Dal Nuovo Mondo all\'America PDF

Title Dal Nuovo Mondo all\'America
Author Gaia De Rossi
Course Storia moderna
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Summary

Capitolo I Condizioni preliminari Culture e Hewes ha ipotizzato che nel XV secolo, di 76 gruppi umani solo 15 fossero altamente sviluppati (centri urbani, tecniche evolute, alta Sono state le evolute le vere protagoniste della storia (Cina, Giappone, Europa, Islam, Sud est asiatico e i gruppi umani ...


Description

Capitolo I Condizioni preliminari Culture e civiltà L’antropologo Hewes ha ipotizzato che nel XV secolo, di 76 gruppi umani solo 15 fossero altamente sviluppati (centri urbani, tecniche evolute, alta densità). Sono state le civiltà più evolute le vere protagoniste della storia (Cina, Giappone, Europa, Islam, Sud est asiatico e India); i gruppi umani americani come gli aztechi, i maya e gli incas erano società avanzate dal punto di vista delle arti o dell’astronomia, ma non si può dire lo stesso a proposito del loro livello tecnico: non conoscevano la ruota, l’aratro, la metallurgia ecc., e negli immensi spazi americani non ebbero mai contatti gli uni con gli altri. Nel XV secolo, in Europa, si assiste a un nuovo incremento della popolazione dopo il disastro della peste, dunque la conquista del nuovo mondo si colloca nel pieno di una fase demografica espansiva, nonostante in Europa non ci furono pressioni di tipo malthusiano. Cina e Islam Nello stesso periodo la Cina (conosciuta in Italia grazie a Marco Polo) ha equivalente densità di popolazione, e ha preceduto l’Europa di molte invenzioni (seta, carta, polvere da sparo), e non è inferiore culturalmente o nelle tecniche di amministrazione. Nel corso del ‘300 il controllo del paese è assunto dalla dinastia Ming, che diede inizio a lunghi viaggi di ricognizione nell’Oceano Indiano e, addirittura, lungo la costa africana (i cinesi avevano numerose conoscenze marittime). Nello stesso tempo l’impero si occupò di colonizzare le grandi pianure dell’interno, finché la volontà di raccoglimento in sé non prese il sopravvento. La Cina non aveva incentivi sufficienti per muoversi alla ricerca di nuovi mondi, arroccata com’era nella propria autosufficienza economico-culturale, e divenne così un impero territoriale, che non necessitava di nuovi sbocchi commerciali o materie prime. L’Islam è l’altro aspirante a un’ipotetica supremazia mondiale. Nel XV secolo il suo dominio va dalla Spagna all’Africa settentrionale, fino ai Balcani e all’India, ed è il mortale nemico dell’Europa da quando, nel 1453, Bisanzio viene conquistata e rinominata Istanbul, nuova capitale dell’impero ottomano. Al 1529 risale l’assedio di Vienna, fatto che imbriglia la cristianità entro uno spazio sempre più ridotto. Ma nonostante il loro essere nemici, questi due mondi contrapposti intrattengono nel Mediterraneo una serie infinita di relazioni di uomini, merci, notizie ed idee. All’incrocio tra Oriente e Occidente, l’Islam è la cerniera di comunicazione tra le principali civiltà del mondo, dunque non ha motivo di lanciarsi alla scoperta di nuovi territori. Le motivazioni dell’Europa Uno spazio conteso I rapporti ambivalenti tra Islam ed Europa hanno spinto quest’ultima ad uscire dal proprio spazio ristretto. L’Europa è uno spazio assediato e si sente premuta da un Islam incalzante. Durante il Medioevo essa trasse dai propri limiti culturali e materiali l’energia per dar forma a nuovi spazi, prevalentemente immaginari: è l’Oriente ad attrarre i sogni europei, e in particolare l’India, territorio mitico di ricchezze straordinarie, vero orizzonte onirico. La cultura cristiana vede queste terre come l’Eden in terra, il luogo dove il Signore ha vissuto la sua vicenda terrena. L’entusiasmo religioso Ha giocato un ruolo non secondario nella conquista delle terre d’oltremare. Il bisogno di comunicare la fede ad altri popoli è insito nel cristianesimo, che concepisce la storia come percorso salvifico che riguarda l’intero genere umano, dunque anche gli infedeli, che vanno convertiti. Certo c’è da dire che le persone che dall’Europa transitarono in America dopo il 1492 furono per lo più mercanti, marinai e soldati, dunque la

conquista fu prima politica ed economica, e poi religiosa, nonostante la scoperta e la conquista dell’America maturarono ad opera di uomini che misuravano le proprie scelte/azioni in riferimento ai valori cristiani. Lo spirito religioso fornì un’ideologia in grado di conferire senso a questi avvenimenti, e a giustificarli. La scoperta e la conquista di nuove terre offre un incremento di territorio e sembra materializzare il sogno di straordinaria ricchezza da sempre attribuito all’Oriente. Tutto ciò si traduce nell’interesse che tutte le monarchie nazionali iniziarono a nutrire verso l’espansione al di fuori dell’Europa. Ma è nella penisola iberica contesa tra Islam e cristianità che la ricerca di vie marittime verso l’India mise radici prima che altrove. Qui, nel 1492 si è conclusa la Reconquista dei territori in mano agli infedeli, con la presa dell’ultima roccaforte islamica, Granada. La conquista dell’America sembrò costituire l’oggetto di una nuova, esaltante guerra santa. Artefice della conquista fu il regno di Castiglia, mentre il regno d’Aragona, a occidente, rivolse i propri interessi sul Mediterraneo (Baleari, Corsica, Sardegna). I due regni si riunificarono nel 1479, con il matrimonio di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. Orizzonti mercantili Oro e spezie erano obiettivi concreti che mobilitavano uomini e capitali. L’attività prevalente in Europa era l’agricoltura, ma tra il secolo X e il XIV il settore più dinamico diventa il commercio, e l’Italia ha un ruolo privilegiato derivato dalla sua posizione geografica favorevole (supremazia delle repubbliche marinare, mediatrici tra Occidente e Oriente). I mercanti italiani mettono a punto l’intero bagaglio tecnico del capitalismo commerciale, ideando la contabilità, la lettera di cambio e l’assegno, l’assicurazione marittima e le leggi di funzionamento delle società commerciali. Di qui, la fitta presenza di mercanti italiani nella storia delle scoperte. Il mare, le navi Nel Basso Medioevo è da nord che parte la prima esplorazione oceanica, ad opera dei vichinghi. L’organizzazione dei commerci nordici medievali non ha molto da invidiare al Mediterraneo, soprattutto grazie all’Hansa germanica, federazione di circa duecento città mercantili unite da patti d’intesa stipulati allo scopo di assicurare difesa e vantaggi commerciali a tutti i contraenti. L’economia mercantile si avvantaggiava allora della tecnica marinara del “cabotaggio”, cioè della navigazione parallela alla costa, dalla quale le navi si allontanavano per poi riavvicinarsi (soprattutto per motivi di sicurezza). Verso la metà del XIII secolo, tecniche e strumenti nuovi introdussero mutamenti profondi nei sistemi di navigazione: comparvero la bussola e la carta nautica, che consentirono la navigazione “per pileggio”, ossia nel mare aperto, grazie anche a nuovi strumenti di rilevamento (quadrante, astrolabio). Sin dall’antichità l’oceano e la sede degli uomini erano ben distinti, e i confini tra i due erano stabiliti dalle colonne d’Ercole. Pian piano le tecniche di navigazione, grazie alla commistione delle tradizioni nordiche e mediterranee, permisero un avanzamento dell’ingegneria navale volta alla navigazione oceanica (furono ideati nuovi tipi di imbarcazioni, come le caravelle e i galeoni). Il disegno dello spazio Tra XIII e XV secolo si assiste al lungo processo di modernizzazione dei sistemi geo-cartografici rispetto alla tradizione medievale, fenomeno conseguente ad un vero e proprio cambio di mentalità. Le carte medievali sono espressione delle riflessioni di teologi e filosofi, che nelle “mappaemundi” raffigurano l’intero orbe terrestre, dando importanza non alla sua forma esterna, quanto al suo senso, alla sua simbologia, tutta collegata all’idea morale e religiosa. Lo spazio è teatro di spiritualità, e ciò si può cogliere nel modello cartografico più celebre di questo periodo (mappamondo “O/T”), denso di simbologia cristiana. La carta geografica medievale è una sorta di enciclopedia che offre anche nozioni di storia e di religione. Pian piano, col passare del tempo le raffigurazioni cartografiche perderanno le loro implicazioni religiose avviandosi verso una dimensione oggettiva, quantitativa e matematica dello spazio. Sono i viaggi per mare a necessitare di carte rigorose, e a questo scopo serviranno il cartografo e la carta nautica: è una svolta radicale che si concretizza attorno alla fine del XIII secolo. La carta nautica presenta uno spazio drasticamente ridotto

(sezione più importante per i commerci, cioè bacino Mediterraneo e Mar Nero) e trascura la gerarchia simbolico-religiosa delle mappaemundi. L’ultima, decisiva evoluzione in questo percorso avviene ai primi del ‘400, quando gli Umanisti scoprono e traducono in latino la Cosmografia di Tolomeo, il maggior geografo dell’antichità. Il testo ha uno straordinario successo, non tanto per la sua attendibilità (erano infatti più precise le carte nautiche) quanto per il fatto che risultava del tutto rivoluzionario il metodo geo-cartografico basato sul calcolo matematico delle coordinate attraverso latitudine e longitudine. Verso l’Occidente: dal mito alla realtà Nell’antichità l’Occidente era percepito come un regno irraggiungibile, totalmente alieno all’uomo, ostile, sede dei regno dei morti poiché vi tramonta il Sole, e nel Medioevo ci si convinse che fosse, addirittura, una possibile sede del paradiso terrestre (teoria alimentata da alcune fonti antiche, che descrivevano isole meravigliose, dette “Isole Fortunate”, a ovest di Gibilterra, che oggi si ritengono essere le Canarie e Madera). Il Medioevo accolse queste credenze immergendole in un’atmosfera religiosa, in una sorta di “meraviglioso cristiano” (si pensi ai racconti, ai limiti della leggenda, degli avventurosi viaggi per mare dei monaci irlandesi). Le Canarie furono le prime, tra queste isole, ad essere scoperte, ad opera di genovesi per conto del re del Portogallo. Successivamente, nel corso del ‘400, saranno scoperte le Azzorre e Madera. Queste isole diventeranno importantissimi scali per le rotte atlantiche per e dall’America, e Madera diventerà celebre per la fiorente produzione di canna da zucchero, importata dall’Egitto. Il triste destino occorso agli autoctoni di Madera, i Guanci, brutalmente cancellati dalla propria terra, sarà l’anticipazione di quanto accadrà agli indios americani.

Capitolo 2 Scoprire, esplorare, rappresentare Cristoforo Colombo: dal progetto all’America Nel ‘400 la forma e le dimensioni della Terra erano ignote. I teorici e i marinai dell’epoca, di fronte alla possibilità di attraversare l’oceano per raggiungere l’oriente, si dividevano attorno a due ipotesi, entrambe fondate sull’autorità di Aristotele: la prima sosteneva che il mare fosse immensamente più esteso rispetto alle terre emerse, e la seconda sosteneva esattamente il contrario. I sovrani Portoghesi credevano nella prima ipotesi, e conseguenza fu il loro tentativo di raggiungere l’Oriente costeggiando le coste dell’Africa. Colombo, al contrario, riteneva di poter raggiungere l’Oriente facendo rotta verso Occidente, una vera e propria scommessa. Oggi gli studiosi sono più o meno concordi nell’individuare in Genova la sua patria d’origine, dove nacque nel 1451 da un tessitore, poi locandiere. L’ascesa commerciale e sociale di Colombo e dei suoi fratelli fu costante: il genovese strinse contatti con importanti aziende marittime e prese il mare, verso nord (Gran Bretagna, Irlanda), nell’Egeo, nel Golfo di Guinea, ma soprattutto in Portogallo, dove si stabilì e prese moglie. In Colombo la pratica marittima si unisce allo studio costante della scienza antica e moderna (studiò gli scritti di Marco Polo, Enea Silvio Piccolomini, Plinio il Vecchio). Colombo presentò il suo coraggioso progetto alla corte portoghese, che tuttavia rifiutò di finanziare un’impresa così densa di incognite; una dopo l’altra, tutte le monarchie d’Europa bocciarono il suo progetto, finché, grazie alle sue conoscenze negli ambienti religiosi, la regina Isabella di Castiglia decise di finanziarlo. Nell’aprile del 1492 furono così firmate le Capitolazioni di Santa Fè, che sancirono i diritti di Colombo, cui fu conferito il titolo di ammiraglio, governatore e viceré di tutte le terre che avrebbe scoperto, oltre alla decima parte dei loro prodotti. Le navi per il viaggio, due piccole caravelle (la Nina e la Pinta) e una nave più grande (la Santa Maria), e l’equipaggio di 87 uomini, furono forniti dalla comunità di Palos, indebitata con la corona. Si fece vela per le Canarie il 3 agosto 1492, e da qui si partì verso l’ignoto Occidente, l’8 settembre. Dopo 34 giorni di navigazione fu avvistata terra (si trattava di una piccola isola delle Bahamas), alle 22 dell’11 ottobre.

Ora che l’America era stata scoperta, restavano da trovare l’oro e le spezie, vero obiettivo dei quattro viaggi di Colombo: nei primi due (il secondo dei quali compiuto nel 1493) l’esplorazione riguardò le Piccole e Grandi Antille (Haiti e Cuba); il terzo (1498) portò la spedizione sul continente, alla foce dell’Orinoco, mentre nel quarto (1502) Colombo perlustrò un lungo tratto del Centro America, dall’Honduras a Panama. Questi lunghi anni di viaggi furono spesi dal genovese fra popoli nuovi, difficoltà, malattie, privazioni, polemiche e contrasti, fino alla morte, sopravvenuta nel 1506. L’esperienza e l’abilità marittime di Colombo sono evidenti, e si manifestano nella felice scelta di situare le navi entro la fascia degli alisei. Ogni qual volta Colombo giungeva in un nuovo territorio, la prima operazione da compiersi era quella della cerimonia ufficiale di presa di possesso per conto dei reali, con il battesimo del luogo (es. San Salvador). I progetti di colonizzazione di Colombo, tuttavia, risultarono fallimentari, e fu il suo successore, il governatore de Ovando, a pianificare la costruzione del primo vero centro urbano, Santo Domingo. Colombo si vide costretto a far balenare gli occhi di Isabella promesse (spesso irreali) di ricchezza, per poter ottenere i finanziamenti necessari a compiere nuove spedizioni. Il suo atteggiamento verso gli indigeni è contraddittorio: da un lato li descrive, nei suoi frequenti rapporti alla regina, come esseri umani buoni e docili, da rendere buoni cristiani; dall’altro, come esseri diabolici, perversi antropofagi da ridurre in schiavitù. Col passare del tempo, i suoi viaggi si colorano di motivi escatologici: Colombo si dice certo di essere giunto nei pressi del Paradiso Terrestre e di essere guidato dal Signore; tra il 1502 e il 1503 ricopia in un quaderno (“Libro delle profezie”) una serie di passi biblici in cui intravede allusioni alle terre da lui scoperte. Inter Caetera L’impresa colombiana sollevò il problema di stabilire i diritti della Castiglia sulle nuove terre. La cultura giuridica contemporanea avrebbe affidato i nuovi territori, in caso fossero stati disabitati, agli scopritori, ma l’America era abitata, il che creava problematiche di tipo anche religioso; infatti, le popolazioni ritenute “inferiori” dagli Europei (come i neri d’Africa o gli abitanti delle Antille), dedite a pratiche incomprensibili considerate idolatre, nel migliore dei casi potevano apparire come pagani da convertire, nel peggiore, come gli “schiavi naturali” di cui parla Aristotele nella Politica. In ogni caso, non era in dubbio il diritto degli Europei di appropriarsi di queste terre, né il loro diritto-dovere di convertirne gli abitanti. A suo tempo, il Portogallo aveva ottenuto l’approvazione papale sui domini delle isole atlantiche e della costa Africana, attraverso l’emanazione di alcune bolle pontificie (Inter Caetera, 1456), che concedevano inoltre ai sovrani di riscuotere tributi, amministrare la giustizia, edificare chiese, ridurre in schiavitù gli indigeni e commerciare con gli infedeli. Solo le Canarie furono assegnate alla Castiglia. Frattanto, i re cattolici ottennero facilmente dal papa Alessandro VI (di famiglia aragonese) la concessione al dominio sulle nuove terre scoperte, attraverso l’emanazione di ben cinque lettere, la più importante delle quali, Inter Caetera (omonima della bolla ai portoghesi), redatta nel 1493, incitava i conquistadores a convertire gli indigeni, e affidava alla Spagna, e solo ad essa (pena la scomunica) il dominio sull’America. Il Portogallo non accettò questo fatto, e si arrivò ad una soluzione solo nel 1494 con il trattato di Tordesillas, che divideva, di fatto, il mondo in due zone d’influenza, una spagnola, a occidente, e una portoghese, a oriente (era stato preceduto, nel 1479, da quello di Alcacovas). Tuttavia, le bolle papali non impedirono ad altri stati (Inghilterra, Olanda, Francia) di impossessarsi di zone più o meno ampie del territorio americano. Un nuovo problema sorse con la scoperta del Brasile: a chi spettava il domino su questa terra? Al Portogallo o alla Spagna? Alla fine si privilegiò il Portogallo, e questa è la ragione per cui il Brasile è l’unico grande paese americano di lingua lusitana. Un nuovo mondo: Amerigo Vespucci Secondo una leggenda, il nome dell’America sarebbe frutto di un’impostura, a causa della sua derivazione dal nome di Vespucci, e non di Colombo. Di qui è nata una vivace polemica tra gli estimatori dell’uno e dell’altro (polemica insensata poiché, nella realtà storica, i due erano legati da amicizia e rispetto). Amerigo nacque a Firenze nel 1452 da un notaio; la famiglia era della piccola nobiltà, non ricca ma in rapporti con ambienti importanti (tra cui la corte medicea). Amerigo ebbe una formazione umanistica e lavorò per la corte dei Medici presso il re di Francia e poi a Siviglia, dove ebbe inizio la sua carriera nel mondo degli affari, a fianco di Giannozzo Berardi, finanziatore dell’impresa colombiana. Dopo la morte di

Berardi, nel 1495 Vespucci prese il mare, partecipando alla spedizione spagnola verso la costa americana a ovest di Trinidad, che proseguì fino alla foce del Rio delle Amazzoni, sfiorando poi la costa brasiliana, per poi proseguire verso foce dell’Orinoco e lungo il golfo di Maracaibo, lungo la costa di quella che fu chiamata Venezuela (“piccola Venezia”). La spedizione successiva, stavolta per la corona portoghese, fu inviata ad esplorare la costa brasiliana, e lo straordinario viaggio di costeggiamento dell’America meridionale fece comprendere a Vespucci che le nuove terre non erano un arcipelago, bensì un immenso continente, un Mundus Novus, appunto (da cui il titolo dell’omonima opera del fiorentino, che ebbe grande successo in tutta Europa). Fu nel 1507 che un professore tedesco, nella sua opera geografica, per primo chiamò il nuovo continente con il nome di Vespucci, il quale era stato nominato “pilota mayor” dalla corona, segnale inequivocabile della stima di cui il fiorentino godeva. Erano le competenze tecnico-scientifiche, derivategli dalla sua cultura umanistica, a delineare la personalità del fiorentino, che fu capace di tradurre l’esperienza in dati matematici, carte e osservazioni astronomiche, lasciando da parte il misticismo religioso di Colombo in favore della concretezza del dato razionale. Pedro Alvares Cabral, o le sorprese della navigazione Ben presto molti marinai tentarono l’impresa americana, nonostante ciò costituisse una violazione delle Capitolazioni di Santa Fè. Ne risultò un ampliamento considerevole dell’area esplorata. Nel 1500 Pinzòn, capitano della Nina di Colombo, con una nuova spedizione giunse a capo Sant’Agostino, in Brasile; ma la scoperta vera e proprio e la conseguente presa di possesso di quell’immenso paese si deve a Pedro Alvares Cabral, gentiluomo portoghese di intelligenza e cultura. Nel 1499 Vasco da Gama aveva fatto ritorno dall’impresa memorabile di penetrare nell’Oceano Indiano dopo la circumnavigazione dell’Africa e raggiunto Calicut, dove avevano fatto scorta di pepe, cannella e noce moscata. L’impresa faceva impallidire quella di Colombo. Circa 15 navi furono approntate alla guida di Cabral, che fu aiutato da Vasco da Gama nella redazione delle carte nautiche che avrebbero guidato la spedizione fino in America con partenza da Capo Verde; tuttavia, Cabral tenne rotta troppo a occidente e le navi giunsero in Brasile, che il portoghese battezzò “Terra de la Vera Cruz”, rinominata poi dalla corona “Terra de Santa Cruz” (il nome “Brasile” sarebbe arrivato più tardi, dal legno “pau brasil”, molto abbondante e utile per l’industria tessile). Ciò che colpì del Brasile furono la mitezza del clima e la popolazione, in forte sintonia con la natura. I Caboto: dalla “Terra Nova” al Rio de la Plata Alla fine del ‘400, lo Stato inglese stava risollevandosi dopo lunghi anni di conflitti (Guerra dei Cent’anni, Guerra delle due rose); Enrico VII era il primo rappresentante...


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