Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio - Composizione e struttura PDF

Title Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio - Composizione e struttura
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
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Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio - Composizione e struttura...


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Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio GENERE: i Discorsi sono libere divagazioni (declarazioni) originate dalla lettura dei primi 10 libri della storia romana “Ab urbe condita” di Tito Livio (senza però trascurare gli apporti di altri storici -Senofonte, Erodoto, Tucidide-). Non si tratta di un commento nel senso allora tradizionale: Livio è lo spunto per la riflessione politica personale di Machiavelli, che fa della storia antica il pretesto per l'analisi di fatti moderni. I Discorsi testimoniano in modo concreto quanto Machiavelli creda nell esemplarità degli antichi. Probabilmente nascono a partire da un’opera sulle Repubbliche, cui Machiavelli lavora durante l’impegno nella Cancelleria fiorentina (tra il 1502 e il 1512). È difficile ridurre i Discorsi ad un genere preciso, perché sono diversi dall’esegesi umanistica e sono, semai, più vicini alla tradizione dei commenti alla Commedia di Dante elaborati da Boccaccio . CHI È TITO LIVIO?: Storico latino (64 a.C. – 17 d.C.). Originario di Patavium, si trasferì a Roma nel 40 a.C. Autore della monumentale storia di Roma dalla sua fondazione al regno di Augusto. Ci sono pervenuti solo 35 libri dei 147 di cui l’opera era originariamente costituita. L’opera era suddivisa in decadi; la prima decade riguarda gli anni che vanno ‘ad urbe condita’ (753 a.C) alla terza guerra sannitica (290 a.C.). COMPOSIZIONE: è un’opera non unitaria→ Il lavoro su Livio sarebbe stato interrotto nel 15131514, per lasciare posto al Principe, e poi ripreso a partire dal 1515, quando Machiavelli comincia a frequentare gli Orti Oricellari. L’impegno sui Discorsi dura fin verso il 1521, ma l’opera viene pubblicata a stampa prima della morte dell’autore. La prima edizione, postuma, risale al 1531, con l’approvazione di papa Clemente VII, ovvero Giulio dè Medici, lo stesso che a Machiavelli aveva commissionato le Istorie fiorentine e che non aveva avuto alcuna obiezione alla pubblicazione del Principe. DEDICA: a Zanobi Buondelmonti e Cosimo Rucellai, esponenti del circolo degli Orti; i due rappresentano i giovani cittadini che “meriterebbono di essere”principi, creano un nuovo stato. STRUTTURA E CONTENUTO: l'opera consta di tre libri divisi in capitoli: I. libro dedicato alla politica interna, ossia alle leggi, all'organizzazione dello Stato, alla religione nei suoi effetti politici; II. libro dedicato ai temi della politica estera, dell’organizzazione militare e della conduzione della guerra; III. libro misto dedicato alla politica interna, esterna e alla guerra; centrale è qui l'interesse per le trasformazioni delle repubbliche. Parla degli eroi, cioè delle azioni degli uomini straordinari che per loro doti politiche e morali contribuirono alla grandezza di Roma. NOVITÀ DELL’OPERA: Machiavelli sceglie i passi di Livio più funzionali alla propria interpretazione: la storia antica è lezione utile per l'azione politica presente e spunto di riflessione teorica sulla conduzione dello Stato. APPARENTE DISTANZA DAL PRINCIPE: Gli argomenti sembrano in contraddizione con quelli del Principe, ma solo in apparenza. La questione è la seguente: mentre nei Discorsi si elogia l’istituzione repubblicana, nella fattispecie quella della Roma antica, nel Principe è esaltata la figura del perfetto principe che governa in modo autonomo, quindi all'interno di una monarchia assoluta.

L’Autore dà una spiegazione a quest’apparente incoerenza: è vero che ha scritto cose diverse nelle sue opere, ma mentre la raccolta di commenti è rivolta a uno Stato già esistente e ben saldo che si trova un clima politico, sociale ed economico stabile, l’istituzione evocata nel trattato è solo transitoria, ossia momentanea e necessaria nell'hic et nunc a modificare situazioni molto critiche come quella dell’Italia del suo tempo; insomma, da adottare solo inizialmente per preparare il terreno alla repubblica, designata come la migliore istituzione politica per un paese. Nella repubblica, infatti, come suggerisce l’etimologia stessa della parola (res publica, cosa pubblica), ogni azione è finalizzata al bene comune e quindi tutti i cittadini sono direttamente interessati alla partecipazione attiva del governo, e non solo. Proprio all’inizio del libro I, Machiavelli riprende la teoria dello Stato che nasce monarchico (“principato”), si sviluppa come repubblica aristocratica (“ottimati”) e passa a repubblica “popolare”. Ma data la natura ciclica del processo, accade quasi inevitabilmente che nella lunga vita di uno Stato da una forma di governo si ritorni a una precedente. Per esempio quella che Machiavelli chiama “corruzione” delle repubbliche spinge ad un risanamento che passa attraverso l’opera di un singolo individuo (monarchia) ed è il caso specifico dell’Italia del suo tempo, “corrotta” e bisognosa dell’intervento del “principe nuovo”. Machiavelli accorda la sua preferenza allo Stato libero, cioè repubblicano, per due ragioni principali. In primo luogo in un ordinamento di questo tipo le istituzioni hanno maggiore durata, visto che non sono interessate dai rischi della successione. Inoltre Machiavelli rivela come uno Stato repubblicano sia più attrezzato per unificare e armonizzare gli interessi particolari, garantendo una maggiore coesione e stabilità....


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