Morin Educazione era planetaria PDF

Title Morin Educazione era planetaria
Course Pedagogia della scuola e dell'insegnamento
Institution Università degli Studi di Torino
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E. Morin, Educare per l’era planetaria In questa pagina, che riassume e insieme supera l’istanza di rinnovamento dell’apprendimento e della cultura sulla base del “pensiero che interconnette” – l’anima della sua proposta teorica – Edgar Morin, fra i massimi epistemologi contemporanei, delinea i tratti salienti di quella che egli chiama “era planetaria” e dell’atteggiamento mentale più adeguato a vivere e a educare in essa, consapevoli della condizione di errore e d’incompiutezza che contraddistingue l’esistenza umana. L’era planetaria comincia tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI con la scoperta dell’America da parte di Colombo, la circumnavigazione della terra da parte di Magellano e la scoperta copernicana secondo la quale la terra è un pianeta che gira intorno al sole. L’era planetaria si è sviluppata attraverso la colonizzazione, la schiavitù, l’occidentalizzazione e, quindi, attraverso la moltiplicazione delle relazioni e interazioni tra le differenti parti del globo. L’epoca detta della globalizzazione, cominciata nel 1990, dà vita a un mercato mondiale e a una rete di comunicazioni estremamente ramificata su tutto il pianeta.Gli sviluppi scientifici, tecnici, economici promuovono un divenire planetario comune a tutta l’umanità e, al tempo stesso, minacce di morte nucleare e minacce di morte ecologica conferiscono all’umanità planetaria una comunanza di destino. È diventato di vitale importanza conoscere il destino planetario che viviamo, tentare di percepire e concepire il caos degli avvenimenti, delle interazioni e delle retroazioni, in cui si fondono e interferiscono i processi economici, politici, sociali, nazionali, etnici, religiosi, mitologici che tessono questo destino, sapere insomma chi siamo, ciò che ci accade, ciò che ci determina, ciò che ci minaccia, ciò che può illuminarci, avvertirci e, forse, salvarci. Ora, nel momento in cui il pianeta ha sempre più bisogno di spiriti adatti a comprendere i suoi problemi fondamentali e globali, adatti a comprendere la loro complessità, i sistemi di insegnamento, in qualsiasi paese, continuano a frazionare e separare conoscenze che dovrebbero essere colelgate, a formare spiriti unidimensionali e riduttori, che privilegiano soltanto una dimensione dei problemi occultandone altre. La scienza economica in particolare, diventata regina e guida dei politici, non può concepire ciò che sfugge al calcolo, vale a dire le emozioni, le passioni, le gioie, i dolori, le aspettative, le speranze che sono l’essenza dell’esistenza umana. Anche la nostra formazione scolastica, universitaria, professionale fa di noi politici ciechi e ci impedisce di assumere la nostra condizione, ormai necessaria, di cittadini della Terra. Di qui la necessità vitale di “educare per l’era planetaria”, cosa che richiede la riforma del modo di conoscere, la riforma del pensiero, la riforma dell’insegnamento, essendo queste tre riforme interdipendenti. Avevo già affrontato questi problemi nel mio saggio La testa ben fatta, risultato di una missione senza risultato che avevo effettuato al Ministero dell’Educazione nazionale, e successivamente ne I sette saperi necessari all’educazione del futuro, testo ecumenico redatto su richiesta di Gustavo Lopez Ospina, direttore al’UNESCO del progetto interdisciplinare “Educare per un avvenire possibile”. In seguito alla diffusione di quest’opera e all’attività della cattedra itinerante “Edgar Morin per il pensiero complesso”, istituita dall’UNESCO in America Latina, siamo stati coinvolti Raúl Motta, Émilio-Roger Ciurana e io stesso in esperienze molteplici ed estremamente ricche in Colombia, Messico, Brasile, Bolivia, Argentina e Cile, che ci hanno convinto che era necessaria una nuova opera: 

Per esaminare i problemi di metodo. Questo termine è spesso confuso con metodologia, cosa che irrigidisce il suo carattere programmatore; il metodo, qui, è una disciplina di pensiero che deve aiutare ciascuno a elaborare la propria strategia cognitiva, situando e contestualizzando le sue informazioni, conoscenze e decisioni, rendendo ciascuno capace di affrontare la sfida onnipresente della complessità. Si tratta, più concretamente, di un “metodo di apprendimento nell’errore e nell’incertezza umani”.



Per dare senso al concetto di complessità. Questo termine è sempre più utilizzato, ma esprime non una delucidazione, bensì un’incapacità di descrivere, una confusione dello spiE. Morin, Educare per l’era planetaria

rito. Si dice sempre più spesso “è complesso” per evitare di spiegare. Qui occorre fare un vero e proprio cambiamento di rotta e mostrare che la complessità è una sfida che lo spirito deve e può raccogliere, facendo appello ad alcuni principi che permettono l’esercizio di un pensiero complesso. 

Per chiarire infine il concetto stesso di era planetaria, nella sua prospettiva storica e nella sua complessità multidimensionale, indicando che nella crisi generalizzata del nostro secolo nascente c’è l’emergenza di un’infrastruttura di società-mondo, che però non riesce a prendere vita.

Il pensiero complesso rompe con la dittatura del paradigma di semplificazione. Pensare in modo complesso è pertinente nei casi (quasi tutti) in cui ravvisiamo la necessità di articolare, relazionare, contestualizzare. Pensare in modo complesso è pertinente ogni volta che bisogna pensare. Quando non si può ricondurre il reale né alla logica né all’idea. Quando non si può né si deve razionalizzare. Quando cerchiamo di andare al di là di ciò che è già conosciuto. Jean Piaget, nel suo libro Saggezza e illusioni della filosofia, indica che la filosofia (e questo vale nel caso del pensiero complesso) è una “presa di posizione ragionata” rispetto alla totalità del reale. Questa “posizione ragionata” si colloca sul terreno sdrucciolevole che si contendono la conoscenza scientifica, la conoscenza pratica, le credenze e l’evidenza del non-sapere, e si vede sempre minacciata dalle tendenze unidimensionali del pensiero positivo, del funzionalismo e della riduzione del logos alla logica che finiscono per insterilire la riflessione. La tragedia dell’informazione si manifesta in ciascuno degli ambiti della conoscenza e della prassi sociale, attraverso l’aumento esponenziale delle conoscenze e dei riferimenti. La tragedia della complessità si colloca sia a livello dell’oggetto della conoscenza sia a livello dell’opera di conoscenza. A livello del suo oggetto, ci troviamo costantemente di fronte all’alternativa di scegliere tra il contenimento dell’oggetto della conoscenza, che mutila le sue solidarietà con gli altri oggetti e con il proprio ambiente (cosa che esclude, nello stesso tempo, i problemi globali e fondamentali) da una parte, e la dissoluzione dei contorni e dei confini che sommergono qualsiasi oggetto e che ci condannano, dall’altra parte, alla superficialità. A livello dell’opera, il pensiero complesso riconosce l’impossibilità e al tempo stesso la necessità di una totalizzazione, di una unificazione, di una sintesi. Deve, di conseguenza, tendere in modo tragico alla totalizzazione, all’unificazione, alla sintesi, mentre combatte la pretesa a questa totalità, a questa unità, a questa sintesi, poiché ha pienamente e irrimediabilmente consapevolezza dell’incompiutezza di ogni conoscenza, di ogni pensiero e di ogni opera. Questa triplice tragedia non è soltanto quella dello studente di scuola, quella di colui che elabora una tesi, quella del ricercatore, quella dell’universitario; è la tragedia del sapere moderno. È certo che si può ignorare questa tragedia e continuare a lavorare, seguendo la norma tradizionale che privilegia la compartimentazione dei diversi ambiti e il compimento delle opere. Ma d’ora in poi, l’incompiutezza si trova al centro della coscienza moderna come un fantasma che infesta le biblioteche e gli archivi. Ecco perché è necessario che si tenga conto, nel campo dell’educazione e dell’apprendimento, della coscienza dell’incompiutezza. Perché qualsiasi opera o progetto, invece che mascherare i suoi limiti, li evidenzia. Ciò non vuol dire che si allenti la disciplina intellettuale, ma che si inverta il suo senso, votandola alla realizzazione dell’opera nell’incompiutezza. La compiutezza di un’opera complessa non deve celare la sua incompiutezza, ma palesarla. Da: E. Morin (con E.R. Ciurana e R.D. Motta), Educare per l’era planetaria. Il pensiero complesso come metodo di apprendimento nella condizione umana di errore e incertezza, Introduzione e cura di B. Spadolini, Armando, Roma 2004, pp. 9-11, 46, 47-49 (ediz. orig. 2003).

E. Morin, Educare per l’era planetaria...


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