Ciclo dei pentosi PDF

Title Ciclo dei pentosi
Course Biochimica
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 12
File Size 1.1 MB
File Type PDF
Total Downloads 46
Total Views 139

Summary

Ciclo dei pentosi fosfati - Biochimica
...


Description

Ciclo dei pentosi

Un’altra moneta energetica oltre all’ATP che le cellule utilizzano come seconda moneta energetica è il potere riducente. La via del catabolismo di G6-P è alternativa alla glicolisi, dove si ha ossidazione del glucosio senza produzione di ATP; quindi il ciclo dei pentosi non ha funzione energetica. La sua funzione è quella di rappresentare la principale via di formazione dei pentosi fosfati necessari alla sintesi di DNA e RNA. Altra importante funzione è quella di fornire NADPH, potere riducente usato per le biosintesi riduttive. Molte reazioni endoergoniche, in particolare la biosintesi riduttiva degli acidi grassi e del colesterolo necessitano oltre che dell’ATP anche di NADPH. In sostanza, è una via fondamentale E UNICA per produrre un COENZIMA CON ELEVATO POTERE RIDUCENTE usato nelle biosintesi riduttive. Essa avviene nel citosol di tutte le cellule. NADH vs. NADPH NADP (aggiunta del fosfato) gli permette di riconoscere biosintesi riduttive (sali biliari, ormoni steroidei, acidi grassi, fosfolipidi, proteine), è solo biosintetico e si trova SOLO NEL CITOSOL. NAD invece tipico del catabolismo, si trova nel mitocondrio e poco nel citosol. Si tratta di un coenzima che raccoglie l’energia libera derivante dall’ossidazione dei metaboliti sottoforma di NADH per sintetizzare ATP. Il NADPH è generato dall’ossidazione del glucosio – 6 – fosfato mediante una via metabolica alternativa alla glicolisi: la via del pentosio fosfato o anche detta shunt dell’esosiomonofosfato. Il termine shunt, letteralmente “deviazione”, è usato perché nel caso la cellula non necessiti di pentosi per le biosintesi, i suoi intermedi sono trasformati in fruttosio-6-P e gliceraldeide-3-P e ricondotti nel flusso principale della glicolisi.

Nei tessuti maggiormente coinvolti nella biosintesi lipidica (fegato, ghiandole mammarie, tessuto adiposo, corteccia surrenale), gli enzimi di questa via sono presenti in grandi quantità. Invece nel muscolo è pressoché assente mentre dominante glicolisi perché prevalgono processi energetici (contrazione). Descrizione della via metabolica: Essa può anche essere suddivisa in 2 fasi (preferibile): → La prima, detta OSSIDATIVA, è costituita da reazioni irreversibili e in essa il glucosio-6-P viene ossidato in pentoso fosfato. Fornisce NADPH (USATO DA DEIDROGENASI BIOSINTETICHE e difese verso radicali) e FOSFOPENTOSI; → La seconda, detta “DELLE INTERCONVERSIONI”, è costituita da reazioni reversibili e trasforma un certo numero di carboidrati tra loro, attraverso reazioni di isomerizzazione. In essa i fosfopentosi in eccesso sono trasformati in intermedi della glicolisi e si ha la risintesi del glucosio-6-P in pentoso fosfato. Poiché la seconda fase è facilmente reversibile, i prodotti metabolici di tale fase variano a seconda della necessità della cellula (la reazione può tornare indietro); FASE OSSIDATIVA Il glucosio – 6 – fosfato rappresenta il punto di partenza. Esso può derivare dalla reazione dell’esochinasi con il glucosio o dalla degradazione del glicogeno. La preferenza dell’esochinasi e la sua maggiore affinità per il glucosio rispetto alla glucochinasi epatica deriva da questo. Le prime 3 reazioni di questa fase sono coinvolte nella produzione del NADPH. Reazione 1: Ossidazione del glucosio-6-P. Per azione della glucosio-6-P-deidrogenasi, il glucosio-6-P viene ossidato in 6-fosfogluconolattone (da emiacetale ciclico a estere intramolecolare fra il gruppo carbossilico in C-1 e il gruppo ossidrilico in C-5) con la concomitante riduzione di una equivalente quantità di NADP+ a NADPH + H+. Si ricordi che l’OH anomerico (può essere facilmente ossidato - quindi anche ridotto -) viene ossidato a gruppo carbossilico. In questa deidrogenazione vengono eliminati 2 H+ dal C1 del G-6-P e trasferiti al NADP +, con formazione di doppio legame C=O sul C1 del 6fosfogluconolattone e di NADPH + H+.

GLUCOSIO-6-FOSFATO DEIDROGENASI: l’attività di questo enzima è regolata sotto controllo allosterico, regolata dal suo prodotto (potere riduttivo), cioè dal rapporto NADPH ridotto/ NADP+ ossidato, e anche dagli acidi grassi liberi (un eccesso dei quali ha azione inibitrice, perché sono il prodotto della via biosintetica che maggiormente utilizza NADPH, se ci sono tanti acidi grassi non serve produrli). La regolazione principalmente negativa, in quanto il NADPH (regolatore allosterico negativo) inibisce enzima. Quando invece si ha l’aumento della concentrazione NADP+ ossidato e anche l’abbassamento di concentrazione dei lipidi liberi da una regolazione positiva. Inibizione da fave nel FAVISMO.

NADPH E’ ANCHE IL COENZIMA DELLA GLUTATIONE REDUTTASI: Il GLUTATIONE è un tripeptide formato da Glu, Cys, Gly (legame isopeptidico). GLUTATIONE elimina radicali ossigeno e anidride carbonica. Essa è l’unica molecola che fa da tampone, protezione verso forme radicaliche O2 che si formano durante la fosforilazione ossidativa. Fondamentale a livello eritrocitario perché mantiene costante il Fe2+ (se diventa Fe3+ si forma metaemoglobina che non lega più O2). Negli eritrociti (cellula anucleata, semplice, tempo di emivita tra i più brevi) la via dei pentoso fosfati è una delle principali, una delle maggiori vie che usa glucosio. Il legame isopeptidico, non riconosciuto da proteasi, da’ un tempo di semivita di questo peptide più lungo del normale. Funzione del glutatione: Il radicale attaccherebbe acidi grassi insaturi dei fosfolipidi di membrana, creando buchi (es. oleico si rompe a metà). L’eritrocita è una cellula singola, non ha cellule adiacenti che possano tamponare il foro, evitando collasso della cellula: il flusso entra all’interno del globulo rosso che si ingrossa e scoppia. FAVISMO: mutazione sito specifica dell’enzima glucosio 6 fosfato deidrogenasi (G6PD): poiché questo enzima catalizza la prima reazione della via dei pentoso-fosfati dalla quale si produce ribosio 5 fosfato, importante per la sintesi di nucleotidi ed il NADPH, coenzima e principale donatore di idrogeno nelle reazioni di biosintesi. Il NADPH è indispensabile per la riduzione del glutatione (GSH), tramite la glutatione-reduttasi. Poiché il glutatione non funziona più (non viene ridotto e ripristinato) si ha metaemoglobina e si sviluppa anemia emolitica. La mutazione sito specifica su glucosio 6 fosfato deidrogenasi, causa un tempo di semivita brevissimo con degradazione accelerata con l’assunzione d’allergene delle fave o da farmaci antimalarici.

Si riscontra uno “stress ossidativo” che non può essere tamponato in alcun modo con formazione radicali in seguito a azione di sostanze (es. favismo e allergene delle fave) Poiché il gruppo EME è gruppo prostetico di enzimi importanti per la sintesi delle catecolamine, della dopamina idrossilasi (contiene gruppi eme), di citocromi, catalasi e superossidodismutasi si ha il mancato controllo, e anche una minore quantità di glutatione dà danni importantissimi. SUPEROSSIDODISMUTASI e CATALASI hanno come gruppo prostetico EME, per cui anche il ferro in questi enzimi va controllato da glutatione. Reazione 2: Formazione del 6-fosfogluconato. La idrolisi del 6-fosfogluconolattone in 6-fosfogluconato è catalizzata dalla 6-fosfogluconato lattonasi: la stessa idrolisi può avvenire anche spontaneamente ma con molta maggiore lentezza (aumenta la velocità di idrolisi del lattone). In questa reazione di idrolisi, grazie all’entrata di una molecola di H2O, l’OH dell’H2O si va a legare sul C1 (e poi l’H+ se ne va), mentre l’altro H dell’H2O va a legarsi sull’Ossigeno del C5. Questa reazione è irreversibile, quindi nonostante la reversibilità della reazione precedente, nel complesso, l’ossidazione del glucosio-6-P in 6fosfogluconolattone risulta un processo irreversibile. Il prodotto 6-Fosfogluconato, è una struttura aperta e più stabile con meno interazioni steriche.

Reazione 3: Decarbossilazione ossidativa del 6-fosfogluconato. La trasformazione del 6-fosfogluconato in ribulosio-5-P è un processo di decarbossilazione ossidativa, catalizzato dalla 6-fosfogluconato deidrogenasi e una seconda molecola di NADP+ viene ridotta a NADPH + H+. Il C1, che fa parte della molecola di CO2 se ne va, mentre a livello del C3 se ne vanno 2 H (che ritroviamo nel NADPH + H+) con la contemporanea formazione del doppio legame C=O. Si ha come prodotto ribulosio 5-fosfato precursore del R5P (chetoso a partire da un aldoso, ha un C in meno, si libera CO2.) e come ulteriore prodotto il secondo NADPH.

Al termine della FASE OSSIDATIVA che comprende queste prime tre reazioni, il glucosio-6-P viene ossidato a ribulosio-5-P mentre si generano 2 equivalenti di NADPH (H+). FASE DELLE “INTERCONVERSIONI” Reazione 1: Il ribulosio 5-fosfato può essere utilizzato per due vie metaboliche a seconda delle richieste della cellula: per la sintesi dei nucleotidi (piccola %) attivando RIBULOSIO 5-FOSFATO ISOMERASI e formando ribosio-5-P (R5P), se la cellula è in crescita (es. per rigenerare pelle ferita), altrimenti si attiva RIBULOSIO FOSFATO 3-EPIMERASI con formazione dello Xilulosio 5-fosfato (Xu5P). In ogni caso, per la formazione di questi due composti, la rimozione di un protone porta alla formazione di un intermedio, l’ENEDIOLO. La riprotonazione forma il chetoso xilulosio-5-P o l’aldoso ribosio 5-P.

Il ribosio-5-P è usato per la sintesi di nucleotidi, ma in realtà solo una piccola parte di esso viene sottratta al ciclo per questo scopo. E’ implicito che se in un determinato momento, o in un particolare tessuto, il ribulosio-5-P venisse impiegato solo per la sintesi dei nucleotidi, verrebbe trasformato completamente in ribosio-5-P e l'ulteriore processo di interconversione (la reazione successiva di “interconversione), mediante transchetolasi e transaldoasi, non avrebbe luogo. Viceversa, se il tessuto non richiedesse sintesi di nucleotidi, ma solo di equivalenti riducenti [NADPH(H+)], allora i pentosi fosfati verrebbero riciclati completamente nel processo seguente.

Reazione 2: Le seguenti reazioni di Transchetolasi e Transaldoasi implicano un "rimescolamento" degli atomi di C dei pentosi fosfati, che vengono così trasformati in fruttosio-6-P e gliceraldeide-3-P.

TRANSCHETOLASI → trasloca una unità a composta da due C (C2) TRANSALDOLASI → trasferisce una unità composta da 3 atomi di C (C3) Questi due enzimi creano un collegamento reversibile tra la via dei pentosi fosfati e la glicolisi, catalizzando le tre reazioni di ricombinazione sovrastanti: si ottengono composti intermedi della glicolisi. Questi due enzimi creano collegamento tra glicolisi e pentoso.

Per visualizzare meglio:

Reazione 2a: I° transchetolazione. La transchetolasi catalizza il trasferimento di due unità di C (C2) dal Xu5P all’R5P con formazione di GAP e sedoeptulosio – 7 – fosfato (S7P). Questo ha come cofattore la tiamina pirofosfato TPP ed infatti la transchetolasi è definita più correttamente come Transchetolasi TPP dipendente. In generale, la reazione consiste nel trasporto di un frammento a 2 atomi di carbonio (chetolo) da un chetoso, fosforilato sull'ultimo atomo di C ad un aldoso, pure fosforilato, con formazione di una nuova coppia di chetoso ed aldoso fosforilati, suscettibili di transchetolazione. L’enzima richiede che il chetoso abbia configurazione sterica sull’OH del C3 come quella del fruttosio.

Meccanismo di azione della trasnchetolasi: si evidenzia il ruolo essenziale della Tiamina Pirofosfato (TPP).

Il COENZIMA è uguale a quello della α-chetoglutarato o piruvato deidrogenasi cioè TIAMINA PIROFOSFATO. Interconversione continua tra aldosi (quelli che hanno ceduto il gruppo) e chetosi (quelli dove si aggiunge il gruppo). TPP è un carbanione stabilissimo e per questo fa attacco nucleofilo. Frammento bicarbonioso trasportato su gruppo aldeidico. Reazione 2b: I° transaldolazione. Questa reazione è catalizzata dalla Transaldolasi ed è caratterizzata dal trasferimento di un frammento a 3 C (diossiacetone) da un chetoso fosforilato sull'ultimo atomo di carbonio e con la stessa configurazione sterica vista per le transchetolazione, ad un aldoso pure fosforilato. In particolare, in questa di transaldolazione, si ha il trasferimento di tre atomi di carbonio dal sedoeptulosio-7-P (C7) alla gliceraldeide-3-fosfato (C3), formando eritrosio-4-P (C4) e fruttosio-6-P (C6). L’enzima richiede che il chetoso abbia configurazione sterica sull’OH del C3 come quella del fruttosio. Il sito attivo non ha un coenzima ma una catena laterale Lys (aa basico). Si forma base di Schiff tra il carboniledel S7P e il gruppo amminico della Lys. L’enzima catalizza la traslocazione dei 3C alla gliceraldeide 3P ottenendo F6P. Meccanismo di azione:

Reazione 2c: II° transchetolazione. Ancora per azione della transchetolasi un chetolo, cioè un frammento a due atomi di carbonio viene trasferito da una seconda molecola di xilulosio-5-P (C5) sull'eritrosio-4-P (C4), formando gliceraldeide-3-P (C3).E’ la reazione che completa la via dei pentoso fosfati con prodotti intermedi di glicolisi o gluconeogenesi (prodotti di riintegrazione). Riepilogo della II fase: Questa fase “delle interconversioni” è controllata dalla disponibilità dei substrati. In totale: 2 xilulosio-5-P + 1 ribosio-5-P ↔ 2 fruttosio-6-P + 1 gliceraldeide-3-P

Considerando quindi i prodotti di partenza e di arrivo del ciclo dei pentosi fosfati, il G-6-P viene per gran parte trasformato in F-6-P (da qui il nome di shunt dell’esoso-fosfato, perché alternativo alla glicolisi).

Il glucosio-6-fosfato viene metabolizzato sia attraverso la glicolisi che il ciclo dei pentosi fosfato; dipende dalla concentrazione citoplasmatica di NADP+, Ribosio-5-P e ATP Funzione del ciclo dei pentosi: 1. FUNZIONE PRIMARIA: FORNIRE POTERE RIDUCENTE utilizzato soprattutto a livello degli adipociti (utilizzano il 60% del glucosio), si sintetizzano lì gli acidi grassi. Flusso metabolico di questa via cambia a seconda delle necessità metaboliche della cellula.* 2. In caso di ANOSSIE si innesca la via del pentoso, gluconeogenesi e transaminazioni. Nell'ambito dello stesso tessuto l'utilizzazione del glucosio nel ciclo dei pentosi fosfati viene accentuata da uno stato di anossia. La mancanza di ossigeno impedisce l'utilizzazione ossidativa del piruvato e secondariamente induce un accumulo degli intermedi glicolitici. Il glucosio-6-P viene così forzato nella via dei pentoso-fosfati e l'accumulo conseguente di NADPH(H+) accentua la biosintesi degli acidi grassi. (Si spiegherebbe così, almeno in parte, la steatosi che si verifica nei tessuti anossici. La steatosi è una patologia cellulare legata all'accumulo intracellulare di trigliceridi che comporta una serie di danni fino alla necrosi della cellula.) 3. Altra funzione del ciclo dei pentosi fosfati è la produzione dei pentosi fosfati necessari per la sintesi dei nucleotidi, degli acidi nucleici e di numerosi coenzimi. A questo riguardo va osservato che la formazione di ribosio-5-P, precursore di tutti i nucleotidi, può attuarsi, utilizzando intermedi della glicolisi, attraverso semplici reazioni di transchetolazione e isomerizzazione (xilulosio-5-P → ribulosio-5-P → ribosio-5-P). In questo modo il flusso biosintetico dei nucleotidi può decorrere anche indipendentemente dalla riossidazione del NADPH(H+). *Relativamente al punto 1: Quando c'è maggior bisogno di energia si accentua il metabolismo del glucosio nella glicolisi e nel ciclo di Krebs, quando c'è maggior necessità di biosintetizzare nuove molecole si accentua l'immissione del glucosio nel ciclo dei pentosi fosfati. E’ la disponibilità nel citoplasma di NAD+ e rispettivamente di NADP+ che stimola il flusso del glucosio-6-P nella glicolisi e, rispettivamente, nel ciclo dei pentosi fosfati.

E’ infatti l'attività della glucosio-6-P deidrogenasi che impone il ritmo all'intera via dei pentosi fosfati: la velocità di reazione è catalizzata dalla glucosio – 6 – fosfato deidrogenasi e quindi diciamo che la 1° reazione ossidativa è lo step limitante. L'attività di questo enzima, che aumenta considerevolmente in seguito ad aumentata ingestione di glucidi con la dieta, viene inibita da un aumentato rapporto NADPH(H+)/NADP+ e specificamente disinibita dal glutatione ossidato. E se si ha la deficienza eritrocitaria della Glucosio – 6 – fosfato deidrogenasi? Negli eritrociti umani si sono finora individuate più di 50 varianti genetiche della glucosio-6-P deidrogenasi (l’enzima che catalizza la prima reazione della fase ossidativa), ciascuna risultante da una mutazione genica che causa la sintesi di un enzima con struttura primaria non ortodossa. Nei casi più noti tale anomalia risulta dalla sostituzione di un amminoacido con un altro. La variante più diffusa, specie in alcune regioni dei Mediterraneo, è quella nota come FAVISMO, in quanto i globuli rossi degli individui che ne sono affetti vanno incontro ad estesa emolisi dopo ingestione di fave o di farmaci antimalarici (es. promachina, aceitilfenilidirazone). Si tratta di un difetto dell'attività della glucosio-6-P deidrogenasi eritrocitaria derivante da un aumentato ritmo di degradazione dell'enzima. Si è constatato infatti che la vita media dell'enzima geneticamente alterato è di 14 giorni contro i 60 dell'enzima normale. Inoltre, nel favismo la G-6-P deidrogenasi presenta una minore affinità per il NADP+ rispetto alla deidrogenasi dei normali. Nella deficienza di glucosio-6-P deidrogenasi la diminuita produzione di NADPH(H+) facilita la trasformazione dell'emoglobina (Fe2+) in metaemoglobina (Fe3+) e si traduce in una deficienza di glutatione ridotto (G-SH). Il G-SH si forma infatti a spese del NADPH(H+) nella seguente reazione catalizzata dalla glutatione riduttasi:

NADPH(H+) + GS-SG → NADP+ + 2 G-SH Una deficienza di G-SH consente ai processi perossidativi una più intensa azione deleteria, per cui i costituenti dei globulo rosso e la stessa membrana eritrocitaria si alterano, provocando lisi della cellula. I perossidi vengono eliminarti tramite reazione con GSH catalizzata dalla glutatione perossidasi:

2GSH + ROOH → GSSH + ROH + H2O (Idroperossido Organico)

Gli agenti antimalarici e le fave scatenano la crisi emolitica in quanto concorrono ad ossidare il già scarso G-SH, aggravandone drammaticamente la deficienza. La deficienza ereditaria della G-6-P deidrogenasi si riscontra frequentemente nelle popolazioni esposte da secoli alla malaria. Poiché l'agente della malaria richiede per la sua crescita ottimale glutatione ridotto e prodotti del ciclo dei pentosi, la deficienza della G-6-P deidrogenasi e quindi di G-SH parrebbe costituire un adattamento di difesa contro il parassita, e quindi contro l’insorgenza della malaria. Nella deficienza di G-6-P deidrogenasi gli eritrociti sono le uniche cellule colpite; mancano infatti del ciclo di Krebs e dei mitocondri e l'unico processo ossidativo è in essi la prima fase del ciclo dei pentosi fosfati. La forma ridotta del glutatione (GSH), un tripeptide con un gruppo sulfidrilico libero, ha la funzione di tampone sulfidrilico per mantenere i residui di cisteina dell’emoglobina (Hb) e delle altre proteine allo stato ridotto. In condizioni normali, quando le proteine sono esposte all’ossigeno, i loro gruppi SH liberi vengono gradualmente ossidati a formare ponti disolfuro intramolecolari o con altre proteine; in particolare nei globuli rossi, il glutatione ridotto mantiene i gruppi SH dell’Hb allo stato ridotto, inibendo la formazione di legami crociati nella proteina stessa. La forma ridotta del glutatione partecipa anche ad alcune reazioni di detossificazione dell’acqua ossigenata (perossido d’idrogeno) e di altri perossidi organici nel citosol e nelle membrane cellulari.

Il glutatione GSH verrà poi rigenerato da parte del NADPH in una reazione catalizzata dalla glutatione reduttasi:

GSSG + NADPH + H+ → 2GSH + NADP+ Comprendiamo dunque perché sia di vitale importanza per gli eritrociti un rifornimento continuo di NADPH....


Similar Free PDFs