Dalle microlingue disciplinari al CLIL PDF

Title Dalle microlingue disciplinari al CLIL
Author Tommaso Platania
Course Didattica delle lingue moderne
Institution Università degli Studi di Catania
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Dalle microlingue disciplinari al CLIL CAP.1 L'educazione linguistica è quella parte dell'educazione che riguarda lo sviluppo, la realizzazione della facoltà di linguaggio, una caratteristica dell'homo sapiens. L'educazione linguistica è particolare perché: A)coincidono l'oggetto dell'educazione e lo strumento di insegnamento, che in entrambi i casi sono le lingue; la lingua oggetto deve realizzare una funzione metalinguistica nel caso lingua madre e lingua nazionale coincidano(fatto non sempre vero, nel caso di dialettofoni o minoranze linguistiche); oppure si deve riflettere su una lingua(latino, tedesco) usando un altra lingua(italiano). B)tutte le altre aree dell'educazione, avvengono facendo ricorso alla lingua(non sempre quella materna); quindi l'educazione linguistica assume un ruolo veicolare sia nell'uso comunicativo della lingua in classe, sia nell'uso delle microlingue disciplinari, che hanno non solo una terminologia ma anche uno stile peculiare ad ogni area scientifica. Scopo comunicativo generale significa molte cose: in lingua materna vuol dire raggiungere i livelli alti, un C2, in tutte le abilità; nelle lingue straniere si perseguono livelli più bassi, nella scuola superiore l'inglese dovrebbe raggiungere il B2; nelle lingue classiche si sviluppano solo le abilità di lettura e traduzione; nelle lingue seconde tutta la fase iniziale si focalizza in BICS, cioè Basic Interpersonal Communicative Skills, e successivamente e non sempre si costruisce la CALP, Cognitive Academic Language Proficiency. Dicotomia: -lingue per comunicare: sono le lingue apprese o acquisite nella scuola(la L1 è già acquisita e va perfezionata; le lingue classiche vengono apprese; le lingue seconde e straniere vengono acquisite); potremmo definire questa area GICS, General Interpersonal Comunicative Skills; -lingue per studiare: si intende la competenza nella microlingua disciplinare, ma anche nelle abilità di studio svolte in una lingua non materna. Nell'educazione generale la lingua della comunicazione e la lingua dello studio sono sempre compresenti: la prima serve per la gestione della classe, per il mantenimento della relazione professionale; la seconda è presente non solo nelle aree non linguistiche, ma anche nell'educazione linguistica e in quell'area di educazione culturale che viene affidata agli insegnanti di lingue. La duplice prospettiva è già un dato di fatto nella tradizione scolastica: A) l'insegnante di Italiano L1 Quando insegna Lingua Italiana su un manuale detto 'la grammatica', dovrebbe occuparsi sia dello sviluppo e dell'affinamento dell'italiano comunicativo e delle strategie comunicative, sia di condurre un lavoro di riflessione sull'italiano. L'insegnante di Lettere usa l'italiano non solo a fini comunicativi, ma fa un uso dell'italiano come lingua dello studio, un uso dell'italiano a livello microlinguistico e un uso dell'italiano dello studio con tutte le sue caratteristiche. B) l'insegnante di lingua straniera e quello di lingue classiche Entrambi insegnano la lingua per scopi comunicativi, ma svolgono la loro attività nella microlingua della descrizione linguistica, quindi usando l'italiano dello studio applicandolo a una lingua diversa dall'italiano, o usano la lingua straniera come strumento di riflessione su se stessa. Nel momento in cui insegnano cultura e civiltà e letteratura di lingua straniera, usano varie microlingue e, nel caso di introduzione a concetti letterari, filosofici, artistici, siamo nell'ambito della lingua dello studio, che diventa CLIL quando si insegna per scopi disciplinari diversi dall'italiano. Esempio: l'insegnate di latino e greco lavora su testi che vengono scelti per pregnanza culturale: Platone in greco, Cicerone in latino; il collega di filosofia usa gli stessi testi in italiano, magari lasciando termini in latino e greco.

E può raramente succedere che il docente di tedesco presenti un testo di Nietzsche sulla natura del teatro, teoria della letteratura, che l'insegnante di italiano può aver affrontato in testi del dibattito Gozzi-Goldoni. Quello che emerge è che non c'è contatto fra discipline e terminologie. Si usano gli stessi testi, lavorando con gli stessi alunni, ma senza raccordo non tanto concettuale quanto linguistico tra la lingua della comunicazione e la lingua dello studio. C) l'insegnante di Italiano L2 Di solito è quello di italiano o di lingua straniera, ma spesso può essere un esterno fornito da enti locali. Focalizza la sua attenzione sull'italiano di base, e raramente affronta il problema dell'italiano dello studio. L'insegnamento dell'italiano come seconda lingua in Italia è diventato sinonimo di insegnamento a immigrati, ma dimentica l'italiano come seconda lingua per gli studenti Erasmus, gli studenti cinesi del progetto Marco Polo, gli studenti stranieri che decidono di iscriversi a università italiane; Quest'ultimo caso è un esempio della logica CALP, perché nella maggior parte gli studenti stranieri non hanno corsi specifici di italiano tranne che in casi di università che hanno un centro linguistico e fanno corsi per gli studenti Erasmus. D) l'insegnate non di lingua straniera che insegna lingua straniera Si tratta di insegnanti DNL (discipline non linguistiche) che utilizzano la lingua straniera come veicolo di contenuti. La riforma Moratti poi Gelmini ha portato all'insegnamento CLIL di una materia in ogni quinta delle scuole superiori. Oggi il CLIL viene insegnato dal docente di disciplinare, il cui profilo deve volgere verso: - un livello di padronanza della lingua straniera pari a C1; - una competenza della metodologia CLIL. Il quadro reale dell'educazione linguistica nella scuola italiana vede una costante compresenza sia della lingua per la comunicazione sia di quella per lo studio in ciascuna delle lingue insegnate, con un ampio ricorso alle microlingue, talvolta in modalità CLIL che può essere inconsapevole o non programmato, condotto da insegnanti non sempre adeguatamente preparati sul piano linguistico e metalinguistico e glottodidattico. CAP.2 La microlingua fonda la sua azione su una particolare visione del mondo, su assunti scientifici e microsettoriali in grado di costruire le determinanti di un ambiente dove la dimensione di apprendimento è regolata da un contesto professionale che condivide elementi fissi. Ci sembra utile far riferimento alla scelta di utilizzare l'espressione microlingua scientificoprofessionale per definire le modalità di un processo orientato al perseguimento della competenza comunicativa in una lingua usata nel settore scientifico e professionale. La lingua acquista una valenza pragmatica in quanto essa serve per: -comunicare nella maniera meno ambigua possibile entro il contesto in cui si sviluppa; -essere riconosciuti come appartenenti a un settore scientifico. Le finalità pragmatiche trovano riscontro nell'immediata espressione educativa che l'istruzione di una microlingua può assicurare allo studente, combinando obiettivi pratici con lo sviluppo di relazioni sociali attraverso lo strumento linguistico. Una prima riflessione impone nella microlingua la compresenza di due categorie, ci riferiamo ai due domini scientifico-professionali nei quali non riusciamo a cogliere mutamenti, ma passaggi che sottolineano delle diverse scelte di mete in ragione alle motivazioni e alle preferenze di utilizzo della lingua. 'Scientifico' e 'professionale' sono entrambi territori di uno spazio linguistico di cui costituiscono le connessioni e le finalità per essere riconosciuti come appartenenti a un settore scientifico e professionale.

La microlingua è costituita da quella porzione della lingua usata da utenti che fanno parte di un medesimo ambiente scientifico-professionale; si riconoscono come appartenenti a tale comunità. Questa comunità ha confini chiari e ben definiti, disponendo di una struttura orientata alla conoscenza e all'apprendimento di nuovi sviluppi scientifico-professionali; una tassonomia che regola tanto la conoscenza quanto gli esiti di produzione. La microlingua è espressione del soggetto apprendente a una data scienza di riferimento, la cui appartenenza assume rilevanza nel momento stesso in cui l'individuo fa uso del sistema lingua che caratterizza e converge in questa disciplina. La funzione della lingua è quella di costruire un processo che leghi e rappresenti due fenomeni: la disciplina e il soggetto. La microlingua rappresenta un codice di identificazione di un determinato gruppo professionale che si occupa di una particolare area del sapere. Le caratteristiche della microlingua rappresentano il modo di comunicare di un gruppo, di rappresentare gli ambienti scientifici. Una tale affermazione ammette la differenza tra la comunicazione comune e il codice microlinguistico, agevolando il percorso attraverso cui si giunge a delle informazioni codificate da terminologie che sono peculiari di uno specifico ambito di ricerca. Accanto a questi aspetti, riscontriamo una capacità di azione della lingua di: -far entrare in relazione gli individui mediante una conoscenza e competenza settoriali che non ammettono ambiguità; -coordinare l'interazione tra i contenuti; -organizzare delle proprie pratiche di lavoro appropriate all'ambito socio-professionale di utilizzo; -comunicare teorie; -definire nuove pratiche in seno a un medesimo spazio disciplinare entro il quale la mico lingua diventa punto d'incontro fra la teoria e la ricerca. La microlingua si presta: -a esprimere uno spazio conoscitivo comune; -a esprimere dei contenuti microlinguistici che, divengano piattaforma di accesso alla conoscenza; -a descrivere un esperienza che leghi l'individuo alla contestualità sociale; -a valorizzare le connessioni culturali di soggetti e ambienti -a definire e collocare un'esperienza professionale mediante una comunicazione efficace ed efficiente. L'atteggiamento comune verso la conoscenza micro disciplinare viene espresso attraverso una competenza comunicativa che si esprime attraverso le seguenti abilità: -sapendo la lingua; -sapendo fare la lingua che consiste nell'assegnare valore ai processi cognitivi; -sapendo fare con la lingua. Uno degli aspetti fondanti la forma della micro lingua è il rapporto tra carico semantico e forma complessiva del testo, vale a dire: -la brevità nell'ambito scientifico-tecnologico; -l'esattezza; -l'oggettività; -la neutralità emotiva. Gli scopi pragmatici delle microlingue scientifico-professionali sono collegati a tre ambiti: -referenziale: dimensione funzionale sa descrivere e spiegare il funzionamento del mondo; -regolativo strumentale: la lingua è focalizzata sul processo da far eseguire; -metalinguistico: si tratta di un ambito che sposta l'attenzione verso metafore interpretative; in modo da consentire al destinatario di comprendere esattamente l'intenzione comunicativa dell'emittente. Il testo rappresenta la forma simbolica di una situazione di interazione.

Al fine di aiutare il lettore nella decodifica del testo, occorre che sia reso praticabile e venga resa trasparente la sua coerenza. La dimensione testuale presenta delle caratteristiche che la configurano come microlingua(scelte stilistiche e formali). Così il riconoscimento del carattere microlinguistico della lingua avviene secondo una maggiore attenzione rivolta: -al rispetto di regole di genere; in un testo accademico, l'abstract deve essere strutturato in un certo modo; -al modo in cui vengono distribuite le informazioni nel testo in ragione della coerenza concettuale e coesione; la prima include, ad esempio, i rapporti causa-effetto, la seconda, comprende gli indicatori metacomunicativi; -alla compattezza concettuale, lo schema e il messaggio devono essere compresi dal lettore senza lasciare margini d'errore. Lo stile microlinguistico si realizza, sul piano sintattico, utilizzando e accentuando la frequenza d'uso di alcune strutture della lingua comune. L'obiettivo è di svolgere con chiarezza gli argomenti e raggiungere un livello stilistico consono al genere testuale affrontato. Ci sembra opportuno metter in evidenza le seguenti caratteristiche formali: -il sintagma nominale semplice e immediato nella sua chiarezza; -nominalizzazione, la quale prevede l'uso di sostantivi al posto dei verbi; -eliminazione delle frasi relative. Per quanto riguarda l'uso dei verbi nelle frasi microlinguistiche, mettiamo in evidenza ulteriori processi e meccanismi destinati ad accrescere la semplicità ed enfatizzare l'azione: -spersonalizzazione. È il tratto più evidente di un testo caratterizzato dalla volontà di porre l'attenzione sul contenuto del testo e mettere in secondo piano la soggettività. -passivazione: l'utilizzo del passivo nel discorso scientifico è dovuto a ragione concettuali in modo da sottolineare l'importanza del tema sul soggetto che compie l'azione. La dimensione lessicale riveste un ruolo marcato nel contraddistinguere un testo 'normale' da uno microlinguistico. Nella microlingua la parola, polisemica e ambigua, deve divenire termine, deve assumere un significato denotativo. La parola ha anche altre caratteristiche: -la monorefenzialità: in contesto microlinguistico solo un significato può essere attribuito a quel dato termine. Il termine non può dar luogo ad ambiguità perché ha un significato unico. -una stabilita parziale: una volta che il termine è stato accettato dalla comunità scientifica diventa difficile cambiarlo; -la sinteticità: il termine si offre alla comunicazione col massimo grado di chiarezza senza che questa possa sfuggire alla comprensione. Per le caratteristiche lessicali delle microlingue che possono comportare delle difficoltà nella comprensione orale delle microlingue straniere prendiamo lo studio condotto da Balboni secondo il quale tali difficoltà sono dovute a: -cambio di pronuncia o accento dovuto alla presenza di un suffisso; -difficoltà di discernere alcune coppie, quali ad esempio micro/macro pronunciate rapidamente da un americano; -decostituzionalizzazione e altre parole simili in cui si ode una lunga sequenza di sillabe atone quindi più difficili da discernere; -uso frequente di sigle, numeri, formule che può creare problemi di comprensione. In un testo microlinguistico, aspetti quali il layout dei paragrafi rappresentano una componente extralinguistica della comunicazione scritta. Possiamo individuare altre caratteristiche peculiari della dimensione extralinguistica che non si limitano ai soli testi scritti:

-note a piè di pagina; -riquadri con date; -grafici; -icone; -glossari che illustrano i termini tecnici. Gli strumenti paratestuali indicati costituiscono un supporto non verbale al testo, integrandosi, sovrapponendosi a questo con lo scopo di: -facilitare la comprensione del messaggio-contenuto; -raggiungere nel testo scientifico la massima trasparenza; -collocarsi entro la discourse community di appartenenza. Consideriamo il ruolo del docente di microlingua. Un insegnante di microlingua che abbia competenze sia della lingua insegnata che specifica della microlingua, non corrisponde al modello di docente a cui Balboni fa riferimento. Secondo Balboni, il docente non può rivestire questo doppio ruolo poiché la sua specializzazione riguarda soltanto la competenza linguistica e una conoscenza applicata ai diversi ambiti culturali rapportati alla lingua insegnata. In quest'ottica, il docente può gestire in autonomia l'analisi dei bisogni dei destinatari e decidere la metodologia da impostare per l'analisi più completa del testo e guidare gli studenti al raggiungimento di una performance migliore dal punto di vista comunicativo. Quindi cogliamo in maniera chiara un modello d'insegnate preparato e consapevole della disciplina linguistica in esame; le sue competenze sono di tipo glottodidattico in quanto egli è consapevole nello scegliere l'approccio, il metodo e le tecniche più appropriate e pertinenti ai bisogni linguisici dei propri studenti. Il docente mette a disposizione la sua competenza linguistica e trae profitti dalla conoscenza settoriale delle studente. Si viene a stabilire una sinergia in cui le conoscenze dell'uno risultano funzionali e complementari all'altro. Ne consegue un contesto didattico riccamente espressivo ai fini di un'esperienza di insegnamento che accresce il suo valore grazie allo scambio e alla collaborazione tra i due attori. La conclusione sulla figura dello studente di microlingua è quella di un individuo motivato ad aggiornare continuamente la sua microlingua. Egli è specialista del settore per cui possiede una relativa padronanza lessicale e comprende molte espressioni che caratterizzano il linguaggio della disciplina. L'allievo di microlingua necessita una glottodidattica specifica, in modo da permettergli di utilizzare la lingua e applicarla concretamente nel suo campo di studio. CAP.3 Il CLIL (Content and Language Integrated Learning), cioè apprendimento integrato di lingua e contenuti, è una metodologia che richiede un forte collegamento tra lingua e disciplina non linguistica allo scopo di sviluppare l'apprendimento disciplinare e contemporaneamente potenziare l'uso della lingua straniera. L'originalità del CLIL si basa sull'esperienza del doppio apprendimento linguistico-disciplinare. Vediamo alcuni punti che caratterizzano l'insegnamento veicolare: una disciplina viene favorita dall'uso della lingua straniera e il raggiungimento di una competenza disciplinare deve essere accompagnato da un miglioramento linguistico. Queste caratteristiche portano a una modalità di insegnamento focalizzata sulla necessità di: -integrare l'input linguistico con quello disciplinare cosicché entrambi gli aspetti diventino complementari; -trasmettere un'efficace comunicazione dei contenuti: quello che diventa fondamentale non è la correttezza formale, ma il fatto che l'input sia reso il più possibile comprensibile. Lingua e disciplina devono essere considerate facce della stessa medaglia.

Nella realtà d'insegnamento il CLIL si traduce in lezioni di storia, geografia, e di altre materie che vengono tenute in lingua straniera. Requisito per percorsi CLIL saranno la motivazione e il livello linguistico degli studenti che devono essere adeguati a sostenere lezioni in cui le spiegazioni sono in lingua straniera. La lingua non assume un ruolo metalinguistico, ma serve da tramite per l'acquisizione di contenuti disciplinari. Insegnare una disciplina non linguistica attraverso una lingua straniera rappresenta una delle sfide metodologiche della glottodidattica e il CLIL si pone all'origine di questo modo di impiegare una lingua straniera. Lo scopo è di stimolare le dinamiche microlinguistiche per sostenere una nuova forma di comportamento comunicativo in grado di generare effetti positivi per quel che riguarda la motivazione degli studenti e la loro capacità di usare la lingua straniera nella prospettiva in cui essa contribuisce a indirizzare l'approfondimento di aree tematiche e lo sviluppo si specifici contenuti. Lo studio di domini quali la chimica o storia dell'arte, si presta in concreto a essere veicolato attraverso un codice linguistico straniero rendendo la lingua LS adottata uno strumento incisivo, diretto e piacevole per l'apprendimento di riferimenti non linguistici. Il processo di apprendimento CLIL pone delle criticità di ordine metodologico e pratico poiché la lingua straniera da apprendere deve veicolare una o più discipline del curricolo, acuendo il divario fra l'insegnamento della lingua e l'uso che si fa di essa per comunicare-veicolare contenuti micro disciplinari. Occorre mettere in luce alcune delle variabili che compongono tale sistema; l'esigenza che l'input della disciplina venga reso comprensibile allo studente in quanto l'argomento presentato può essere poco familiare. Per affrontare questo ostacolo, si devono tenere in considerazione le opportunità di successo offerte da soluzione didattiche quali: -l'utilizzo di materiali autentici: rendono più stimolanti e più complesso a livello linguistico il contenuto disciplinare, generando negli allievi il senso di sfida cognitiva. -lo sfruttamento dei processi attentivi e delle modalità promosse da codici extralinguistici, le quali rappresentano una risorsa cognitiva poco sfruttata nel tradizionale insegnamento della lingua. Quest'ultimo punto richiama due argomenti: A)alcune discipline non linguistiche si prestano ad accogliere un approccio didattico di tipo CLIL, in quanto già possiedono la caratteristica di ...


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