fenomenologia dell educazione PDF

Title fenomenologia dell educazione
Course Pedagogia interculturale
Institution Università di Bologna
Pages 13
File Size 317.6 KB
File Type PDF
Total Downloads 4
Total Views 129

Summary

Download fenomenologia dell educazione PDF


Description

Fenomenologia dell'educazione Letizia Caronia Il testo smonta pezzo a pezzo i concetti portanti della pedagogia fenomenologica per costruire un valido antidoto a certa discorsività sull'educativo scientificamente debole. 1. Il paradigma fenomenologico in pedagogia La pedagogia fenomenologica nasce e si sviluppa in Italia grazie al pensiero di Piero Bertolini (1931-2006) che ne consolida i fondamenti in “L'esistere pedagogico” (1988). Il fatto che tale teoria dell'educazione avesse ispirato direttamente il lavoro di Bertolini come educatore e soprattutto come direttore del Beccaria di Milano (1958-1968) le conferiva fin dall'inizio la credibilità propria di quelle proposte teoretiche che nascono e si sviluppano grazie ad un costante movimento dialettico tra teoria e prassi. Bertolini adotta fin dall'inizio un modello abduttivo: la scelta della regola, del vertice teorico, è indispensabile per l'agire pratico e la nostra lettura degli eventi; tuttavia essa non detta conclusioni necessarie, ma la prassi e i fenomeni sono un bacino di risorse euristiche per pensare o ripensare il quadro teorico. In altre parole teoria pedagogica e prassi educativa si pongono in un rapporto di mutua costituzione. La scommessa teoritica nell'opera di Bertolini è quella di fondare una pedagogia come sapere scientifico sull'educazione in grado di sfuggire alla presa della pedagogia fondata sul senso comune, sul moralismo, al rischio della pedagogia come indrottinamento e propaganda e superando contemporaneamente l'impasse della pedagogia positivista. All'inizio degli anni '60 infatti la pedagogia sembrava dover scegliere tra vocazione ideologica e vocazione empirista. Il primo modello faceva dell'educazione una pratica di indottrinamento ed era costantemente smentito dal fatto che l'educazione si rivelasse anche uno straordinario mezzo di emancipazione. Il secondo modello fortemente ancorato al metodo scientifico sembrava altrettanto inadeguato alla scienza pedagogica, interessata a descrivere e favorire i processi di crescita dell'uomo. A partire dagli anni '60 e almeno fino a tutti gli anni '80 si assiste ad uno straordinario dibattito epistemologico cui partecipano filosofi dell'educazione e pedagogisti. L'oggetto di discussione era proprio l'esigenza di fondare l'autonomia epistemologica della pedagogia rispetto alle altre scienze umane e ci si domandava se la pedagogia fosse scienza o declinazione della filosofia dell'educazione. Quale tipo di scienza avrebbe dovuto essere, normativa o descrittiva, del cosa o del come. In questo dibattito si declinaro due prospettive: la prima che delineava una linea di separazione tra la ricerca pedagogica e le istanze etiche ed ideologiche, la seconda che invece conferiva alla pedagogia anche il mandato di delineare i fini dell'educazione. Bertolini si inserisce all'interno di quest'ultima ipotesi e sostiene che compito della pedagogia è costruire un discorso pedagogico e una conseguente prassi educativa. Il quadro del dibattito epistemologico di quegli anni è reso ancora più complesso dal circolare delle opere di Foucault, dalla diffusione dell'approccio decostruzionista in filosofia, dalla svolta interpretativa e socio-costruzionista in scienze sociali. È all'interno di questo straordinario e vivacissimo clima culturale che Bertolini consolida una teoria generale dell'educazione. Bertolini profila l'ipotesi che la pedagogia sia una scienza dell'educazione e che la sua scientificità sia diversa da quella delle scienze della natura. Bertolini trova nella fenomenologia europea e in particolare nel pensiero di Husserl i fondamenti epistemologici per una pedagogia come scienza dell'educazione. Egli traccia ne “L'esistere pedagogico” con estrema precisione la genealogia della nascente teoria pedagogica, anzi uno dei limiti di questo testo è proprio quello di una certa sudditanza dall'impianto speculativo husserliano. Bertolini sembra quasi non poter discutere quegli stessi fondamenti né osare ripensarli criticamente magari anche sulla scorta di altri autori. Il lettore si trova così di fronte ad una rappresentazione statica del pensiero di Husserl. Solo negli anni successivi Bertolini appare incline ad una lettura critica della fenomenologia husserliana e a leggerla anche da punti di vista post husserliani. Ciò non significherà rinnegarla, ma piuttosto nutrirla ed arricchirla. 1. Probabilmente l'evoluzione più significativa del pensiero di Bertolini (dal 1958 al 2001) sta

nella redistribuzione del peso accordato all'io. Nei suoi primi scritti infatti è rintracciabile un certo primato del soggetto: educatore ed educando sono tratteggiati alla stregua di eroi copernicani collocati all'origine e al centro del processo di cambiamento. L'educatore viene investito del potere di riplasmare condizioni e destini. Questo primato della persona andrà sfumando grazie alla tematizzazione delle dimensioni collettive costituenti la stessa soggettività: linguaggio, cultura e interazioni. Insomma l'opera di Bertolini rimarrà caratterizzata da una sorta di tensione dialettica tra una visione soggettivistica e un sociostorica dell'educazione, tuttavia nell'evoluzione del suo pensiero si registra un'accentuazione progressiva della dimensione intersoggettiva dell'educazione. 2. Una seconda faglia nel pensiero (del primo periodo) di Bertolini è costituita dall'ipostatizzazione delle nozioni di natura e cultura. Nella prima fase infatti sembra opporre strutturalmente natura e cultura e si pone in una prospettiva di chiaro stampo evoluzionistico unilineare, che è palesemente in antinomia con i postulati fenomenologici relativi alla co-costruzione tra soggetto e mondo e alla natura cultura dell'esperienza che Bertolini tematizzerà in seguito. 3. Ma la frizione teoretica più consistente negli scritti di prima generazione riguarda la derivazione del normativo dal descrittivo. Bertolini, riconoscendo il rischio altissimo di ideologizzazione presente nell'educazione, ricerca una scienza pedagogica autonoma, in grado di orientare l'educazione senza far riferimento a discorsi altri. Tale soluzione però sembra incorrere in un paradosso: quello di postulare che ogni rappresentazione della realtà dipenda dal punto di vista e al contempo sostenere che una scienza generale dell'educazione possa essere immune da una certa visione del mondo. Non si può invece uscir fuori dall'ideologia nella misura in cui ogni proposta scientifica è inevitabilmente dipendente da una matrice di pensiero. Proprio l'aver assunto come quadro teoretico di riferimento la fenomenologia rende impossibile ricavare il prescrittivo dal descrittivo. Questo aspetto condurrà progressivamente alla rinuncia ad ogni vocazione normativa a favore della definizione di un sapere pedagogico provvisorio, per sua natura non definitivo e aperto al possibile. L'evoluzione che ha caratterizzato il pensiero di Bertolini è dunque proseguita ben oltre la pubblicazione de “L'esistere pedagogico” (anche se non ci sono state ristampe), anche grazie al confronto continuo con i suoi allievi diretti, con altri studiosi, con chi radicalizzava alcune tesi o chi si poneva invece in maniera critica - (attorno al gruppo di ricerca di Bertolini – Encyclopaideia). Tali punti di vista, complementari e a volte competitivi, mettevano in luce le varie anime della fenomenologia husserliana e il suo essere non tanto un fondamento monolitico quanto un canovaccio. Dallari e Demetrio ad esempio si sono concentrati sulla rilevanza del fattore biografico nella costruzione della conoscenza, sulla necessità di una testualizzazione del sé, la cui possibilità è legata secondo Schutz alla conoscenza culturale. Boselli ha ripreso il concetto di forza dell'Io. Caronia e Mortari hanno definito epistemologia e metodi della ricerca empirica fenomenologicamente fondata. Si profilava l'ipotesi che la natura precaria del sapere pedagogico fosse non l'esito di una cattiva scienza, quanto la caratteristica di una scienza che ha per oggetto una variabile e non una costante. A questi studi si deve aggiungere la frequentazione da parte di Bertolini del pensiero e delle opere di altri autori e di altre discipline e paradigmi. All'evoluzione e costruzione della pedagogia fenomenologica hanno contribuito anche le voci che negli anni '80 definivano la pedagogia come critica culturale (Massa, Franza, Cambi e altri). Per questa prospettiva compito della filosofia dell'educazione non è giustificare le scelte pedagogiche, ma analizzare in modo critico come le scelte pedagogiche vengano giustificate. La pedagogia in questo senso ha il compito di individuare slittamenti dogmatici e derive riduzionistiche, di mettere in luce il rischio di cristallizzazione, di para-dogma, di trasformare un enunciato valido qui e ora in una verità astorica. Anche la pedagogia fenomenologica non resterà immune da tale critica, al punto che Bertolini affermerà l'esigenza per la pedagogia di interrogarsi su se stessa. Dopo più di vent'anni dalla pubblicazione del suo testo fondatore, la pedagogia fenomenologica è una teoria dell'educazione sedimentata ed autonoma rispetto alle sue stesse radici filosofiche.

Tuttavia esse risultano uno sfondo imprescindibile. Ricostruirle in questo testo ha lo scopo di isolare concetti e assunti della fenomenologia husserliana che costituiscono la chiave di volta della pedagogia fenomenologica. Tali presupposti vengono presentati testimoniando la loro evoluzione, le critiche di cui sono stati oggetto, la loro intima storicità; non per minare le fondamenta della pedagogia fenomenologica, ma per alimentarla degli sviluppi interni alla stessa pedagogia fenomenologica. 2. In principio era il soggetto Husserl rappresenta una figura di transizione tra la filosofia moderna e quella post moderna. La sua fenomenologia presenta un programma di ricerca onnicomprensivo, un pensiero che spesso torna su temi già affrontati riformulando le posizioni alla luce di critiche, dibattiti e ripensamenti. Husserl lascia pertanto un'eredità variegata e complessa, fatta sia di argomenti stabili che di zone d'ombre, che ha dato origine a dei disaccordi interpretativi. Riconoscere scarti e dilemmi nel pensiero husserliano è particolarmente importante per quelle teorie (come la pedagogia fenomenologica) che intendono fare di alcune sue nozioni i pilastri del proprio impianto argomentativo. Alcuni dilemmi: per esempio nel corso della sua vita e del suo pensiero Husserl arriverà a ponderare il peso della coscienza rispetto all'oggetto origine, oppure arriverà ad incrinare la convinzione che possa esistere una conoscenza anti-predicativa delle cose, ovvero depurata dallo strato culturale. La ricchezza e la complessità del pensiero di Husserl hanno fatto sì che esso diventasse un quadro ispiratore di posizioni diverse e tuttavia legittimamente husserliane. La pedagogia fenomenologica si ispira direttamente al pensiero di Husserl, facendone propri non solo il quadro argomentativo generale ma soprattutto alcuni specifici concetti. La pedagogia fenomenologica di fatto rielabora la fenomenologia husserliana, andando oltre e a volte reinterpretando Husserl. Le nozioni che la pedagogia fenomenologica fa proprie sono: intenzionalità, riduzione trascendentale, mondo della vita e intersoggettività. L'intenzionalità L'intenzionalità è la proprietà fondamentale della coscienza. In quanto esseri umani non subiamo solo gli effetti delle cose e non reagiamo semplicemente ad esse, siamo anche consapevoli delle cose a cui eventualmente reagiamo e ce ne facciamo un'idea, una rappresentazione. Correlata a quella di intenzionalità è la nozione di oggetto intenzionale. Un oggetto intenzionale è ciò che un atto di coscienza ne fa di un certo oggetto. Si tratta del rappresentato, del percepito, del desiderato, ossia dell'oggetto riconfigurato a partire da uno qualunque dei diversi atti intenzionali (percepire, pensare, desiderare, esperire). Lo stesso oggetto apparirà in modo differente secondo i modi in cui esso è colto dalla coscienza. Questo concetto apre qualcosa di profondamente problematico ed affascinante. Possiamo pensare che da qualche parte esista un oggetto che si presta ad essere colto, o dobbiamo invece pensare all'oggetto come ad un fenomeno puro che non esiste se non attraverso le sue apparenze? Le posizioni dello stesso Husserl oscillano. Se nei primi scritti il problema viene liquidato come un problema naturalistico e non di pertinenza della fenomenologia, negli ultimi scritti si rpofila un tentativo di rintracciare la genesi degli oggetti. Concentriamoci sui modi in cui la fenomenologia pensa la relazione tra oggetti rappresentabili e oggetti rappresentati dalla coscienza.  Non c'è corrispondenza necessaria tra oggetti estensionali ed intenzionali. Uno stesso oggetto può essere intenzionato in modi diversi e dare origine ad oggetti intenzionali diversi.  All'origine dei nostri atti intenzionali ci sono gli oggetti intenzionali e non i correlati oggettivi.  L'intenzionalità della coscienza è relativamente indipendente dall'esistenza dell'oggetto, può anche non dipendere dall'esistenza stessa del mondo (l'esempio dei miti, di Medusa, di Babbo Natale). Nel corso del XX secolo varie voci sono intervenute per ricolare il ruolo dell'oggetto estensionale nel processo di costruzione della conoscenza. È possibile pensare che gli oggetti preintenzionali facciano la differenza ma anche delineare come essi facciano la differenza:

affinché qualcosa sia percepita “come” bisogna che quel qualcosa abbia una qualche forma di esistenza, materiale o ideale (esempio Babbo Natale)  la gamma di rappresentazioni possibili e le conseguenti azioni intenzionali correlate sono limitate, tracciate o condizionate dall'oggetto originario (esempio Edipo Re). La vera questione non è chiedersi se le cose sono lì, ma come sono lì e come il loro modo di essere lì condiziona gli atti intenzionali. Gli oggetti, ma anche i contesti, gli ambienti o i mezzi si presentano a noi dotati di caratteristiche che suggeriscono, favoriscono o rendono rilevanti alcuni corsi di azione e alcune rappresentazioni piuttosto che altre (esempio nel mare nuotiamo non respiriamo, l'acqua si presenta come liquida ecc.). La responsabilità degli oggetti e dei contesti sta nel suggerire, sostenere, indirizzare alcune rappresentazioni piuttosto che altre ma anche nel vincolare e definire la gamma degli atti intenzionali possibili. Le cose non sono né neutre né inerti, ma co-partecipano al processo attraverso cui diventano oggetti per la coscienza. La nascita di discipline quali la sociologia fenomenologica, la svolta socio-storica in scienze dell'educazione, la psicologia culturale, gli studi sociali e culturali sul linguaggio partono dall'assunto della relativa dipendenza dell'atto intenzionale e dell'oggetto intenzionale dal mondo. Assunto che è in parte tematizzato dallo stesso Husserl nei suoi scritti tardivi. Husserl consegna al pensare del XX secolo un preciso modello culturale di soggetto: il soggetto intenzionale, attivo interpete del mondo e dotato di agentività. Esiste però per Husserl una zona di interdeminatezza, nella misura in cui il soggetto seleziona e dunque lascia aperta o indeterminata la natura completa dell'oggetto che esso designa. Ciò è valido anche per i predicati che definiscono il soggetto umano, che lasciano perlomento aperta la possibilità che altrove si possano dare definizioni diverse. Assumere la definizione husserliana di soggetto è per la pedagogia fenomenologica dunque una scelta. Questa scelta è per la pedagogia fenomenologica una scelta consapevole, che riconosce la relatività di tale assunto. Le nozioni fenomenologiche qui sopra elencate avranno una conseguenza importante nella pedagogia e nella pratica educativa fenomenologica, tuttavia ancorandosi anche al secondo Husserl, la pedagogia fenomenologica, facendo propri approcci al mondo sociale e educativo socio-storici, tematizza il mondo della vita e l'esperienza quali elementi condizionanti nono solo il soggetto empirico ma anche quello trascendentale. La pedagogia fenomenologica è di fatto post-husserliana. 

3. La costruzione della conoscenza La pedagogia fenomenologica riprende dalla fenomenologia husserliana alcune nozioni chiave rispetto alla fondazione sia della conoscenza scientifica, sia della conoscenza dell'altro da sé. Si tratta delle nozioni di riduzione trascendentale, epoché e eidos. Esse sono state riprese, riformulate e radicalmente criticate. Husserl si propone di descrivere come sia possibile giungere a conoscere l'oggetto, attraverso il processo della riduzione fenomenologico-trascendentale, quello specifico atto intenzionale che consentirebbe per Husserl di cogliere l'essenza dell'oggetto. L'obiettivo della riduzione trascendentale è quello di giungere ad un'autentica conoscenza dell'oggetto o dell'altro da sé, ovvero una conoscenza non filtrata, deformata o schermata da presupposti, pregiudizi, certezze o credenze pre-date. Per giungere a tale obiettivo la procedura conoscitiva deve evitare un duplice rischio: quello del naturalismo e quello dello storicismo (mera questioni di punti di vista). Husserl propone una terza via: la possibilità di assumere una prospettiva rigorosa in grado di giungere ad una conoscenza autentica, depurata dalle concretizzazioni mal poste. Husserl descrive puntualmente come questa conoscenza avrebbe luogo: il primo passo è quello di mettere in parentesi tutti quegli elementi apparentemente evidenti che sono potenzialmente fallaci. Questa sospensione delle credenze per Bertolini è epoché. Secondo Husserl questo metodo di decostruzione va applicato persino ai nostri modi di conoscere. Dobbiamo interrogarci su cosa ci porta a vedere quel qualcosa lì come una sedia (o altro). La riduzione fenomenologica presuppone una sorta di variazione immaginativa attraverso cui è possibile distinguere le cose che possono ancora essere concepite altrimenti da quelle che non possono essere concepite in altro modo, la variazione eidetica. L'assunto di tale approccio alla

conoscenza è che alla fine di questo lavoro di decostruzione resti un residuo ineliminabile: eidos. Ad esempio la realtà ci fornisce tante sedie: attraverso un processo di selezione, astrazione e generalizzazione individuiamo i tratti pertinenti e distintivi di ciò che accomuna tutte le sedie. L'eidos non è un oggetto del mondo, ma un oggetto categoriale. La riduzione fenomenologica garantirebbe la possibilità di andare alle cose stesse, ad una conoscenza apodittica, indiscutibile. Di arrivare a descrizioni autentiche, isomorfe a strutture invarianti e scarnificata da tutte le qualità secondarie. È questo il punto più critico della tesi husserliana: la possibilità che un atto intenzionale funzioni come una sorta di occhio di Dio capace di vedere dall'alto la parzialità di tutti gli altri atti intenzionali e di correggerne il tiro. La fenomenologia ci obbliga ad interrogarci constantemente circa i nostri presupposti su un dato fenomeno, ci obbliga a interrogarci sempre davanti ad una descrizione di un fenomeno. Il metodo fenomenologico è dunque ideale per chiunque debba prendere decisioni accompagnate da esplicitazioni dei presupposti. Per esempio la pedagogia contemporanea, che individua nell'accountability una delle competenze cruciali dell'educatore. La descrizione è un aspetto cruciale per stabilire le priorità, per rintracciare i motivi per decidere, per capire quale azioni compiere. L'invito della fenomenologia a praticare una sistematica decostruzione dei modi con cui conosciamo il reale è una preziosa eredità per tutti. Più critica è l'ipotesi che la decostruzione sistematica possa giungere ad una sorta di punto zero della conoscenza in cui il soggetto riuscirebbe ad essere in presa diretta sull'oggetto. Lungi dal segnare una sorta di fallimento dell'intero progetto fenomenologico, tali nodi hanno dato origine ad altrettante lettura della fenomenologia e a posizioni differenti. Altri sguardi si sono aggiunti e hanno modificato, alterato e ricreato la prospettiva fenomenologica. Rickert, Heidegger, Merleu-Ponty hanno posto attenzione sulla storicità dei fenomeni umani, ciò porta alla decostruzione della possibilità di pensare l'essenza come struttura invariante. Anche i nostri modi di conoscere sono storicamente situati e dunque mai validi in sé ma sempre all'interno di un orizzonte storico dato. Questa idea che sia possibile un metod...


Similar Free PDFs