Commerciale Progredito-1 università degli studi di trento PDF

Title Commerciale Progredito-1 università degli studi di trento
Author Andrea Sgarlata
Course Diritto commerciale progredito
Institution Università degli Studi di Trento
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Summary

Capitolo 1LE COMPETENZE Le competenze legali. La struttura del s.p. è contraddistinta dalla presenza di una pluralità di organi, ciascuno caratterizzato da una propria sfera di competenze, c. struttura corporativa che tende ad assicurare l’ordinato e regolare funzionamento della società. Tale divisi...


Description

Capitolo 1 LE COMPETENZE 1. Le competenze legali. La struttura del s.p.a. è contraddistinta dalla presenza di una pluralità di organi, ciascuno caratterizzato da una propria sfera di competenze, c.d. struttura corporativa che tende ad assicurare l’ordinato e regolare funzionamento della società. Tale divisione dei poteri fra una pluralità di organi costituisce un limite all’autonomia statutaria, anche nella distribuzione di prerogative all’interno dell’organizzazione. Il contenuto normativo (il ruolo) della personalità giuridica comporta la necessità di riservare ai soggetti responsabili della gestione (o che influenzano la gestione d’impresa), una sfera intangibile di poteri in merito al compimento dei singoli atti in cui si articola l’attività che forma l’oggetto nel contratto sociale. Nel modello tradizionale, la gestione dell’attività sociale spetta agli amministratori, il controllo sull’amministrazione spetta al collegio sindacale, e la nomina e revoca dei membri dei due organi sopra menzionati, nonché l’assunzione delle deliberazioni più importanti per l’organizzazione spetta all’assemblea. Qualora la società abbia optato per il modello di amministrazione e controllo dualistico, la funzione di controllo sull’amministrazione spetta al consiglio di sorveglianza, al quale possono essere attribuite anche competenze ‘tradizionalmente assembleari’, quali la nomina, la revoca, la decisione inerente alla scelta dei membri del consiglio di gestione, e l’approvazione del bilancio d’esercizio. Dunque, l’adozione del sistema dualistico incide sulle competenze dell’assemblea. Tant’è che il codice civile riformato nel disciplinare le competenze dell’assemblea ordinaria distingue fra società ‘prive’ ovvero ‘con’ il consiglio di sorveglianza, includendo dunque le società a sistema tradizionale e le società a sistema monistico. Nel sistema monistico i soggetti che si occupano delle funzioni di amministrazione e controllo, sono tutti in possesso di investitura assembleare, pur se la determinazione del numero e la nomina del comitato di controllo sulla gestione spettano al consiglio di amministrazioni, nei limiti e condizioni previste all’art. 2.409. La delimitazione delle competenze assembleari, ed in particolare l’individuazione di una linea di demarcazione rispetto ai poteri attribuiti all’organo di gestione, hanno costituito uno dei problemi più dibattuti. A tal proposito è intervenuto il legislatore del 2003 con l’obiettivo di fornire un criterio ‘orientativo’, incentrando in capo agli amministratori una competenza esclusiva in merito alla gestione dell’impresa (art. 2.380 bis). Può però dirsi non del tutto superato il problema a causa della persistenza di competenze assembleari suscettibili di incidere di ‘riflesso’ sulla gestione d’impresa. Permangono, inoltre le importanti attribuzioni previste per le società quotate, ed in particolare quelle concernenti l’assunzione di partecipazioni reciproche in misura superiore al 2% del capitale. In merito a ciò l’assemblea può trovarsi a dover deliberare in merito al compimento di atti che possono avere notevoli ripercussioni sugli assetti di controllo e sulla futura gestione della società. Inoltre, il legislatore richiede che l’assemblea si pronuncia preventivamente sull’accordo di collaborazione tra le società che si accingono a porre in essere l’incrocio azionario. La disciplina degli incroci azionari trova applicazione quando una od entrambe le società protagoniste dell’incrocio abbiano azioni quotate in 1

borsa, ma fra le stesse non intercorre un rapporto di controllo. La riforma del diritto societario ha inoltre attribuito all’assemblea ordinaria un’ulteriore competenza in merito all’assunzione di partecipazioni in altre imprese, vale a dire una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle società partecipate. La norma offre un significativo esempio inerente la necessità di coinvolgimento dell’assemblea ordinaria nel momento in cui vengono effettuate operazioni che possono determinare alterazioni delle condizioni di rischio connesse all’esercizio dell’attività, che a sua volta costituisce l’oggetto sociale, e pertanto, accettate dai soci al momento dell’ingresso in società. Il legislatore distingue fra assemblea ordinaria ed assemblea straordinaria sulla base dell’oggetto delle deliberazioni. In realtà l’assemblea è unica, quel che muta è il procedimento per l’assunzione delle deliberazioni, che richiede il rispetto di maggiori formalità allorchè i soci sono chiamati a deliberare in sede straordinaria. 1.1 Assemblea in sede ordinaria. All’assemblea ordinaria spetta l’approvazione del bilancio, la decisione circa l’attribuzione degli utili, la nomina di amministratori, di sindaci, del presidente del collegio sindacale, e quando previsto il soggetto che deve effettuare la revisione legale dei conti, e la determinazione del compenso degli amministratori e dei sindaci. Essa stabilisce il numero degli amministratori, se non è stato effettuato dallo statuto, può inoltre nominare il presidente del consiglio di amministrazione, revocare gli amministratori ed i sindaci, ove ricorra una giusta causa. Può autorizzare l’acquisto da parte della società di beni o crediti dei promotori, fondatori, soci ed amministratori, nei due anni successivi all’iscrizione della società nel registro delle imprese, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale. Se si decidesse di adottare il sistema di amministrazione e controllo dualistico, le tradizionali competenze dell’assemblea ordinaria subiscono un ridimensionamento, traducendosi nella semplice nomina e revoca dei consiglieri di sorveglianza, alla determinazione del relativo compenso (se non già stabilito nello statuto) ed all’eventuale azione di responsabilità. La stessa approvazione del bilancio è sottratta all’assemblea ed affidata al consiglio di sorveglianza, a cui spetta anche la nomina e la revoca dei membri del consiglio di gestione. Il consiglio di sorveglianza può ricoprire funzioni non strettamente di controllo, tra cui la possibilità di deliberare per operazioni strategiche, ai piani di industriali e finanziari della società. Inoltre, le materie che la legge non riserva espressamente all’assemblea straordinaria vengono trattate dall’assemblea ordinaria, infatti l’art. 2.364, comma 5° asserisce che l’assemblea ordinaria ‘delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea’. E’ stata inoltre regolata l’ipotesi inerente la riduzione del capitale per perdite oltre un terzo. L’originale formulazione impone all’impresa che approva il bilancio la riduzione obbligatoria del capitale sociale, e tale espressione porta a due interpretazioni: § tale riduzione spetta all’assemblea che approva il bilancio; § la norma si limita ad individuare il termine massimo per provvedere alla riduzione del capitale. La disciplina adesso dispone che la competenza a deliberare la riduzione obbligatoria del capitale sociale spetta all’assemblea in sede ordinaria, ovvero nel caso di adozione del sistema dualistico, al consiglio di sorveglianza. 2

Fra le ‘nuove’ competenze attribuite ad essa vi è l’approvazione dell’eventuale regolamento dei lavori assembleari. Non è stata fornita una vera soluzione alla questione, ma un elemento integrativo ed a supporto delle regole che disciplinano il procedimento deliberativo, che appunto permettono la possibilità di invalidare la deliberazione assembleare adottata in contrasto con le disposizioni contenute nel regolamento. Anche se si dovrebbe forse riconoscere all’assemblea il potere di disapplicare occasionalmente il regolamento, considerando che è stato emanato dal medesimo organo e dalla medesima composizione1. 1.2 Assemblea in sede straordinaria. L’assemblea straordinaria delibera su un numero limitato di materie, quali le modificazioni dello statuto, la nomina, la sostituzione ed i poteri dei liquidatori, la trasformazione, la fusione, la scissione, nonché su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza. Il divieto originario di accordare prestiti o fornire garanzie per l’acquisto o la sostituzione di proprie azioni, è stato sostituito dalla possibilità di formulare un’autorizzazione assembleare preceduta da una dettagliata relazione predisposta dagli amministratori. Infatti, l’assemblea delibera in sede straordinaria ed il verbale di assemblea, corredato dalla relazione degli amministratori, viene depositato entro 30 gg per l’iscrizione nel registro delle imprese. All’assemblea straordinaria inoltre, compete la non emissione di certificati azionari, la deliberazione in merito alla richiesta di esclusione dalla negoziazione. La riforma del diritto societario ha sottratto all’assemblea straordinaria alcune competenze per affidarle agli amministratori, quali le competenze relative alla domanda di ammissione alle procedure di concordato fallimentare e preventivo, ma nonostante ciò non è negato all’assemblea il potere di deliberare su tali materie, ove lo statuto non preveda espressamente il contrario. Il ridimensionamento dell’assemblea straordinaria può essere ulteriormente accentuato dallo statuto, attribuendo all’organo amministrativo, e nel sistema dualistico al consiglio di sorveglianza od al consiglio di gestione, la competenza a deliberare in merito alla fusione per incorporazione di società partecipate in misura pari o superiore al 90%, all’istituzione od alla soppressione di sedi secondarie, all’indicazione di quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della società, alla riduzione del capitale in caso di recesso del socio, agli adeguamenti statutari a disposizioni normative, ed al trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale. 1.2.1 Atti estranei all’oggetto sociale. Secondo parte della dottrina e della giurisprudenza, l’assemblea ordinaria ha facoltà di deliberare il compimento di atti estranei all’oggetto sociale, senza tuttavia modificarlo. La legge però, non consente all’assemblea ordinaria di assumere deliberazioni che siano contrarie alle regole previste dall’atto costitutivo e dallo statuto senza passare per una modifica statutaria in sede straordinaria, salvo eventualmente adottare una seconda deliberazione, nella medesima sede, per ricondurre lo statuto ai termini originari.

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Competenze dell’assemblea.

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2. Le competenze statutarie. L’originaria disciplina codicistica riconosceva all’autonomia statutaria la facoltà di ampliare le competenze legali dell’assemblea, onde ‘adattare’ l’organizzazione sociale alla realtà della singola impresa, al riguardo l’Art. 2.364 - 1° comma disponeva che l’assemblea ordinaria ‘delibera sugli altri oggetti attinenti la gestione della società riservati alla sua competenza dell’atto costitutivo’. La disposizione ha suscitato un dibattito verso due interpretazioni differenti: ª sia in merito ai limiti entro cui l’autonomia statutaria potrebbe derogare al sistema legale di ripartizione delle competenze; ª sia in ordine agli effetti delle deliberazioni assembleari adottate nell’ambito delle competenze statutarie. La norma sembra consentire il trasferimento dell’intera gestione sociale all’organo assembleare, con conseguente esautorazione dell’organo di amministrazione 2. Prevaleva inoltre, tra gli interpreti un atteggiamento restrittivo, prossimo ad un’interpretazione abrogante della norma. Tant’è che la riscrittura dell’Art. 2.364, se lascia sostanzialmente invariate le tradizionali competenze dell’assemblea in sede ordinaria, riscrive delle ‘ulteriori’ competenze gestorie all’assemblea, dando attuazione all’Art. 4 - 8° comma (della legge delega) che rimetteva al legislatore delegato il compito di ‘definire le competenze dell’organo amministrativo con riferimento all’esclusiva responsabilità di gestione dell’impresa’. Dalla legge delega si è desunta la regola secondo cui l’assemblea non può avere alcuna competenza gestoria, e permane unicamente la possibilità per gli statuti, e non anche per gli amministratori di richiedere una deliberazione assembleare per singoli atti (di competenza degli amministratori). Inoltre, la legge ha cura di precisare che la deliberazione ha in tal caso natura meramente autorizzatoria rispetto ad atti tipici degli amministratori, per cui, per il compimento sono chiamati a rispondere solo quest’ultimi. Tale precisazione rende palese l’intenzione di comprimere ulteriormente la possibilità per i soci riuniti in assemblea di interloquire sulla gestione di impresa, infatti ‘la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale’. La ‘riscrittura’ dell’Art. 2.364 enfatizza la visione dell’azionista, quale mero finanziatore di un’impresa, che destina il proprio risparmio al finanziamento di un’attività produttiva da altri gestita, nella prospettiva di una maggiore remunerazione del risparmio, all’esito dell’operazione di investimento, con l’assunzione del rischio tipico del conferimento. Nelle società che adottano il sistema dualistico, l’ampliamento delle competenze assembleari da parte dell’autonomia statutaria parrebbe precluso dal modo di esprimersi delle disposizioni di legge. Decisiva appare l’introduzione all’Art. 2.409 della previsione che il consiglio di sorveglianza (non anche l’assemblea) ‘se previsto dall’assemblea delibera in ordine alle operazioni strategiche ed ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione, ferma in ogni caso la responsabilità di questo per gli atti compiuti’.

2 Sottrae agli amministratori la ‘gestione corrente’, ossia l’insieme degli atti e delle operazioni necessari ad assicurare il normale funzionamento dell’impresa sociale.

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3. La ‘richiesta degli amministratori’ ed il problema delle competenze ‘implicite’ dell’assemblea. La riforma non ha preso posizione sulla controversa dell’esistenza di competenze implicite o non scritte dell’assemblea per il compimento di atti di gestione che possano incidere in misura significativa sulla struttura organizzativa dell’impresa. Il problema si poneva soprattutto per quelle operazioni, formalmente rientranti nelle competenze gestorie degli amministratori, suscettibili di determinare una radicale modificazione della struttura organizzativa dell’impresa. Si afferma che solo gli amministratori sono forniti della competenza tecnica necessaria a deliberare in materia di gestione, e l’assemblea non è la sede idonea per assumere simili decisioni, anche in ragione dell’estrema complessità e lentezza del procedimento deliberativo. Gli amministratori hanno un potere generale di gestire l’impresa sociale, e di compiere conseguentemente tutti gli atti rientranti nell’oggetto sociale, invece per gli atti idonei ad incidere in maniera significativa sulla struttura dell’organizzazione d’impresa devono essere posti in essere dopo aver richiesto una deliberazione assembleare. L’omessa consultazione dell’assemblea prima del compimento di tali atti, è sanzionata esclusivamente sul piano della responsabilità verso la società, senza ripercussioni sulla competenza degli amministratori. La riformulazione dell’Art. 2.364 sembra attualmente affermare la tesi contraria ad ammettere competenze assembleari implicite, o meglio l’esistenza di un obbligo di richiesta degli amministratori. A supporto di questa soluzione interpretativa può essere considerato il diverso regime previsto per le s.r.l. all’Art. 2.479 – 2° comma, ai sensi dei quali è in ogni caso riservata alla competenza dei soci, necessariamente in sede assembleare, ‘la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo od una rilevante modificazione dei diritti dei soci’. L’assenza di un’analoga disposizione in materia di s.p.a può essere interpretata come una negazione nell’autorizzare atti che comportano una modificazione sostanziale dell’oggetto sociale, e più in generale, per atti gestori che possono condurre ad un’alterazione della struttura dell’impresa sociale. In passato, è stato desunto un principio generale in virtù del quale al potere gestorio degli amministratori è precluso compiere operazioni che determinano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale. La tutela del ceto creditorio è assicurata dalla riserva a favore degli amministratori della competenza esclusiva a dare attuazione alle deliberazioni assembleari. Il problema riguarda, semmai, l’individuazione del margine di discrezionalità da riconoscere agli amministratori nella fase di attuazione delle decisioni assembleari. In principio, infatti non sembra ravvisare alcuna contraddizione tra: § il riconoscimento del potere dei soci riuniti in assemblea di adottare deliberazioni gestiorie, aventi la normale efficacia vincolante per gli amministratori; § e l’affermazione di un potere / dovere degli amministratori di tenere conto di tutte le circostanze del caso nell’attuazione del deliberato assembleare alla luce delle norme che tutelano gli interessi dei soggetti, che a titolo diverso, possono subire gli effetti dell’azione sociale. Dunque, l’esigenza di salvaguardia degli interessi dei terzi e degli stessi amministratori, ha potuto trovare un’adeguata protezione mediante un espresso riconoscimento legislativo del potere / dovere degli amministratori di valutare 5

l’opportunità di dare esecuzione alle deliberazioni assembleari in materia di gestione, se reputate idonee a cagionare un pregiudizio a soggetti terzi, e conseguentemente, a generare una responsabilità degli amministratori medesimi. Il problema si presta forse, ad essere meglio analizzato valutando la corretta attuazione del ruolo degli amministratori, e dunque inerente alla responsabilità dei gestori, non alla validità degli atti.

I SISTEMI DI AMMINISTRAZIONE E DI CONTROLLO. 4. I principi della legge delega e la scelta del modello di amministrazione. Il decreto legislativo del 17 gennaio 2003 è stato emanato in attuazione della Legge delega del 3 ottobre 2001, n. 366 la quale all’Art. 2 sono indicati i criteri ispiratori della riforma, il: § perseguire l’obiettivo prioritario di favorire la nascita, la crescita e la competitività delle imprese, anche attraverso il loro accesso ai mercati interni ed internazionali dei capitali; § valorizzare il carattere imprenditoriale delle società e definire con chiarezza e precisione i compiti e le responsabilità degli organi sociali; § semplificare la disciplina delle società, tenendo conto delle esigenze delle imprese e del mercato concorrenziale; § ampliare gli ambiti dell’autonomia statutaria, tenendo conto delle esigenze di tutela degli interessi coinvolti; § adeguare la disciplina dei modelli societari alle esigenze delle imprese, anche in considerazione della composizione sociale e delle modalità di finanziamento, escludendo comunque l’introduzione di involi automatici in ordine all’adozione di uno specifico modello societario; § prevedere, nel rispetto dei principi di libertà di iniziativa economica e di libera scelta delle forme organizzative dell’impresa, due modelli societari riferiti l’uno alla s.r.l. e l’altro alla s.p.a., ivi compresa la varante della società in accomandita per azioni, alla quale saranno applicabili, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di s.p.a; § disciplinare drome partecipative di società in differenti tipi associativi, tenendo conto delle esigenze di tutela dei soci, dei creditori sociali e dei terzi; § disciplinare i gruppi di società secondo principi di trasparenza e di contemperamento degli interessi coinvolti.

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Trai i principi stabiliti all’Art. 4, 1° e 2° comma della legge delega sulle s.p.a., riguardano la disciplina dell’amministrazione e controllo quelli che prevedono di: ª garantire un equilibrio di tutela degli interessi dei soci, dei creditori, degli investitori, dei risparmiatori e dei terzi; ª prevedere un modello di base unitario e le ipotesi i cui, riguardando le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, le norme siano caratterizzate da maggior grado di imperatività; ª dettare norme inderogabili per le società che fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio, dirette almeno a distinguere controllo sulla gestione e controllo contabile esterno, consentire l’azione sociale di r...


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