Cap 4 produzione, consumo, prosumerismo PDF

Title Cap 4 produzione, consumo, prosumerismo
Course Comunicazione e media digitali
Institution Università di Bologna
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riassunto cap 4 sociologia dei consumi...


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CAP. 4, PRODUZIONE, CONSUMO, PROSUMERISMO 1. Origini del fenomeno: produzione, consumo, prosumerismo La modernità rappresenta, in ottica weberiana, a livello politico, tecnologico ed economico, la transizione verso la razionalità e il disincanto nel mondo.

Produzione fordista

Just in time e modello Toyota

Disincanto e 4 modelli di consumatore

In questo specifico contesto, la centralità della razionalizzazione e della produzione industriale hanno fatto la parte del leone, così come la moderna burocrazia e la gestione scientifica del lavoro. A partire del XX secolo nasce e si sviluppa la catena di montaggio, come modalità ottimale per produrre, che ha come obiettivo quello di realizzare un prodotto nel miglior modo possibile. Introdotta da Henry Ford, ha generato il celebre modello di produzione fordista, volto a ottimizzare la produzione e abbattere i costi, e ha sancito il domino della centralità produttiva su quella del consumo. Dopo la Seconda guerra mondiale i giapponesi hanno adottato la tecnologia americana della catena di montaggio, arricchendola di un loro contributo significativo nell’ottimizzazione e dell’efficienza: hanno aggiunto il cosiddetto just in time, che ha sostituito il modello just in case americano, sino ad arrivare al modello Toyota e fino a imporlo come sistema ottimale per la gestione e l’organizzazione dei flussi produttivi. Il passaggio dal modello organizzativo di stampo fordista a quello di stampo toyotista sancisce a livello strutturale anche il passaggio dalla centralità della produzione a quella del consumo. Gli elementi magici del pensiero che caratterizzano le società meno razionalizzate sono andati scomparendo, rimuovendo la logica dello stupore dai processi e riproponendola nelle narrazioni di consumo. I sistemi efficienti non hanno spazio per qualcosa di simile a un incantesimo e cercano sistematicamente di sradicarlo. Tutto ciò che è magico, misterioso, fantastico e surreale è considerato inefficiente. Tipicamente si è soliti considerare il ruolo del consumatore secondo quelli che sono i 4 approcci tradizionali:

Toffler e la Terza ondata



Razionale, che si basa sui principi della teoria economica ed è attento a destinare le scarse risorse a sua disposizione per l’acquisto di beni e servizi.



Passivo, che viene manipolato, sfruttato e schiavo delle logiche di mercato.



Consapevole, ossia in grado di capire i significati simbolici attribuiti ai prodotti e che utilizza una ratio precisa per selezionare le merci, in modo da creare una propria identità.



Artigiano, che si impegna in atti creativi di autoaffermazione o libera espressione della sua personalità.

Il concetto di prosumerismo e prosumer vengono introdotti nella letteratura da Alvin Toffler nel 1980, nella sua opera La terza ondata, in cui descrive l’evoluzione storica di quelle che rappresentano le tre macroepoche socioeconomiche: 1. La società rurale, basata su un’economia di tipo estrattivo delle risorse. 2. La società industriale, fondata su un’economia che ha alla base la produzione a livello seriale. 3. L’economia dei servizi, che grazie all’evoluzione tecnologica porta a una semplificazione di molteplici mansioni, creando la figura del prosumer.

Ritzer e il continuum del prosumerismo

Quest’ultimo fenomeno è molto simile a quello individuato da Ritzer, con l’idea di mettere al lavoro il consumatore attuata dal modello McDonald’s. egli considera il prosumerismo come una vasta gamma di processi esistenti lungo un continuum logico dove produzione e consumo sono parti della stessa unità.

Lungo il continuum si possono trovare forme più equilibrate di prosumerismo, mentre, avvicinandosi agli estremi, ci si trova in situazioni in cui si tende a essere maggiormente consumatori o produttori. All’estremo della produzione troviamo l’operario tradizionale (p-a-p) , mentre all’estremo destro lo shopper tradizionale (p-a-c).

2. Forme di coinvolgimento del consumatore nel processo produttivo Negli anni Settanta numerosi studiosi appartenenti alla scuola di Birmingham sono stati responsabili della prima elaborazione della concezione del ruolo produttivo del consumatore, la cui cultura è stata paragonata a una sorta di cultura alta.

Dujarier e le 3 forme di lavoro del consumatore

Secondo Dujarier sono possibili tre configurazioni sociali di lavoro del consumatore:  L’autoproduzione diretta, che consiste in quell’attività che affida mansioni semplici ai consumatori (es. vending machine).  La coproduzione collaborativa, che sfrutta il lavoro collettivo de consumatori prosumer, che superano le difficolta grazie all’ aiuto tra pari. Si assiste alla sua esplosione dal 1990 in poi con l’avvento della società digitale e alla sua assimilazione nel crowdsourcing.  Il lavoro organizzativo, inteso come l’interpretazione innovativa delle attività in cui il consumatore è coinvolto e si può leggere nell’ottica di una possibile risoluzione di due contraddizioni del consumo: 

La prima è che il processo di scelta di un prodotto spesso rappresenta un’attività faticosa e impegnativa, che richiede un certo dispendio di energie e l’uso di competenze volte alla selezione delle informazioni necessarie per trovare il prodotto che soddisfa i nostri bisogni.



La seconda è che nel lavoro organizzativo c’è una sovrapposizione tra consumatore e cittadino.

Questo terzo processo di messa al lavoro del consumatore evidenzia come le differenti abilità, usate per fronteggiare tali questioni, enfatizzino le differenziazioni sociali e le disuguaglianze sulla base delle competenze. In questo senso il lavoro organizzativo è ciò che i consumatori-prosumer devono affrontare, cercando di risolvere la contraddizione tra discorsi e pratiche del marketing.

3. Evoluzione dei luoghi di consumo Dalla fabbrica al centro commerciale Campo e habitus

Benjamin: passage e flâneur

Mezzi di consumo

In parallelo con l’evoluzione e la trasformazione del consumatore in prosumer, si assiste all’evoluzione dei luoghi di consumo, dei tempi e degli spazi. La fabbrica cede il passo al centro commerciale nella logica di sostituzione della centralità produttiva quella del consumo. I consumatori si trovano di fronte a processi di scelta che vengono influenzati dalla struttura del campo e da quello che Bordieu definisce l’habitus: un sistema di schemi percettivi di pensiero e azione acquisito e generato da condizioni oggettive, ma che persiste anche al mutare delle stesse, influenzato dal capitale sociale, culturale ed economico. Il primo luogo degno di attenzione nello studio dei consumi quello delle gallerie e dei passage parigini nell’Ottocento, utilizzati da Benjamin tra il 1920 e il 1940 per analizzare il contesto socioculturale in cui vengono costruite e chi li frequenta: i flâneur. La coesistenza di incanto e disincanto nei luoghi di consumo ottocenteschi è espressa anche da questa figura, ossia quell’individuo che conosce la città e i suoi luoghi di consumo alla perfezione e che non cerca in alcun modo di comprenderli. Vuole solo perdersi al loro interno. I luoghi del consumo acquisiscono un’accezione marxiana, diventano mezzi di consumo a pari dei mezzi della produzione, quindi costituendo strumenti basati sul controllo e lo sfruttamento del consumatore. È a partire agli anni Cinquanta e Sessanta che nascono e si affermano, prima negli Stati Uniti e poi in Europa e nel mondo, le prime cattedrali del consumo, come Disneyland. Gli elementi che definiscono i nuovi luoghi di consumo in maniera differente dai loro predecessori sono da rintracciare in tre momenti fondamentali: 1. Il passaggio della centralità dalla produzione al consumo. 2. L’accentramento del controllo nelle mani di pochi macrosoggetti, ossia le corporation. 3. L’evoluzione tecnologiche e i processi di digitalizzazione, che hanno dotato la società di nuovi mezzi.

Augé e i non luoghi

Marketing esperienziale e spettacolarizzazione

I centri commerciali, seguendo la logica della razionalizzazione del consumo, si sono trasformati in mega strutture con la finalità di ottimizzare il processo di consumo, mettendo a disposizione del consumatore la maggiore quantità possibile di merci in un unico luogo, impattando e modificando visibilmente il tessuto urbano. Il termine non luogo è stato introdotto da Marc Augé per indicare come determinati spazi tendano a adempiere al loro scopo e inneschino meccanismi propri della funzione perdendo le caratteristiche identitarie del luogo: socialità, relazionalità e specificità spaziale. I luoghi di consumo contemporanei sono progettai sulle logiche derivate dal marketing esperienziale e fanno leva sull’idea della spettacolarizzazione della merce. L’approccio teatrale ha lo scopo di attrarre il maggior flusso possibile di consumatori provenienti da ogni possibile ceto sociale per aumentare i livelli di prodotti/servizi venduti. Questa tecnica di vendita si basa sul presupposto che il consumo sia l’elemento centrale di una creazione di senso nell’epoca contemporanea. La pubblicità nelle sue varie forme invade lo spazio sia pubblico che privato, contaminando con stimoli commerciali, al punto che oggi si dimostra essere peri più un rumore di sottofondo della quotidianità.

Dead mall

Il modello del centro commerciale è in crisi perché ormai ce ne sono troppi e sono tutti troppo uguali, ma anche perché l’innovazione e la digitalizzazione dei consumi ne sta sancendo la fine, portando al fenomeno dei dead mall, frutto della saturazione del mercato e della trasformazione della domanda.

4. Web 2.0, prosumer e società digitale Prosumer digitale

L’esplosione del fenomeno del Web 2.0 ha portato il Time a dedicare la copertina riservata alla persona dell’anno 2006 a You (tu), enfatizzando come le masse abbiano iniziato un processo di acquisizione di potere nei confronti delle élites: aiutandosi vicendevolmente e gratuitamente, hanno raggiunto spesso risultati migliori rispetto ai professionisti del settore attraverso lo User Generated Content. Questa copertina ha legittimato l’inizio dell’era del prosumer digitale, in cui la possibilità di mixare e remixare nuove e vecchie idee è largamente facilitata dal processo di digitalizzazione. I processi di digitalizzazione dei contenuti, la pervasività dei dispositivi mobili, le piattaforme social media e la loro coesistenza con i media tradizionali creano un contesto i cui la distinzione reale/digitale tende ad essere sempre meno netta e probabilmente anche prova di significato, se letta secondo i termini della realtà aumentata e del dualismo reale/digitale.

I 4 tipi di applicazione del Web 2.0

I quattro tipi di applicazione che il Web 2.0 offre e che presentano diversi legami con il prosumerismo: 1. I wiki, ossia le risorse generate dall’utente, modificate e sviluppate da chiunque voglia contribuire. 2. Le folksonomie, ossia piattaforme in cui gli utenti individuano, etichettano e categorizzano le pagine web per rendere più ricercabili i contenuti (es. You Tube). 3. I mashup, ovvero applicazioni ibride che includono dinamicamente informazioni derivate da più fonti, fino a formare un prodotto completamente nuovo e in un nuovo formato, applicando la logica del remix (es. Google Maps). 4. I social network, cioè piattaforme in cui gli utenti costruiscono dei profili personali e instaurano legami e connessioni con altri utenti.

5. Dalla McDonaldizzazione alla Googlizzazione Googlizzazione

Nel XXI secolo si apre con quella che può essere definita la Googlizzazione del mondo. Questo termine viene introdotto nel 2003 da Battelle e Salkever e vuole significare come esista un monopolio di Google su ogni tipo di commercio in rete, formale o informale. Esso è diventato uno standard simbolo di novità, ricchezza e potenza, capace di influenzare i nostri punti di vista, giudizi e abitudini, fino a venir percepito addirittura come sinonimo di WWW e Internet. Le sue tre caratteristiche principali sono: 

L’informazione, dato che Google ha ormai sconfitto la concorrenza ed è il primo punto di partenza per il reperimento di qualsiasi informazione.



La reperibilità, ossia il meccanismo con cui le informazioni son suggerite all’utente grazie al motore di ricerca sulla base delle preferenze espresse in precedenza durante le sessioni di ricerca.



L’attendibilità, certificata dalla capacità universale di ricerca e dalla possibilità di riempire in pochi secondi una pagina banca di informazioni, facendo fatica a riconoscere le fonti attendibili e quelle non.

Il termine Googlizzazione del consumo afferma l’esistenza di un mercato senza più confini, fisici o virtuali, e non più soggetto aa tirannia del tempo, istantaneo o asincrono, ma soprattutto in perpetuo essere.

Apparente neutralità

Possiamo usare il conetto di apparente neutralità per definire la strategia commerciale di Google. Esso viene percepito come uno strumento neutrale, anche se ha una funzione di gatekeeping, ossia di filtro e controllo delle informazioni, analoga a quella dei media tradizionali. Infatti, i motori di ricerca vengono considerati, sulla base di un atteggiamento fideistico tecnologico, fonti di informazioni neutrali e attendibili. L’impatto di Google è anche sulla geografia e percezione del reale, basti pensare a Google Earth o Waze, usato ufficialmente dagli autisti Uber. La partecipazione nella piattaforma offre all’utente sicuramente il vantaggio di usufruire di un servizio di navigazione satellitare apparentemente gratuito , ma che al contempo arricchisse di informazioni il territorio grazie ai post volontari della comunità di guidatori.

6. Digitalizzazione dei luoghi di consumo e consumo liquido Mondo fisico e mondo digitale

Bauman: consumo liquido e gabbia d’acciaio

Brick & brick Atomi e bit

Dualismo digitale

Pensare in termini di società digitale significa problematizzare il fatto che l’impatto conseguente alla diffusione di strumenti, dispositivi e piattaforme nella vita quotidiana, nelle istituzioni e nei processi di definizione del sé innesca un cambiamento anche nei metodi di ricerca e di analisi. L’interazione continua tra individuo, dispositivi e piattaforme digitali produce una mole crescente di informazioni, i cosiddetti big data, che ha generato una svolta digitale sia per le scienze sociali sia per le geografie orientate dai dati. La distinzione tra mondo fisico e mondo digitale si sta progressivamente erodendo. Le due realtà si compenetrano sempre di più, e il contesto di consumo che ne deriva è il risultato dei due mondi che si rafforzano a vicenda. Bauman analizzò questa condizione, proponendo i concetti di solido e liquido. Il mondo fisico è in gran parte solido, ma realtà più liquide co-esistono nel mondo digitale. Le strutture solide sono per definizione quelle che controllano tutti i tipi di movimento, incluso quello di persone e prodotti: burocrazie, fast food e soprattutto campi di concentramento possono essere considerati come gabbie d’acciaio di weberiana memoria. Bauman sostiene che le strutture solide sono legate a un consumo in epoca passata, dato che ora viviamo in un’era sempre più liquida. La liquidità include più vita e il consumo liquido è la sua espressione. Le strutture più nuove e più liquide ci circondano: più che una gabbia sono un manto leggero, infatti Ritzer definisce la McDonaldizzazione una gabbia di velluto. Alcuni invece come una gabbia di gomma, le cui sbarre possono essere forzate per permettere una via di fuga. Grazie alle opportunità offerte dalla svolta digitale, i luoghi del consumo divengono strutture più leggere, più liquide e meno coercitive. Secondo Bauman, le strutture solide continueranno a vivere nonostante tutto. La tendenza ad affiancare alla presenza digitale a quella fisica nel gergo del marketing viene chiamata brick & brick, termine che vuole enfatizzare la logica di coesistenza dei due contesti, piuttosto che il dominio di uno sull’atro. Si può ipotizzare che il mondo degli atomi, ovvero quello della realtà fisica, sia sempre più mescolato con quello dei bit, della realtà digitale. Le due realtà si compenetrano sempre di più, e il contesto di consumo che ne deriva è il risultato del mondo fisico e di quello digitale che si rafforzano a vicenda, prospettando per il futuro contesti sempre più McDonaldizzati. La combinazione di atomi e bit complica e trasforma la dimensione spazio-temporale, il vivere online e offline, la percezione di cosa sia reale e cosa virtuale e il passaggio da un’economia basata sugli atomi, ossia sugli scambi fisici, a una basata sui bit. Ciò porta a riflettere sui termini di dualismo digitale e realtà aumentata.

7. Prosumerismo, consumo collaborativo e sharing economy Consumo collaborativo e sharing economy

Di Nallo e il cumsumo

Botsman e Rogers sostengono che a livello di cultura di consumo sembra ormai una tendenza diffusa parlare di consumo collaborativo o di sharing economy. I soggetti si attivano su differenti livelli con l’intenzione di collaborare e condividere con una frequenza e magnitudo inedita, alimentano una vera e propria cultura della condivisione. Il consumo collaborativo permette lo scavalcamento di modelli obsoleti di iperconsumo attraverso la creazione di sistemi innovativi alternativi, che si basano essenzialmente: sulla condivisione delle risorse, sull’interesse collettivo, sulla riduzione dello spreco e dell’impatto ambientale. In questo scenario sembra che la risposta arrivi dalla resilienza dei consumatori: attraverso la consapevolezza del raggiungimento di un limite strutturale, si spostano progressivamente verso modelli alternativi di consumo, meno centralmente controllati e maggiormente improntati alle logiche di condivisione, cooperazione, partecipazione e aggregazione. Il cumsumo viene definito da Di Nallo come la matrice collettiva di generazione del senso sociale, attraverso lo scambio e la condivisione di beni e risorse, simbolo di una cultura materiale. Partendo da Napster, prima piattaforma collaborativa che su scala globale ha reso evidente come il potere della condivisione e lo scambio di file musicali potesse in qualche modo cambiare le logiche e il mercato discografico. Ora sono sempre di più i contesti della cultura del consumo che tendono a valorizzare la condivisione come risorsa in antitesi a modelli standardizzati di iperconsumo. Il consumo collaborativo affascina perché in qualche modo è affine sia all’ideologia socialista che a quella capitalista, senza però essere esso stesso un approccio ideologico: è solo un’opzione tra le possibili. Ora si utilizza anche il termine gig economy per riferirsi a un modello economico che, facendo leva sui prosumer che si trovano ad accettare lavori occasionali e scarsamente retribuiti, non offre forme di garanzia e di tutela dei lavoratori....


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