IL Sistema Sceneggiatura e come si è sviluppato nel tempo PDF

Title IL Sistema Sceneggiatura e come si è sviluppato nel tempo
Course Teorie e tecniche del linguaggio audiovisivo
Institution Università del Salento
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Com'è cambiata la sceneggiatura nel corso del tempo fino ad arrivare ad oggi....


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IL SISTEMA SCENEGGIATURA

1. DEFINIZIONI BASILARI: STORIA E SCENEGGIATURA

LA STORIA

Per quanto si possono dare numerose definizioni di sceneggiatura, la maggior parte delle formule è legata al mestiere della scrittura per il cinema. Invece in ambito teorico, una valida definizione di sceneggiatura richiede una disanima dei rapporti tra forma cinematografica e narrazione. Una prima considerazione ovvia, quanto fondamentale, è che il narrare preesiste al cinema: il teatro, la letteratura, alcuni generi di poesia sono tutte forme di arte interessate da una produzione di opere che raccontano storie. Chatman sostiene che le narrative sono in realtà strutture indipendenti da qualsiasi medium. Il narrare è un atto di comunicazione in cui ciò che viene comunicato è una storia (S.C). Ci si è interrogati soprattutto su quale sia il grado zero della narrazione, le condizioni per cui si possa parlare di storia. Gli studiosi Genette e Gaudreault sostengono che la cellula minima sia formata da una “successione” che implica una “trasformazione”. Questa formula rende conto di tante “particelle narrative” che messe insieme danno come risultato una storia. Ricordando la centralità assegnata da Aristotele all'azione nella sua teoria della tragedia ROGER ODIN parla di componenti fondamentali: un soggetto che compie un'azione; la sua motivazione; i suoi obiettivi; le relazioni con gli altri soggetti che subiscono, contrastano, ricevono l'azione; il contesto in cui si svolge l'azione. L'EMBRIONE DI UNA STORIA è costituito da un'azione svolta da un individuo relazionato ad altri, in uno spazio-tempo. Per Cassetti-Di Chio, la narrazione è i fatto un concentrarsi di situazioni, in cui si realizzano eventi, e in cui operano personaggi calati in specifici ambienti. Bordwell-Thompson dicono che la storia è una catena di eventi legata da una relazione di causa ed effetto che si svolge nello spazio e nel tempo. Una storia intesa come una mera somma di eventi è un concetto debole. Chatman afferma che la storia è innanzitutto struttura, ossia un sistema di elementi che hanno relazioni tra loro, gli elementi di una storia sono esistenti (gli ambienti e le forme di vita) e gli eventi (tutto ciò che succede negli ambienti e alle forme di vita). Le relazioni fra elementi di una struttura sono sorvegliate dalla logica; una storia ha una sua articolazione in inizio, metà e fine. Un'analoga impostazione si ritrova nella Teoria della Chiusura proposta da Carroll e sintetizzata nella formula per cui quando un film finisce “ogni cosa deve essere sistemata”.

UNA STORIA DEVE, DUNQUE, PUO' ESSERE DEFINITA COME UNA STRUTTURA COSTIUITA DA EVENTI CONCATENATI CHE ACCADONO IN UN DETERMINATO SPAZIO-TEMPO AD ALCUNE FORME DI VITA

MA: 



una storia non è una semplice serie di eventi, ma un racconto di eventi, cioè gli eventi devono essere governati e configurati da un'intenzionalità discorsiva (sia quella letteraria, teatrale o cinematografica). Gli eventi devono avere una natura conflittuale e porre alle forme di vita problemi da risolvere.

Il racconto di un litigio è invece qualcosa che già si approssima al dominio della storia, intesa come una struttura governata da un'intenzionalità discorsiva e costituita da una concatenazione di eventi con aspetti problematici e conflittuali, che accadono in un determinato spazio-tempo ad alcune forme di vita.

Il MONDO

La storia come catena di eventi infatti, per quanto dettagliata, non è altro che uno schema, una trama per l'appunto. Sulla base di questa accezione di storia, sono fioriti i luoghi comuni per cui le storie sono sempre le stesse, è impossibile raccontarne una originale, fono all'assunto secondo il quale in epoca post-moderna si registra la fine delle grandi narrazioni e si assiste alla nascita di metaracconti generati dal gioco del narrare. Un mondo narrativo è fatto di individui, gruppi, comunità, ma anche di saperi, valori, si distende nel tempo avendo un presente, passato e futuro. La singolarità di una storia, dunque, non è data soltanto dalla sua dorsale mitica, ma anche dalla sua collaborazione in un dominio. (La dorsale, il percorso che si svolge all'interno di un dominio più dettagliato, che si chiama mondo narrativo). Non deve mai mancare una determinazione degli aspetti spazi, temporali e sociali SETTING (McKee) La costruzione del mondo narrativo necessita di una regola fondamentale individuata da Pavel e precisata da Carroll: non necessariamente il mondo narrativo deve rispecchiare il mondo reale come pretendeva Lukacs: è sempre in rapporto al mondo reale che il mondo narrativo si costruisce e si propone, sia quando gli si approssima (film storico e biografico), sia quando se ne distanzia intenzionalmente (fantascienza, fantastico). Pavel e Carroll: “principio di scostamento minimo”, ovvero principio di vero-somiglianza come regola basilare del mondo narrativo.

I costituenti basilari del mondo narrativo sono spazio, tempo e le forme di vita (il racconto deve rispondere alle domande Dove?, Quando?, Chi?). Per esserci una storia deve esserci un personaggio. Che caratteristiche deve avere un personaggio deve avere per riconoscere eventi come problematici? Deve essere in grado di sentire, pensare, agire. Per poter parlare di problema, ci devono essere due individui che attribuiscono di comune accordo dei significati e dei segni.

LA SCENEGGIATURA

Che cos'è la sceneggiatura? Nel corso del tempo si è interrogati sulla specificità di questa scrittura: si vede la falsa opposizione tra il cinema di sceneggiatura e un cinema di regia e tutta la battaglia della critica francese negli anni '50, preludio alla nascita delle nouvelle vague. Negli anni '60 Pasolini scrive in un contesto culturale che ancora associa alla sceneggiatura una matrice letteraria. Il cinema affronta fin dalle origini il problema della narrazione e secondo alcuni teorici, Metz in primis, il cinema, così come noi lo conosciamo, è un prodotto dell'interazione fra un mezzo (la macchina da ripresa) e una finalità (il racconto). Il primo piano viene introdotto per enfatizzare le reazioni emotive e il montaggio alternato nasce per rappresentare la simultaneità delle azioni. Considerando la priorità della narratività del film, possiamo definire l'opera cinematografica come un discorso che attraverso suoni e immagini in movimento allestisce un mondo possibile dove si svolge una storia. L'esistenza del mondo narrativo ha due presupposti fondamentali: lo spettatore e la sceneggiatura. La teoria del cinema ha per molto tempo trascurato queste due dimensioni. Soltanto in anni recenti l'attenzione si e spostata sullo spettatore, con un accanimento persino eccessivo, mentre la sceneggiatura continua ad essere ignorata. Come lo spettatore riceve dal film il mandato di immaginare il mondo narrativo, così all'estremo opposto, il film riceve dalla sceneggiatura il mandato di edificarlo. Questo mandato può essere un testo scritto, come accade nella maggioranza dei casi, ma al limite può stare nella testa di un regista temerario. La sceneggiatura è il progetto del mondo narrativo e della storia che vi si svolge. La sceneggiatura è un progetto non solo perchè prefigura la storia narrata, ma soprattutto perché nel costruire una storia le attribuisce le dimensioni esatte, teoricamente realizzabili, del film. Una storia per il cinema ha un lunghezza che dipende in primo luogo da un principio di mesoscopia. Un film narrativo non può durare 3 secondi ma nemmeno 50 anni. Si tratta di un principio teorizzato originariamente nella POETICA di Aristotele. Nella fattispecie del film, la sua mesoscopia era ben chiara a uno dei primi teorici del cinema BELA BALAZ “una delle leggi formali della sceneggiatura è la lunghezza vincolata.. nessuno è costretto a scrivere sonetti o sceneggiature, ma se li scrive deve mantenersi entro certi limiti”. L'opera cinematografica progettata dalla sceneggiatura è un oggetto mesoscopico, di taglia media e questa è una componente strutturale dei film. Io posso vedermi anche un film di due ore diluendolo

in 5 minuti al giorno, sta di fatto che esso è stato concepito per essere visto tutto in una volta, al limite con un interruzione tra un tempo e l'altro.

PRINCIPI GENERATIVI: STORY CONCEPT E TEMA

STORY CONCEPT

Se la sceneggiatura è un progetto, lo story concept è il nucleo embrionale di questo progetto, il suo modellino che ne consente sempre un facile controllo e una visione d'insieme. Lo story concept o idea drammaturgica consiste nella più semplice presentazione della storia, nei suoi elementi essenziali, esposti nella massima sintesi. Questa sintesi è proprio una riduzione in scala della sceneggiatura, deve riprodurre la struttura e dunque esporre in breve gli eventi principali della storia. Non si tratta di un'idea di personaggio (la storia di un tassista di New York), o di un'idea tematica (è la storia di una solitudine) ma di un'idea drammaturgica, ossia articolata come storia, individuando un personaggio e una linea principale di azione. Per Fied l'idea drammaturgica deve rispondere alla domanda: A chi si riferisce la storia? Cosa racconta? La risposta alla prima domanda mette a fuoco il personaggio; la risposta alla seconda domanda è più articolata. Che cosa è necessario raccontare? Secondo Dara Marks i 3 elementi chiave dello story concept sono il conflitto, l'azione e l'obiettivo. La storia è essenzialmente un problema da risolvere ed è soltanto a partire da questo problema originario che può determinarsi un obiettivo (la soluzione del problema), un' azione (che punta alla risoluzione del problema), un ostacolo (che si oppone a questa), e un conflitto (l'attrito fra l'azione e l'ostacolo). Il problema si attualizza nel conflitto e si proietta sull'obiettivo. La versione più elementare dello story concept si può quindi ridurre a quella che Lavandier definisce la domanda drammaturgica: riuscirà il protagonista a risolvere il problema? (Riusciranno Harry e Sally a diventare una coppia?). Per quanto riguarda il conflitto è importante notare che esso scaturisce dal problema ed è individuato dall'antagonismo tra l'azione e gli ostacoli. Questo significa che il conflitto è essenzialmente un'azione conflittuale. Esistono delle narrazioni a conflittualità ridotta, dove c'è un problema he il protagonista deve risolvere ma non ci sono ostacoli rilevanti che si oppongono: ad esempio in Caos Calmo il protagonista ha un problema (è rimasto vedovo e ha deciso di passare la giornata su una panchina, ma non vive veri conflitti ma semplici incontri). Un altro punto molto delicato nella costruzione dello story concept è l'individuazione di un obiettivo. Vi è infatti un obiettivo esplicito che consegue immediatamente il problema. Più interessante è invece il caso in cui l'obiettivo non è direttamente legato al problema principale della storia, ma si riferisce piuttosto a un problema di sfondo (che poi è anche un problema di fondo) cioè

un disequilibrio iniziale che sussiste nel mondo narrativo prima che questo venga turbato dal problema principale (esempio in Ladri di biciclette). Vi sono due linee di pensiero sullo story concept: 1. La prima che possiamo definire “linea della completezza”, intende l'idea drammaturgica come una sequenza sintetica di enunciati elementari , che contiene tutti gli ingredienti di una storia. Per D. SWAIN questa sequenza sintetica è composta da due frasi: nella prima sono contenuti una pressa, un personaggio, un antagonista, un obiettivo e una crisi; nella seconda frase si dovrebbe prefigurare lo scioglimento della vicenda, rispondendo alla domanda: il protagonista ce la farà? 2. Per l'altra linea di pensiero, la struttura portante del modellino in scala della storia è tutta nella sua impostazione, anziché nel suo embrionale sviluppo; da qui il nome di premessa, per alcuni analisti (DANCYGER) preferiscono usare, intendendo un dilemma del personaggio principale a un determinato punto della sua vita, che è proprio il punto in cui incomincia la storia sullo schermo. In questo senso il dilemma deve innescare il conflitto. Sempre nella linea della premessa vale la pena citare l'ipotesi ovvero la domanda: cosa succederebbe se? Forma di dualismo: 1. Da una parte la domanda drammaturgica rimanda a un modello erotetico: (dal greco, domandare) che concepisce la storia come una concatenazione di domande poste allo spettatore; 2. Dall'altra lo story concept rimanda a un modello algoritmico che concepisce la storia come una concatenazione di problemi posti al personaggio. Uno story concept può essere utile anche a valutare e impostare una storia tratta da materiale preesistente; nella pratica dell'adattamento, qualsiasi testo (romanzo, fumetto) va infatti ripensato in termini di idea drammaturgica, ossia ricondotto nella dimensione minima del racconto cinematografico (esempio il nome della rosa). Oltre ad avere un ruolo fondamentale nella genesi della sceneggiatura, lo story concept riveste un'importanza a posteriori nella critica cinematografica rappresentando lo strumento con cui si scrive la sinossi del film. Come uno story concept ben formato è il miglor viatico per una buona sceneggiatura, così una sinossi ben impostata è il miglior viatico per una buona recensione, perché permette di aver ben chiaro il modello narrativo del film. 1. La linea della completezza risulta congeniale ad analisi ampie ed articolate, che mirano a parlare al funzionamento dell'opera nella sua interezza, presupponendo che il lettore conosca già il film; 2. La linea della premessa sembra più adatta ad una recensione che si muove sul breve e sul vivo, rivolgendosi a un lettore che non gradirebbe lo spoiler, la rivelazione di snodi cruciali dell'intreccio.

IL TEMA

Al pari dello story concept, rispetto al quale svolge una funzione complementare, il tema è uno strumento decisivo tanto nella costruzione quanto nell'analisi di una sceneggiatura; esso a vari livelli, ispira e sorveglia l'unitarietà della storia. Affinché ci sia una storia ci deve essere un racconto di eventi, e questi eventi devono avere una natura problematica. Il legame tra queste due, è il problema che muove la storia e il discorso che la governa, è dato dal tema, inteso come denominatore comune, ovvero come risposta unitaria ed essenziale alle domande da che cosa dipende il problema? Di che cosa tratta il discorso? Una teoria del tema è formulata da VAN DIJK in Testo e contesto (1992). Egli studia le strutture del discorso verbale, il tema o topic è l'argomento principale di una conversazione che si sviluppa secondo un principio di coerenza. Prendendo l'insieme di proposizioni di una conversazione e analizzando le connessioni, il tema è il collante delle proposizioni. Uno degli strumenti di interesse della teoria di Van Dijk consiste nel mettere in relazione la struttura della frase con la macrostruttura del discorso: applicata al rapporto tra sceneggiatura e scena: tutte le scene di un film sono implicitamente tematiche, se sono delle buone scene e non vanno fuori tema; poi esiste una dorsale di scene topiche, che esplorano esplicitamente il tema. Il topic di Van Dijk è un qualsivoglia argomento che regge la tenuta di una conversazione, mentre in sceneggiatura come evidenzia Dara Marks il tema deve essere un universale astratto. La storia è una convenzione di un'idea in azione.

PERCHE' E' IMPORTANTE CHE IL TEMA DEL FILM SIA UN UNIVERSALE ASTRATTO? La risposta è nella definizione da dove siamo partiti: il tema è un universale astratto perché deve collegare la singolarità della storia come conflitto che riguarda i personaggi e l'universalità del film come discorso che si rivolge agli spettatori. Il tema solleva la storia e la rende condivisibile a qualsivoglia pubblico. Che cosa fa sì che io mi interessi a questa storia? La risposta è il tema (funzione universalizzante). Posto infatti che il tema debba garantire la coerenza d'insieme sia generale sia le azioni principali, si comprende come una pluralità di temi implicherebbe di per sé, nella dimensione contenuta del mondo narrativo di un film, un potenziale eccesso di azioni in un potenziale incoerente. (Esempio Caimano), un film che ha troppi temi fatica a svilupparli in azioni concrete, ma un film che non ne ha nessuno va incontro ad una indeterminatezza.

L'INTERAZIONE TEMATICA Lo sviluppo concreto di un tema, in sceneggiatura, porta all'elaborazione di una linea narrativa e di azioni concatenate; c'è però uno stadio intermedio decisivo tra AZIONE e TEMA che è L'INTERAZIONE TEMATICA, per cui un tema deve essere configurato da un punto di vista. Questo ci porta alla struttura della frase di Van Dijk: come una frase è costituita da un topic (l'argomento, vale a dire la cosa di cui si parla) e da un focus (il commento, ciò che si dice intorno

alla cosa di cui si parla), allo stesso modo il tema ha una parte topic (l'universale astratto) e una parte focus (l'interazione tematica). L'eutanasia in mare dentro è tratta da un focus ben tutto sommato chiaro: è giusto consentire l'eutanasia. Spesso il focus si riduce a un aggettivo, a un giudizio di valore, a una scelta fra una coppia di opposti del tipo: bello/brutto, giusto/sbagliato. L'interazione tematica si può schematizzare come attribuzione di un predicato (focus) a un soggetto (topic) che è il tema medesimo. Riducendo un film alla coppia soggetto-predicato, non si rischia di soffocare la bellezza semantica? La coppia topic/focus è un principio di costruzione più che di significazione, è un punto di partenza più che di arrivo. La narrazione cinematografica è l'arte di proseguire un discorso profondo sviluppando un tema semplice, l'argomento trattato dal un film può perfezionarsi senza perdere unitarietà. In “Notte prima degli esami” un topic è commentato da un focus che pone l'accento sul crescere insieme a un gruppo di persone. IL TEMA E' INTESO COME COMBINAZIONE DI DUE TERMINI (SOGGETTOPREDICATO, TOPIC-FOCUS) è determinante nella costruzione di una storia in quanto modella le scelte strategiche dello sceneggiatore. (McKEE). L'unitarietà di un tema è un principio che va sempre tenuto presente sia nella frase di scrittura del film, sia durante la sua analisi critica: un film può toccare e tocca molti argomenti, ma può esserci comunque un tema principale che li comprende e li unifica. Spesso il tema si lascia ricondurre all'interazione espressa diretta dell'autore del film, ma talvolta la trascende lasciando emergere determinazioni psicologiche, sociologiche o ideologiche.

Tema e story concept nella teoria di Robert McKee i due termini di riferimento sono: il valore (corrispondente al topic) e la sua condizione o causa (focus): la peculiarità è che valore e causa sono pensati in termini di trasformazioni. Trasformando il soggetto in un valore che è il fine cui tende la narrazione, e il predicato in una causa rappresenta il mezzo attraverso il quale il valore fine si afferma, questo modello possiede un'elevata potenzialità di agganciarsi allo story concept prefigurandone lo sviluppo: da una parte esso contiene in nuce la trasformazione e introduce un criterio selettivo del materiale; dall'altra favorisce la proliferazione del tema nel corpo della storia. La coppia valore causa è connessa alla catena di eventi che conducono all'obiettivo finale. È essenziale a questo punto definire la relazione fra tema e problema e più in generale tra tema e story concept. Questa relazione è infatti tra i principali fattori che presiedono allo sviluppo della storia come un insieme organico di elementi: il tema ispira il problema, il problema suscita il conflitto, il conflitto esplora il tema, il tema si afferma nello scioglimento. Il problema deve negare il tema in modo che la risoluzione del conflitto porti all'affermazione del tema. A partire da questa

negazione, il personaggio descrive una traiettoria irta di ostacoli, non arbitraria, ma perfettamente disegnata per giungere a uno scioglimento che espone il tema. Esempio “Walk the line”.

LA FUNZIONE STRUTTURALE La costruzione organica e coerente della storia a partire da un nucleo tematico del tipo: soggetto – predicato – valore – causa può essere ricondotta all'importante principio della funzione...


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