Caratteristiche generali della Bhagavadgītā PDF

Title Caratteristiche generali della Bhagavadgītā
Course Filosofie dell'india e dell'asia orientale
Institution Università di Bologna
Pages 3
File Size 117.7 KB
File Type PDF
Total Downloads 7
Total Views 144

Summary

Download Caratteristiche generali della Bhagavadgītā PDF


Description

Aurora Princiotta

Bhagavadgītā e karma-yoga Nell’induismo, i testi sacri sono stati trasmessi essenzialmente attraverso la musica, la recitazione, la danza e il teatro. I testi sacri indiani più antichi sono i Veda, generalmente datati intorno al 1500 a.C. o talvolta prima. Secondo alcune tradizioni induiste, i Veda non sono opera dell’uomo (quindi Śruti), ma si ritiene che posseggano una natura eterna e che vengano rivelati di era in era. Al corpus dei Veda ha fatto seguito la Smr tṛ i: termine che indica una conoscenza sacra "ricordata" di generazione in generazione che, a differenza della Śruti, è stata prodotta da esseri umani. Sebbene di origine umana, la smr ṛti è tuttavia considerata di ispirazione divina e, benché ritenuta meno autorevole dei Veda, negli ultimi duemilacinquecento anni ha rivestito un ruolo molto significativo nella vita degli indù. La smr ṛti è talvolta suddivisa in categorie: poemi epici, storie antiche e codici di legge e morale. I due poemi epici smr ṛti, il Rāmāyan ṛa (“Storia di Rāma”) e il Mahābhārata (“Il grande poema epico dell’India”, o anche “I grandi figli di Bhārata”, databile tra il II sec. a.C. e il II sec. d.C), sono le opere più conosciute della tradizione induista. Il Mahābhārata, narrazione in versi di vicende intricate, drammatiche, eroiche tra i Kaurava e i loro cugini, i cinque Pān dṇ ṇava, conserva al suo interno (libro VI) la Bhagavadgītā, composta di circa 700 versi divisi in 18 canti, la quale riporta il dialogo tra Arjuna, il guerriero per eccellenza tra i Pān ṇ d ṇava, e Kr ṇsnṇ ṇa, il suo auriga, che al terzo canto abbandona il suo carattere umano per rivestire quello dell’Assoluto personificato. Lo sconforto di Arjuna – da cui prende il titolo il primo canto – scaturito dalla vista di parenti e maestri nello schieramento avversario, lo porta a porsi l’angoscioso interrogativo “perché combattere?” – domanda che si estenderà fino a comprendere interrogativi ben più generali, quali “perché agire?”, “che cos’è l’azione?”, “qual è il rapporto tra azione e conoscenza?”, “chi è l’uomo saggio?”. Attraverso le risposte e i chiarimenti di Kr sṇ nṇ ṇa relativi agli interrogativi sopraelencati, la Bg.-g. tratterà alcuni dei principali problemi e temi che caratterizzano l’universo filosofico-religioso induista. Chiunque abbia un minimo di familiarità con la filosofia induista e conosca la storia del Buddha sarà a conoscenza del fatto che, a quel tempo, le persone dedite alla ricerca spirituale consideravano la società indiana un luogo di infelicità e di inquietudine. L’idea di base consisteva nel concepire il mondo in assenza di un principio e di una fine, nel vedere tutte le forme dell’esistenza trascinate nel processo di un divenire infinito (samsāra), ṇ in cui si passa da una vita a un’altra e, di conseguenza, da una morte a un’altra. Questa catena dolorosa e drammatica di esistenze destinate ad agonie ripetitive è retta da una legge universale e costante, quella del karman (azione); quest’ultimo è un processo destinato a protrarsi all’infinito, a meno che non si riesca a spezzare la catena del samṛsāra quando ci si trova nelle condizioni adatte. La fuga da questo ciclo di rinascite può avvenire attraverso la prassi ascetica. Lo yoga è in grado di portare alla vittoria definitiva su questo divenire infinito; in questo modo gli asceti speravano di interrompere l’azione e le sue conseguenze e di rendere possibile la liberazione. 1

I problemi connessi all’azione e alla rinascita furono trattati, numerosi secoli più tardi, nella Bhagavadgītā: come risposta ai numerosi dubbi che invadono Arjuna e al suo rifiuto di combattere, Kr ṇsnṇ aṇ gli offre consiglio come un guru, difendendo l’azione svolta nel rispetto del dovere, spiegando il viaggio del sé e i sentieri che portano alla sua liberazione 1. Al perplesso Arjuna dice che l’anima (il sé), racchiusa nel corpo non muore in battaglia, ma si trasferisce in un altro corpo: «Non può essere tagliata, né bruciata, né bagnata, né prosciugata; necessaria, onnipresente, stabile, irremovibile, essa è eterna» (2.24) 2. Il signore ricorda ad Arjuna il suo dovere sociale e religioso (dharma) in quanto membro della classe dei guerrieri: «E considera anche il tuo dovere di Stato: non dovresti, tremando, appartarti, poiché per l’uomo di guerra, secondo la legge sacra del suo Stato, non vi è bene superiore alla battaglia» (2.31)3. Arjuna inizialmente dà per scontato che l’opinione di Kr ṇsnṇ aṇ , come quella degli asceti, comporti la totale rinuncia all’azione. Ciò a cui si deve rinunciare non è però l’azione in sé, bensì ciò che ne consegue: non si devono desiderare ricompense particolari e non si deve pensare a se stessi con orgoglio come esecutori di grandi imprese. Si tratta di un agire disinteressato, di una rinuncia preventiva ai frutti dell’azione, che permette di sottrarsi così alla catena karmica: «solo se tu sei offuscati dai frutti sei causa del determinarsi di un frutto delle azioni. Ma se uno non desidera, esso non nasce» 4. «Soltanto sull’azione esercita il tuo controllo, mai sui suoi frutti. Non essere mai motivato dal frutto dell’azione. Non aver mai attaccamento per l’inazione» (2.47)5. Questa è la disciplina del karma yoga, la disciplina dell’azione rinunciante in ottemperanza al “proprio dharma” (sva-dharma), la cui soluzione consiste nell’agire nella necessità di conformarsi al dovere specifico del proprio ruolo, inteso in senso castale. Da Arjuna, in quanto guerriero, si esige che compia i doveri della sua classe; le azioni che mancavano ai doveri, cioè che andavano contro il dharma, erano punite con l’espulsione del gruppo sociale di appartenenza o con una rinascita inferiore nella vita successiva. La Bhagavadgītā «trasforma l’antica concezione pessimistica – secondo la quale le conseguenze dell’azione causano la rinascita e la trasmigrazione del sé – in una disciplina positiva tesa alla trasformazione personale»6. Nel corso dell’opera, la parola yoga perde molto del suo significato tecnico per divenire sinonimo di bhakti, termine che indica l’aspetto devozionale della fede nei confronti di una divinità o di un maestro spirituale, mezzo per eccellenza per raggiungere la liberazione. Questo sentimento di devozione incondizionata è facilmente intuibile già dal titolo stesso dell’opera: “Bhagavadgītā” deriva infatti dalla medesima radice BHAJ, “condividere”, “partecipare a”, da cui adorare e indica colui che condivide la propria grandezza, colui che lascia partecipare alla propria pienezza. «La Bhagavadgītā è il testo dove meglio si esprime l’equilibrio esistente fra l’adorazione fiduciosa del fedele e la benevolenza che inclina verso di lui la persona divina»7.

1 Cfr. Kim Knott, Induismo, trad. it. L. Urru, Torino, Einaudi, 1999. 2 Anne-Marie Esnoul (a cura di), Bhagavadgītā, trad. it. Bianca Candian, Milano, Feltrinelli, 2007, p. 29. 3 Ivi, p. 30. 4 Pier Cesare Bori e Saverio Marchignoli, Per un percorso etico tra culture. Testi antichi di tradizione scritta, Roma, Carocci, 2013, p. 96., n. 28. 5 A. M. Esnoul (a cura di), Bhagavadgītā, op. cit., p. 32. 6 K. Knott, Induismo, op. cit., p. 37. 7 A.M. Esnoul (a cura di), Bhagavadgītā, op. cit., p. 10.

2

Riferimenti bibliografici A.M. Esnoul (a cura di), Bhagavadgītā, trad. it. Di Bianca Candian, Milano, Feltrinelli, 2007. C. Della Casa, S. Piano, M. Piantelli, Hinduismo , G. Filoramo (a cura di), Bari, Laterza, 2002. G. R. Franci, Yoga. Un’antichissima disciplina indiana per la spiritualità e i benessere piscofisico, Bologna, il Mulino, 2008. K. Knott, Induismo, trad. it. L. Urru, F. Baldissera (a cura di), Torino, Einaudi, 1999. P. C. Bori e S. Marchignoli (a cura di), Per un percorso etico tra culture. Testi antichi di tradizione scritta, Roma, Carocci, 2013. S. Marchignoli, L’India filosofica. Un percorso tra temi e problemi del pensiero indiano. I. Dalle origini alla fine del sec. VIII, Bologna, Eurocopy, 2005. V. Narayanan, Capire l’induismo, trad. it. G. Salvia, Milano, Feltrinelli, 2007.

3...


Similar Free PDFs