Canti pisano recanatesi PDF

Title Canti pisano recanatesi
Author Ilaria Arca
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Sassari
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Summary

I canti pisano-recanatesi
La quiete dopo la tempesta e Il Sabato del villaggio....


Description

I canti pisano-recanatesi sono stati scritti nel 1828 dopo un periodo di silenzio poetico. Infatti nel 1826, Leopardi dichiara di voler lasciar stare i versi e di volersi dedicare alla riflessione filosofica. Dai 25 ai 30 anni si dedica agli studi filosofici e letterari e sopratutto alla stesura e alla pubblicazione delle operette morale. ! Nel 1828 si apre una nuova stagione con la poesia “Il risorgimento”, primo di una serie di canti noti come “pisano-recanatesi”. La definizione di “grandi idilli” usata da De Sanctis è erronea in quando egli vuole indicare una continuità con gli idilli precedenti che non dà rilievo alle differenza tra i due. C’è si un legame con i vecchi idilli, una parte riflessiva che è inscindibile, quella dell’inganno e della rimembranza, c’è la consapevolezza del vero. Nei canti pisano-recanatesi cambia la forma, viene utilizzata la canzone libera leopardiana e il linguaggio è simile a quello degli idilli giovanili ma presentano una struttura narrativa e concettuale più complessa. L’io dei canti pisano-recanatesi non è più soltanto un io che “sente” ma un io che “sente e pensa”, utilizzando la poesia per esprimere la sua visione del mondo. La maturità ha portato in Leopardi un supplemento di pessimismo: la domanda circa il senso della vita (canto notturno) resta senza riposta e la natura si rivela (in A Silvia) come la vera responsabile dei suoi mali. Infine il pessimismo investe anche il tema del piacere, nella “Quiete dopo la tempesta”, Leopardi spiega che si prova piacere solo quando cessa il dolore. Nel “Sabato del villaggio” invece, Leopardi dimostra che è l’attesa del piacere a costituire l’unico piacere.! La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio sono poesie “gemelle” perché Leopardi le scrisse nel settembre del 1829, a breve distanza di tempo l’una dall’altra, dopo essere tornato, per mancanza di alternative, a Recanati, ma anche perché sia la loro costruzione sia il loro significato sono simili: si presentano come quadri campestri ma, andando avanti nella lettura, si capisce che la descrizione paesistica serve al poeta soltanto come spunto, come metafora per una riflessione sull’esistenza umana. Questa riflessione ha al suo centro uno dei temi che più stavano a cuore a Leopardi: la felicità, o meglio l’impossibilità di una reale e duratura felicità per gli uomini. Entrambe quindi affrontano, sotto forma di apologo, un tema assai caro al poeta: quello dell’illusorietà della felicità che non esiste mai in positivo, come godimento presente e reale nella vita dell’uomo, ma è percepita sempre in negativo come cessazione di un dolore o come attesa di un bene futuro. La prima situazione è raffigurata nella Quiete dopo la tempesta, la seconda nel Sabato del villaggio.!

La quiete dopo la tempesta Il canto, oltre alla divisione metrica in tre strofe, presenta a livello tematico una struttura bipartita. ! • La prima parte, che coincide con la prima strofa (vv. 1-24), è descrittiva;! • La seconda, che occupa le altre due strofe (vv. 25-54), è meditativa.! I. Nella strofa iniziale il poeta presenta un momento della vita del borgo: la descrizione di quello stato di quiete, di calma festosa, che segue un forte temporale. Tutti i sensi sembrano partecipare a questa festa: il poeta ascolta gli uccelli e la gallina; vede il cielo sereno spuntare tra le nuvole e la campagna illuminata; sente i rumori delle persone che tornano alle loro occupazioni. Dopo di che l’obiettivo si concentra sugli esseri umani che godono di questo momento di pace: l’artigiano, la giovane donna, il venditore di ortaggi, il viandante.! - Per quanto riguarda il livello lessicale, nella prima strofa, notiamo la presenza, accanto a parole desuete (augelli, fassi, romorio, femminetta), parole comuni, termini quotidiani (gallina, tempesta, artigiano), si ha quasi l’impressione che il poeta voglia aderire anche linguisticamente alla semplicità del mondo rappresentato.! - A livello fonico la prevalenza del suono chiaro e aperto della a si armonizza perfettamente con l’immagine del paesaggio che si illumina e si libera dalla nebbia e con la sensazione di sollievo che allarga il petto dell’umile gente del borgo. In questo contesto di suoni aperti assume particolare evidenza l’unica vocale chiusa, la u di fiume al verso 7 che, come fa notare il critico Lorenzo Renzi, raffigura a livello di suoni la linea scura del fiume in mezzo alla valle illuminata dal sole.! - A differenza del sabato del villaggio, in cui la voce del poeta compare alla fine, negli ultimi versi del testo, qui l’io entra subito in scena: “Odo augelli far festa” (v.2): il poeta mette se stesso all’interno del quadro che sta descrivendo e noi riviviamo la sua esperienza. Nel Sabato del villaggio il tono è pacato, oggettivo, quasi distaccato; ! II. Nella Quiete, la seconda e terza stanza sono, dal punto di vista dell’argomentazione, eccezionalmente mobili. Da “Sì dolce, sì gradita” (v.26) abbiamo una serie di domande

retoriche che esprimono tutte lo stesso concetto: mai, come dopo una tempesta (cioè dopo un dolore, una difficoltà), la vita è tanto felice, attiva e grata. ! III. Dal v.32 fino al v.41 il poeta illustra in un discorso di tipo meditativo la crudele legge di natura sintetizzata in un’espressione sentenziosa “Piacer figlio d’affanno”, ovvero “il piacere umano deriva dal dolore e dalla paura, non è altro dunque che una gioia vana. Non patire il male è per gli esseri umani l’unico vero bene. L’unica gioia consiste nella cessazione di un dolore, nel breve intervallo che separa una sofferenza dall’altra. Dal v.32 in poi, la poesia prende una direzione diversa rispetto a quella che la descrizione della “quiete dopo la tempesta” sembra indicare: dall’euforia all’amarezza, dalla solarità alla cupezza (come si può notare nel v.41). L’unica speranza è la morte che pone fine a ogni dolore, se nella prima strofa il poeta ha descritto il sollievo e la gioia della semplicemente del borgo alla fine della tempesta, nei versi 34-41 rappresenta l’angoscia e la paura. Ed è proprio alla natura che ironicamente Leopardi si rivolge: % Nell’ultima stanza abbandona il tono oggettivo e apostrofa direttamente due interlocutori: il primo è la natura, una natura malvagia che moltiplica i dolori e le pene (vv. 47-48). A lei il poeta si rivolge con ironia: “natura cortese”, “i doni tuoi”, “i diletti”, sono tutte espressioni che vanno intese al rovescio: la natura non è affatto cortese, né distribuisce doni e diletti agli esseri umani. Il secondo interlocutore è la razza umana, “l’umana prole”, e anche a lei Leopardi riserva un’amara ironia. Nella locuzione “cara agli eterni” (v.51) si avverte il sarcasmo di chi agli eterni, cioè agli dei, non crede affatto.% Negli ultimi quattro versi del componimento, infine, si può osservare come l’ironia si serva mirabilmente degli strumenti della metrica. Leopardi lascia infatti a chiusura di verso due aggettivi positivi: felice e beata, ma poi li rovescia con un frase condizionale: felice sì ma solo se “il dolore ti dà tregua” (vv. 52-53) e beata sì ma solo se “la morte ti sana da ogni male” (v. 54). Poiché non patire è l’unica felicità, e poiché la vita umana porta con sì necessariamente il patimento, allora la felicità ultima sta nell’unica condizione nella quale questo patimento non c’è: la morte.! Notiamo inoltre che, mentre nei Piccoli idilli l’attenzione dell’autore era concentrata sulla sua sofferenza individuale, qui egli partecipa alla sofferenza di tutti gli esseri umani, la condivide e su di essa medita. Il dolore insomma non è più il segno distintivo di un animo nobile e sensibile, ma il fardello ineliminabile che accompagna la vita di tutti gli uomini. Siamo di fronte a un pessimismo cosmico, si includono tutti gli uomini a questa visione del mondo.!

Il sabato del villaggio Anche in questo canto, come nella Quiete dopo la tempesta, Leopardi raffigura la condizione dell’uomo al quale è sempre negata la felicità nel presente. Se nella Quiete aveva trattato il tema del “Piacer figlio d’affanno”, nel Sabato del villaggio affronta il motivo della felicità come attesa di un bene futuro che si rivelerà immediatamente ingannevole e deludente. ! La lirica è divisa in quattro strofe: le prime due contengono la descrizione dell’atmosfera di lieta attesa che regna nel borgo la sera precedente il giorno festivo; le altre due hanno carattere meditativo e racchiudono l’intervento del poeta il quale trae dalla precedente descrizione una malinconica e universale verità.! I. La poesia comincia quindi con una descrizione solare ed euforica, perché non solo la giornata di lavoro è finita, ma è finita l’intera settimana: è sabato e tutto il villaggio pregusta il giorno di festa che sta per arrivare. La strofa iniziale presenta una galleria di personaggi tra i quali si vengono a creare corrispondenze e antitesi a livello sia tematico sia lessicale. ! • Per esempio, le due figure della donzelletta e della vecchierella: entrambe sono indicate con un diminutivo; in entrambe si coglie il duplice riferimento al lavoro ed ai preparativi per il giorno di festa. Il parallelismo tra le due figure è accentuato anche dalla ripetizione di alcune forme verbali suole v.5, solea v.14, ornare ella si appresta v.6, ella si ornava v.12, che sottolineano le somiglianze. Scaturisce da qui la contrapposizione: mentre la donzelletta è una giovane donna proiettata nell’attesa di una giornata futura per la quale si prepara, la vecchierella può solo ricordare i tempi felici, quando ella si ornava al di di festa. Un altro elemento che concorre ad accentuare il duplice rapporto di parallelismo e opposizione fra le due figure è il riferimento al calar del sole (vv. 2 e 10): per la donzelletta il tramonto annuncia il giorno festivo che ella attende con impazienza. Invece l’espressione “incontro là dove si perde il giorno”, riferita alla vecchierella, sembra alludere allo spegnersi della vita e al desiderio, da parte di chi non è più giovane, di assaporarne fino in fondo tutta la dolcezza. La vecchierella infatti siede rivolta verso il sole proprio per goderne gli ultimi raggi.!

Nei vv. 16-23 l’attenzione si sposta dalle figure umane al paesaggio colto nel momento dell’imbrunire, quando nel cielo, tornato azzurro dopo il tramonto, si distendono le tenebre della notte illuminata dalla limpida luce della luna appena sorta. La descrizione trapassa poi dal piano visivo a quello sonoro con l’interruzione della quiete del borgo da lieti rumori: il suono della campana, il vociare dei fanciulli, il fischio del contadino che torna a casa.! II. La seconda strofa è occupata da un altro personaggio: l’artigiano che nella sua bottega s’affretta e s’adopra per completare il suo lavoro prima dell’inizio del giorno festivo.! III. Nella terza strofa entra in scena il poeta che, con tono didascalico, annuncia un’amara verità: l’attesa della felicità sarà delusa e alla gioia del sabato seguirà la noia del giorno festivo, accresciuta dal pensiero della fatica quotidiana a cui ciascuno tornerà con rassegnazione. Quindi quella che gli esseri umani chiamano felicità è in realtà la previsione della felicità, quell’attimo in cui si pregusta il piacere che, una volta arrivato, conterrà inevitabilmente più amarezza che gioia, perché mentre lo assaporiamo sappiamo che presto finirà.! IV. L’ultima strofa, come la Quiete, ha la forma di un dialogo. Rivolgendosi al garzoncello scherzoso, il poeta chiarisce l’analogia tra la successione dei giorni della settimana e la successione delle età della vita: come il sabato risulta fra i giorni della settimana più bello e piacevole della domenica, allo stesso modo l’adolescenza, che è il tempo dell’attesa, della speranza e delle illusioni, è migliore dell’età adulta. Il poeta non vuole rivelare al fanciullo prima del tempo l’amaro destino che lo attende, si limita pertanto a esortarlo, con tono paterno ed affettuoso, a non rattristarsi se l’età adulta tarderà ancora a giungere....


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