Dino Campana Canti Orfici PDF

Title Dino Campana Canti Orfici
Author Anna Vanni
Course Letteratura Italiana Contemporanea
Institution Università degli Studi di Macerata
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Summary

Appunti e riassunto libro "L'universo mondo dei Canti Orfici". ...


Description

VITA DI CAMPANA Nasce a Marradi (Firenze) nel 1885, città molto vicina alla Romagna e frequenta il liceo classico a Faenza. Fanno parte della famiglia il fratello minore (Manlio) e lo zio (Torquato). Proprio quest’ultimo gli consiglia la facoltà di chimica a Bologna. Vive un rapporto difficile con la madre Fanny Luti. I suoi studi non decollano, passa a lettere a Firenze e in seguito di nuovo a chimica. dal 1905 al 1907 se ne perdono le tracce. C’è solo la documentazione dei suoi arresti e dei suoi ricoveri, raccolta da Cacho Millet in Dino Campana fuorilegge. Ha vissuto fra Argentina e Uruguay lavorando come pompiere. Appena ricompare inizia a frequentare Firenze, città viva sul piano culturale, ma è malvisto dagli intellettuali. Dal 1900 al 1920 a Firenze si vive la stagione delle riviste: La Voce, La Cerba. Ci si riunisce nei caffè, come il Giubbe Rosse in Piazza della Repubblica. Nel 1910 su Le Figarò in Francia appare il Manifesto del Futurismo. In una lettera a Cecchi, Campana parla del bisogno di essere pubblicato per dimostrare di esistere. Consegna a Soffici e Papini il suo manoscritto Il più lungo giorno, ma loro lo smarriscono. Lo riscrive a memoria e nel 1914 lo pubblica presso Bruno Ravaglia col titolo Canti Orfici. Dopo da contro a Soffici e in particolare a Papini per averlo smarrito e minaccia di ucciderli. Mentre scrive non è ancora in preda alla follia, nel 1917 viene internato. Pariani, il suo psichiatra, scrive “Vite non romanzate di Dino Campana e Bonicelli, scultore” → Descrive Campana come molto pacato, definiva la sua arte un misto fra colore e armonia. Dopo il ricovero interrompe la sua produzione → la malattia abolisce lo slancio creativo: il risultato delle opere in malattia ha valore artistico solo se il malato è già un artista. Se la prende con Papini e Soffici in quanto insoddisfatto dei Canti. Dopo la morte di Soffici la figlia Valeria trova il manoscritto e viene fuori che non è il suo capolavoro, non era pronto per la pubblicazione ed è impossibile che Campana lo abbia riscritto a memoria.

LA FIGURA DI SIBILLA ALERAMO Sibilla Aleramo ha conosciuto campana dopo la pubblicazione dei Canti Orfici, lui gliene ha spedito una copia. Lei aveva undici anni più di lui. E’ nata nel 1799 ad Alessandria, ma si è poi trasferita a Civitanova. Il suo vero nome è Rina Faccio. Sibilla → cumana Aleramo → eroe piemontese A 17 anni sposa un impiegato del padre che aveva abusato di lei e da questo ha un figlio, Walter. Il loro è un matrimonio infelice. Abbandona sia il marito che il figlio, che rivedrà una volta adulto. Si trasferisce a Milano e in questo periodo scrive per delle riviste. Nel 1906 pubblica “Una Donna ” , un romanzo proto femminista. Conduce una vita libera ed ha relazioni con uomini più giovani di lei, fra i quali Mattacotta. Proprio come D’Annunzio, cerca di fare della sua vita un’opera d’arte. Lei contatta Campana e i due si incontrano a Marradi. Dopo la fine della loro relazione si rivedranno quando lei andrà a trovarlo in manicomio. Per lei questo amore rappresenta una costruzione letteraria, nelle sue lettere infatti afferma di provare desiderio nei confronti di Campana anche se non lo ha mai visto. Le sue lettere a Campana sono in seguito pubblicate in un’opera dal titolo: “Un viaggio chiamato amore” .

CANTI ORFICI Il titolo “Canti Orfici” rimanda al mito di Orfeo e alla tradizione classica. Orfeo ha violato la barriera tra la vita e la morte. Questa attenzione verso lo spiritismo deriva dai progressi in campo anatomico riguardo allo studio del cervello umano. Ci si chiedeva qual è il confine fra la vita e la morte.

I Canti Orfici sono composti da tre sezioni. Una esclusivamente prosastica, la seconda poetica e la terza in cui prosa e versi si alternano. Nel suo complesso l’opera è un prosimetro di 29 componimenti. Viene stampato nel 1914 dall’editore Ravagli. Il titolo è sia la rivendicazione di una precisa tradizione letteraria petrarchesca e leopardiana insita nel termine “canti”, sia un’allusione al mito di Orfeo, capace di sfidare le leggi dell’Ade grazie alla sua musica. Orfico è tutto ciò che viola la barriera fra la vita e la morte. L’opera ha inoltre un sottotitolo e una dedica. Il sottotitolo è in tedesco: Die Tragödie des letzen Germanen in Italien. Ovvero la tragedia dell’ultimo germano in Italia, il germano in questione è Campana stesso e la tragedia è quella racchiusa nel colophon che evoca la morte del poeta e del fanciullo. Inoltre, l’opera è dedicata a Guglielmo II imperatore dei germani. Una dedica volutamente provocatoria visto il clima anti-tedesco che si respirava in Italia a quel tempo. Il fine tuttavia non è solo provocatorio, Campana vuole affermare la propria appartenenza alla Kultur tedesca. Il colophon è “they were all torn and cover’d with the boy’s blood”, mutuato da Song of Myself di Walt Whitman con però una variante. Il verso originale recita infatti: “the three were torn and cover’d with the boy’s blood” con riferimento ad alcuni giovani morti durante la battaglia di Alamo. Questo crea una struttura circolare. Il fanciullo, così come il germano è un alter ego di Dino. Fra Genova e il colophon si presenta una riga che segna il passaggio del poeta ad una dimensione ultraterrena. Il libro trae grande ispirazione dalle vicende dell’autore il quale vi raffigura le città della sua vita, Marradi, Faenza, Bologna, Firenze, Genova e il Sud America. Bologna e Faenza sono città esclusivamente prosastiche, Firenze e Genova sono sia poetiche che prosastiche mentre solo Montevideo è esclusivamente poetica. Nei ringraziamenti Campana parla dei sottoscrittori, degli amici e in particolare definisce Ravagli coscienzioso, coraggioso e paziente. Questo dimostra che Campana fosse consapevole della singolarità della sua opera. Di conseguenza chi pubblica la sua opera compie un atto di coraggio.

La notte Il verbo che apre la notte è “ricordare” come a voler sottolineare che ciò che sarà narrato deriva dalle reminiscenze dell’autore. Rimanda anche a Leopardi. La città rossa di mura turrita è Faenza, ma qui ci viene presentata una sua visione infernale paragonabile alla città di Dite. Nella città di Dite si trovano coloro che hanno peccato per volontà maligna e non ad esempio i golosi. I primi dodici paragrafi della notte sono collocati fra agosto e settembre. Abbiamo diversi riferimenti all’inferno dantesco. Il fiume che viene nominato è l’Acheronte, si parla di un vecchio che possiamo assimilare a Caronte e ci sono figure ignude di adolescenti che sono assimilabili i dannati. Sono presenti figure retoriche come la sinestesia (palude afona). Nel secondo paragrafo la torre viene definita barbara come ad indicare e sottolineare l’origine barbara di Campana. Si parla di “splendore vago”. Vago è un lemma polisemico: ● ● ●

Indeterminato, vagare senza meta Vago Leopardiano: bello. Le cose troppo determinate tolgono spazio all’immaginazione. Vago di Boccaccio: desideroso

Nel quinto paragrafo appare la figura di una donna ebete dal sorriso molle, caricatura della donna angelo. Avvolta da una luce catastrofica che è in netto contrasto con la luce divina. Nel sesto, che si apre con “non seppi” che indica incertezza, abbiamo la descrizione di una visita ad una casa di tolleranza a Faenza. Il poeta vede la sua ombra deriderlo. Nell’ottavo paragrafo la matrona viene definita “sacerdotessa dai piaceri sterili”. Il poeta vuole sottolineare la natura mercenaria di questi rapporti che non hanno come fine la procreazione. Nel nono avviene il rapporto, sono citati Michelangelo e Francesca da Rimini.

Nel decimo abbiamo per la prima volta la frase “panorama scheletrico del mondo” che fa riferimento all’arido paesaggio estivo. Questa aridità si riflette anche sugli esseri umani, definiti a loro volta sterili. Nell’undicesimo si parla della sera di fiera a Faenza, che avveniva a settembre. Mentre nel dodicesimo una donna accompagna Fontana in un gabbiotto dove viene proiettato un film. Nel tredicesimo ci troviamo a Bologna e l’ambientazione e decembrina. I portici descritti sono quelli di Bologna e il Faust giovane e bello del paragrafo 14 è il poeta stesso. Nello stesso paragrafo abbiamo il topos della taverna che rimanda ai Promessi Sposi. Il verso “ero bello di tormento” rimanda all’Ulisse di Dante e anche a quello “bello di fama e si sventura” di Foscolo. Nel paragrafo sedici si nota il problema stilistico delle ripetizioni con il termine “selvaggia” e abbiamo uno dei primi riferimenti al Sud America, in particolare alla Pampa. Il paragrafo 17 fa parte della sezione Il viaggio e Il ritorno e qui abbiamo i primi riferimenti a Genova. Proprio da Genova Campana partirà per il Sud America. Una via taglia il reticolo di strade di Genova come “una mostruosa ferita”. Questo è uno scritto caotico in cui sono presenti immagini differenti. Verso la fine viene nominata la Chimera, che appartiene alla mitologia greca e indica qualcosa si utopico e irraggiungibile. Rappresenta per Campana ciò che Beatrice rappresentava per Dante ne La vita Nova . Infatti, lei tiene tra le mani rosse l’antico cuore del poeta. Nel paragrafo 18 abbiamo un neologismo, “instellarsi” col quale il poeta intende entrare nelle stelle come Dante si era “indiato” nella grazia divina. Il cuore del poeta è nuovamente definito “vago” ovvero desideroso di ricordi. Nel paragrafo 19 abbiamo la struttura chiasmica “tutto è vano vano è il sogno: tutto è vano tutto è sogno”. Il tema del sogno è della sua vanità è tipico di Shakespeare. Ma è anche un riferimento al concetto di sogno come “infinita ombra del vero” che abbiamo nell’Alexandros pascoliano. Un altro riferimento è il sonetto Tutto è vano d  el poeta Gryphius e il sogno vano presente in La vita è un sogno di Calderon De la Barca. Abbiamo qui il topos della luna, che però sorge nella sua vecchia vestaglia. La sua è una visione innovativa e provocatoria che segna il passaggio all’età moderna. E’ un riferimento ai poeti crepuscolari che cantano di cose semplici proprio come una misera vestaglia. La conclusione del paragrafo 20 “Fuori è la notte chiomata di muti canti, pallido amor degli erranti” contiene una rima ed è un verso compreso nei notturni.

I notturni I notturni sono costituiti da sette componimenti. Possiamo distinguerli in due gruppi: il primo costituito dai quattro componimenti iniziali, prevalentemente caratterizzati da un’impronta dannunziana e simbolistico/decadente; il secondo, rappresentato dagli ultimi tre componimenti, connotato da un crepuscolarismo nostalgico. Nel 1912 Campana aveva tentato di far pubblicare Chimera su “La Voce”, di conseguenza questi componimenti sono stati scritti antecedentemente alle prose della notte. LA CHIMERA è la poesia di apertura dei Notturni. La figura della chimera era presente nel 17esimo paragrafo della notte mentre teneva fra le mani il cuore del poeta. Per alcuni indica la figura femminile ideale ma anche incarnazione della poesia. Il “non so” in apertura, tipicamente dannunziano e simbolo di una fragilità esistenziale, indica Campana anche come poeta dell’incertezza, al contrario di Dante. C’è una descrizione della donna/chimera e sono presenti ripetizioni e rime (viso-sorriso). Il registro è elevato. “Chimera” è la parola che chiude il componimento. GIARDINO AUTUNNALE (FIRENZE) costituisce una descrizione del giardino di Boboli, adiacente al palazzo Pitti. Campana avverte il bisogno di fornire una più precisa collocazione all’ambientazione e ciò si

percepisce già dal titolo. Vuole collegare la sua poesia, per quanto visionaria, a fatti concreti. Sottolinea l’aspetto spettrale del giardino → “morente sole che insanguina le aiole” (L’invetriata). Il poeta osserva la scena da un balcone. C’è un’atmosfera di morte e silenzio. La poesia si conclude con il verso: “Ella m’appar, presente” → Probabilmente la chimera. E’ un’apparizione inaspettata. Concetto leopardiano in cui la donna è intesa come figura di salvezza in un contesto di morte. LA SPERANZA (SUL TORRENTE NOTTURNO) è una poesia di venti versi, i primi otto sono legati da uno schema rimico AAABBBBA. La notte è definita “principessa dai sogni segreti” ed è intesa come morte, tipico binomio foscoliano (Alla sera). Il nono verso si apre con un interrogativo, il poeta si chiede chi ha aperto le porte dell’aldilà, porte definite “taciturne” (ossimoro). Si parla di “sogno vanito” che possiamo ricollegare al sintagma “tutto è vano, vano è il sogno” del paragrafo 19 della notte. La morte apre le sue porte sull’infinito. L’INVETRIATA si avvale di riferimenti a luoghi realmente esistenti, in particolare alla Madonnina del ponte nei pressi di Marradi. Il nucleo poetico consiste nell’avvertire l’esistenza di una realtà non percepibile ai sensi ma che talvolta si manifesta attraverso segni della quotidianità che si trasformano in elementi inquietanti. “Piaga rossa languente” → luce del tramonto che allude ad una ferita sanguinante. Forse è l’animo stesso del poeta ferito dall’incomprensione di chi lo circonda. L’idillio dei primi tre versi è spezzato dall’interrogativo in cui il poeta si chiede chi ha acceso la luce. E’ presente un chiasmo → “E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola”. IL CANTO DELLA TENEBRA ci fa entrare nel crepuscolarismo nostalgico. La poesia si allaccia ai grandi temi lirici (notte e morte, amore e morte) e consiste di tre momenti: quello iniziale del crepuscolo (v.1-v.7), il momento in cui il crepuscolo ha quasi perduto ogni luce (v.8-v.20) e il momento della notte (v.21-v.24). in questo componimento sono presenti molti elementi naturali. I ‘protagonisti’ dell’opera sono gli inquieti spirti nominati al verso 2 e al verso 9. Dal v.4 al v.7 abbiamo la cantilena pronunciata dagli spiriti stessi. Nei versi finali il fiume viene umanizzato. L’ultimo verso è un colpo di scena. Si ha un cambio di registro con un’onomatopea primaria. Il suicida è uno degli spiriti inquieti ormai incapaci di amore. Abbiamo il tema dell’esaltazione della notte come momento di tregua dei propri dolori. La morte è il dolce rifugio di chi soffre → Foscolo. LA SERA DI FIERA si ricollega tramite il suo titolo alla sera di fiera del paragrafo 11 della notte. L’interrogativo del primo verso apre alla descrizione di una donna stilnovistica la cui morte è annunciata al verso 15. Il cuore del poeta viene personificato. L’annuncio della morte della fanciulla provoca al poeta uno smarrimento nella lussuria. Dopo la morte lo scenario diventa infernale. La prostituta non lo solleva dal dolore per aver perso la sua musa. “Era la notte di fiera della perfida Babele” → il paragone con Babele viene fatto per l’indistinto vociare tipico delle fiere. Faenza viene definita perfida in quanto il poeta non si è mai sentito accettato da essa. I puntini di sospensione indicano un salto temporale. La Lei del verso 29 è una figura che assume i valori della poetica di campana. LA PETITE PROMENADE DU POETE chiude la sezione dei notturni. Il titolo è un riferimento al cerimoniale della promenade alla corte di Versailles, in particolare ai tempi del Re Sole. La poesia è molto ritmata. Le Gemme e Rose del v.4 non sono altro che donne, le ciane del v.8. ciane è un’espressione vernicolare che indica donne chiacchierone. E’ un termine tipicamente femminile e indica persone di bassa estrazione sociale, a differenza di “pettegolo/a” non ha un’accezione negativa. Dopo i puntini si accentua la dimensione notturna della poesia. Il tono è decadente e bohémien.

La verna

La terza parte dei Canti Orfici non ha un titolo unitario, essa è divisa in due sottosezioni di cui la prima si intitola La Verna e contiene, oltre all’omonima prosa, altri dieci componimenti. La seconda ha il titolo Varie e frammenti ed è a sua volta costituita da dieci testi. Ci sono quattro cicli di testi dedicati alle città campaniane: Bologna, Firenze, Genova e Sud America. La prima prosa della sezione La Verna, divisa in 12 paragrafi e in due parti, di cui la prima senza un titolo specifico e la seconda intitolata “ritorno” , ha la natura di un diario. Il poeta compie una visita al santuario francescano, un’ascesa alla ricerca di una dimensione di purificazione e spiritualità in un periodo compreso fra il 15 settembre e l’inizio di ottobre. Il viaggio si è probabilmente svolto fra le due parti della notte: agosto/settembre – dicembre. Il viaggio di Campana non è lineare come quello di dante, ci sono diverse ricadute in dimensioni oscure. Questa terza parte degli Orfici è meno efficace rispetto alle sezioni che la precedono. Le poesie appaiono a volte come frammentarie e prive di una compiutezza stilistica e argomentativa. La prosa La Verna  è più scontata e ripetitiva rispetto a quella della Notte. Gioca sui topoi letterari (il pellegrinaggio, l’ascensione, fanciulle vergini a contatto con la natura, l’aria fresca, il vento, il sole che illumina la via) ed è popolata da riferimenti letterari e culturali espliciti e molto dotti che non sempre si amalgamano con il testo. Sono citati Dante, Boccaccio, Carducci, Michelangelo, Da Vinci etc. il registro linguistico è inoltre molto elevato. Sembra che Campana senta il bisogno di dar sfoggio della sua cultura, l’operazione è però artificiosa e ridondante. Spicca fra gli elementi di questa sezione la rappresentazione di molti volatili quali la tortora, l’usignolo, il falco e il cuculo. Essi sono il simbolo dell’elevazione morale e spirituale. In omaggio alla poetica pascoliana, Campana chiama con i loro nomi le varie specie di uccelli. Nel terzo paragrafo Da Vinci viene definito “primitivo” in quanto privo di sovrastrutture, mentre nel quarto il poeta parla di “dolce amica luna” chiaro riferimento alla poetica leopardiana. La fine del quinto paragrafo ci mostra la conoscenza delle lingue di Campana, infatti è scritto in francese. Abbiamo due nemici che lasciano cadere le armi. In questa prosa le figure femminili non hanno elementi di turbamento come nella notte, ma di rasserenamento. Il paragrafo sei si apre con il sintagma “Io vidi” che indica una sorta di visione da parte del poeta. Il viaggio potrà avvenire solo “se Dio vole”, vole è una forma toscana che elimina il dittongo. Il 22 settembre, nel paragrafo sette, Campana giunge a La Verna. Nello stesso paragrafo le “barbare regine” a cui si riferisce sono Cleopatra e Didone, citate nell’Inferno. “Il giorno pianger che si muore” → Dante, Purgatorio. La meta del Ritorno, che inizia all’ottavo paragrafo è Marradi. La Falterona, montagna da cui sgorga l’Arno, viene definita “tellurica” in riferimento ai terremoti. Abbiamo una visione demoniaca di Campigno, proprio questo è uno dei motivi per cui l’ascesa non è positiva come in Dante. Viene nominata Catrina, una paesana che per Campana diventa rivisitazione della Madonna. IMMAGINI DEL VIAGGIO E DELLA MONTAGNA si configura come un completamento poetico del viaggio poiché infatti riprende molti temi cardine de La Verna: il paesaggio montano, l’acqua e il dantismo. Un tratto della poesia riprende Giro d’Italia in bicicletta de Il più lungo giorno. Abbiamo la ripetizione (alba) e una sinestesia al verso 26 (silenzio azzurrino). I “muti carmi” del verso 75 sono un ossimoro variazione dei “muti canti” in La speranza (sul torrente notturno). VIAGGIO A MONTEVIDEO è il primo componimento che parla del viaggio sudamericano. Sono 50 versi, metà del penultimo e l’ultimo sono costituiti da puntini di sospensione con l’intenzione di dare un senso di incompletezza. Il poeta sta partendo per l’Uruguay, ricorda l’allontanamento della nave dalla costa spagnola. C’è una sinestesia (melodia blu). Appaiono le matrone di spagna e il poeta parla di sé stesso e dei suoi compagni di viaggio come fossero naufraghi. L’isola equatoriale di cui si parla al v.22 è Capo verde, che si trovava sulla rotta per l’Uruguay. Il corsivo nei versi dal 32 al 35 distingue la sosta dalla navigazione. Nel finale la città è descritta come abbandonata.

FANTASIA SU UN QUADRO D’ARDENGO SOFFICI è una composizione dal sapore futurista che si riferisce a un quadro di Soffici, La danza dei pederasti, esposto a Firenze nel tardo autunno 1913. Campana vuole esprimere le sensazioni che il quadro gli ha suscitato. Inoltre, questo è un componimento che non era presente nel Più lungo giorno. Ciò ci dimostra che nonostante i problemi riguardanti lo ...


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