Nicola Pisano - Arte nel tempo PDF

Title Nicola Pisano - Arte nel tempo
Author ROSANNA ESPOSITO
Course Storia dell’Arte Medievale
Institution Università degli Studi di Salerno
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Summary

riassunto del libro su Nicola Pisano
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Description

ARTE IN ITALIA CENRTRALE DA PISANO A GIOTTO NICOLA PISANO: (1215/1220 – 1278/1284) è stato uno scultore e architetto italiano, tra i principali maestri della scultura gotica a livello europeo, che contribuì in maniera determinante alla formazione di un linguaggio figurativo "italiano". La sua formazione e la sua cultura appaiono modellate sia sugli esempi offerti dalla tradizione pisana, sia su quelli dell'ambiente meridionale di Federico II. All'epoca la Toscana era interessata da molteplici influenze provenienti dal mondo bizantino (tramite i commerci di Pisa), dall'Emilia e dal Meridione d'Italia. In particolare a metà del Duecento la situazione venne animata dall'apertura di due cantieri voluti da Federico II, il Castello di Prato e l'Abbazia di San Galgano, ai quali parteciparono artisti già impegnati nei precedenti cantieri nel Sud-Italia (lo testimoniano per esempio i leoni del portale del castello pratese identici a quelli a Castel del Monte). Questi maestri avevano già manifestato influenze gotiche nordeuropee, interesse per i modelli classici e attenzioni alla resa naturalistica delle cose. Le sue opere conosciute sono state così date: a) 12471269: Duomo di Siena, sia nell'architettura sia nella decorazione scultorea, con la serie delle testecapitello e delle teste-mensola che si protrasse per molto tempo, con ampio impiego della bottega. In questo arco di tempo il pergamo del Duomo di Siena va collocato tra il 1265 e il 1268. B) 1260 circa: lunetta con la Deposizione nel portale sinistro del Duomo di Lucca. c) 1260 circa: Nicola capomastro dell'Opera del Duomo a Pisa. Allo stesso periodo risale il pergamo del Battistero di Pisa. d) 12751278: Fontana Maggiore di Perugia, con il figlio Giovanni Pisano. A Nicola si devono la prosecuzione dei lavori al Battistero di Pisa, iniziato dal Diotisalvi, con il completamento del secondo registro (il terzo venne invece eseguito sotto la direzione del figlio Giovanni Pisano), al quale lavorò dal 1260 circa su commissione dell'arcivescovo Filippo Visconti. Al Battistero fece costruire un ordine di sessanta archetti su colonnine, sormontati da una cuspide per ogni coppia, e suo sarebbe anche il progetto per il profilo esterno della cupola, che all'epoca di Diotisalvi era stata costruita a cono rovesciato, citando l'illustre esempio della basilica del Santo Sepolcro nelle forme visibili all'epoca della prima crociata. La leggera e ritmata fascia di Nicola, più vibrante rispetto alla zona inferiore con gli archi ciechi a tutto sesto, diede un armonioso e dinamico effetto visivo ascensionale. Nel frattempo Nicola lavorò anche, dal 1247 al 1269, alla costruzione del Duomo di Siena, che egli impostò a croce latina e con novità gotiche grazie alla consulenza di maestri cistercensi, l'ordine monastico che aveva importato per primo le novità architettoniche transalpine in Italia. La Cattedrale è a tre navate, con campate rettangolari sostenute da pilastri a fascio, ma non presenta uno slancio verticale tipicamente gotico, per l'uso degli archi a tutto sesto, per le linee orizzontali della cornice alla base del cleristorio e per la marcata bicromia, retaggio del romanico pisano. Sei pilastri disposti nel presbiterio a esagono irregolare, sorreggono i sei arconi ad altezza disuguale, sui quali venne eretta la cupola. In seguito la pianta della cattedrale venne ristrutturata e ingrandita da altri architetti (compreso, nuovamente, Giovanni Pisano). L'attività di scultore di Nicola è strettamente legata a quella di architetto, con decorazioni plastiche per le opere da lui realizzate; anche nel caso dei due famosi pergami, quello del Battistero di Pisa e quello del Duomo di Siena, si trattò di opere comunque realizzate per gli stessi edifici al quale egli lavorava come architetto. La prima sua opera documentata è la serie delle teste collocate in corrispondenza di vari elementi architettonici nel Duomo di Siena: quattro teste-capitello nella trifora nord e ventidue teste-mensola nella cornice del tamburo sul quale poggia la cupola. Queste opere sono difficilmente fruibili perché situate a notevole altezza, ma nonostante ciò fu impiegata una grande cura nella loro realizzazione. Tra le più antiche di mano del maestro viene collocata la cosiddetta testa di Giove, dove il volto di un uomo maturo dalla barba arricciata riprende alcuni modelli della scuola federiciana (come lo Zeus della Porta di Capua), in particolare riguardo al naturalismo dei lineamenti ed alla notevole tensione espressiva che denunciano la mano di Nicola. Rispetto alle opere dell'Italia meridionale si può già notare un maggiore classicismo, dovuto

probabilmente allo studio dei sarcofagi e degli altri rilievi dell'arte romana presenti in cospicuo numero a Pisa (che confluirono poi nel Camposanto Monumentale dove si trovano tutt'oggi).Aveva previsto l’inserimento di un gran numero di statue, la maggior parte delle quali si trovano al museo dell’opera del duomo. Il pergamo (pulpito) del Battistero di Pisa, firmato e datato 1260 (quindi verosimilmente iniziato verso il 1257) è un'opera di piena maturità, con la quale vengono introdotte contemporaneamente una serie cospicua di novità di assoluto rilievo. Innanzitutto la struttura a base esagonale non ha precedenti: si pensi al pulpito di Guglielmo già nel Duomo di Pisa (oggi in quello di Cagliari) o a quelli diffusi nel XII secolo in Italia meridionale, tutti a base quadrata o rettangolare. Sostenuto da sei colonne laterali (tre delle quali poggianti su leoni stilofori) ed una centrale con basamento scolpito con tre telamoni, ha il parapetto ornato da cinque pannelli a bassorilievo con scene della vita di Cristo: Natività, Adorazione dei Magi, Presentazione al tempio, Crocifissione, Giudizio Universale, Sul sesto lato si trova l'apertura per accedere al vano rialzato. Inoltre tra le colonne sono ricavati archetti trilobati con rilievi nei pennacchi (con Profeti e evangelisti) e sopra i capitelli si trovano altrettante statue con Quattro virtù cardinali, San Giovanni Battista e l'Arcangelo Michele. Nicola diede un possente realismo ai rilievi, con vertici nelle figure quasi a tutto tondo sopra i capitelli. La Carità per esempio presenta un panneggio morbido e realistico e intreccia con un puttino un tenero contatto delle mani; la Fortezza poi è uno dei primi nudi ripresi dall'antichità, con un'evidentissima citazione di un Ercole classico, con tanto di pelle leonina. La posa leggermente inarcata e dalle linee sciolte venne ripresa più di due secoli e mezzo dopo da Michelangelo Buonarroti per il celeberrimo David. Evidentissimi sono i debiti con le sculture romane, tanto da avere vere e proprie citazioni, come nella Madonna seduta nell'Adorazione dei Magi, ripresa da una Fedra in un sarcofago pisano, o il vecchio con un braccio sorretto da un putto nella Presentazione al tempio, riadattato dal rilievo di un cratere con scene dionisiache sempre a Pisa. I personaggi sono rappresentati su più piani, secondo una disposizione spaziale realistica, con un'acuta descrizione delle fisionomie ed un vivace e dinamico senso della narrazione. I bassorilievi dei pannelli non sfigurano quindi accanto ad originali romani del II-III secolo, ma vi si possono rintracciare anche le inquietudini tipicamente gotiche, nella spigolosità del ricadere dei panneggi o nelle barbe e nelle criniere cavalline ricavate col trapano. Il culmine drammatico del ciclo si raggiunge nella Crocefissione, di grande rigore compositivo, dove quasi tutti i personaggi convergono lo sguardo al Cristo morto. Nicola relegò al secondo piano l'iconografia tradizionale (la personificazione dell'Ecclesia accolta da un angelo, contrapposta a quella della sinagoga scacciata), dedicandosi nel primo piano ad un complesso schema di emozioni suscitate dalla morte del Cristo: dal notevole pathos nelle realistiche espressioni di dolore (per esempio di san Giovanni), all'inedita rappresentazione della Madonna svenuta (derivata da fonti letterarie francescane) o alla verace espressione dubbiosa del fariseo sulla destra che si tocca pensoso la barba. Rispetto alla Deposizione di Lucca qui il Cristo è meno dolorosamente inerme, anzi il magnifico modellato del corpo ne trasfigura la regale bellezza duplicemente umana e divina. Nelle successive opere di Nicola si nota un più ampio intervento della bottega, comprese le mani dei suoi migliori allievi: il figlio Giovanni Pisano, Arnolfo di Cambio e Guglielmo da Pisa. Non è affatto facile però distinguere le parti autografe del maestro da quelle dei collaboratori. Avvenne così che l'arca di San Domenico per la chiesa di San Domenico a Bologna, fu commissionata a Nicola nel 1264 e portata a termine nel 1267 fu scolpita prevalentemente da Arnolfo di Cambio: lo testimonia l'analisi stilistica di molte figure scolpite che presentano caratteristiche più goticheggianti, con forme nervose e lineamenti più marcati; ma soprattutto il fatto che dal 1265 Nicola era contemporaneamente impegnato a Siena per l'importante commissione del pergamo del Duomo. La bottega di Nicola realizzò il sarcofago parallelepipedo scolpito su tutti e quattro i lati che in origine poggiava su quattro o sei colonne cariatidi (l'arca fu poi ingrandita alla fine del Quattrocento con l'intervento di Niccolò dell'Arca e di Michelangelo). Sul sarcofago sono rappresentate le Storie della vita e miracoli di san Domenico, con figure di Santi ad altorilievo agli spigoli. Il pergamo del Duomo di Siena è attribuito a Nicola Pisano e la sua bottega. La sua realizzazione risale al periodo tra il 1265 e il 1268. Se la

struttura venne ripresa dal precedente pergamo del Battistero pisano (sette colonne delle quali tre con leoni stilofori, archetti trilobati con pennacchi scolpiti e statue a tutto tondo al di sopra dei capitelli), molte furono le novità sia architettoniche che nelle sculture. Innanzitutto venne abolita la struttura a pannelli scolpiti a favore di uno schema più continuo e animato, intervallato solo da sculture di figure più grandi collocate agli angoli, anziché dalle cornici e dalle colonnine. La figura di base divenne ottagonale, per questo fu aggiunta la Strage degli Innocenti, mentre il Giudizio Universale venne dilatato su due pannelli con al centro il Cristo giudice. La struttura dei rilievi è molto diversa, con scene molto affollate nelle quali i piccoli personaggi sono disposti su ben quattro o cinque piani sovrapposti, secondo un ritmo molto concitato, sottolineato anche da gesti più animati ed espressioni più corrucciate. Molte fonti parlano di un'opera "goticheggiante" rispetto a quella del battistero di Pisa considerata "classicheggiante"; sarebbe forse più corretto parlare di una diversa ispirazione classica: per Nicola gotico e classico non sono due estremi in antitesi, anzi probabilmente i nuovi schemi compositivi sono frutto di uno studio su rappresentazioni di battaglia su sarcofagi del III secolo, inoltre a Siena il retaggio classico è meno forte di quanto sia a Pisa e può darsi che i committenti avessero optato per una rappresentazione più patetica e sovraccarica. Le scene sono: Natività (dalle linee molto morbide), Adorazione dei Magi, Presentazione al tempio, Crocifissione (molto drammatica - intervento di Arnolfo di Cambio), Strage degli Innocenti (attribuita al figlio Giovanni Pisano), Giudizio Universale, raccolto su due lati (attribuita al figlio Giovanni Pisano). La struttura dei rilievi è molto diversa, con scene molto affollate nelle quali i piccoli personaggi sono disposti ben quattro o cinque piani sovrapposti, secondo un ritmo molto concitato, sottolineato anche da gesti più animati ed espressioni più corrucciate. L'ultima opera certa di Nicola è la Fontana Maggiore di Perugia, realizzata con tutta la bottega tra il 1275 e il 1278, e firmata assieme al figlio Giovanni. È la più antica fontana pubblica ancora esistente in Italia ed è composta da due vasche poligonali concentriche e sovrapposte, decorate da vari rilievi sulle fasce esterne. Vi sono raffigurati vari temi che compongono un vasto ciclo enciclopedico ed allegorico, con richiami religiosi, politici ed etici. La fontana, predisposta in bottega e poi montata al centro della piazza, fu realizzata in pietra di Assisi. È costituita da due vasche marmoree poligonali concentriche sormontate da una tazza bronzea (opera del fonditore perugino Rosso Padellaio) ornata da un gruppo bronzeo di Ninfe dal quale sgorga l'acqua. La fontana ha la decorazione incentrata in 50 bassorilievi e 24 statue con cui Nicola Pisano e il giovane figlio Giovanni ornarono le due vasche poligonali concentriche. Nella vasca inferiore sono rappresentati i Mesi dell'anno con i segni zodiacali e le scene della tradizione agraria e della cultura feudale, le Arti liberali e personaggi della Bibbia e della storia di Roma. ARNOLFO DI CAMBIO: (Colle di Val d'Elsa, circa 1240-1310ca.), è stato uno scultore, architetto e urbanista italiano attivo in particolare a Roma e a Firenze alla fine del Duecento e ai primi del secolo successivo. Arnolfo di Cambio si formò nella bottega di Nicola Pisano e con lui lavorò all'Arca di san Domenico nella chiesa di San Domenico a Bologna (1264-67), al pulpito del Duomo di Siena (1265-1269). Dopo aver lasciato la bottega intorno al 1270, avendo acquisito un'autonomia professionale, si trasferì a Roma dove fu al seguito di Carlo I d'Angiò. Di questi anni sono il Ritratto di Carlo I d'Angiò (circa 1276, oggi presso il Palazzo dei Conservatori, Roma) forse il primo ritratto realistico di un personaggio vivente; anticamente era collocata nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli a Roma. Il sovrano è raffigurato seduto, su un trono con protomi leonine, con in mano i simboli regali ben in vista (corona e scettro), in un atteggiamento di maestosa dignità, ma anche di realistica fisicità. L'opera è importante perché dopo gli pseudo-ritratti di Federico II risalenti alla prima metà del XIII secolo e dopo i primi ritratti per monumenti funebri, Arnolfo fu il primo in Europa a scolpire un ritratto realistico di un personaggio vivente nell'epoca post-classica. Particolarmente notevole è il volto, dove si

concentrarono gli sforzi dello scultore per rendere il ritratto solenne ma anche verosimile, rappresentando dettagli fisici quali i solchi del viso. Anche il monumento funebre del papa Adriano V a Viterbo è dello stesso periodo. Nel frattempo (dicembre 1277) re Carlo gli consentiva di interrompere le sue prestazioni professionali per la Corte angioina e di recarsi a Perugia per la sistemazione della Fontana Minore di cui oggi restano solo numerosi frammenti scultorei presso la Galleria Nazionale. Per la sua realizzazione furono dati incarichi a fra' Bevignate per la parte idraulica e ad Arnolfo di Cambio (allora a Roma) per le sculture in marmo. Alcune di queste furono riconosciute nel corso dell'Ottocento, dopo che erano state ricollocate in luoghi diversi, e quindi ricoverate presso il locale Museo e oggi alla Galleria nazionale dell'Umbria; esse sono: L'Assetata in ginocchio (già considerata una Santa Maria Maddalena), L'Assetata con la brocca, Il Malato alla fonte, Scriba acefalo, Scriba con libro. A metà degli anni ottanta realizzò il monumento funebre del cardinale De Braye, morto nel 1282, nella chiesa di San Domenico a Orvieto. Con questo complesso scultoreoarchitettonico, oggi molto trasformato, Arnolfo inaugurò una tipologia sepolcrale usata in seguito fino al Rinascimento con il catafalco accostato alla parete e sormontato da un baldacchino scostato da due accoliti, coronato da una cuspide sostenuta da colonne tortili e decorata da pinnacoli, che conteneva i tre gruppi statuari minori, secondo un ritmo ascensionale che simboleggiava l'elevazione dell'anima verso il paradiso. Particolarmente notevole è il realismo con il quale è scolpito il volto del cardinale morto, tanto da far credere che Arnolfo si sia basato su maschera funebre modellata direttamente sul volto. Si era ipotizzato che la posa solenne della Vergine sia derivata da un modello antico di una Giunone o Serapide: in effetti durante un recente restauro si è scoperto che si trattava di una scultura antica originale integrata con parti nuove. Da una statua romana dell'Abbondanza Arnolfo aveva infatti eliminato la cornucopia e poi inserito la figura del Bambino. Oltre all'aggiunta del bambino, l'intervento sulla statua da parte di Arnolfo di Cambio si esplica nella parte inferiore delle gambe e dei piedi e con la rimodellazione della testa. Il risultato finale è una figura che sembra perdere massa a favore di un linearismo gotico. Si può anche notare già in questa opera come Arnolfo preferisse composizioni essenziali (per esempio si vede nel panneggio semplificato delle cortine di stoffa), con poche statue di grandi dimensioni collocate nei punti focali e con un netto stacco tra luce ed ombra derivato dalla relativa semplicità della cornice architettonica. Nel monumento si trovano anche incrostazioni a intarsi marmorei policromi tipici dello stile cosmatesco. A Roma l'artista era stato a contatto delle grandi opere del passato romano, e aveva assorbito le lezioni dei maestri cosmateschi, di cui riutilizzerà i partiti decorativi a intarsi di marmi colorati e vetri dorati nei ciborî della basilica di San Paolo fuori le mura (1285) e di Santa Cecilia in Trastevere (1293). Il più antico è il ciborio di San Paolo fuori le mura, risalente al 1285 e scolpito con marmo e porfido. Fu una delle poche cose che scampò al disastroso incendio di San Paolo fuori del Mura del 1823. Questa realizzazione è in stretta connessione con i coevi risultati del gotico francese, in particolare parigino poiché simile a un analogo monumento nella Sainte- Chapelle realizzato circa quindici anni prima. Tutta la struttura verte verso una decisa ascesa verticale, con gli archi acuti trilobati sostenuti da slanciate colonnine in porfido, sormontate, oltre una cornice marcapiano, da cuspidi e aguzzi pinnacoli sui quattro angoli. Negli angoli sono inserite figure quasi a tutto tondo degli Evangelisti. La forma del ciborio, estremamente moderna, fu ripresa varie volte da Giotto come sfondo architettonico per le scene dei suoi affreschi. Il successivo ciborio di Santa Cecilia in Trastevere risale al 1293 ed è pure in marmi policromi. Vi sono notevoli differenze con quello precedente, innanzitutto per la diversa proporzione tra linee verticali e orizzontali, che in questo caso propendende decisamente per le seconde. Gli archi trilobati infatti hanno una luce più ampia a parità di altezza. I timpani risultano così ribassati e lo slancio attenuato. Inoltre alla rigida frontalità degli elementi Arnolfo contrappose una visione più movimentata, ruotando i pinnacoli di 45 gradi. La svolta dovette essere causata dalla riflessione dell'artista sulle opere di Roma antica e non fu un caso che su uno degli angoli collocò una figura equestre - San Tiburzio - ispirata al famoso Marco Aurelio. Del 1289 circa è il monumento funebre del nipote del cardinale Annibaldi Riccardo Annibaldi (conservato presso San Giovanni in Laterano,

Roma). In questo periodo lavorò a Roma per altre commissioni papali: monumento a papa Bonifacio VIII (1296), statua bronzea di San Pietro della Basilica di San Pietro (1300). Arnolfo realizzò probabilmente la prima rappresentazione plastica del Presepe, scolpendo nel 1291 otto statuette che rappresentano i personaggi della Natività ed i Magi; le sculture superstiti del primo presepe della storia, inizialmente inserite nel monumento a Bonifacio VIII nella Cripta della Cappella Sistina, si trovano nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Monumento funebre di Bonifacio VIII (1296-1300 circa). La struttura del monumento addossato ad una parete venne ripresa pochi anni dopo da Arnolfo per il Monumento funebre di Bonifacio VIII, del 1300 circa. Un tempo il mausoleo era addossato alla controfacciata dell'antica basilica di San Pietro in Vaticano con un altare per dire la messa, mentre oggi è collocato nelle Grotte Vaticane. La presenza alla corte di Carlo d'Angiò spiega in un certo senso l'allontanamento precoce di Arnolfo dai modi improntati ad una sintesi tra classicità e gotico di Nicola Pisano e di suo figlio Giovanni (membro al pari di Arnolfo nella bottega paterna): egli probabilmente venne avvicinato al gusto allora dominante la scuola francese, caratterizzato da raffigurazioni più lineari, astratte ed aristocratiche, rispetto all'i...


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