gravi mancanze. Ha la responsabilità di implementare gli indirizzi di politica monetaria fissati dal Consiglio direttivo, impartendo le necessarie istruzioni alle BCN. Rientrano per questo tra le sue operative quelle di gestione giornaliera della liquidità, ossia la decisione degli importi delle aste pronti contro termine settimanali e mensili oppure la scelta di effettuare un’asta veloce se, per esempio, le Amministrazioni pubbliche hanno drenato più liquidità del previsto. Vi è l’impressione che il ruolo preminente e sovraordinato assegnato al Consiglio direttivo vada declinando a favore dell’azione del Comitato esecutivo (e quindi della BCE). Con l’introduzione dei nuovi poteri di vigilanza in capo alla BCE, vi è stato inoltre istituito un nuovo organo decisionale: il Comitato di vigilanza, che ha il compito di pianificare ed eseguire i nuovi compiti affidati alla Banca Centrale. Le BCN non si dissolvono nella nuova istituzione europea. Ciascuna concorre, da un lato, tramite il proprio Governatore, a determinare le decisioni del Consiglio direttivo della BCE, da un altro, dà attuazione di tali decisioni entro i confini del proprio territorio. Il decentramento attuato tiene rispetto inoltre della storia secolare di molte banche centrali e dell’esigenza di non disperderne il know-how. Il principio di sussidiarietà delimita l’iniziativa comunitaria entro i paletti della necessità e della proporzionalità dell’azione intrapresa, rispetto ai suoi fini. Nella redistribuzione dei compiti, poteri e funzioni, è stato deciso di attribuire alle competenze comunitarie solo le funzioni necessarie per poter conseguire obiettivi di interesse comunitario che non sarebbero altrimenti agevolmente raggiungibili, quando le stesse fossero conservate o affidate alle Autorità dei Paesi membri. La politica è indotta a dare più ascolto a ragioni che diano benifici di breve periodo rispetto a quelle che producono effetti nel lungo termine. Per questo motivo BCE e Eurosistema sono dotati di una completa indipendenza, ponendosi al riparo da ogni so...


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