Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio PDF

Title Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio
Course Letteratura italiana
Institution Università di Pisa
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Summary

DISCORSI SULLA PRIMA DECA DI TITO LIVIOPROEMIO A -> Questo proemio tocca molti temi fondamentali del pensiero machiavelliano. Affiora il pessimismo dell’autore sulla natura umana in generale, ma anche la polemica più specifica contro l’atteggiamento dei contemporanei, incapaci di ammirare le ...


Description

DISCORSI SULLA PRIMA DECA DI TITO LIVIO PROEMIO A -> Questo proemio tocca molti temi fondamentali del pensiero machiavelliano. Affiora il pessimismo dell’autore sulla natura umana in generale, ma anche la polemica più specifica contro l’atteggiamento dei contemporanei, incapaci di ammirare le azioni generose. Viene inoltre ribadita la destinazione pratica dell’opera: non vuole essere una pura speculazione teorica, ma mira ad incidere sulla realtà. Con un’obbligata professione di modestia, l’autore mette in dubbio la riuscita dell’opera e la possibilità che essa riscuota il successo sperato, ma in realtà è ben conscio del valore dell’esperienza da lui accumulata attraverso lo studio degli antichi e in tanti anni di vita politica (lettera al Vettori). Inoltre, se il tentativo di Machiavelli dovesse fallire, pensa che la sua opera possa comunque aprire la strada a qualcuno con maggiori capacità, migliore eloquenza e acutezza di giudizio nella speranza che porti a compimento il suo disegno. Il nucleo centrale del Proemio è la lezione degli antichi e il modo in cui essa deve essere fatta propria dai moderni. Machiavelli osserva come l’imitazione dei modelli classici sia alla base di tutte le arti e le professioni moderne (scultura, medicina, giurisprudenza). Essa però non si verifica per quanto concerne le azioni politiche: l’operato degli antichi viene infatti ammirato, ma non imitato (enunciazione principio di imitazione). Machiavelli però non si rassegna di fronte alla decadenza della sua epoca e si interroga sulle cause della mancata imitazione dell’antico da parte dei moderni. L’autore lascia in secondo piano l’influenza per lui nefasta della religione (ha inferocito gli animi), mentre mette in luce l’ignoranza della storia antica dei moderni, che leggendola non sono in grado di trarne il senso che essa contiene (dalla storia non si ricavano gli esempi da imitare). Inoltre sottolinea la passività rinunciataria dei suoi contemporanei, che ritengono impossibile l’imitazione delle gesta antiche. Al contrario, Machiavelli la considera perfettamente possibile, e nel sostenere la propria tesi fa trasparire la propria visione naturalistica: l’uomo è un fenomeno di natura come il sole, le stelle, gli elementi ecc e perciò i suoi comportamenti basilari si ripetono sempre identici al di là del trascorrere del tempo -> l’uomo moderno può benissimo riprodurre le azioni di quello antico. Per questo motivo l’autore si propone di ricavare dai libri di Livio una serie di esempi da proporre all’imitazione dei moderni, per scuoterli dalla loro apatia. ! ! CAPITOLO I -> Chi conosce la storia della fondazione di Roma, non può meravigliarsi della mole della sua durata e della sua espansione. Le città sono fondate o da nativi del luogo o da forestieri.! POPOLI NATII -> per resistere meglio ad un loro nemico, le popolazioni di un certo territorio si uniscono insieme al fine di proteggersi meglio in un luogo adatto e per vivere in maniera più comoda. Fra queste, fa l’esempio di Atene e Venezia: la prima fu per simili ragioni edificata da ‘’uomini dispersi’’; la seconda venne invece fondata da quei popoli che si rifugiarono nelle isolette nella punta del Mar Adriatico per sfuggire alle guerre verificatesi con le invasioni barbariche (Unni; si rivelò una scelta saggia perché banchi di sabbia li proteggevano dalle tempeste del mare e gli Unni non avevano imbarcazioni per aggredirli). La loro fondazione ha garantito la loro potenza e durata;! FORESTIERI -> Nasce o da uomini liberi o per volere di una repubblica o di un principe che delega la costruzione della città per alleggerire le proprie terre da abitanti in eccesso o per difendere e mantenere senza grandi spese il controllo delle nuove regioni conquistate (Alessandria d’Egitto da Alessandro Magno);! FORESTIERI LIBERI -> un popolo, da sé o sotto la guida di un principe, sfugge dalla regione natia e cerca una nuova sede (Firenze ebbe la sua origine sotto la sovranità romana, sia che sia stata fondata dai veterani di Silla (Leonardo Bruni), sia che sia stata fondata nella prima epoca imperiale dai fiesolani, trasferitisi dal colle alla piana -> dipendeva da Roma, nella sua fondazione già stava scritto il suo destino da città priva di libertà e sottomessa a una grande potenza). ! La gloria di una città dipende dalla sua fondazione e dalle virtù del suo edificatore, che si identificano con la capacità di scelta del luogo e nella creazione di una costituzione (ordinazione delle leggi). E sebbene gli uomini siano improntati a lavorare solo se spronati, è meglio che a farlo non sia la sbagliata peculiarità del luogo, bensì delle buone leggi -> la scelta di un luogo sterile spronerebbe gli uomini ad industriarsi e a vivere più uniti, ma poiché gli uomini non si accontentano ‘’di vivere del loro’’ e tendono a volersi sopraffare gli uni con gli altri, conviene occupare luoghi fertili, capaci di offrire i mezzi per la crescita delle popolazioni. Per evitare che l’ozio abbia la meglio sulla popolazione, le leggi devono intervenire con la coscrizione degli abitanti. In più sono diventati dei migliori soldati coloro che hanno abitato una terra non ostile. L’Egitto è un

esempio di uno di quei paesi che, sebbene presentino un territorio favorevole alla vita dell’uomo, per sfruttarlo al meglio e far durare il regno ha necessitato di leggi ferree volte ad ovviare l’ozio verso il quale sono inclini gli uomini. Machiavelli ricava dunque una formula generale: è bene scegliere un luogo fertile, ma questa peculiarità deve essere associata a leggi adeguate (es. Costruzione Alessandria -> l’architetto Dinocrate espose ad Alessandro il progetto di edificare la città sul monte Athos, dando alla città la forma del corpo umano. Alessandro chiese a Dinocrate di cosa avrebbero potuto vivere i cittadini, alludendo alla sterilità del terreno -> venne scelta una terra più fertile). Viene poi esaminata l’edificazione di Roma: se si prende Enea come edificatore, dovremo considerarla fondata da un forestiero; se si prende Romolo, sarà edificata da un nativo del luogo. In ogni caso Roma è nata libera, e questo, assieme alle ottime leggi e al territorio favorevole, ha garantito la sua durata nei secoli. Poi dichiara la materia trattata nel primo libro. CAPITOLO II -> Machiavelli spiega che vuole lasciare da parte le città che sono state create per volere d’altri e vuole invece trattare quelle che si sono sempre autogovernate, sia sotto la forma repubblicana che quella di principato. Sparta -> la costituzione è stata fatta con la nascita della città con Licurgo; Roma -> le leggi sono state create a poco a poco a seconda delle necessità. Le città che rientrano nelle due categorie possono dirsi felici, mentre quelle che non si sono imbattute in un ordinatore affidabile e capace e sono costrette a correggere le leggi sono da considerare infelici. Tra queste, le più infelici sono quelle le cui leggi conducono a una fine spiacevole e lontana dall’ordine, poiché difficilmente si riprendono in seguito a momenti difficili. Le città che hanno leggi imperfette ma improntate a sani principi, capaci di indirizzarle verso un miglioramento, possono addirittura diventare perfette. Ma gli uomini non accettano mai una legge nuova che modifichi l’organizzazione della città a meno che non siano minacciati da un pericolo, e spesso accade che sia proprio tale pericolo a trascinare la repubblica verso la sua fine prima che possa essere risolto il problema. Machiavelli prende poi in esame le tre forme di governo istituite a Roma e le vicende che condussero la città alla sua perfezione: - principato - governo degli ottimati - governo dei popolari Secondo altri, esistono ben 6 forme di governo: le sopracitate e le loro degenerazioni (principato -> tirannide, governo ottimatizio -> oligarchia, governo popolare -> licenza). Origine della giustizia -> all’inizio il mondo era abitato da pochi uomini, che una volta cresciuti in numero decisero di unirsi in popolazioni più o meno grandi. Esse eleggevano il proprio capo a seconda della robustezza fisica e della bontà caratteriale. Quando veniva fatto un torto al capo, si disseminava odio e compassione all’interno della popolazione, ma anche il pensiero che quella medesima offesa poteva essere mossa a chiunque -> perciò nacquero le leggi, atte a punire i malfattori. Dovendo eleggere un principe, egli si sceglieva in base al suo senso della giustizia; successivamente, tuttavia, il titolo di principe iniziò ad essere ereditario, e non veniva individuato per elezione -> i principi non venivano scelti in base alle loro virtù, e la loro cattiva condotta causò la diffusione di molte inimicizie all’interno della popolazione -> congiure e cospirazioni -> nascita tirannide. Coloro che non sopportavano la disonestà del principe si univano nell’organizzazione di una congiura ai danni del principe guidata dagli aristocratici più generosi e magnanimi che, una volta sconfitto il principe, avrebbero istituito un loro governo in cui il bene comune sarebbe venuto prima del loro bene personale -> l’amministrazione passava ai figli che, non conoscendo il cambiamento (al contrario dei loro avi) ed essendo maldisposti nei confronti dell’uguaglianza civile e avvezzi all’avarizia e all’usurpazione, convertivano il governo degli ottimati in oligarchia (governo di pochi) -> sollevazione popolare di coloro che ancora ricordano gli effetti della tirannide -> istituiscono un governo in cui non prevale né un principe né un gruppo di pochi eletti -> governo popolare -> poiché uno stato del genere risulta ingovernabile e ogni corpo politico si dissolve (licenza = bestialità), per volere di pochi si torna al principato, ricominciando il giro. Rare volte le repubbliche tornano alle stesse forme di governo avute in passato, perché, di solito, uno stato che sia scivolato nella disgregazione e nella debolezza, diventa preda di un vicino ‘’meglio ordinato’’. I sei tipi di governo enunciati non sono attuabili: i primi tre sarebbero troppo brevi, gli altri tre troppo negativi. Dunque si deve istituire un governo che riunisca in sé i pregi delle tre migliori forme politiche, le quali, all’interno di una città, possono essere identificate nelle diverse classi sociali -> quello che fece Licurgo. Ad Atene, Solone istituì un governo popolare che ebbe una vita molto breve e che cadde con la tirannide di Pisistrato -> Atene venne poi liberata dalla tirannide e tornò al governo ordinato precedentemente da Solone -> destinato al fallimento. Roma non

ebbe le stesse sorti di Sparta, ma sebbene non sia stata dotata di una costituzione fin dall’inizio, ha saputo perfezionarsi grazie alle leggi istituite in seguito. La repubblica romana era perfetta in quanto mista -> si avevano il Senato (ottimati) e i Consoli (Principato) -> per non perdere il loro potere, i Consoli concessero diritti anche alla classe popolare, non detraendolo comunque agli ottimati -> nascita Tribuni della plebe. L’equilibrio tra questi tre poteri è stato il motivo della durata della repubblica romana. CAPITOLO III -> Machiavelli dice che è necessario che chi governa una repubblica ritenga tutti i cittadini colpevoli, in quanto gli uomini sono sempre disposti ad usare la malignità che si annida in ognuno di loro. Sembra che a Roma, dopo la cacciata dei Tarquini, vi fosse una grande unione fra la Plebe e il Senato, e che i Nobili avessero deposto la loro superbia e fossero diventati di animo popolare. Questo inganno rimase nascosto fino a che i Tarquini vissero: appena dopo la loro morte i Nobili iniziarono ad offendere le plebe in tutti i modi che potevano. Questo dimostra che gli uomini agiscono bene solo per necessità, e quando possono scegliere fanno il male. Dove di per sé una cosa funziona bene, non è necessaria la legge, ma quando quella buona consuetudine manca, la legge è necessaria. Perciò, morti i Tarquini, bisognava che ci fosse un ordine che facesse sulla nobiltà lo steso effetto dei Tarquini. Dopo molte confusioni furono creati i Tribuni della Plebe, proprio per difendere la classe sociale più inferiore, e questi operarono con tanta superiorità (?) e dignità che poterono sempre ovviare all'insolenza dei Nobili. CAPITOLO IV -> Machiavelli vuole parlare dei tumulti che seguirono la morte dei Tarquini, e vuole rivolgersi a coloro che giudicano la repubblica romana tumultuaria e piena di confusione, tanto che se non fosse stato per i successi militari, essa sarebbe stata inferiore a ogni altra repubblica. Non si può negare che la fortuna e la forza militare fossero alcune delle ragioni per cui Roma ha prosperato, ma sembra che coloro che pensano quanto detto sopra non capiscano che dove vi è un buon esercito c'è anche un buon governo, e spesso vi è anche la fortuna. Secondo Machiavelli coloro che maledicono i tumulti fra Nobili e Plebe, in realtà biasimino quelle che furono le cause della libertà di Roma, e che considerino di più i rumori e le grida che dai vari tumulti nascevano, piuttosto che i buoni effetti che da essi sono poi derivati. Machiavelli crede inoltre che questi non tengano presente il fatto che ogni repubblica è composta da due importanti voci: quella del popolo e quella dei grandi, e come tutte le leggi in favore della libertà nascano proprio dalla disunione fra queste due fazioni, come appunto si è visto a Roma, dove i tumulti non finivano quasi mai col sangue o con l'esilio. Non si può quindi giudicare i tumulti come nocivi, né la repubblica divisa, poiché essa in tanto tempo (300 anni) ha mandato in esilio 8-10 cittadini, ne ha uccisi pochissimi, ed è stata clemente con i condannati a multe pecuniarie. Non la si può nemmeno giudicare non ordinata, poiché ci sono tanti esempi di virtù, e dato che i buoni esempi nascono dall'educazione, e questa dalle buone leggi, le quali a loro volta nascono dai tumulti che molti biasimano. Secondo Machiavelli ogni città deve avere i suoi modi con cui il popolo possa sfogare le proprie ambizioni, e sono notabili quelle città che vogliono far valere la voce del popolo per le cose importanti. Fra queste città, Roma aveva questo modo: quando il popolo voleva una certa legge o faceva tumulti o si rifiutava di andare in guerra, tanto che per placarlo bisognava fare ciò che chiedeva. Inoltre, i desideri dei popoli liberi raramente minacciano seriamente la libertà, perché nascono dall'oppressione o dal timore di essa. E se queste opinioni sono false è bene che un uomo da bene faccia capire loro il loro errore, poiché i popoli, pur essendo ignoranti, sono capaci della verità, e cedono facilmente davanti ad un uomo degno di fede. Bisogna quindi essere più clementi nel giudicare la repubblica romana, e se i tumulti furono la ragione per cui furono istituiti i Tribuni, essi meritano di essere lodati, perché oltre a dare un ruolo al popolo, furono fondamentali per la salvaguardia della realtà. CAPITOLO V -> quelli che più prudentemente hanno costruito una repubblica, sanno che una tra le cose più essenziali è salvaguardare la libertà, perciò è difficile scegliere a chi affidare tale compito -> esistono i grandi e i popolari. Nel caso degli spartani e dei veneziani fu messo nelle mani dei primi, presso i romani nelle mani dei secondi. A rigor di logica, è ragionevole pensare che la plebe ne abbia maggior cura, poiché il suo desiderio maggiore è non essere dominata da altri (spesso i grandi) e vivere libera; d’altra parte, Sparta e Venezia ci insegnano che chi affida questo potere ai nobili fa due opere di bene: - gli aristocratici, per soddisfare il proprio desiderio di comando, tendono ad accontentarsi di più per il bene della repubblica

- riduce la possibilità che la plebe possa avere maggiore autorità, che è motivo di dissensi e scandali Un esempio di questo ci viene fornito dalla stessa Roma, nella quale nel 172 a.C furono eletti ben due consoli plebei invece di uno, poiché i tribuni della plebe non erano soddisfatti di averne uno solo. Successivamente pretesero anche di avere accesso alla carica di censore, pretore ed altre importanti posizioni. Gaio Mario, da tribuno della plebe, divenne console -> artefice della fine della città. In una repubblica il detentore del potere può tendere a mantenere le terre che già possiede (Venezia e Sparta) o a espandersi e creare un impero (Roma) -> qual è l’atteggiamento più nocivo? -> Marco Menenio (dittatore) e Marco Fulvio (maestro) vennero nominati per investigare su una congiura antiromana dei maggiorenti di Capua, e venne affidato loro anche il compito di cercare a Roma qualcuno disposto ad impegnarsi nel ruolo di console. La nobiltà credette che i due congiurassero contro di essa -> pensavano che i plebei, non potendo contare sul sangue nobile e sulle proprie virtù, volessero arrivare al potere per vie straordinarie -> accusa forte, Menenio dovette rinunciare al proprio ruolo di dittatore. I tumulti sono spesso causati, dunque, da chi possiede qualcosa -> la paura di perderla li fa agire in malo modo, e più posseggono, più possono tumultuare. L’ambizione è pari in coloro che posseggono qualcosa e negli indigenti, ma i nobili sono più pericolosi perché più potenti. CAPITOLO VI -> Machiavelli si chiede se sarebbe stato possibile ordinare a Roma uno stato capace di mettere fine alle inimicizie tra Popolo e Senato. Per fare questo è necessario esaminare le repubbliche libere in cui i tumulti e le inimicizie erano meno frequenti, vedere quale stato vigesse in esse ed ipotizzarne l’istituzione a Roma -> tra gli antichi vi è Sparta, tra i moderni Venezia: Sparta ebbe un re e un piccolo senato (in realtà 2 re e 28 senatori); Venezia non ha creato diverse categorie di governanti, ma tutti coloro che possono accedere a cariche politiche vengono detti ‘’gentiluomini’’. A Venezia il modo di ordinare lo stato derivò dalla necessità degli abitanti di quelle terre, una volta cresciuti in numero, di vivere insieme e creare le leggi. La città si mantenne senza tumulti perché, al momento della nascita della città, chiunque vi abitasse venne fatto accedere al governo cittadino (gentiluomini); coloro che arrivarono in seguito alla formazione del corpo politico non avevano motivo di tumultuare perché non era stato tolto loro niente (popolani). Inoltre il numero degli abitanti arrivati in seguito alla fondazione della città non era tanto grande da creare una sproporzione tra gentiluomini e popolani. Per quanto riguarda Sparta, essa potè mantenersi così a lungo perché, avendo pochi abitanti, avendo accolto con favore le leggi di Licurgo, e avendo quest’ultimo allontanato i forestieri che senza plausibile ragione si avvicinavano a Sparta, gli abitanti rimasero uniti per molto tempo. Licurgo con le sue leggi puntò ad un uguaglianza di beni -> i plebei erano meno ambiziosi perché nonostante le cariche più alte non gli fossero concesse, i grandi non diedero loro modo di desiderare di occuparle a causa della loro cattiva condotta -> questo fu possibile grazie ai Re spartani che, per mantenere un ruolo equilibratore, proteggevano il popolo e tenevano a freno la nobiltà -> la plebe non temeva le classi più abbienti e non desiderava raggiungere cariche più alte, dunque non si creava competizione tra le classi e non si avevano tumulti. Questa unione del popolo spartano era favorita: dall’esiguo numero degli abitanti della città, governata da poche persone; dal rifiuto di accettare forestieri all’interno della repubblica -> la crescita del corpo della repubblica porta con sé la corruzione, il dispiegamento delle ambizioni individuali e di gruppo. Roma avrebbe dunque dovuto fare come una delle due: i Veneziani non adoperavano la plebe in guerra (esercito mercenario), gli Spartani la utilizzavano -> Roma adoperò entrambe le misure, e ciò assicurò alla plebe aumento e forza (grazie all’esercito delle armi), e molte occasioni di tumultuare (per Machiavelli il tumulto è occasione di espansione -> coloro che rimanevano disarmati diventavano ‘’vili’’, incapaci di difendere se stessi e la repubblica). Essendo lo stato meno scosso da conflitti, esso era anche più debole e incapace di fronteggiare un ampliamento dell’impero -> se si vuole fare un popolo numeroso per avere un grande impero, lo si deve fare in modo che non si possa controllare a nostro piacimento; tuttavia se si mantiene piccolo e disarmato per poterlo gestire, acquistando dominio esso diviene preda di chiunque. Dunque Roma non poteva fare come Sparta, poiché le sue ambizioni espansionistiche non le permettevano di non accrescere la pro...


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