Educazione e complessità dalla Montessori a Morin PDF

Title Educazione e complessità dalla Montessori a Morin
Course antropologia ed etica delle relazioni familiari
Institution Libera Università Maria Santissima Assunta
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Educazione e complessità dalla Montessori a Morin...


Description

“Educazione e complessità dalla Montessori a Morin” di Giacomo Cives L’educazione della Montessori per il «piano cosmico» L'affermazione della pedagogia della Montessori nel mondo è stata senza eguali. La bibliografia internazionale da poco apparsa su di lei ha registrato circa 12.600 voci riguardanti scritti su di lei, di cui ben 56,82% apparsi fuori d'Italia. Questo successo si riferisce alla sua pedagogia avversa a parcellizzazioni disciplinari e tecnicismi, impegnata nella sfida di una dilatazione illimitata della mente in un quadro di valorizzazione della pace, del sapere, della solidarietà, dell'antirazzismo e dell'internazionalismo, in una visione «cosmica». Così pure anche l'edizione critica de “Il Metodo della Pedagogia Scientifica” registra una crescita di temi: dalla pedagogia dei normali all’ educazione «cosmica» la quale si confronta con le nuove prospettive culturali apparasse nel tempo (neoevoluzionismo, psicoanalisi etc.). Anche il suo itinerario di studi era stato un passaggio verso sempre più larghe prospettive: prima dalla fisiologia all’ antropologia, poi all’educazione degli anormali, e quindi a una pedagogia dalla visione sempre più ampia, tesa a superare saperi settoriali. E poi ancora la Montessori aveva sostenuto il valore del legame con la scienza e la visione della formazione nella considerazione del «piano cosmico» per la costruzione dell'Uomo Nuovo. Tutto questo con un distintivo accento ottimistico (la sua grande fede di educatore nel bambino «padre dell'uomo»), ma non senza consapevolezza della grave minaccia delle forze dell'assoggettamento e della egoistica unilateralità, tali però da non cancellare mai la speranza. La ricchezza dell'itinerario culturale della Montessori induce a parlare per lei di una «pedagogia complessa», in progresso e in espansione crescente, aperta a un positivo disponibile confronto con le più stimolanti prospettive culturali via via emerse nello sviluppo della sua vita, contro una lettura statica della mera autrice delle «Case» dell'infanzia. Edgar Morin e la complessità di dubbio e fede nell'uomo complesso Queste posizioni montessoriane che abbiamo ricordato verrebbe spontaneo accostarle, per le loro analogie, a quelle assunte da uno studioso contemporaneo Edgar Morin sociologo, filosofo che ha evidenziato il valore della «complessità» nel pensiero, contro l'arroganza di una razionalità esclusiva e troppo sicura di sé che rileva l'importanza del caos, per accettare il dubbio, per aprirsi al globale e multimediale, per connettere le parti col tutto, la molteplicità con l'unità ma anche per sviluppare una vera cittadinanza umana, anzi planetaria, aperta alla realtà natura, alle varie culture e civiltà considerando un mondo confederato «policentrico» e «acentrico», per muoversi nell'arricchimento reciproco nelle varie triadi come cervello-mente-cultura, ragione-affettività-pulsione, individuospecie-società, ordine-disordine-organizzazione. L'uomo complesso si muove, integrandoli e mediandoli tra i suoi caratteri antagonisti, considera e valorizza anche il caso, l'incertezza, l'incompiutezza, e si sforza di «legare assieme l'empirico e il teorico, il concreto e l'astratto, la parte e il tutto, il fenomeno e il suo contesto». L'idea-Madre di questo operare è il connettere: «La conoscenza che lega assieme è conoscenza complessa». Una posizione nell'insieme, si può notare, che chiama alla mente quella in Italia del problematicismo pedagogico del compianto Giovanni Maria Bertin con una sua ispirazione

neokantiana, attento a proporre l'importanza del confronto senza pregiudizi con le antinomie, della mediazione razionale critica e dell'impegno etico. Anche qui senza arroganza, ma con disponibilità riflessiva e operativa. In una parola la teoria della complessità di Morin invita a prendere le distanze dalla presunzione metafisica e dall'unilateralità nihilistica, confrontandosi quindi col dubbio, con l'imprevisto, col contraddittorio; sollecita a rendersi disponibili alla valorizzazione di ogni esperienza e a far ordine con ragionevolezza la quale appare forse intonata piuttosto al pessimismo, data la consapevolezza della forte presenza nel mondo umano della distruzione, della crudeltà, della crescente dipendenza dal dominio del denaro ma che analogicamente non disconosce la presenza delle spinte positive che vi si contrappongono, di amore, cooperazione, comunicazione, senso comunitario, che danno adito alla speranza. Una posizione che richiama quella dell'illuminista Freud il quale crede poco al progresso e vede bene il gran peso della morte «nel cuore della vita», ma si batte per la causa positiva di Eros, anche se non ritiene che mai riuscirà a vincere del tutto Thanatos, l'istinto di morte. La pedagogia della complessità contro la specializzazione troppo ristretta L'approdo di Morin al pensiero complesso si compie attraverso un lungo cammino che passa dalla tormentata origine sefardita, da cui la «identità confusa», all’ elettrizzante esperienza della partecipazione alla Resistenza in Francia, l'adesione sconfessata nei primi anni '50 al Partito Comunista, alla ricerca di un messianismo laico rivoluzionario, conclusasi poi, nella rinuncia «una volta per tutte ad ogni Messia», l'utilizzazione di vari apporti culturali: della tradizione filosofica con le sue contraddizioni, da Eraclito a Cusano, Pascal, Hegel, Marx, Adorno, Jung etc. Nella ricostruzione che Morin fa delle tappe della sua maturazione appare la grande disponibilità e curiosità dello studioso a confrontarsi con temi controversi e ambivalenti, convivendo con le loro contrapposizioni. Le indicazioni implicite nella teoria della complessità per la pedagogia, sapere teorico-pratico complesso per eccellenza, erano rilevate qui in Italia qualche anno fa in uno studio sul rapporto tra complessità e teoria pratica dell'educazione, che metteva in evidenza la circolarità presente tra epistemologia, pedagogia e complessità, da potenziare e assumere «come chiave di volta dell'identità di quel sapere e asse di un programma di ricerca volto a decantarne la specifica scientificità». Ma ora a mostrare i legami tra complessità e educazione è sceso in campo lo stesso Morin che ha proposto l'elaborazione più organica dei suoi motivi in un testo denso e veramente straordinario che esamina i tipi di sapere di fondo o meglio “I sette saperi necessari all'educazione del futuro”. Si tratta di saperi che l'educazione dovrebbe promuovere in quanto sono idonei a «integrare le discipline esistenti e a stimolare gli sviluppi di una conoscenza atta a raccogliere le sfide della nostra vita individuale, culturale e sociale». Si tratta di insegnamenti di prospettiva, contrapposti ad un insegnamento frammentato, senza collegamento col tutto: la parcellizzazione dei saperi rende incapaci di percepire "ciò che è intessuto insieme" ; mentre acquistare consapevolezza della condizione di rischio e di incertezza, stimola l'impegno consapevole occorrente per affrontare in modo la sfida in cui si è coinvolti.

Legame per Morin tra conoscenza complessa e educazione Ma vediamo di cosa si tratta nei 7 punti proposti da Morin per «l'educazione del futuro». Il primo sapere riguarda l'esigenza di far “conoscere che cosa è conoscere”, data la presenza dell'errore e dell'illusione. Mentiamo a noi stessi, la memoria spesso ci inganna, e costruiamo sistemi di idee anche molto suggestivi per proteggere i nostri errori. Qui al rischio già denunciato, possiamo aggiungere delle razionalizzazioni, chiuse e deformatici. Ha ben commentato Andrea Canevaro che “vi sono, in Morin, attenzioni alla differenza tra razionalità e razionalizzazione, che portano a dare una bella indicazione per definire la distanza enorme che separa la razionalità come sistema aperto e la razionalizzazione che invece è un sistema chiuso”. La razionalizzazione è un ordine che viene definito per chiudere l'incertezza che è contenuta proprio nella razionalità. Morin indica la necessità di riconoscere un principio di incertezza razionale perché è questo che permette di avere una continua vigilanza autocritica che favorisce l'avanzare della ricerca. La vera razionalità riconosce dunque un principio di incertezza: sa che bisogna resistere contro le insidie dei paradigmi, quale Ordine, Materia, Spirito e così via, contro il determinismo delle credenze ambientali, contro il conformismo dell'imprinting culturale. Bisogna prendere atto che la noosfera, come sfera delle cose della mente (miti, demoni, «ideali») tende ad esercitare una vera e propria possessione dell'uomo. E non è affatto facile distinguere i miti nascosti. Bisogna riservare alle idee un ruolo di mediazione le quali non vanno né strumentalizzate né assolutizzate ma addomesticate inserendo, inserendo la sorpresa dell'inatteso, dell’incertezza. Occorre convivialità, disponibilità ludica nei rapporti con le nostre idee con un senso di «critica, autocritica, complessità» sapendo che sono possibili molti inganni, generati dall'esterno e ancor più dall'interno. Le conseguenze di questi errori possono essere tragiche per l'uomo e per la società per tale ragione, anche per Morin è fondamentale il compito dell’educazione la quale deve armare ciascuno al combattimento vitale per la lucidità. Avvertiamo così la vicinanza con la Montessori, considerata spesso con sospetto proprio per la sua assidua istanza di promozione della ragionevolezza e di sviluppo forte della mente. Il primato della mente critica e costruttiva è sempre da lei confermato, pur nel quadro mai dimenticato di una visione unitaria, e complessa della personalità umana. Il secondo sapere riguarda «i principi di una conoscenza pertinente»: si tratta di situare le cose nel contesto e nel complesso planetario, evidenziando avvertendo i danni dei “saperi disgiunti, frazionati”; si tratta di cogliere il globale, nella relazione fra tutto e parti, il multidimensionale il complesso. Dannosa è invece la specializzazione che frammenta contesti, è la disgiunzione tra discipline umanistiche e scienze. L'iperspecializzazione impedisce di vedere il globale e «occulta il rischio il nuovo, l'invenzione». Insomma è la parcellizzazione e la compartimentazione dei saperi rendono incapaci di percepire ciò che è tenuto assieme, precludendosi così la fruizione positiva della conoscenza complessa. Morin: insegnare la condizione umana e l'identità terrestre Il terzo e il quarto sapere sono dedicati alla proposta di «insegnare la condizione umana» e «insegnare l'identità terrestre». Per il punto terzo, l'educazione deve porsi come studio della complessità umana, accorpando scienze naturali e umane «per spiegare la multidimensionalità e la complessità umane». Le conoscenze vanno accorpate in un cosmo in espansione, ove la condizione è a un tempo fisica, terrestre, umana.

La relazione individuo-società-specie va considerata nella sua interdipendenza, ove si tratta di realizzare positivamente l'unità nella diversità dei piani individuale, sociale e culturale. L'essere umano è complesso e comprende «bipolarizzazione» come quello dell'essere umano ragionevole e irragionevole. V'è bisogno di non chiudersi a queste realtà, considerando nel caso specifico che «la dialogica sapiens -demens è stata creatrice pur essendo distruttrice: il pensiero, la scienza, le arti sono state irrigate dalle forze profonde dell'affettività, dei bisogni, delle angosce, dei desideri, delle paure, delle speranze». L'educazione allo studio della complessità umana illustrerà allora «il Destino a molte facce dell'umano: il destino della specie umana, il destino individuale, il destino sociale, il destino storico, tutti i destini mescolati e inseparabili». Si considera così ciò che è comune alla condizione di tutti gli uomini come a un tempo la «ricchissima e necessaria diversità degli individui, dei popoli, delle culture», componente indispensabile al «nostro radicamento come cittadini della Terra». Queste indicazioni sono molto importanti per una considerazione sul tema dall'educazione multiculturale, legato alla crescente realtà delle grandi migrazioni nel pianeta; qui però è legato nella prospettiva della complessità ad un punto di vista più elevato, che saldi positivamente il particolare e il complessivo, il locale e il generale, valorizzandoli entrambi nel raccordo comune. Il quarto punto relativo all'insegnamento dell'identità terrestre, costituisce uno sviluppo di quest'ultimo, considerando l'uomo nell'era planetaria della comunicazione apertasi con la scoperta dell'America e sviluppatasi specie con la mondializzazione del Novecento. Si va dalla mondializzazione alla balcanizzazione. Il XX secolo ha portato una grande eredità di morte: le promesse di un'evoluzione positiva si accompagnano alle minacce di morte e asservimento. Contro l'asservimento, il consumismo standardizzato, la violenza, l'idolatria del denaro, si oppongono per quel che possono quelle «contro-correnti rigeneratrici» a cui già si è accennato della difesa della pace, dell'ambiente, della qualità della vita, della solidarietà. Il nuovo millennio dovrà impegnare la creatività di una nuova cittadinanza terrestre. Promuoverla dovrà essere compito primario dell'educazione che trasmette il passato, ma insieme mira all'«apertura della mente per promuovere il nuovo. Si riaprirà così lo spazio della speranza, a cui, avevamo già accennato, «ma senza certezza 'scientifica', né promesse 'storiche'. Così, la presa di coscienza» che in gran parte dovrà essere, come promozione di una mente prospettica, un compito educativo, «è divenuta urgente e primordiale». Lo sviluppo dell'appartenenza alla Terra Patria, alternativa alla «Terra-oggetto di profitto» o allo «Stato-Nazione», dovrà essere apprezzamento delle varie tradizioni culturali, e insieme, realizzando la positiva compenetrazione di unità e diversità, l’integrazione «dialogica» di Occidente e Oriente, Nord e Sud, nell'intreccio reciproco del maggior sviluppo tecnico da un lato e di una più sensibile qualità della vita dall'altro. Così questo capitolo si conclude osservando che «la coscienza della nostra umanità in questa era planetaria dovrebbe condurci alla solidarietà e alla commiserazione reciproche, di ciascuno per ciascuno, di tutti per tutti. L'educazione dovrà comprendere un'etica della comprensione planetaria». È interessante osservare che qui l'attenzione dal livello della comprensione della propria nuova «identità terrestre» si integra in quello del proprio impegno morale. Un discorso che si farà più esplicito nei punti successivi della proposta educativa di Morin, e particolarmente nell'ultimo.

Le convergenze della Montessori con Morin per un'educazione di largo respiro Anche qui si può osservare, per questi ultimi tre punti, la grande analogia del pensiero della Montessori con quello di Morin. Per cominciare lei si oppone a separazioni rigide del contenuto dell'insegnamento, fiduciosa nella vitalità prodigiosa del bambino, che connette tra loro i vari rami del sapere e supera, oltre a quelle le compartimentazioni stesse verticali da grado a grado di scuola, da classe a classe scolastica. Non v'è divieto all'espandersi della conoscenza, anche se notiamo a margine che la Montessori non è tentata da soluzioni anarchiche, ma propone a titolo indicativo e con molta discrezione un «curricolo» e una programmazione di base. La considerazione del progetto educativo non è stata mai per la Montessori formalmente e artificialmente «pedagogista», o «didatticistica». Basti confrontare per quest'ultimo aspetto ad esempio la sua insofferenza per le lodi dell'ispettore De Donato al merito esclusivo della maestra di fronte agli alunni della Casa dei Bambini visitata che già leggono e scrivono. Senza considerare i meriti dei bambini e l'espansione prodigiosa delle loro potenzialità mentali, sostenuti da un idoneo ambiente. Così fin dall'inizio la Montessori ha considerato il bambino e i problemi dell'educazione intrecciando antropologia, igiene, fisiologia, con le componenti sociali e culturali e per la costruzione di un pacificato mondo futuro senza più coercizione, alienazione e violenza. Nel periodo indiano sviluppando l'idea dell'educazione ad un «piano cosmico», la Montessori dice di aver prospettato fin dal 1935 in Inghilterra continua a intessere biologia, embriologia, psicologia, sviluppo della mente, e speranza, non priva di una venatura profetica e utopica, in una piena conciliazione degli uomini con la natura e tra loro. Gli stessi difetti, scrive nella Formazione dell'uomo, si correggono «solo "dilatando", dando spazio, all'espansione della personalità: suscitando interessi più lontani da quello che fa un altro individuo. L'invidia e la competizione sono il segno di "ristretto sviluppo mentale", divisione limitata in quanto chi ha la visione di un "Paradiso" da conquistare non si contenterebbe nemmeno di tutta la terra. Analogamente si può dire di un'educazione che ingrandisce e porta più lontano dagli interessi limitati: tale limitazione desta l'invidia e la lotta mentre uno spazio vasto dà altri sentimenti che conducono gli uomini verso il progresso. Per la Montessori un’educazione di "vastità" è la piattaforma su cui possono dileguarsi i difetti morali. "Ingrandire il mondo" in cui sta il fanciullo deve essere il primo passo dell'educazione; si devono moltiplicare i motivi di interesse (alla sua portata) che soddisfino più profonde tendenze sepolte nell'animo: si deve invitare a conquistare l'illimitato, anziché reprimere i desideri di possedere ciò che posseggono gli latri. Del resto la Montessori aveva visto la componente morale dell'educazione, con forte implicazione sentimentale, fin dall'inizio: la formazione è per lei da subito gioia e impegno, creatività e autodisciplina, costruttività sensoriale-mentale e emozione sentimentale e estetica che affonda le radici nella profondità dell'inconscio, diversamente dal sensismo di Itard e in parte del pur più pratico Séguin. Così la prospettiva intellettuale e morale della costruzione di un futuro accompagna il pensiero pedagogico della Montessori, coinvolta in una crescente tensione costruttiva per un mondo a dimensione planetaria cosmica, con la caratteristica peculiare della consapevolezza delle gigantesche possibilità potenziali dell'infanzia. Pertanto, pur senza essere legata ovviamente alle più nuove teorie sulla complessità, la Montessori, si confronta con l'Europa delle dittature e guarda lontano, oltre l'orizzonte, promuovendo una visione orientata verso il futuro, puntando proprio come Morin sulla funzione di un’educazione che trasformi e che dia coscienza della nuova condizione e identità dell'uomo di questa terra sempre più in sviluppo e in conflitto.

Per Morin occorre insegnare a affrontare l'incertezza e a comprendere le altre culture Gli ultimi tre punti proposti da Morin sono:«Affrontare le incertezze», «Insegnare la comprensione», «L'etica del genere umano». Allora quinto punto, «affrontare l'incertezza». L'educazione per Morin deve insegnare ad attendersi l'inatteso, ad affrontare l'imprevedibilità del futuro, quel futuro che «si chiama incertezza». La storia non ha una evoluzione lineare. Il mondo è incerto, non è prevedibile. Bisogna imparare a affrontare le incertezze, dobbiamo renderci conto delle incertezze della conoscenza del reale (spesso deformato dalla nostra stessa idea della realtà) e l'incertezza dell'azione. La consapevolezza del rischio implica di affrontare l'incertezza, di mobilitarsi per superarla, non di arrendersi ad essa, comporta di «operare per l'improbabile».: non dunque rassegnazione e resa, ma impegno forte, tenace nella sfida, avvalendosi di opzioni, pur senza paraocchi e illusioni, opportune e ragionevoli. L'educazione aiuta al confronto responsabile con l'incertezza, è la guida a una visione più vigile e penetrante per un operare più illuminato e perseverante. Il sesto punto riguarda l'insegnamento della comprensione. C'è bisogno di comprensione tanto individuale che planetaria, e la comprensione umana implica certo il piano intellettuale, ma anche quello affettivo e interpersonale, e quindi empatia, identificazione, proiezione, richiedendo apertura, simpatia, generosità. Sul piano interno dell'incomprensione l'egocentrismo genera l'autoinganno, e così l'etnocentrismo e il sociocentrismo ispirano la xenofobia e i razzismi. Non è semplice raggiungere la comprensione delle culture di altri popoli e paesi, perché in gene...


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