Storia contemporanea dal mondo europeo al mondo senza centro PDF

Title Storia contemporanea dal mondo europeo al mondo senza centro
Course Storia contemporanea
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Caracciolo, Ruccucci - Storiacontemporanea. Dal mondoeuropeo al mondo senzacentroStoria Contemporanea Universita degli Studi Roma Tre 44 pag.Document shared on docsityCapitolo 1. L’età cerniera 1756-1848: l’ingresso nell’età contemporaneaLa guerra dei Sette anni, durata dal 1756 al 1763, vide contra...


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Caracciolo, Ruccucci - Storia contemporanea. Dal mondo europeo al mondo senza centro Storia Contemporanea Universita degli Studi Roma Tre 44 pag.

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Capitolo 1. L’età cerniera 1756-1848: l’ingresso nell’età contemporanea La guerra dei Sette anni, durata dal 1756 al 1763, vide contrapposti Gran Bretagna, Prussia e Portogallo, da una parte, e Francia, Spagna, Austria, Russia e Svezia, dall’altra. In Nordamerica, i tentativi francesi di controllare una fascia di collegamento tra il Canada e la Louisiana andavano a scontrarsi con l’espansione verso ovest dei coloni britannici, trasformandosi in guerra aperta, che si concluse nel 1760 con la conquista britannica del Québec. Nel frattempo il conflitto tra francesi e inglesi aveva fatto in tempo a spostarsi anche in Africa occidentale, dove due spedizioni navali britanniche conquistarono tutte le basi francesi in Senegal. La rivalità tra Londra e Parigi era particolarmente aspra in India dove i britannici, sotto la bandiera della Compagnia delle Indie orientali imposero il loro dominio sulla regione del Bengala, nella costa orientale dell’India, e conquistarono la base commerciale francese di Pondichéry, acquisendo anche una piattaforma per l’avanzata commerciale in Cina. A sostegno della Francia, sull’orlo della bancarotta, scese in guerra nel 1762 la Spagna, dove continuavano a regnare monarchi appartenenti alla stessa casata dei re di Francia. La supremazia della marina inglese sui mari consentì ai britannici di espugnare e conquistare due tra le principali fortezze degli spagnoli, quella de L’avana nell’isola di Cuba e quella di Manila nelle Filippine. Nel 1763 la pace di Parigi pose fine alla guerra sui fronti extraeuropei, quella di Hubertusburg in Europa. I britannici, usciti vittoriosi dalla guerra, per sostenere le finanze statali messe duramente alla prova dall’oneroso impegno bellico, ricorsero alla tassazione delle tredici colonie britanniche in America settentrionale, innescando la Rivoluzione americana, con la quale i coloni rivendicavano il diritto di essere rappresentati alla Camera dei comuni. La ribellione delle colonie, che sfociò in un conflitto armato con le truppe britanniche, condusse alla Dichiarazione di indipendenza dalla Gran Bretagna, approvata il 4 luglio 1776 a Filadelfia. Le colonie indipendenti trovarono nella Francia e nella Spagna gli alleati decisivi per concludere il conflitto con il riconoscimento della loro indipendenza, sancito dal trattato di Parigi del 1783. I tredici nuovi Stati adottarono l’ordinamento repubblicano e si unirono in una confederazione, gli Stati Uniti d’America. La Costituzione , scritta nel 1787, trasformò la confederazione in una federazione, dotata di un presidente a capo dell’esecutivo (George Washtington, eletto nel 1789) e di un’assemblea legislativa bicamerale (Camera dei rappresentanti e Senato). In Inghilterra, nella seconda metà del XVIII secolo, si realizzò quella trasformazione dei processi produttivi che gli studiosi hanno denominato rivoluzione industriale, un processo graduale di industrializzazione i cui effetti cominciarono ad essere economicamente rilevanti solo negli anni Venti e Trenta del XIX secolo, con l’innovazione della ferrovia. L’introduzione di macchine, che diminuirono i costi e aumentarono le capacità di produzione, comportò il passaggio dal sistema di lavoro domiciliare a quello in grandi stabilimenti industriali, le fabbriche. Il sistema socio-politico che si era consolidato in Europa a partire dal XVI secolo viene comunemente definito ancien régime, una monarchia assoluta in cui la legittimità del sovrano risiedeva nel potere di origine divina di cui si riteneva fosse depositario, assieme all’esercizio del potere esecutivo, legislativo e giudiziario. La società era articolata per ordini o stati istituzionalizzati ai quali corrispondevano ruolo sociale, diritti e doveri: clero, aristocrazia, contadini, artigiani, mercanti, professionisti e classi popolari. La Rivoluzione americana sovvertì i fondamenti dell’ancien régime, diffondendo in Europa le proprie idee di libertà, rappresentanza e cambiamento: il 14 luglio 1789 il popolo di Parigi prese d’assalto la Bastiglia e il 26 agosto dello stesso anno fu firmata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che riconosceva nella Legge l’espressione della volontà generale, e affidava il potere legislativo a un’assemblea di rappresentanti eletti dal popolo, il Parlamento. La figura di Napoleone Bonaparte fu al centro delle vicende europee dal 9 novembre 1799, quando con un colpo di Stato militare impose nella Francia rivoluzionaria il suo potere, fino al 1815. Egli cercò di estendere il suo dominio a gran parte del continente europeo, nel tentativo di adeguarlo al modello universale francese. L’applicazione standardizzata del modello francese rispondeva a criteri di razionalizzazione del governo, della società e del territorio: il territorio imperiale fu suddiviso in dipartimenti, nei quali i prefetti, rappresentanti unici dell’autorità dello Stato, fungevano da cinghia di trasmissione con il potere centrale. In seguito alla disastrosa invasione della Russia nel 1812-13, alla disfatta militare di Lipsia e all’occupazione di Parigi da parte delle truppe della coalizione antifrancese (Prussia, Russia, Austria e Regno Unito), il 6

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aprile 1814 Napoleone abdicò e l’Impero cessò di esistere. Fuggito dall’isola d’Elba, dove era esiliato, Napoleone riprese il potere a Parigi, ma fu sconfitto definitivamente nella battaglia di Waterloo il 18 giugno 1815 ed esiliato nell’isola di Sant’Elena. Dopo più di vent’anni di guerra sistemica, che aveva avuto il suo inizio nell’aprile 1792 con la dichiarazione di guerra all’Austria da parte della Francia rivoluzionaria e aveva coinvolto l’intera Europa, e dopo il fallimento di un tentativo di riconfigurazione dell’ordine europeo, era necessaria una ristrutturazione complessiva del continente. A questo scopo fu convocato a Vienna un congresso delle potenze europee, cui parteciparono tutti gli Stati che erano stati impegnati nelle guerre, vincitori e vinti. In particolare le quattro potenze che avevano sconfitto Napoleone (Regno Unito, Russia, Austria, Prussia) si assunsero a Vienna la responsabilità di assicurare equilibrio e stabilità e trovare in accordo soluzioni ai contrasti che si sarebbero presentati. Lo zar Alessandro I si fece promotore di un accordo firmato il 26 settembre 1815 insieme all’imperatore d’Austria e al re di Prussia. Nasceva la Santa Alleanza, che univa tre sovrani appartenenti ai principali rami del cristianesimo (ortodosso, cattolico, protestante) in linea con l’idea di Europa cristiana affine al sentire romantico dell’epoca. L’Alleanza, a cui aderirono quasi tutti gli Stati europei, tranne la Gran Bretagna, l’Impero ottomano e il papa con lo Stato pontificio, era anche la conseguenza della rivalità anglo-russa, destinata ad accentuarsi su orizzonti extraeuropei, verso i quali erano rivolti gli interessi geopolitici di entrambe. La storiografia ha denominato Restaurazione il periodo di storia europea successivo al congresso di Vienna, dal 1815 al 1830. Con questo termine si intendeva indicare il ritorno sul trono dei sovrani destituiti (come era avvenuto con i Borbone in Francia) e il ripristino dell’ordine infranto dalla Rivoluzione. In molti Stati fu applicata una politica autoritaria e poliziesca di repressione delle correnti liberali, le cui principali rivendicazioni erano il riconoscimento delle libertà fondamentali, la richiesta di una costituzione e l’adozione del principio della rappresentanza. Nell’universo operaio andò maturando, nella prima metà dell’Ottocento, la necessità di organizzarsi per difendere i propri interessi e i propri diritti, il che condusse in diversi paesi, iniziando dalla Francia, all’adozione di una legislazione antiassociazionista specificamente rivolta al mondo del lavoro. Le società di mutuo soccorso furono la prima risposta alle esigenze di solidarietà e giustizia sociale provenienti dal mondo dei lavoratori di fabbrica, che avrebbero condotto a metà Ottocento a nuove forme di associazione operaia, i sindacati . A porre la questione sociale al centro della riflessione teorica e dell’attività politica furono quelli che Marx definì socialisti utopisti, propugnatori di società egualitarie da raggiungere attraverso il progresso e una diversa organizzazione sociale. Un filone più radicale, attento precipuamente all’azione politica, era quello dei socialisti rivoluzionari, il cui obiettivo prioritario per arrivare al socialismo era la conquista del potere, attraverso la rivoluzione preparata dall’attività cospiratoria, che avrebbe instaurato la dittatura del proletariato. A influenzare l’atmosfera culturale tra Settecento e Ottocento fu il Romanticismo, caratterizzato da grandi passioni e da una concezione drammatica della vita, che funse da terreno di coltura per l’idea di nazione, il prodotto di un articolato processo di costruzione identitaria, che andava a sostituirsi a quelle tradizionali di carattere religioso e dinastico. La vicenda dell’indipendenza della Grecia dall’Impero ottomano negli anni Venti del XIX secolo confermò che si poteva dare vita a uno Stato fondato sulla costruzione di un’identità nazionale.

Il filoellenismo dei circoli culturali europei forgiò l’immagine dell’Ellade classica che doveva rigenerarsi nei greci moderni suoi discendenti, e attirò migliaia di giovani intellettuali da tutta Europa a combattere per la causa ellenica. Russia, Gran Bretagna e Francia appoggiarono le rivendicazioni del movimento nazionale greco e l’indipendenza fu raggiunta nel 1830, quando nacque il Regno di Grecia. L’idea di nazione si qualificava come uno strumento potente che poteva essere utilizzato dalle élite politiche e intellettuali per la costruzione dello Stato e l’integrazione in esso della popolazione. Per realizzare tale obiettivo era necessario che a una nazione corrispondesse un territorio nazionale, con la conseguente delimitazione di confini ben determinati. Tuttavia va tenuto presente che verso la metà del XVIII secolo la gran parte dell’umanità viveva nel quadro di grandi Imperi agrari, caratterizzati da un accentuato pluralismo etnico, linguistico, culturale e religioso, al quale fecero fronte in modi diversi.

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L’Impero ottomano sviluppò un particolare sistema giuridico-istituzionale di governo delle differenze, il sistema dei millet, fondato sull’attribuzione di funzioni amministrative civili alle comunità religiose. L’Impero russo ricorse alla collaborazione con le élite non russe e alla tolleranza religiosa, trascurando politiche sistematiche di assimilazione lingustica. L’Impero asburgico, infine, puntò sulla fedeltà alla dinastia come vincolo di unità e su modalità diverse di governo applicate nelle varie parti della compagine imperiale. I principi della Rivoluzione francese e le trasformazioni innescate dagli eventi dell’89 avevano avviato un processo noto con il nome di secolarizzazione, vale a dire una progressiva emarginazione della religione dalla sfera pubblica e individuale. Con l’istituzione dello Stato civile, lo Stato assumeva funzioni che fino allora avevano svolto le istituzioni religiose, mentre la cittadinanza veniva distinta dall’appartenenza confessionale: tutti i cittadini erano uguali davanti alla legge indipendentemente dalla loro fede religiosa. Nell’impatto con la modernità le religioni non si opposero, bensì avviarono un processo di rinnovamento, allargando il proprio orizzonte a spazi geografici e culturali nuovi. In particolare la Chiesa cattolica optò per la centralizzazione di Roma e del papa, proponendo un forte centro sovranazionale che fondasse l’identità cattolica oltre la frammentazione delle divere coscienze nazionali. L’egemonia cinese aveva per secoli caratterizzato l’Asia orientale attraverso un sistema sinocentrico che vedeva l’universo cinese come il centro e il vertice di un mondo ordinato in cerchi gerarchici. Il sistema di Canton, introdotto nel 1760 su decisione imperiale, si limitava a regolare i rapporti commerciali tra le compagnie europee e un cartello di intermediari cinesi, cui era affidato il monopolio delle transazioni con i mercanti occidentali. Con la conquista del Bengala l’attività commerciale britannica a Canton aveva conosciuto un salto di qualità: un terzo delle entrate fiscali britanniche proveniva dalla tassazione del tè, di cui ci fu il boom nella seconda metà del Settecento. Tuttavia per acquistare ingenti e crescenti quantità di tè non erano sufficienti i prodotti inglesi, di cui c’era scarsa domanda in Cina. Si rese necessaria pertanto una ristrutturazione degli scambi commerciali: poiché le possibilità offerte dalla rivoluzione industriale rendevano l’Inghilterra non più dipendente dalle forniture indiane di cotone, queste ultime insieme all’oppio vennero dirottate a Canton per essere vendute al mercato cinese e in tal modo finanziare l’acquisto di tè in una triangolazione anglo-indo-cinese, che costituì il principale nesso per l’inserimento dell’economia cinese nel sistema economico mondiale. In seguito all’invasione del Portogallo nel 1807 e della Spagna nel 1808 da parte di Napoleone, si allentò definitivamente il legame che teneva unite le colonie americane dei due regni iberici alle loro madrepatrie europee. Alla caduta dei Borbone le colonie, legate a un vincolo diretto con la corona, crearono delle juntas, degli organi politici che assunsero il potere del governo. A partire dal Venezuela e dal rio de la Plata ebbe inizio una guerra di indipendenza che si concluse nel 1824, in seguito alla quale la Spagna perse le sue colonie americane tranne Cuba e Portorico. Per fronteggiare il rischio di possibili interventi europei, volti a ristabilire il dominio spagnolo, gli Stati Uniti decisero di riconoscere nel 1822 gli Stati latinoamericani di nuova indipendenza, candidandosi all’egemonia sulle Americhe.

Capitolo 2. Una rivoluzione europea Con il 1845 aveva avuto inizio una grave crisi economica: ai cattivi raccolti di frumento nel 1845-46 si aggiungevano gli effetti di una malattia della patata che si era diffusa in tutto il continente. La crisi faceva risaltare con particolare evidenza la questione sociale: emergevano le diffuse condizioni di povertà e di disagio presenti nella società in conseguenza delle trasformazioni economiche avviate dall’avvento della produzione industriale e del capitalismo. Nel febbraio del 1848 veniva pubblicato a Londra in tedesco un opuscolo dal titolo Manifesto del Partito Comunista, scritto da Karl Marx e Friedrich Engels, sostenitori di una nuova lotta di classe. A muovere le coscienze rivoluzionarie erano motivazioni di ordine politico, in particolare la formazione di Stati nazionali perseguita da gruppi intellettuali e politici che diffondevano le loro idee negli atenei di tutta Europa. La crescita delle pubblicazioni a stampa unitamente all’esilio politico e intellettuale cui erano sottoposti coloro che sposavano tali idee rivoluzionarie o nazionali favorirono la formazione di una società intellettuale europea.

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L’ondata rivoluzionaria del 1848 ebbe i suoi primi segnali in Sicilia, a Palermo, dove il 12 gennaio era scoppiata una rivolta. Ma fu l’insurrezione di Parigi del 23 e 24 febbraio 1848 a costituire l’avvio di un processo rivoluzionario che assunse dimensioni continentali. La crisi di legittimità della monarchia dei Borbone (tornata al trono dopo l’esperienza napoleonica) precipitò quando, nell’estate del 1830, il conflitto tra deputati liberali e governo condusse a un’insurrezione popolare a Parigi, le “tre gloriose” giornate di luglio (27, 28 e 29), che si conclusero con l’abdicazione di Carlo X, sostituito da Luigi Filippo d’Orléans, re di Francia non per grazia divina ma per la volontà della maggioranza dei deputati eletti al Parlamento. L’esito fu quello di una monarchia liberale. I sostenitori del regime orleanista erano i liberali, fautori del parlamentarismo, espressione delle élite borghesi. All’opposizione, da una parte, erano i legittimisti, che sostenevano la causa della dinastia dei Borbone e rappresentavano il notabilato rurale nostalgico dell’assolutismo, e, dall’altra, i repubblicani favorevoli a un’evoluzione democratica del regime e all’introduzione del suffragio universale. Fu una manifestazione convocata per il 22 febbraio 1848 a Parigi a fungere da detonatore dello scoppio della rivoluzione. Il regime non si dimostrò capace di gestire politicamente la crisi, tanto meno riuscì a coordinare un’efficace repressione: Luigi Filippo fuggì alla volta di Londra, e venne proclamato un governo provvisorio. Gli avvenimenti di Vienna propagarono l’incendio rivoluzionario al resto d’Europa. La presa di posizione della Dieta ungherese il 3 marzo, a favore di riforme costituzionali dell’Impero, e la sollevazione popolare del 13 marzo, indussero il cancelliere Metternich a dimettersi. Il 17 l’imperatore Ferdinando accordò agli ungheresi la nomina di un proprio governo responsabile nei confronti della Dieta. Analogamente i liberali boemi scesi in piazza a Praga ottennero in risposta alcune concessioni. La notizia delle dimissioni di Metternich suscitò a Milano, il 18 marzo, una rivolta contro il governo austriaco. Dopo cinque giorni di combattimenti, le truppe austriache si ritirarono nel cosiddetto Quadrilatero, delimitato dalle fortezze di Verona, Peschiera, Mantova e Legnago. Contemporaneamente a Venezia i liberali proclamarono la ricostituzione della Repubblica di Venezia, dopo che le truppe austriache avevano capitolato e abbandonato la città. Il 23 marzo il re di Sardegna, Carlo Alberto, dichiarò guerra all’Austria, conclusasi il 9 agosto con la firma di un armistizio. Il re di Prussia, Federico Guglielmo IV, dopo violenti scontri a Berlino tra esercito e dimostranti, annunciò la trasformazione in senso costituzionale della monarchia. In Germania le rivendicazioni liberali si combinavano con le aspettative di unificazione nazionale, portando all’elezione a Francoforte di un’Assemblea costituente tedesca, che si insediò nella città il 18 maggio. In Francia il governo provvisorio introdusse il suffragio universale, promosse le libertà fondamentali, abolì la schiavitù nelle colonie e istituì gli Ateliers Nationaux, una struttura che assicurava ai disoccupati l’impiego in opere pubbliche. Le elezioni a suffragio universale in aprile, grazie al voto delle campagne, mandarono alla camera una maggioranza repubblicana liberale, sostanzialmente moderata, e decretarono la sconfitta di radicali e socialisti. Il 22 giugno a Parigi venne annunciata la chiusura degli Ateliers Nationaux, che non avevano mostrato grande efficacia ma avevano un notevole valore simbolico come unica riforma sociale adottata dopo la Rivoluzione di febbraio. La notizia provocò all’indomani un’insurrezione di massa, sedata dopo quattro giorni di combattimenti. Il 1848 segnò il punto di non ritorno nel conflitto tra il principio della sovranità nazionale e quello dinasticoterritoriale. Ma segnò anche l’inizio di un altro conflitto, vale a dire quello tra gli stessi movimenti nazionali per l’attribuzione dei territori. Quali fossero le terre che costituivano il corpo politico della Germania era una delle questioni maggiori nel processo di formazione dell’Assemblea costituente di Francoforte. Il comitato preparatorio incluse nell’Assemblea delegati dalla Prussia orientale e occidentale, senza prendere in considerazione i polacchi, che di quest’ultima erano più della metà della popolazione. Era implicito in tale scelta che queste regioni erano da considerarsi parte di un futuro Stato tedesco. Non fu così per la Posnania, un’altra regione del Regno di Prussia, in cui i polacchi avevano costituito un comitato nazionale che aveva assunto poteri governativi, sebbene almeno un terzo degli abitanti fosse composto da tedeschi. Ne derivò un’aspra contrapposizione tra polacchi e tedeschi che si concluse con un con...


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