Complex TV - prof. dalla torre PDF

Title Complex TV - prof. dalla torre
Course PRODUZIONE E GESTIONE DI FORMAT AUDIOVISIVI
Institution Libera Università Maria Santissima Assunta
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COMPLEX TV - FORMAT CAPITOLO 1 - la complessità e il suo contenuto Nell’ultimo ventennio si è sviluppato il modello della complessità narrativa, è un modello di racconto, alternativo alla forma a episodi e a quella seriale che hanno caratterizzato la televisione americana dagli inizi. (Esempio di complessità narrativa: how I met your mother) Per capire le tecniche dello storytelling della televisione di oggi dobbiamo considerare la complessità narrativa come un modello narrativo a sé stante, come proposto da Bordwell il quale definisce modello narrativo un insieme storicamente identificato di regole per la costruzione e la comprensione di una narrazione, un insieme che attinge a generi, autori e movimenti artistici diversi per creare un bagaglio coeso di tecniche narrative. Bordwell identifica modelli cinematografici specifici come il cinema classico di Hollywood, il del materialismo storico. Ognuno di essi ricorre a distinte strategie narrative, ma si rifà agli altri per costruire le proprie specificità. Le caratteristiche principali delle serie tv sono la continuità e la serialità. La poetica delle serie tv complesse: La complessità narrativa ridefinisce le forme a episodi in accordo a una narrazione seriale, il che non significa necessariamente una fusione totale, ma un equilibrio variabile tra i due modelli. La complessità narrativa dà vita a storie continuative che spaziano tra i generi. La tv complessa ricorre a una gamma di tecniche seriali, partendo dal presupposto che una serie sia una narrazione cumulativa che si espande nel tempo, invece di ristabilire un equilibrio stazionario alla fine di ogni episodio, com’è tipico del modello a episodi. Le narrazioni complesse di oggi si sono sviluppate sulla base di numerose innovazioni emerse a partire dagli anni Settanta. Questo nuovo modello non è uniforme e normato, ma è comunque possibile raggruppare un numero crescente di programmi che rifiutano le convenzioni delle serie a episodi e dei serial, proponendo una vasta gamma di affascinanti alternative. I prototipi della televisione complessa sono apparsi negli anni Novanta e hanno costituito dei precedenti che i programmi più recenti hanno adottato e raffinato. Una delle difficoltà della complessità narrativa è quella di trovare un equilibrio tra le esigenze della forma a episodi e di quella seriale, spesso in contrasto tra loro. Ma una serie tv complessa non può essere ridotta a una serie a episodi serializzate e trasmessa in prima serata: molte delle serie che adottano questo modello non solo si oppongono alle regole della serialità, ma ricorrono anche a strategie narrative che rifiutano la convenzionalità della forma a episodi. Ad esempio, Sainfeld ha un approccio ibrido e incostante: alcune stagioni sono incentrate su una situazione continuativa, come l’imminente matrimonio di George o il nuovo lavoro di Elaine. Queste microstorie servono principalmente da sotto-testo per realizzare degli inside jokes (battute comprensibili soltanto a chi conosce gli antefatti) o dei riferimenti metanarrativi. Queste sottotrame fisse richiedono una conoscenza degli antefatti minima, poiché le azioni e gli eventi in esse contenuti di rado si spingono al di là del singolo episodio, come d’altronde rare sono le azioni e gli eventi rilevanti, considerato che la serie si propone di raccontare solo cose

insignificanti. Per comprendere le singole storie non è necessario sapere qualcosa della microstoria. Seinfeld presenta un alto livello di complessità narrativa, poiché si rifiuta spesso di attenersi alle regole su conclusione, risoluzione e distinzione delle sottotrame tipiche della forma a episodi. Molte puntate, infatti, si chiudono lasciando i personaggi in situazioni insostenibili: come quando Jerry corre nei boschi perché è diventato un lupo mannaro. Queste situazioni non hanno la funzione di un finale sospeso, ma quella della battuta conclusiva di una barzelletta, di cui però non si parlerà più. Seinfeld e altre comedy complesse come I Simpson ricorrono alla forma a episodi mettendone però in discussione alcune convenzioni, come il ritorno all’equilibrio iniziale o la continuità delle vicende, e adottando la serialità a fasi alterne: alcune sottotrame vengono portate avanti, mentre ad altre non si fa mai più riferimento. I Simpson, di solito, dimostra un approccio eccessivamente fedele alla forma a episodi, quasi parodistico, rifiutando la continuità tra gli episodi e tornando all’infinito a uno stato di equilibrio perpetuo, in cui Bart è sempre in 4ª elementare, Maggie è sempre una lattante e tutta la famiglia vive in una condizione di arresto disfunzionale. A queste regole però ci sono delle eccezioni: Apu si sposa e ha 8 figli che nell’arco delle stagioni crescono fino all’età di circa 2 anni, il che suggerisce che nel ciclo vitale di Springfield debbano essere trascorsi almeno 3 anni, benché nessun altro sia invecchiato. I Simpson non rende mai facile capire quali trasformazioni verranno resettate dopo ogni episodio e quali invece saranno portate avanti in un’ottica seriale (come la famiglia di Apu, la relazione tra Skinner e la signora Caprapall e la morte della moglie di Flanders). Queste comedy complesse adottano quindi le norme seriali in modo selettivo, intrecciando alcuni eventi con i loro antefatti e archiviando altri momenti nel dimenticatoio, una distinzione che gli spettatori possono ignorare, immaginando che si tratti di incoerenza, oppure possono apprezzare, riconoscendo i tratti della complessità narrativa. Questo secondo atteggiamento è quello più comune. Ciò dimostra che oggi la serialità narrativa non può essere ridotta alla continuità di una trama, ma va considerata come una variabile sfaccettata, che offre tutta una gamma di potenziali risvolti narrativi. I quattro elementi costitutivi di una narrazione seriale sono: il mondo narrativo, i personaggi, gli eventi e la temporalità. Scomponendo la serialità in questi quattro elementi si nota subito come anche le serie più episodiche siano comunque serializzate, in qualche modo. Quasi tutte le serie tv finzionali hanno un proprio universo narrativo e propri personaggi, che costituiscono un importante elemento di continuità. Quando si parla di programma serializzati, si pensa più all’accumularsi di eventi narrativi tra loro connessi che alla presenza costante e coerente di un universo narrativo popolato da personaggi fissi: ci aspettiamo che ciò che succede in un episodio venga ricordato dai personaggi negli episodi successivi, e che lasci qualche traccia nel modo narrativo. La maggior parte dei programmi a episodi convenzionali non prendono una posizione chiara su questo punto, e preferiscono ignorare alcuni eventi passati piuttosto che negarne esplicitamente l’esistenza, mentre serie più giocosamente autoreferenziali riconoscono questa mancata storicizzazione degli eventi. Le serie nelle quali gli eventi narrativi si accumulano danno invece prova di quest’evoluzione diegetica tramite i ricordi dei personaggi, lasciando che siano loro a narrare gli eventi passati mentre li scoprono o li raccontano ad altri, creando così un senso di continuità attraverso i dialoghi e le azioni. Anche le ambientazioni possono avere una loro memoria, nel caso in cui conservino traccia degli eventi

narrativi. Una delle difficoltà della tv seriale è riuscire a comunicare agli spettatori le proprie norme intrinseche, affinché lo spettatore capisca quale livello di continuità debba aspettarsi dalla serie, una cosa che di solito viene stabilita dalla frequenza con cui i personaggi fanno riferimento agli eventi passati e da quanto l’universo narrativo ne reca traccia: più una serie ci ricorda che i suoi eventi narrativi hanno un impatto cumulativo, più lo spettatore si aspetta da essa continuità e coerenza. Esistono diversi tipi di eventi narrativi, e non tutti possono essere integrati nella microstoria. Una distinzione fondamentale è quella tra eventi maggiori (nuclei) ed eventi minori (satelliti). I nuclei sono imprescindibili per il funzionamento della catena di eventi di una trama, mentre i satelliti possono essere omessi senza compromettere la comprensione della storia, anche se contribuiscono al ritmo, alle atmosfere e alla profondità dei personaggi. A volte quelli che sembrano satelliti a primo impatto, poi si rivelano nuclei nell’arco di un episodio o poco più. Sono gli eventi maggiori a far avanzare la storia, ma con ripercussioni sempre diverse. Molti nuclei sono eventi obiettivi che modificano la storia in modo evidente. Questi eventi si ripercuotono in modo evidente sull’insieme dei personaggi e modificano gli equilibri dell’universo narrativo, ma le domande che sollecitano riguardano soltanto il futuro della narrazione: che ripercussioni avrà ciò sulla macrostoria? Non vengono lasciati dubbi su ciò che è successo, su come è successo o sul perché, per cui possiamo dire che questi eventi sono delle asserzioni narrative, poiché l’unica domanda che sollecitano è “e adesso?”. Al contrario, alcuni eventi fungono da enigmi narrativi, poiché non chiariscono cosa sia realmente successo, chi sia stato, perché l’abbia fatto, come si sia giunti a quel punto e a colte nemmeno se l’evento sia realmente accaduto. Gli enigmi narrativi dipendono da ciò che è davvero successo in precedenza, ma alimentano i dubbi sui dettagli della situazione narrativa attuale. La maggior parte delle serie tv collegate a un enigma narrativo centrale non riescono a centrare il loro obiettivo. La maggior parte delle serie tv ruota invece intorno alle possibili conseguenze delle affermazioni narrative, piuttosto che alimentare enigmi collegati al passato. Persino nelle serie in cui il passato dei personaggi è determinante la trama si sposta principalmente in avanti, proponendo al massimo flashback riguardanti aspetti peculiari di un personaggio, ma senza proporre misteri intricati sperando che gli spettatori abbiano voglia di dipanarli. In televisione il modello più diffuso di serializzazione degli eventi è l’accumulo di asserzioni narrative, che innesca a sua volta gli eventi degli episodi successivi: questo modello si ritrova nelle serie tv complesse di oggi, sia nelle soap opera tradizionali da daytime o prima serata, dando vita a una relazione problematica ma coinvolgente: si tratta di momenti chiari, che non evocano enigmi sul passato, e che invogliano il pubblico a chiedersi cosa avverrà in seguito, e non a ripensare al passato. Gli enigmi e le asserzioni narrative suscitano nello spettatori varie reazioni e coinvolgimento, come la suspanse, sorpresa, curiosità e l’istinto di fare delle ipotesi, la varietà degli esiti rivela quanto sia importante la temporalità nella costruzione di una narrazione seriale, poiché sia gli spettatori che gli stessi autori devono gestire i vari piani temporali del passato, del presente e del futuro se vogliono far quadrare quel che succede nell’universo narrativo. Il tempo è un elemento essenziale di qualsiasi racconto e nella televisione lo è ancora di più. Troviamo 3 tipologie di flusso temporale che riguardano qualsiasi narrazione:

• della storia (storytime), è il modo in cui il tempo trascorre all'interno del mondo narrativo: di norma, il tempo della storia segue le convenzioni del mondo reale, una cronologia inequivocabile e una progressione lineare, con eccezioni soltanto nei casi in cui personaggi viaggiano nel tempo. • Discorso (discours time), è la struttura temporale scelta per raccontare la storia e, di solito, differisce dal tempo della storia perché omette, tramite il montaggio, gli archi di tempo privi di eventi rilevanti. Le narrazioni complesse spesso riorganizzano il tempo della storia tramite l'uso di flashback, ripetizione di eventi passati e cronologie non lineari: in questi casi si tratta di esplicite manipolazioni temporali, poiché si parte dal presupposto che i personaggi abbiano vissuto gli eventi in una progressione lineare. • Racconto/tempo dello schermo (narration time/ screen time), è il tempo materialmente necessario a raccontare a fruire una storia. Nei film e in televisione il tempo del racconto è controllato in modo rigido, dato che un film di due ore ha la stessa durata per tutti gli spettatori. Le serie TV circoscrivono ancora di più il tempo del racconto, per via della loro cadenza settimanale e delle interruzioni pubblicitarie. Chiunque impiega comunque la stessa quantità di tempo per fruire un determinato racconto audio di visivo. La comprensione del tempo narrativo da parte dello spettatore è fondamentale per lo Storytelling della serie, poiché la serialità stessa è definita dal suo utilizzo del tempo.la struttura base della forma seriale vede un sistema temporale nel quale la storia viene raccontata in blocchi separati da intervalli settimanali, nonché attraverso un uso rigidissimo del tempo dello schermo. I DVD e gli streaming modificano radicalmente la visione delle serie tv, poiché permettono agli utenti di gestire in modo autonomo il tempo dello schermo, privandoli però dell'esperienza culturale che consiste nel guardare un determinato episodio contemporaneamente a milioni di altri spettatori. La temporalità delle serie TV è legata al tempo dello schermo tipico della trasmissione televisiva, che comporta quel tipo di visione regolare il rituale chi è il fulcro dell'esperienza di guardare una serie TV. Questi intervalli danno il tempo agli spettatori di appassionarsi maggiormente alla serie, partecipando a community, leggendo recensioni e para testi, e facendo ipotesi sulle puntate future. Il compito più importante del tempo dello schermo è quello di creare delle sequenze di apertura e chiusura di ogni episodio, che delimitino sia la puntata, in quanto porzione di un racconto più ampio, sia l'intervallo tra gli episodi. La maggior parte degli episodi comincia con un indicatore fondamentale, come il riepilogo degli eventi precedenti, una sigla e i titoli di testa che possono anche sovrapporsi alle prime scene; allo stesso modo, quasi tutti gli episodi si concludono con dei titoli di coda, il logo della casa di produzione e un'anticipazione degli eventi futuri. Tutti questi elementi propri del tempo dello schermo fanno parte della sfera dei paratesti o delle grafiche extradiegetiche che mirano a stabilire i confini, la lunghezza e il ritmo di ogni episodio. Un altro Storytelling efficace ricorre al tempo dello schermo tipico della forma episodi per suscitare le reazioni degli spettatori. È molto più frequente che le serie TV giochino con il tempo della storia e quello del discorso modificando le caratteristiche della propria serialità. La maggior parte delle serie TV complesse si distingue per il modo in cui gestisce eventi, personaggi e immaginario all'interno di quello spettro di opzioni che va dalla forma episodio a quella seriale.

Contesti e vincoli della complessità: Potremmo considerare quel periodo che va dagli anni 90 fino oggi come l’era della televisione complessa. La complessità non ha sostituito le forme convenzionali della maggior parte dei programmi televisivi. Eppure, così come il cinema hollywoodiano degli anni 70 è ricordato più per i lavori innovativi di Altman, Scorsese e Coppola che per i film più commerciali che riempivano le sale in quegli anni. La televisione americana degli ultimi vent'anni verrà ricordata come un’era di sperimentazione, che ha messo in discussione le norme tradizionali del mezzo. Alcuni cambiamenti fondamentali riguardanti l'industria dei media, la tecnologia e i comportamenti del pubblico coincidono cronologicamente con la diffusione della complessità narrativa. Un fattore che ha influenzato la diffusione della complessità narrativa in televisione è stato la graduale legittimazione del mezzo e il conseguente aumento di attrattività dei suoi autori. Benché nel cinema degli ultimi anni siano emerse forme narrative innovative, spesso basate su enigmi, le regole di Hollywood preferiscono ancora formule spettacolari più adatte a garantire un immediato successo al botteghino. Anche la televisione, però, ha aspettato a lungo prima di adottare la complessità, a causa di alcuni elementi consolidati che ostacolavano l'introduzione di uno Storytelling complesso. La televisione commerciale americana ha sempre evitato le scelte rischiose, inseguendo piuttosto la stabilità economica attraverso strategie di imitazione mirate al contenuto meno sgradevole possibile. Per decenni, l'industria della televisione commerciale ha tratto enormi profitti dalla produzione di programmi la cui forma si scostava poco da quella convenzionale di generi come la sit-com e il procedurale dramma, mentre i racconti seriali erano perlopiù confinati a quel genere spesso bistrattato che sono le soap opera. I network preferivano proporre in prima serata programmi a episodi e quindi non continuativi, principalmente perché i contenuti serializzati non si sposavano bene con una delle maggiori fonti di profitto dell'industria televisiva: la syndication. Le repliche distribuite dai consorzi di TV locali in syndication potevano infatti andare in onda in qualsiasi ordine, mentre le trame continuative costituivano un ostacolo per questo redditizio mercato secondario. In più, le indagini di mercato degli stessi network suggerivano che anche le serie di maggior successo potessero raggiungere, ogni settimana, un pubblico fisso garantito che non superava un terzo del pubblico totale raggiunto, e che quindi nel caso di una serie continuativa il pubblico non avrebbe mai avuto una conoscenza sufficiente agli antefatti per comprendere appieno le trame. Eppure, considerati questi dati ipotetici e il successo dei programmi episodi, ai tempi mancavano effettivamente i presupposti affinché i network si imbarcassero in esperimenti su uno Storytelling più serializzato e complesso. I meccanismi narrativi della televisione pongono alcuni limiti cruciali al modo in cui si può raccontare una storia. La televisione commerciale prevede un sistema di programmazione strutturato in modo ferreo. Può ospitare soltanto episodi settimanali di una specifica durata, che vengono spesso interrotti da intervalli pubblicitari. Inoltre ogni stagione deve avere un numero specifico di episodi, con un piano di programmazione variabile per quanto riguarda la distanza tra un episodio e l'altro. Una serie TV viene guardata mentre è ancora in produzione, il che significa che alcune modifiche vengono apportate in corso d'opera, spesso a causa di circostanze impreviste (derivanti da fattori umani riguardanti il cast). Questi vincoli differenziano il racconto televisivo da quello di quasi ogni altro

medium e limitano il modo in cui le storie televisive possono essere raccontate, ma concorrono anche a delimitare il terreno nel quale si possono sviluppare certe innovazioni, sfidando in modo creativo le norme consolidate del mezzo. La maggior parte delle serie TV di successo non ha in sé quell'elemento che è stato a lungo considerato fondamentale per una storia: il finale. La televisione commerciale americana si basa su quello che possiamo definire un modello infinito di racconto, per il quale è una seria successo soltanto se non si ferma mai. I programmi americani vanno avanti fino a quando producono indici di ascolto soddisfacenti. Questa necessità di predisporsi a una durata infinita privilegia la forma a episodi, che presenta poca continuità e pochi sviluppi a lungo termine, e che propone i personaggi riciclabili e le situazioni intercambiabili tipici delle police drama e delle sitcom. Sono stati questi limiti a ostacolare le innovazioni apportate in seguito dalla televisione complessa: un graduale cambiamento delle possibilità narrative si ha avuto soltanto negli anni 90, di pari passo con una serie di innovazioni industriali e tecnologiche. Uno dei fattori che ha dato il via all'innovazione narrative è stata la ricalibrazione degli obiettivi dell'industria nella definizione del concetto di “serie di successo”. Con l'aumento del numero di canali, e la conseguente diminuzione del pubblico di ogni singolo programma, I network e i canali televisivi si sono resi conto che è sufficiente che una serie sia seguita da un pubblico piccolo ma dedito e costante, affinché questa serie sia economicamente sostenibile. Molti programmi complessi, come I Simpson, sono pensati per attrarre una nicchia di spettatori più sofisticati tra coloro che di norma non guardano la televisione. I canali Basic c...


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