Corso di Antropologia Culturale e Sociale (Prof. Maccauro) PDF

Title Corso di Antropologia Culturale e Sociale (Prof. Maccauro)
Author fabrizio cusani
Course Scienze dell'Educazione
Institution Università telematica Giustino Fortunato
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Riassunto della dispensa del Prof. Giuseppe Maccauro...


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APPUNTI DI ANTROPOLOGIA CULTURALE – By Fabrizio Cusani 2020 L’antropologia (dal greco antropos=uomo, logos= conoscenza, studio) L’antropologia culturale è il ramo dell'antropologia che studia le differenze e le somiglianze culturali tra gruppi di umani. È quella scienza Sociale che indaga nei modi di vita dei diversi gruppi umani attraverso uno studio, comparativo, diretto e prolungato (mediante le disciplina dell’Etnografia). L'etnologia (dal greco ethnos: popolo) è una branca dell'antropologia che si occupa di studiare e confrontare le popolazioni attualmente esistenti nel mondo. Rispetto all'antropologia culturale l'etnologia ha tradizionalmente fatto un maggior utilizzo della comparazione tra le diverse culture.

L’Antropologia culturale insieme a Sociologia, Psicologia e Linguistica è una delle scienze sociali Le scienze sociali o scienze umane sono quelle discipline che studiano l'essere umano e la società, in particolare l'origine e lo sviluppo delle società umane, le istituzioni, le relazioni sociali e i fondamenti della vita sociale. Differenza tra Antropologia culturale e Sociologia: la Sociologia si occupa specialmente dei gruppi sociali occidentali, delle strutture sociali avanzate.

Le scienze sociali sono quelle discipline che hanno come centro d'interesse l'uomo e la società in cui vive; esse racchiudono diverse tematiche quali gli aspetti interni all'uomo, cioè le caratteristiche della natura umana determinate da fattori biologici e psicologici, quali gli aspetti esterni che sono legati alla necessità di tipo culturale, istituzionale, sociale e ambientale. Le discipline o scienze umane che influenzano le scienze sociali sono la storia, la filosofia, le scienze politiche, l'archeologia, l'economia.

Correnti in Antropologia Evoluzionismo-- (1860 – 1900) critica all’Evoluzionismo- (1900 – 1910) Strutturalismo- (anni 50 – 70 ) Antropologia contemporanea 1, Marc Augè (Francia 1935) -> Surmodernità -> non luogo 2, Loup Amselle (Marsiglia,1942).La crisi dell’Antropologia, sviluppi recenti: cade il mito del buon selvaggio e cambia l’oggetto di studio dell’antropologia contemporanea. 3, James Clifford (Usa 1945): crisi della rappresentazione Etnografica, l’Antropologia interpretativa

Claude Lévi Strauss (1908 – 2009)

ANTROPOLOGIA STRUTTURALE L’Antropologia Strutturale ricerca le strutture elementari dello spirito umano. Lo scopo dello studio dell’autore è “ricercare l’universalità della natura umana”, le “strutture invarianti dello spirito umano”, una maniera di procedere che sia valida universalmente. Frasi celebre di L.S: “scienziato non è colui che sa dare risposte ma colui che sa porre le giuste domande”; “l’antropologia è una conversazione dell’uomo con l’uomo”; per lui l’antropologia è “scienza del confronto”: occorre confrontare i “segni”(riti religiosi, costumi, miti, forme di scambio, ma anche oggetti materiali come asce o lance) e per esercitare il confronto occorre andare ad analizzare le strutture elementari, meglio se in popolazioni primitive, non in quanto inferiori ma in quanto più autentiche. Di qui la “critica di L.S all’Etnocentrismo e all’Evoluzionismo” degli antropologi dell’800 che consideravano le culture primitive come inferiori rispetto a quella occidentale: L.S. considera invece, le manifestazioni culturali dei primitivi soltanto come differenti. A questo scopo l’autore, proprio per sottrarsi alla visione etnocentrica (superiorità della civiltà occidentale) adopera la dicotomia società calde/società fredde piuttosto che civilizzate/primitive: le società fredde sono le società che hanno una organizzazione sociale rigida che soffoca i conflitti ma per questo anche le trasformazioni; le società calde sono meno rigide, più aperte ma per questo, anche più conflittuali e inclini alla trasformazione. Tuttavia non bisogna legare l’idea di progresso (critica all’idea di progresso) all’una o all’altro tipo di società, innanzitutto perché non esistono, in senso assoluto società calde o fredde. Il progresso, per intenderci, non appartiene alla sola civiltà occidentale: per L.S il Progresso nasce da scambi, relazioni anche violente tra gli uomini, le relazioni creano fermento, le differenze sono una ricchezza. Per L.S. nessuna società è perfetta: in ogni società sono riscontrabili elementi di raffinatezza culturale ed elementi di brutalità inaudita Ciò detto, L.S. non accetta che l’antropologo prenda le distanze dal mondo occidentale e dalla propria identità culturale. Lui infatti, cosi come Ernesto De Martino, considera l’Etnologia come scienza del confronto. De Martino fa sua una celebre frase di L.S.: “l’antropologia è una disciplina il cui primo obiettivo, se non l’unico è quello di analizzare e interpretare le differenze”. Il ritorno dal viaggio per entrambi, offre allo studioso la possibilità di indagare meglio nelle pratiche (inconsce) della cultura di appartenenza. In pratica si indaga una cultura differente anche per confrontarla con quella di

appartenenza, per soppesare e riappropriarsi delle proprie tare culturali e non subirle (Enocentrismo Critico). L’Etnocentrismo Critico di De Martino si incontra con la critica di L.S. al Relativismo culturale: secondo questa corrente di pensiero tutte le culture possono essere messe sullo stesso piano: L.S. considera un atteggiamento positivo attribuire pari dignità a tutte le culture e riconoscere l’alterità delle altre culture, tuttavia ciò deve avvenire senza perdere la propria identità perché il rifiuto della propria identità sarebbe una condizione inautentica. Al centro del viaggio dell’antropologo, insomma, ci sarebbe il desiderio del confronto con l’alterità culturale, ovvero con la differenza. Ne i Tristi Tropici L.S. parla della sua scelta di diventare antropologo e della sua scelta di viaggiare: la scelta nasce dal desiderio di osservare “mondi perduti” realtà diverse. Desiderio frustrato dall’accorgersi che dopo il colonialismo, l’antropologo trova i sottoprodotti della cultura occidentale, dunque omologazione. L’interesse degli occidentali per le società esotiche, precedentemente distrutte, è frustrato proprio dal non ritrovare più le differenze che ci si aspettava. Ma paradossalmente, sostiene l’autore, meno due culture umane entrano in contatto e interagiscono tra di loro (corrompendosi!) meno sviluppano l’occasione di accorgersi delle loro differenze. In definitiva, sostiene L.S., la comprensione del diverso può realizzarsi quando la differenza si attenua, fino a perdersi. In Tristi Tropici, L.S. sottolinea il suo interesse per l’inconscio e i fenomeni inconsapevoli che si verificano sia a livello individuale che a livello collettivo. Questo interesse deriva dall’ispirazione offerta, in tarda adolescenza, da due figure decisive per la sua formazione: Freud e Marx. Entrambe gli autori davano valore all’irrazionale come componente della vita dell’uomo e dei gruppi sociali, Freud in particolare parlò apertamente delle “leggi dell’inconscio” come di verità atemporali, senza tempo, a cui non si può riconoscere un debutto storico nella storia dell’uomo, che però agiscono nel tempo. A tal riguardo in Tristi Tropici, L.S. osserva come lo sviluppo delle città coloniali in Brasile da Oriente verso Occidente segua il naturale ciclo solare. Questo appare come un fatto umano, ancestrale, inconscio. L’Antropologia Strutturale ricerca le strutture elementari dello spirito umano. Così come in linguistica, lo svizzero strutturalista Saussure (Sossiur) aveva indicato nei “fonemi” un tratto universale alla base di tutte le lingue, così L.S. ha provato a ricercare i tratti universali che stanno alla base delle organizzazioni sociali. Nel libro “Le strutture Elementari della Parentela” 1949, L.S. individua una struttura elementare e fondamentale dello spirito umano: la “Reciprocità”,

una struttura che si riscontra in maniera costante in tutti i rapporti di parentela, ad ogni latitudine. Il Principio di reciprocità è legato al principio della Esogamia o Proibizione dell’Incesto: un gruppo sociale lascia le proprie donne a disposizione di uomini di altri gruppi sociali e famiglie e cerca, quindi, partner in altri gruppi. In pratica, potremmo semplificare dicendo che i fonemi costituiscono la struttura minima da cui si sviluppano tutte le lingue, la reciprocità è la struttura minima che consente lo sviluppo delle organizzazioni sociali. Si tratta, in entrambe i casi di manifestazioni inconsce ed universali dunque fatti che appartengono alla natura umana. L’Antropologo sposa il punto di vista del Linguista: il linguista estrae dalle parole i fonemi e quando ha riconosciuto in più lingue l’esistenza degli stessi fonemi può passare alla comparazione di sistemi linguistici anche molto diversi tra di loro.

ANTROPOLOGIA IN ITALIA: ERNESTO DE MARTINO (Napoli 1908 – 1965) L’Antropologia ebbe un impetuoso sviluppo tra la fine dell’800 e gli inizi del 900. Ciò non accadde in Italia per diversi motivi: 1, l’Esperienza Coloniale Italiana era cominciata tardi e finita presto 2, Il Regime Fascista aveva vincolato gli studi etnologici ai problemi della razza 3, mancanza in Italia di una reale identità nazionale che dirottò energie e risorse verso il contesto sociale interno alla nazione. Non a caso, per via di questo ultimo aspetto, nell’ Italia della fine dell’800 /primi del 900 non si può parlare di studi antropologici ma piuttosto di studio del folklore e Demologia (demos = popolo, dunque studio dei popoli). Oggetto di indagine furono le classi subalterne, le tradizioni contadine e i canti popolari: è il caso, ad esempio, di Costantino Nigra che nel 1888 pubblicò “Canti Popolari Piemontesi”. Un tentativo di condurre l’Italia nel dibattito Antropologico internazionale fu fatto da Lamberto Loria, (nato ad Alessandria D’Egitto, studio a Pisa) che condusse ricerche in Asia e Africa. Tuttavia, nel 1905, in seguito ad una visita nel Sannio beneventano, presso Circello, decise di dedicarsi anche lui allo studio del folklore italiano, ne fu, in qualche modo risucchiato e comunque la morte lo colpì nel 1913, ponendo fine alla sua esperienza di studi antropologici.

Con Ernesto De Martino, per la prima volta in Italia, si tenta di sviluppare un discorso di stampo antropologico più ampio che non fosse relegato agli studi folklorici. De Martino, infatti nella sua opera più importante, “Mondo Magico” del 1948, passa a indagare il pensiero magico (o mitico), ossia il mondo primitivo. In precedenza, il mondo primitivo veniva considerato dall’etnologia storicistica e dal naturalismo come il mondo dell’irrazionale e della fantasia: vi era nel 900 una tendenza, funzionale anche all’dea della razza, a voler rifuggire dalle miserie del mondo borghese contemporaneo, consegnandosi a una venerazione e vagheggiamento del primitivo. Con De Martino, il mondo Primitivo non viene presentato come il mondo dell’irrazionale, ma come un mondo culturale che si è dato delle regole consapevoli. De Martino recando consapevolezza di sviluppo storico anche al mondo primitivo, ossia portando il metodo della ricerca storica anche rispetto al magismo, da una parte, voleva vaccinare la cultura occidentale dal pericolo di ricadere nel culto del primitivo e dell’arcaico (come avevano fatto l’ideologia fascista e nazista), dall’altra voleva polemizzare con chi osservava l’età del magismo, solo per giungere a giustificare la bontà del cristianesimo. Il magismo, per De Martino è razionale: ha lo scopo di salvare la “presenza umana” (ossia la persona) di fronte alle situazioni di crisi. Il magismo svolge, dunque, una funzione importante e non è una forma illusoria di scienza. Il Magismo è un fenomeno culturale e non una malattia che offre una visione distorta del mondo. Il Magismo è espressione culturale e come tale va studiato, non vagheggiato. La figura dello SCIAMANO, già individuata da Levi Strauss, è una figura che nel 900 ha trovato ampio riscontro nella letteratura, nell’arte, nella musica. Per Levi Straus, come per De Martino, lo Sciamano non è certo un medico ma sicuramente svolge un ruolo Pubblico: lo sciamano per essere tale deve avere consenso sociale, deve essere riconosciuto dal gruppo cui si rivolge, lui si fa promotore di un rito collettivo. Lo sciamano per ridurre la crisi della presenza, ossia del malato, simula lui stesso una crisi, attraverso lo stato di trance e grazie al superamento della crisi, offre una prospettiva di lieto fine al soggetto e alla comunità che condivide il rito. Lo Sciamano è come uno psicanalista, è un terapeuta professionale, è un malato che ha saputo curarsi. Esprime il concetto di salvezza come il Cristo salvatore che si sacrifica per gli altri. Abbiamo detto che prima di De Martino l’interesse degli studi etnologici e antropologici si focalizzò sugli aspetti folklorici della società italiana (infatti si

parla di demologia più che di antropologia) sullo studio delle classi subalterne, le classi contadine. Tuttavia con il progredire delle masse popolari, grazie alla scolarizzazione e al servizio di leva, le masse subalterne guadagnarono spazio nella società, non a caso ci fu l’affermazione del Socialismo. De Martino, pone un particolare interesse sull’ascesa delle classi subalterne tant’è che piuttosto che volerne studiare soltanto gli aspetti folklorici, le considera protagoniste di un loro sviluppo storico e dunque alla stessa stregua del mondo primitivo inizia a studiarle attraverso il metodo della ricerca storica. In altre parole, De Martino inaugura una sorta di Antropologia delle classi subalterne mettendo in relazione il popolino e le elitè. Questo lavoro si cristallizza nella così detta TRILOGIA DEL SUD (nasce l’antropologia delle classi subalterne): 1, Morte e pianto rituale (1958): studio condotto in Lucania sui riti funerari e la sopravvivenza di riti pagani nel culto contadino dei morti. Le Prefiche: lamentatrici professionali che simulano il dolore incontrollabile (così come il tarantismo simula una malattia). De Martino considera, nell’opera, i riti funebri e il Tarantismo come delle tecniche razionali e condivise che in quanto tali non vanno liquidate come pratiche superstiziose ma come fenomeni culturali che (sebbene inaccettabili nel mondo moderno) vanno riconosciuti e studiati. Sia a proposito dei riti funebri lucani che in occasione del Tarantismo, DeMartino parla, infatti, di Esorcismo Culturale. L’approccio è lo stesso avuto rispetto la figura dello Sciamano. 2, Sud e Magia (1959). Qui De Martino mostra le somiglianze e le differenze tra religione e magia, tra riti pagani sopravvissuti nelle classi contadine del sud italia (i culti funerari delle prefiche e il Tarantismo) e la religione cristiana. Religione e Magia svolgono entrambe una funzione salvifica, occorrono all’uomo a tutelarsi dalle crisi esistenziali. In quanto tali, Religione e Magia hanno una radice umana e non divina. La differenza tra religione e magia invece risiede nella maggiore complessità della religione, a partire dalla grande ricchezza di simboli espressi da quest’ultima. La Religione Cristiana ad es, rispetto al timore della morte riesce a dare una soluzione definitiva di grande solidità per l’uomo: la resurrezione di Cristo e dunque l’esistenza di una vita ultraterrena, libera in maniera definitiva l’uomo dal timore della morte. Il rito delle Prefiche, viceversa deve rinnovarsi ogni volta e il rischio di essere sopraffatti dal dolore risulta sempre presente e da scongiurare per non esserne sopraffatti.

Con la società Cristiana in pratica si accantona la paura della morte e si sprigionano energie psichiche che favoriscono l’avanzamento della società: a questo riguardo si può dire che la solidità e l’efficacia della risposta cristiana, liberando gli uomini dal problema della morte e dalla crisi interiore, abbia favorito l’affermarsi della civiltà ma anche di valori laici. Paradossalmente l’efficacia della risposta cristiana ha canalizzato le energie umane consentendo il dispiegamento umano e anche l’allontanamento, in ultimo, dalla religione stessa. In ultimo, per De Martino, l’antropologia è la scienza che studia i simboli della cultura umana: rilevando i meccanismi che generano questi simboli e la natura umana e non divina anche dei simboli religiosi, questi divengono inattuali (il tema è Cristianesimo e crisi del mondo moderno 3, La terra del rimorso (1961). Qui l’autore indaga il fenomeno del Tarantismo della puglia salentina, considerando la pratica, al pari dei riti funerari lucani, una forma di esercizio culturale. Si tratta di una terapia fatta di musica e danza che ha la funzione di curare le donne dal morso avvelenato della Tarantola. Le tarantate esplodono, con le loro crisi, nel periodo estivo, col culmine il 29 giugno nella Cappella di San Paolo di Galatina. De Martino osserva suibito che le convulsioni delle tarantolate non sono dovute ne al morso del ragno ne a disturbi psicologici. Il tarantismo non è una malattia ma un fenomeno culturale. Perché terra del Rimorso? Il rimorso è il non aver appagato i propri desideri di vita, di averli rimossi perché inappagabili,di non aver avuto la possibilità di compiere delle scelte: in una società chiusa, patriarcale, come quella del contado salentino si immagini la condizione delle donne, delle ragazze, dell’amore osteggiato, della sfera sessuale totalmente repressa. La stagionalità, la ciclicità del tarantismo: con la mietitura, in giugno esplode il tarantismo: si riempie il sacco di grano frutto del lavoro di 1 anno e si svuota l’animo umano dalle tensioni esistenziali accumulate.

Marc Augè (Francia 1935) -> Surmodernità -> nonluogo

Marc Augè ha il merito di aver esteso e implementato la ricerca antropologica al mondo contemporaneo, nel tempo della Globalizzazione, riuscendo anche ad imporre dei neologismi come “Surmodernità” e “nonluogo”: calco francese di “sovramodernismo” o “Supermodernismo”, concetto che occorre a focalizzare quei fenomeni sociali che si sono imposti a partire dalla fine del secolo appena trascorso con l’avvento della Globalizzazione, l’omologazione delle culture e l’abbattimento dei confini politici e culturali. Potremmo dire che in ordine di tempo, dopo la società post industriale, e postmodernista, si approda al surmodernismo. Superando i luoghi comuni che vogliono l’antropologo come colui che studia mondi lontani e primitivi, Augè, così come già aveva fatto Levis Strauss (che aveva indicato ad esempio nella “reciprocità” una struttura elementare dello spirito umano!) individua come oggetto di studio dell’antropologia, non l’uomo in quanto tale, ma il modo in cui l’uomo entra in rapporto con gli altri. Augè si concentra nello studio, dunque, dei rapporti intersoggettivi e le interconnesioni in un tempo, quello della globalizzazione, in cui, i tratti distintivi di ogni cultura tendono a scomparire ma le interconnessioni aumentano. Augè parla della surmodernità come eccesso, ossia ha la caratteristica di portare all’estreme conseguenze alcuni caratteri tipici del mondo moderno. Eccesso di Tempo: è mancanza di riferimenti temporali. il proprio tempo sfugge all’uomo in quanto l’uomo è raggiunto da una marea di informazioni e di avvenimenti difficili da inserire in una cornice identitaria; cadono i sistemi di riferimento. Ciò produce un Eccesso di Individualità (o di Ego): cadendo i riferimenti l’uomo si da da solo dei riferimenti per interpretare la marea di informazioni a cui è sottoposto. Eccesso di spazio: è mancanza di riferimenti spaziali. E’ qui che Augè mette l’accento sulla proliferazione dei NONLUOGHI (neologismo) in contrapposizione ai luoghi storici ossia quelli identitari. I nonluoghi sono quegli spazi dove le relazioni tendono a sparire, sono quei luoghi dove la comunicazione è standardizzata, sono quei luoghi uguali in ogni parte del mondo. Marc Augé definisce i nonluoghi in contrapposizione ai luoghi antropologici, quindi tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. Fanno parte dei nonluoghi sia le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni (autostrade, svincoli e aeroporti), sia i mezzi di trasporto, i grandi centri commerciali, gli outlet, i campi profughi, le sale d'aspetto, gli ascensori, gli svincoli o i caselli autostradali, eccetera. Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare...


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