David Ricardo PDF

Title David Ricardo
Author Claudia Cardinali
Course Storia del pensiero economico
Institution Università Politecnica delle Marche
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breve riassunto su david ricardo ...


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DAVID RICARDO Vita e opere Nasce a Londra nel 1772 da una famiglia di ebrei sefarditi, studia ad Amsterdam, come tutta la sua famiglia, e a 14 anni inizia a lavorare in borsa col padre. Il lavoro in borsa lo spinge a una riflessione sull’attività economica, in particolare sulla sospensione della convertibilità aurea della Banca d’Inghilterra. Scrive opere sulle controversie monetarie e la sua opera principale è On the principles of politcal economy and tansation. Muore nel 1823. La visione dinamica di Ricardo Ricardo riprende da Smith la concezione del sistema economico, e su di essa elabora una costruzione analitica notevole per sistematicità e compattezza. Come Smith, considera una società basata sulla divisione del lavoro, suddivisa in due grandi settori, agricoltura e manifatture, e in tre classi sociali - lavoratori, capitalisti e proprietari terrieri - alla quale corrispondono tre forme di reddito: salari, profitti e rendite. I salari corrispondono ai consumi di sussistenza e rientrano perciò tra le spese necessaire di produzione; rendite e profitti costituiscono il sovrappiù. I proprietari terrieri destinano a consumi di lusso le loro rendite, i capitalisti investono praticamente per intero i loro profitti. Pertanto lo sviluppo economico viene dall’accumulazione ad opera dei capitalisti, basata sui profitti. Rispetto a Smith vi è invece un cambiamento di metodo. Smith utilizza una cornice di analisi storica mentre Riccardo ha una mentalità analitica, con un'esigenza innata di rigore logico, che lo spinge a costruire una struttura teorica quadrata con l’accetta, escludendo dall'analisi tutto ciò che non è direttamente rilevante per il problema in esame. Inoltre, mentre Smith illustra l'evoluzione del sistema economico collegata allo sviluppo della divisione del lavoro, Ricardo si concentra sulla distribuzione del sovrappiù tra rendita e profitti e sulle sue conseguenze per il ritmo di accumulazione e di crescita dell'economia. Ciò significa assumere come dati la tecnologia e il salario mentre il livello di produzione e di occupazione è, in ogni dato momento, quello reso possibile dall’accumulazione di capitale. Per quanto riguarda le ipotesi di salario dato, Ricardo segue la teoria della popolazione di Malthus, e assume che il salario sia pari al livello di sussistenza. In questo modo, il sovrappiù risulta ripartito tra rendite, utilizzate essenzialmente in consumi di lusso, e profitti, largamente destinati agli investimenti. Il problema della rendita viene risolto grazie alla teoria della rendita differenziale: una teoria spesso attribuita Riccardo ma che in effetti è sviluppata da Malthus e West. Secondo tale teoria, per ogni terreno la rendita è pari alla differenza tra i costi unitari relativi alla meno fertile tra le terre in coltivazione, e i costi unitari e relativi al terreno in questione, moltiplicata per la quantità di prodotti ottenibile su di esso. Sulla terra meno fertile la rendita è nulla. Il profitto risulta così definito come grandezza residuale, cioè come quella parte del sovrappiù che non viene assorbito dalle rendite. Tutto ciò che riduce i profitti costituisce un ostacolo allo sviluppo e ciò accade a causa della stessa crescita economica, alla quale si accompagna un aumento dei consumi 1

alimentari. Ciò costringe a espandere la coltivazione. Supponiamo che le terre coltivate per prime siano le più fertili. Man mano che nuove terre vengono messe in coltivazione, la peggiore fra le terre coltivate risulta man mano meno fertile. I profitti ottenuti sulla terra marginale quindi diminuiscono, perché aumentano i costi per unità di prodotto. Tutto ciò rallenta l'accumulazione. Conviene importare cereali dall'estero per far fronte all'aumento di domanda di generi alimentari, piuttosto che aumentare la produzione agricola interna ricorrendo alle terre meno fertili; quindi conviene eliminare gli ostacoli alle importazioni, quali i dazi doganali. La teoria dei vantaggi comparati rafforzerà queste conclusioni. Dal modello grano alla teoria del valore lavoro Abbiamo visto il ruolo centrale che Riccardo attribuisce ai profitti nel processo di sviluppo dell'economia. Tuttavia, più che l'ammontare aggregato di profitti, è il saggio di profitto ad essere al centro del suo edificio analitico. Ciò avviene per due motivi. In primo luogo, in una società capitalistica guidata dalla concorrenza il rendimento dei fondi investiti nei vari settori di attività deve risultare trasformato uniforme. Il saggio di profitto quindi regola anche investimenti indirizzati alla produzione delle diverse merci: è da questo meccanismo concorrenziale che dipende il buon funzionamento del mercato nell'assicurare la corrispondenza tra merci prodotti e merci richieste dagli acquirenti. In secondo luogo, il saggio del profitto è anche un indicatore del ritmo potenziale di crescita dell'economia. Esso infatti è pari rapporto da profitti e capitale anticipato; Nell'ipotesi che i profitti vengono interamente destinati a investimenti, tale rapporto diviene pari a quello tra investimenti e capitale anticipato, cioè al tasso di accumulazione. Per questi due motivi la determinazione del saggio del profitto costituisce un problema centrale per la costruzione analitica di Ricardo, e per l'intera tradizione classica. In questo campo, Ricardo fornisce contributi analitici essenziali, superando la tesi Smithiana di un saggio di profitto normale determinato dalla pressione della concorrenza dei capitali disponibili per investimento. Secondo l'interpretazione di Sraffa, possiamo distinguere due tappe nello sviluppo del pensiero di Riccardo. La prima tappa avrebbe inizio nel 1814, con un appunto sui “profitti del capitale” andato perduto, per concludersi con il Saggio del 1815. La seconda tappa, avviata dalle critiche di Malthus al modello grano di Ricardo, culmina nei Principi del 1817. Il saggio di profitto è pari al rapporto tra profitti e capitale anticipato. Per calcolare questo rapporto entrambi devono essere espressi in termini di grandezze omogenee. Abbiamo visto che, secondo la teoria ricardiana della rendita, sul meno fertile fra i terreni incolti l'azione la rendita e nulla, e tutto il sovrappiù va ai profitti. Supponiamo ad esempio che su questo terreno si producano 100 quintali di grano, utilizzandone 30 quintali come sementi e 50 quintali come sussistenza per i lavoratori; Il soprappiù, che va interamente ai profitti, è pari a 20 quintali di grano e il saggio di profitto è pari al 25%. In questo modo è possibile aggirare il problema del valore. 2

Naturalmente, poiché in concorrenza il saggio del profitto deve essere uguale nei diversi impieghi del capitale, il saggio di profitto così calcolato dovrà valere in tutti i settori dell'economia. Malthus obietta a Ricardo che esso non può aggirare il problema del valore e determinare il saggio del profitto come rapporto tra quantità fisiche di una stessa merce, dal momento che ogni settore utilizza mezzi di produzione eterogenei tra loro e rispetto al prodotto. Dopo aver a lungo riflettuto su queste critiche Ricardo propone nei Principi una nuova soluzione, utilizzando la teoria del valore-lavoro contenuto per spiegare i prezzi relativi. In base a questa teoria, il rapporto di cambio tra due beni corrisponde al rapporto tra le quantità di lavoro direttamente e indirettamente necessarie alla produzione di ciascuna di essi. Smith aveva già proposto la teoria del valore lavoro come valida per lo “stadio rozzo e primitivo”. Ricardo ne estende l'applicazione alle economie capitalistiche, supponendo che per ciascun bene l'ammontare di profitti e rendite che si aggiungono ai salari per arrivare al prezzo sia in grosso modo proporzionale all'ammontare di lavoro richiesto per la produzione. Si tratta di un'ipotesi irrealistica ma questo fatto non disturba troppo Ricardo. Grazie alla teoria del valore lavoro, Ricardo può misurare sia il prodotto sia i mezzi di produzione e di sussistenza in termini omogenei, come quantità di lavoro contenuto in essi. Il valore del prodotto annuo di un sistema economico è pari alla quantità di lavoro complessivamente prestata nello stesso periodo di tempo. Per differenza tra valore del prodotto e valore dei mezzi di produzione, anche il valore del sovrappiù risulta espresso come una quantità di lavoro. Eliminato il problema della rendita, anche i profitti risultano determinati. Il saggio del profitto risulta così pari al rapporto tra profitti e capitale anticipato, espressi come quantità fisiche di una stessa grandezza. Valore assoluto e valore di scambio. Misura invariabile del valore. I prezzi relativi determinati dal rapporto tra le quantità di lavoro direttamente e indirettamente necessarie a produrre i diversi beni violano la condizione di uniformità del saggio del profitto nei vari settori per tre motivi: - la diversa durata dei processi produttivi - il variare del rapporto tra capitale fisso e capitale circolante - la differente durata del capitale fisso nei diversi settori. Per Ricardo, il problema è vedere se si può trovare un ancoraggio rigoroso, un “metro invariabile”, per i valori di scambio. Nella ricerca di questo ancoraggio, Ricardo si attiene a un riferimento tradizionale: il tempo di lavoro necessario a ottenere una data quantità di prodotto. La misura in lavoro contenuto ha il vantaggio di fornire risposte precise di fronte a cambiamenti della tecnologia; inoltre, soddisfa un’esigenza dialettica: contrappone una teoria dei valori di scambio fondata sulla difficoltà di produzione alla 3

concezione di un meccanismo basato su domanda e offerta. Per Ricardo, come per Smith, l’interrelazione tra domanda e offerta riguarda solo l’aggiustamento dei prezzi di mercato ai prezzi naturali, non la determinazione dei prezzi naturali. Tuttavia, la misura prescelta (il costo di produzione) da Ricardo si rivela inadeguata di fronte a cambiamenti nella distribuzione del reddito tra salari e profitti. Infatti quando due merci, prodotte da una stessa quantità di lavoro, sono ottenute con periodi di produzione diversi o con una diversa proporzione tra capitale circolante e fisso, il loro valore relativo varia al variare della distribuzione, e la nostra misura invariabile non è in grado di indicarci l’ordine di questa variazione del valore di scambio. La misura invariabile del valore dovrebbe avere due caratteristiche: essere invariabile a cambiamenti nella tecnologia, sia rispetto a cambiamenti nella distribuzione del reddito. Il lavoro contenuto soddisfa il primo requisito, ma per quanto riguarda il secondo contraddice l’assunto, centrale per tutta l’economia classica, di un saggio di profitto uniforme in presenza di concorrenza. Ricardo è comunque convinto che il tempo di lavoro deve avere qualcosa a che fare con la misura invariabile del valore. Ciò significa che in Ricardo vi è un residuo metafisico: la confusione del problema, puramente analitico, della misura del valore con il problema, puramente metafisico, di trovare l’origine ultima del valore, che ritiene non possa essere individuata se non nel lavoro. Ogni tentativo di questo tipo resta viziato di un difetto di fondo: la divisione del lavoro è possibile solo in presenza di una rete di scambi che colleghi i vari settori dell’economia e i vai soggetti economici. Moneta E’ comune attribuire agli economisti classici, incluso Ricardo, la teoria quantitativa della moneta, i cui diversi elementi hanno una lunga tradizione. Secondo tale teoria, le variazioni della quantità di moneta in circolazione determinano le variazioni del livello generale dei prezzi, senza influenzare né il livello dell’attività produttiva né la velocità di circolazione della moneta, che dipenda da fattori istituzionali e consuetudinari quali la frequenza di pagamento di salari, rendite, imposte. L’idea che la quantità di moneta in circolazione influisca sui prezzi è comunque nel ‘500-’600, di fronte ai fenomeni inflazionistici collegati alla scoperta di nuove miniere auree e argentee del Nuovo Mondo. Tuttavia, accanto ai diversi elementi che compongono la teoria quantitativa della moneta, Ricardo ne considera altri. In primo luogo, ricorda che l’oro, o più in generale i metalli preziosi, sono merci prodotte, di cui è possibile aumentare la quantità disponibile. In secondo luogo, vi è il problema della relazione tra oro e biglietti emessi dalle banche, che costituisce il nodo centrale della teoria monetaria di Ricardo. Per moneta Ricardo intende l’insieme delle attività finanziarie comunemente utilizzate come mezzo di pagamento, quali le banconote emesse dalle principali banche; ad esse Ricardo applica l’idea centrale della teoria quantitativa: il loro valore varia in relazione inversa alla loro quantità. In altri termini, il potere d’acquisto della moneta rispetto alle merci in generale va scomposto tra oro e altre merci. 4

Per Ricardo la variabile cruciale per la politica monetaria è non il livello dei prezzi delle merci ma il valore della moneta, cioè il suo rapporto di scambio con l’oro: quando esso è stabile, la quantità di moneta, che resta incognita, è al suo livello naturale. Commercio internazionale e teoria dei costi comparati Il commercio internazionale è fra i temi più discussi del Seicento. Solo con Antonio Serra e Thomas Min abbiamo una concezione sufficientemente precisa della bilancia dei pagamenti e delle varie voci che la compongono. Nel complesso, la maggior parte degli autori sembra riferirsi a una teoria dei vantaggi assoluti, secondo cui ciascun paese esporta quei beni che riesce a produrre a un costo più basso degli altri. Ricardo compie, per quest’aspetto, un passo in avanti decisivo, con la sua teoria dei costi comparati. Secondo tale teoria, ogni paese si specializza nella produzione di quei beni per i quali gode di un vantaggio relativo, anche se non assoluto, nel costo di produzione. Ciò significa che si può avere commercio internazionale tra due paesi anche se, in termini di difficoltà di produzione tutti i beni hanno un costo maggiore in un paese rispetto all’altro. Il commercio internazionale è quindi vantaggioso quando permette di ottenere una merce dall’estero a un costo minore di quello necessario per produrla all’interno. La teoria dei costi comparati è basata sulla presenza di differenti strutture tecnologiche nei diversi paesi. Nulla è detto sull’origine di tali differenze: sarà la successiva teoria marginalista a ricondurre tali differenze alle diverse dotazioni dei fattori di produzione capitale, terra e lavoro. Le macchine: cambiamento tecnologico e disoccupazione Nella versione adottata da Ricardo, la legge di Say afferma l’eguaglianza tra produzione e domanda per qualsiasi livello di reddito, quindi per qualsiasi livello di occupazione. Se questo è vero, il progresso tecnico non crea problemi occupazionali: l’aumento di produttività si traduce in un aumento di produzione, assorbita da una maggiore domanda, e non in una diminuzione dei lavoratori occupati a parità di produzione complessiva. Secondo la teoria della compensazione, inizialmente accolta anche da Ricardo, il progresso tecnico che si verifica in un settore riduce il numero di occupati in quel settore, ma in una seconda fase i posti di lavoro persi vengono compensati da nuovi posti di lavoro in altri settori, e il benessere generale cresce. La tesi opposta - il progresso tecnico crea disoccupazione - viene sostenuta da John Barton. Il ragionamento di Ricardo può essere riassunto in questi termini. Il capitalista introduce nuovi macchinari perché grazie ad essi può ottenere un aumento dei profitti. Tuttavia l’investimento in macchinari implica la decisione di indirizzare alla produzione di macchine un certo numero di lavoratori. Se tali lavoratori erano precedentemente impiegati nella produzione di beni di sussistenza, la produzione di nuove macchine è compensata da una minore produzione di tali beni, e quindi da una riduzione del reddito lordo. Diminuisce così il numero dei lavoratori che il sistema può mantenere. Perciò l’occupazione 5

diminuisce: tale diminuzione può essere però tutt’altro che trascurabile in via immediata e può persistere per un arco di tempo sufficientemente lungo da rendere difficile il liquidarla come transitoria. Questa argomentazione di Ricardo viene ignorata.

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